Una lingua che combatte - DSpace@Unipr
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La storia – torni a spiegargli – è tutta la realtà. E invece non è vero. Parli per farti coraggio. […] Il dovere di Schiller è di resistere. Dante si ostina su una rima difficile. Ecco perché gli amici sono divenuti nomi. Ecco perché nei sogni vedi solo carri di morti. Ecco perché puoi dire «Torino» ma non esiste nessuna città con questo nome e anche esistesse non te ne importa. Parli al plurale solo per ammonire i figli a non inciampare nei gradini. Tutto è tremendo ma non ancora irrimediabile. (La realtà, in L’ospite ingrato secondo) Per Fortini «la finzione è l’ultima speranza», in quanto pone un’altra realtà, un’alternativa che accentua la contraddizione: il conflitto è necessario al cambiamento e apre verso una «surrealtà», come la chiama Marco Forti, che «a una materia carica d’impegno civile, impediva di decadere nella pura illustrazione, nella subordinazione ad “altro”, attribuendole tutta la sua necessaria forza espressiva». 49 Lontana dai modi del neorealismo, la poesia «rifiuta le forme più ingenue di “impegno” per un precoce senso della oggettività, astrazione intellettuale e distanza mediatrice del prodotto letterario». 50 La dinamica dialettica dei versi di Fortini struttura la mancata coincidenza tra forma e contenuto come lotta contro la «vita apparente», e un’altra verità si definisce come qualcosa di positivo e negativo allo stesso tempo: Ma riconosci questo inizio. Da grotte, fontane, i contrari respirano immobili. Dove si schiude una rosa decade una rosa e uno è il tempo ma è di due verità. Vieni al gelo e al gran caldo. Qui osa sul limite esitare. Aprirà i rami, le trame penetra. (La poesia delle rose, 2, in Una volta per sempre) All’interno di un tempo unitario le verità restano due, dichiarano la loro inconciliabilità. Tuttavia proprio in ragione della stessa dinamica dialettica, all’inconciliabilità fa seguito l’unità degli opposti, che partecipa della frammentarietà: 49 Marco Forti, Tempi della poesia, cit., p. 211. E così Pier Vincenzo Mengaldo, in Poeti italiani del Novecento, cit., p. 829: «per la sua poesia conteranno specialmente, fra le esperienze straniere, quella del surrealismo e ancor più Brecht, di cui egli è il più diretto erede in Italia». 50 Pier Vincenzo Mengaldo, Poeti italiani del Novecento, cit., p. 829. 116
Il desiderio e la separazione non ci saranno più. Chi siamo stati sapremo e senza dolore. Già verso di noi quel che vi parve favola viene e sarà, figli di questo secolo, ironie. Noi dal sogno usciremo per esistere in una sola verità. (La poesia delle rose, 4, in Una volta per sempre) L’interezza, l’unità tra parole e cose sembra realizzarsi in modo schizofrenico, l’allegoria dà senso e ordine a ciò che non ha un senso e un ordine, ma il risultato non porta ad un equilibrio: la reductio ad unum significa in realtà compresenza degli opposti, rappresentazione del molteplice in cui si cela la verità di cui noi cogliamo solo una «favola», un’immagine imperfetta e parziale, che attende il compimento. In questo modo, unendo la parte razionale (ideologica) e quella emotiva (psicologica) Fortini arriva a dire cos’è una rosa (rivoluzione e desiderio), senza lasciarsi chiudere nella prigione del negativo che ritroviamo, invece, nell’ultimo Caproni: Buttate pure via ogni opera in versi o in prosa. Nessuno è mai riuscito a dire cos’è, nella sua essenza, una rosa. (Giorgio Caproni, Concessione, in Res amissa) Mentre Caproni dichiara la supremazia dell’essenza indicibile della rosa e si concentra sulla negatività del valore poietico del linguaggio, a Fortini la rosa interessa proprio in ragione di questa indicibilità, ovvero nella sua possibilità d’essere altro da quello che appare, di essere forma che racchiude un contenuto ideologico e psichico profondo, nascosto tra i suoi petali e pronto a rivelarsi: Quando da qui si guarda l’età del passato veramente diventa possibile l’amore. Mai così belli i visi e veri i pensieri come quando stiamo per separarci, amici. Esercizio della ragione e sentimento sono due cose e vivacemente si legano come la rosa è forma di mente e stupore. (Ultime sulle rose, in Una volta per sempre) 117
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Noi dal sogno usciremo per esistere<br />
in una sola verità.<br />
(La poesia delle rose, 4, in <strong>Una</strong> volta per sempre)<br />
L’interezza, l’unità tra parole e cose sembra realizzarsi in modo schizofrenico,<br />
l’allegoria dà senso e ordine a ciò <strong>che</strong> non ha un senso e un ordine, ma il risultato non<br />
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una «favola», un’immagine imperfetta e parziale, <strong>che</strong> attende il compimento. In questo<br />
modo, unendo la parte razionale (ideologica) e quella emotiva (psicologica) Fortini<br />
arriva a dire cos’è una rosa (rivoluzione e desiderio), senza lasciarsi chiudere nella<br />
prigione del negativo <strong>che</strong> ritroviamo, invece, nell’ultimo Caproni:<br />
Buttate pure via<br />
ogni opera in versi o in prosa.<br />
Nessuno è mai riuscito a dire<br />
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(Giorgio Caproni, Concessione, in Res amissa)<br />
Mentre Caproni dichiara la supremazia dell’essenza indicibile della rosa e si concentra<br />
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ragione di questa indicibilità, ovvero nella sua possibilità d’essere altro da quello <strong>che</strong><br />
appare, di essere forma <strong>che</strong> racchiude un contenuto ideologico e psichico profondo,<br />
nascosto tra i suoi petali e pronto a rivelarsi:<br />
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