Una lingua che combatte - DSpace@Unipr
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memoria alterna i dati ambientali, al vuoto, comodo travestimento metafisico e<br />
filosofico, il male di una storia sbagliata e di una società <strong>che</strong> non sembra imparare nulla<br />
dai suoi errori. Il senso di colpa conduce ad un doloroso j’accuse <strong>che</strong> il poeta rivolge a<br />
se stesso, mentre si accorge <strong>che</strong> le sorti dell’uomo sono escluse dai movimenti naturali<br />
(«tornino o no sole e prato coperti»). Con tali parole si precisa definitivamente la<br />
distanza già marcata all’inizio con la «ressa là fuori di margherite e ranuncoli» (corsivo<br />
nostro).<br />
La scrittura di Sereni si configura come vera e propria scrittura del disastro, per<br />
citare Blanchot: 86 Stella variabile guida il poeta e il lettore verso la conoscenza di un<br />
negativo <strong>che</strong> alberga nell’io e nelle cose. Un poeta <strong>che</strong> sente come imminente la morte,<br />
<strong>che</strong> vive continui sensi di colpa, manie suicide (si pensi a Paura prima e Paura<br />
seconda), e l’emergere di stralci di storia, brandelli del proprio passato, <strong>che</strong> la nevrosi<br />
interpreta come emblemi dell’esistenza e del tempo presente.<br />
Dopo In una casa vuota, an<strong>che</strong> in Sarà la noia la banalità del male è percepita<br />
drammaticamente in un interno familiare. Nella casa (luogo interno e chiuso, sospeso<br />
nell’attesa), siamo al limite di uno spazio umano e abitabile. Il <strong>lingua</strong>ggio emerge dalla<br />
lontananza per esistere come momento di decentramento dell’io e di ricomposizione di<br />
un tessuto esistenziale lacerato dalle violenze della guerra, vissuta come prigionia e ora<br />
come memoria dei crimini nazisti. Lo spazio <strong>che</strong> la poesia apre nel tempo permette di<br />
rielaborare uno stato di cose <strong>che</strong> da soggettive si fanno oggettive e contingenti, per<br />
esprimere un valore morale collettivo. Alla base di ogni rapporto si pone il conflitto, <strong>che</strong><br />
è interno al <strong>lingua</strong>ggio stesso e <strong>che</strong> permette al poeta di annientare i concetti della realtà,<br />
per fare emergere un’alterità profonda e inquieta:<br />
Sarà la noia<br />
dei giorni lunghi e torridi<br />
ma oggi la piccola<br />
Laura è fastidiosa proprio.<br />
Smettila – dico – se no…<br />
con repressa ferocia<br />
torcendole piano il braccino.<br />
Non mi fai male non mi fai<br />
male, mi sfida in cantilena<br />
guardandomi da sotto in su<br />
petulante ma già<br />
86 Maurice Blanchot, La scrittura del disastro, cit.<br />
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