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Una lingua che combatte - DSpace@Unipr

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come il negativo, ineliminabile» 5 dell’ultimo Caproni e il senso di solitudine assoluto<br />

<strong>che</strong> ne deriva, <strong>che</strong> lo porta a sovvertire il rapporto generazionale rovesciandolo e<br />

trasformandosi nel figlio di suo figlio («Portami con te lontano / … lontano… / nel tuo<br />

futuro. / Diventa mio padre, portami / per mano…», A mio figlio Attilio Mauro…, in Il<br />

muro della terra); il tentativo di definire se stessi “rinominandosi” di Franco Fortini,<br />

nato Lattes, come se l’io volesse guardare se stesso dall’esterno, da una distanza <strong>che</strong><br />

permetta di vedere meglio e di capire <strong>che</strong> il rapporto col padre «implica, o simboleggia,<br />

il rapporto con la classe, con la realtà»; 6 il senso di colpa, l’insicurezza e l’assenza di<br />

Dio nelle pagine di Sereni, <strong>che</strong> innesta nel rapporto generazionale un’immagine di<br />

violenza (Sarà la noia, in Stella variabile), 7 per cui il vissuto individuale non è mai<br />

pacificato ma si scontra sempre con la colpa di fronte alla storia e all’umanità. Il rifiuto<br />

di modelli nazionalistici, religiosi, filiali e identitari genera un processo di lotta,<br />

condotto dal soggetto contro i princìpi <strong>che</strong> regolano la nostra società: religione,<br />

famiglia, capitalismo e nazionalismo.<br />

Nella figura di Enea, emblema della relazione figlio/padre, c’è un senso ulteriore e<br />

per così dire dialettico: egli rappresenta l’unione del passato, quindi della tradizione e<br />

dell’eredità da salvare, e del futuro, quindi della speranza e dell’attesa nella prospettiva<br />

utopica di una nuova città e civiltà da fondare. Enea non deve annullare il passato, ma<br />

riconoscere ciò <strong>che</strong> in esso può dare un senso al presente. Questo è un nodo centrale<br />

an<strong>che</strong> nell’opera di Fortini, <strong>che</strong> parla di un «indimostrabile legame e presenza di<br />

5 Franco Fortini, Oltre il valico, in Nuovi saggi italiani, Milano, Garzanti, 1987, p. 176.<br />

6 Così Fortini: «Bisogna saper guardare i propri genitori in faccia. […] Avere un rapporto non nevrotico con i<br />

padri è probabilmente molto difficile; ma esso implica, o simboleggia, il rapporto con la classe, con la realtà» (Franco<br />

Fortini, Difesa del cretino, in Verifica dei poteri, ora in Saggi ed epigrammi, a cura e con un saggio introduttivo di<br />

Luca Lenzini e uno scritto di Rossana Rossanda, Milano, Mondadori «i Meridiani», 2003, pp. 192-193). Romano<br />

Luperini parla di un «vuoto di una figura paterna verso cui egli manifesta un sentimento oscillante tra disprezzo e<br />

pietà. […] in Fortini c’è l’atteggiamento opposto rispetto a quello di chi è stato frustrato da un padre eccessivamente<br />

rispettato; c’è un sentimento di vergogna per lui, per il suo tremore, per la sua mancanza di compostezza e di calma,<br />

<strong>che</strong> lo fa arrossire […]. La negazione del padre (sino a rifiutarne il cognome, an<strong>che</strong> se in questa scelta un peso forse<br />

determinante l’ebbero ragioni razziali e religiose), […] l’adesione a una norma costante d’autorepressione e<br />

d’interdizione di ogni movimento incomposto o vitalistico sembrano essere necessarie premesse della poesia<br />

fortiniana. Ne deriva una volontà di superiorità, di distanziamento […] una tendenza a porsi in alto […] per vedere<br />

meglio e giudicare insieme presente passato futuro» (Romano Luperini, Il futuro di Fortini, Lecce, Manni, 2007, p.<br />

18). Dietro al cambio del nome dovevano comunque esserci ragioni prati<strong>che</strong>, vista la torbida epoca <strong>che</strong> nel 1938<br />

avrebbe portato alle leggi razziali, e ragioni religiose. In un’intervista Fortini afferma: «A diciotto anni ho conosciuto<br />

chi mi ha convertito: lo storico Giorgio Spini, valdese, <strong>che</strong> aveva un anno più di me. La mia formazione protestante<br />

nasce da lui: mi ha dato fortissimo il senso della storia, la necessità della concreta incarnazione, e ho letto i testi<br />

cristiani, insieme con Karl Barth e Kierkegaard» (intervista a Franco Fortini di Claudio Altarocca, «Tuttolibri»,<br />

supplemento de «La Stampa», 5 marzo 1994; ora in Paolo Jachia, Franco Fortini. Un ritratto, Arezzo, Zona, 2007, p.<br />

129).<br />

7 Non direttamente rapporto figlio/padre, poiché la Laura di cui parla nella poesia è la nipote, figlia della sua<br />

primogenita Maria Teresa. Qui Sereni si vede quindi come padre “alla seconda”, ossia nonno.<br />

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