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Ferdinando Fabbri - Provincia di Rimini

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<strong>Provincia</strong> <strong>di</strong> <strong>Rimini</strong><br />

Assessorato alle Pari Opportunità<br />

Consigliera <strong>di</strong> Parità<br />

La terza infine è che vorrei, quanto più possibile, poter pubblicizzare le buone esperienze,<br />

le buone pratiche.<br />

C’è poi una richiesta da parte delle Regioni <strong>di</strong> regionalizzare questa legge.<br />

Devo <strong>di</strong>re la verità, che la prima motivazione con cui era stata richiesta questa regionalizzazione,<br />

personalmente, ma poi io non è che sia una giurista, derivava dal fatto che,<br />

essendo una legge del sociale, era una legge, a questo punto, <strong>di</strong> competenza.<br />

Su questo io francamente, avendoci partecipato, mi sono presa un pochino <strong>di</strong> orticaria<br />

e ho detto: “Manco morta”, nel senso che questa non è una legge del sociale, questa è<br />

una legge che mette insieme il lavoro, il sociale e il territorio, cioè è qualche cosa che è<br />

integrato, poi possiamo <strong>di</strong>scutere se tutto questo sia regionale e va benissimo, ma che<br />

sia una legge solo del sociale non funziona perché non può essere così.<br />

Allora giustamente da parte regionale si richiede una presenza maggiore nella<br />

Commissione, e questo è stato fatto, non abbiamo ricevuto però le can<strong>di</strong>dature delle<br />

Regioni, ma credo che la presenza delle Regioni nel Comitato che valuta ci debba essere,<br />

probabilmente ci può anche essere la regionalizzazione, così come è per la 215.<br />

Credo che però sarebbe saggio far restare al centro magari solo una piccola quota, se<br />

deve essere regionalizzata, per fare esperienze pilota, perché ovviamente anche regionalizzando,<br />

sempre 25 miliar<strong>di</strong> sono.<br />

O le Regioni ci mettono un grosso coofinanziamento e allora questa cosa funziona,<br />

oppure almeno fare in modo che queste esperienze siano esperienze pilota che siano<br />

riconoscibili sul territorio, e, finché c’è tempo, almeno fino al 2006, costruire, attraverso<br />

questi prototipi, anche azioni finanziate con il Fondo Sociale, perché si può, non è che<br />

non si può, si può, utilizzando il Fondo Sociale Europeo, costruire cose <strong>di</strong> questo tipo,<br />

così come, per rispondere alla domanda che mi era stata fatta, un’esperienza come<br />

quella che è stata in<strong>di</strong>cata può essere finanziata dalla 125. Perché? Perché no, è un’azione<br />

positiva.<br />

Io mi ricordo quando si fece la legge, è un’organizzazione del lavoro che si mo<strong>di</strong>fica e<br />

quin<strong>di</strong> la 125 è una delle leggi che può finanziare questo tipo <strong>di</strong> esperienze, comunque<br />

niente <strong>di</strong>..., poi anche lì sono 9 miliar<strong>di</strong>, parliamo sempre <strong>di</strong> miserie effettivamente.<br />

Però si potrebbe anche pensare a vedere se a livello regionale, nei POR, non si potesse<br />

fare qualche cosa su quella modalità, perché lì in qualche modo è costruire un sistema<br />

<strong>di</strong> organizzazione del lavoro migliore, <strong>di</strong> occupabilità, eccetera.<br />

Sul Fondo Sociale, volendo, ci si può inventare <strong>di</strong> tutto e <strong>di</strong> più, si tratta <strong>di</strong> capire se esiste<br />

un’attenzione, un interesse da parte del livello locale.<br />

Io credo che in questo momento stranamente, rispetto al passato, sia importante rilanciare<br />

il mercato del lavoro femminile, la <strong>di</strong>scussione sul mercato del lavoro femminile e<br />

le criticità che questo mercato presenta ma anche le potenzialità.<br />

Credo che un punto su cui cominciare veramente a ragionare, su cui cominciare a tirar<br />

fuori qualche soluzione, sia il sommerso femminile, che noi abbiamo trascurato, abbiamo<br />

lasciato in qualche modo in<strong>di</strong>feso.<br />

Se è così consistente come si <strong>di</strong>ce, cioè il 25%, credo che sia un problema che va<br />

affrontato, con tante possibilità, ma sicuramente non possiamo lasciare che il 25% della<br />

popolazione femminile del sud lavori in nero e in con<strong>di</strong>zioni non garantite.<br />

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