Una lingua che combatte - DSpace@Unipr
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Come i «due destini», an<strong>che</strong> le «due verità» si condannano e giustificano l’una con<br />
l’altra. Più <strong>che</strong> di speranza si dovrebbe quindi parlare di un’ipotesi di speranza, <strong>che</strong> non<br />
deriva da una verità, ma procede verso la verità, 9 annuncia un al di là e tuttavia non si<br />
apre a possibilità falsamente ottimisti<strong>che</strong>. 10<br />
Ecco allora <strong>che</strong> per Sereni l’ottica del futuro appare specularmente rovesciata nel<br />
ritorno, secondo una tendenza a «vivere nel “prima” e così testimoniando del nostro<br />
orribile “dopo”». 11 Ciò trova nel dato biografico il punto di partenza di un discorso<br />
vòlto «a riprodurre momenti, a reimmetter[s]i in situazioni trascorse al fine di dar loro<br />
un seguito». 12 A partire dal dopoguerra e da Gli strumenti umani l’indagine poetica di<br />
Sereni si lega maggiormente alla ricognizione di luoghi <strong>che</strong> fanno parte ormai della sua<br />
coscienza storica, <strong>che</strong> egli cerca di interrogare per coglierne una vibrazione di senso da<br />
opporre alla precarietà del presente, vissuto come scempio e separazione. Si conferma la<br />
«reciprocità di una persona e del paesaggio <strong>che</strong> l’accompagna», 13 come accadeva già in<br />
Frontiera, ma ora senza sintonia, e con il senso di una ferita profonda <strong>che</strong> si riapre. Il<br />
tempo lavora sottraendo e levando, sgretolando e diminuendo e l’autore si trova ad<br />
essere «monco […] della parte <strong>che</strong> […] teneva riuniti luogo e persona», per questo egli<br />
va «in direzione opposta». 14 Lo sguardo si rivolge al passato, ai luoghi e alle atmosfere<br />
della giovinezza di Frontiera, e poi al presente, sul quale agisce ancora il trauma<br />
dell’esclusione storica del Diario, con una «sorprendente continuità-fedeltà alle proprie<br />
ragioni anteriori»: 15<br />
Ora ogni fronda è muta<br />
compatto il guscio d’oblio<br />
perfetto il cerchio.<br />
(Vittorio Sereni, Solo vera è l’estate e questa sua, in Diario d’Algeria)<br />
9 Cfr. Roberto Galaverni, Il poeta è un cavaliere Jedi. <strong>Una</strong> difesa della poesia, Roma, Fazi, 2006, p. 28.<br />
10 Si legga ad esempio un passo della prefazione a Insistenze: «Il lettore non man<strong>che</strong>rà di notare quante volte<br />
questi scritti si concludano su di un gesto di “oltre”, in qual<strong>che</strong> modo ottimistico o ortativo. Vorrei non si sospettasse<br />
qual<strong>che</strong> idiota “se ieri è andata male, domani andrà meglio”: vita e storia non giocano gironi di ritorno. E nean<strong>che</strong> vi<br />
si leggesse uno dei consueti processi di rivalsa apocalittica o di “nobiltà morale” <strong>che</strong> sono propri degli sconfitti.<br />
Quelle conclusioni vorrebbero invece mostrarsi, come ipotesi e interrogativi. Coloro <strong>che</strong>, per tale ottimismo, mi<br />
accuseranno di incoscienza, mostrando a dito le fosse e i tormenti dei nostri anni, non sanno (o io non ho saputo dirlo)<br />
in vetta a quanto pessimismo biologico e storico ho dovuto salire per riproporre queste insistenze» (Franco Fortini,<br />
Insistenze, Garzanti, Milano, 1985, p. 10).<br />
11 Franco Fortini, Oltre il paesaggio, in Nuovi saggi italiani, cit., p. 182.<br />
12 Vittorio Sereni, Dovuto a Montale, in Gli immediati dintorni; ora in La tentazione della prosa, cit., p. 148.<br />
13 Franco Fortini, Oltre il paesaggio, in Nuovi saggi italiani, cit., p. 183.<br />
14 Vittorio Sereni, Infatuazioni, in Gli immediati dintorni, ora in La tentazione della prosa, cit., p. 132.<br />
15 Massimo Grillandi, Sereni, cit., p. 67.<br />
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