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28.05.2013 Views

consapevole impegno di vita e di lotta», 31 progressivamente questo impegno cambia col cambiare della realtà sociale e storica: Potrei sotto il capo dei corpi riversi posare un mio fitto volume di versi? Non credo. Cessiamo la mesta ironia. Mettiamo una maglia. Che il sole va via. (Lontano lontano…, in Composita solvantur) Cosa rimane dunque da fare al poeta? Stabilire, pur in un’ottica sempre più ristretta, lo spazio d’azione della poesia: nonostante la «storia tremenda» (Le radici, in Una volta per sempre), Fortini non si arrende all’interdizione di Adorno, ma sa riconoscere «una gerarchia di valori», 32 e soprattutto sottrae la poesia alle forme imposte dalla classe dominante, che la costringerebbero ad essere letteratura, ovvero espressione estetica, cortese strumento di sottomissione. Non a caso egli vuole diminuire l’«elemento lirico aggettivale», 33 cercando di rendere i propri versi “sgradevoli” (anche attraverso quello stile da canzonetta metastasiana che caratterizza l’ultima raccolta): la poesia può esistere nel momento in cui il suo valore (che da rivoluzionario diventa progressivamente testamentario) rimane nascosto, invisibile, ma trasmissibile alle generazioni future, come la «rosa sepolta», o la rosa che esita «dentro il sasso» (In una strada di Firenze, in Una volta per sempre) o come altri elementi residuali in cui si nasconde un surplus di significato. La rosa trova scampo proprio perché nascosta, così come «le piccole piante» di un’altra poesia trovano protezione «tra le carte» (Le piccole piante…, in Composita solvantur). Le parole che pure sembrano inutili e che pare non vogliano altro che sparire diventano il nascondiglio per proteggere, conservare e tramandare le ultime «verità» del poeta: Ma voi che altro di più non volete se non sparire e disfarvi, fermatevi. […] Proteggete le nostre verità. («E questo è il sonno», in Composita solvantur) 31 Italo Calvino, Foglio di via di Franco Fortini, in Saggi, cit., p. 1057. 32 Così Franco Fortini in Ferdinando Camon, Il mestiere di poeta, cit., p. 132. 33 Ivi, p. 134. 112

La stasi come morte ma anche come opposizione alla dissoluzione si propone come elemento interpretativo, assolutamente reversibile. La figura della parola inerte, o che, al contrario, si muove, sottolinea la lotta tra punti di vista differenti, lo scontro tra la vita e la morte, tra il reale e l’utopico; ma è anche l’eredità intellettuale come qualcosa che avanza e si tramanda. 3.1.3. La poetica del non ancora Se proteggere le verità significa anche nasconderle, allora la poesia ha il compito di celare la loro potenzialità dietro una forma che finge di essere altro: con l’allegoria si creano due livelli di lettura, di cui il secondo è un contenuto di verità sociale, storica e politica sedimentato sotto gli strati del primo. 34 Questo principio regola tutto il pensiero di Fortini e si trova espresso nel saggio Astuti come colombe: «Farsi candidi come volpi e astuti come colombe. Confondere le piste, le identità. Avvelenare i pozzi». 35 Il travestimento poetico non deve allietare il lettore, ma generare in lui repulsione, non deve nascondere le contraddizioni, ma renderle più evidenti: Vorrei che a leggere una mia poesia sulle rose si ritraesse la mano come al viscido di un rettile. 36 È un concetto talmente importante da ritornare a più riprese negli scritti o nelle interviste: vorrei veramente poter scrivere “in un boschetto trova’ pastorella”, cioè cose che apparentemente non avessero nessun rapporto, nemmeno indiretto, con la mia ideologia. 37 Come ha scritto Mengaldo, Fortini è un «poeta sempre politico, nel senso migliore, anche quando parla di alberi e di nidi»: 38 34 Si legga, tra gli altri, Romano Luperini, Controtempo, Napoli, Liguori Editore, 1999, p. 95: «Dati questi presupposti, qual è il metodo di lettura che Fortini propone? Lo definirei con un doppio movimento: storicizzare e attualizzare; o, meglio, storicizzare il testo in un passato puntuale per proiettarne il valore nel futuro. […] L’unica attualizzazione lecita di un testo è quella che considera il suo “adempimento” (uso a bella posta questa parola fortiniana a forte contenuto religioso). In tale prospettiva, a veder bene, i due movimenti sono uno solo: la storicizzazione, la messa a nudo del “contenuto di fatto”, è di per sé già premessa alla rivelazione del “contenuto di verità”, che a questo punto si presenta come adempimento del testo». 35 Franco Fortini, Astuti come colombe, in Verifica dei poteri, ora in Saggi ed epigrammi, cit., p. 67. 36 Ibidem. 37 Così Franco Fortini in Ferdinando Camon, Il mestiere di poeta, cit., p. 138. 113

La stasi come morte ma an<strong>che</strong> come opposizione alla dissoluzione si propone come<br />

elemento interpretativo, assolutamente reversibile. La figura della parola inerte, o <strong>che</strong>,<br />

al contrario, si muove, sottolinea la lotta tra punti di vista differenti, lo scontro tra la vita<br />

e la morte, tra il reale e l’utopico; ma è an<strong>che</strong> l’eredità intellettuale come qualcosa <strong>che</strong><br />

avanza e si tramanda.<br />

3.1.3. La poetica del non ancora<br />

Se proteggere le verità significa an<strong>che</strong> nasconderle, allora la poesia ha il compito di<br />

celare la loro potenzialità dietro una forma <strong>che</strong> finge di essere altro: con l’allegoria si<br />

creano due livelli di lettura, di cui il secondo è un contenuto di verità sociale, storica e<br />

politica sedimentato sotto gli strati del primo. 34 Questo principio regola tutto il pensiero<br />

di Fortini e si trova espresso nel saggio Astuti come colombe: «Farsi candidi come volpi<br />

e astuti come colombe. Confondere le piste, le identità. Avvelenare i pozzi». 35 Il<br />

travestimento poetico non deve allietare il lettore, ma generare in lui repulsione, non<br />

deve nascondere le contraddizioni, ma renderle più evidenti:<br />

Vorrei <strong>che</strong> a leggere una mia poesia sulle rose si ritraesse la mano come<br />

al viscido di un rettile. 36<br />

È un concetto talmente importante da ritornare a più riprese negli scritti o nelle<br />

interviste:<br />

vorrei veramente poter scrivere “in un bos<strong>che</strong>tto trova’ pastorella”, cioè<br />

cose <strong>che</strong> apparentemente non avessero nessun rapporto, nemmeno indiretto,<br />

con la mia ideologia. 37<br />

Come ha scritto Mengaldo, Fortini è un «poeta sempre politico, nel senso migliore,<br />

an<strong>che</strong> quando parla di alberi e di nidi»: 38<br />

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Si legga, tra gli altri, Romano Luperini, Controtempo, Napoli, Liguori Editore, 1999, p. 95: «Dati questi<br />

presupposti, qual è il metodo di lettura <strong>che</strong> Fortini propone? Lo definirei con un doppio movimento: storicizzare e<br />

attualizzare; o, meglio, storicizzare il testo in un passato puntuale per proiettarne il valore nel futuro. […] L’unica<br />

attualizzazione lecita di un testo è quella <strong>che</strong> considera il suo “adempimento” (uso a bella posta questa parola<br />

fortiniana a forte contenuto religioso). In tale prospettiva, a veder bene, i due movimenti sono uno solo: la<br />

storicizzazione, la messa a nudo del “contenuto di fatto”, è di per sé già premessa alla rivelazione del “contenuto di<br />

verità”, <strong>che</strong> a questo punto si presenta come adempimento del testo».<br />

35<br />

Franco Fortini, Astuti come colombe, in Verifica dei poteri, ora in Saggi ed epigrammi, cit., p. 67.<br />

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Ibidem.<br />

37<br />

Così Franco Fortini in Ferdinando Camon, Il mestiere di poeta, cit., p. 138.<br />

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