Foglio di Bacco n° 6 (pdf 855Kb) - Vino e Giovani
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Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
Le vigne e le tavole,<br />
la produzione e il consumo consapevole<br />
<strong>di</strong> Massimiliano Coviello
© Enoteca Italiana, Siena 2012<br />
Coor<strong>di</strong>namento e<strong>di</strong>toriale<br />
Silvana Lilli<br />
Grafica<br />
Cooprint - Industria Grafica Soc. Coop., Siena<br />
Stampa<br />
Cooprint - Industria Grafica Soc. Coop., Siena<br />
In copertina<br />
Fotogramma tratto da Rupi del vino <strong>di</strong> Ermanno Olmi, 2009
Riven<strong>di</strong>co il <strong>di</strong>ritto (se non ad<strong>di</strong>rittura il dovere) <strong>di</strong> continuare ad essere mondani,<br />
cioè vicini al mondo, vigili su quel che il mondo ci offre. Nonché il <strong>di</strong>ritto (e <strong>di</strong><br />
nuovo il dovere) <strong>di</strong> esemplificare i caratteri della <strong>di</strong>sciplina nel modo più lieve, <strong>di</strong>dascalico,<br />
ironico e autoironico che sia possibile. L’intellettuale che pensa solo e soltanto<br />
ai Gran<strong>di</strong> Valori secondo me non è un intellettuale: non essendo capace <strong>di</strong> pensare<br />
in termini <strong>di</strong>sincantati, <strong>di</strong>vertiti, banali; non essendo capace <strong>di</strong> trascorrere dall’astratto al<br />
quoti<strong>di</strong>ano; non essendo capace <strong>di</strong> vivere la vita comune, allora costui non serve.<br />
I Gran<strong>di</strong> Valori non hanno senso, se non si vestono da tutti i giorni.<br />
Omar Calabrese<br />
Serio Ludere (Sette serissimi scherzi semiotici), Palermo, Flaccovio, 1993
In<strong>di</strong>ce<br />
Premessa<br />
<strong>di</strong> Rosa Bianco Finocchiaro<br />
Presentazione<br />
<strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>o Galletti<br />
Introduzione<br />
<strong>di</strong> Omar Calabrese<br />
Il cinema italiano racconta il vino<br />
<strong>di</strong> Massimiliano Coviello<br />
0. Introduzione<br />
Riflessi <strong>di</strong> vino sullo schermo<br />
1. Brin<strong>di</strong>si e tavole imban<strong>di</strong>te nel cinema italiano<br />
1.1 Sguar<strong>di</strong> attorno alla tavola<br />
1.2 Una passeggiata nel neorealismo: Ladri <strong>di</strong> biciclette <strong>di</strong> Vittorio de Sica<br />
1.3 La comme<strong>di</strong>a all’italiana si consuma a tavola: C’eravamo tanto amati <strong>di</strong> Ettore Scola<br />
1.4 La passione nasce dopo un brin<strong>di</strong>si: Il Casanova <strong>di</strong> Federico Fellini<br />
1.5 Il pranzo <strong>di</strong> Ferragosto secondo Gianni Di Gregorio<br />
2. I vitigni, le tra<strong>di</strong>zioni, le nuove frontiere: i documentari italiani sul vino<br />
2.1 Un precedente letterario. Il taccuino dei “viaggi d’assaggio” tra le vigne d’Italia:<br />
<strong>Vino</strong> al vino <strong>di</strong> Mario Soldati.<br />
2.2 I primi passi del documentario enogastronomico<br />
2.3. Un precedente cinematografico.<br />
Storie del vino “globalizzato”: Mondovino <strong>di</strong> Jonathan Nossiter<br />
2.4. Le vigne delle donne:<br />
Senza Trucco. Le donne del vino naturale <strong>di</strong> Giulia Graglia<br />
2.5 Alla scoperta dei vitigni della Valtellina: Rupi del vino <strong>di</strong> Ermanno Olmi<br />
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3. Il mondo del vino incontra il cinema:<br />
alcuni esperimenti <strong>di</strong> produzione cinematografica<br />
3.1 Le nuove frontiere dell’“eno-cinematografia”<br />
3.2 “Vini d’Italia”: un atlante au<strong>di</strong>ovisivo per raccontare la produzione vinicola<br />
delle regioni italiane<br />
3.3 “Reason Wine: idee per bere con gusto!”: il concorso del progetto “<strong>Vino</strong> e <strong>Giovani</strong> “<br />
Conclusioni<br />
Bibliografia<br />
Filmografia<br />
Programmi televisivi<br />
Sitografia<br />
In<strong>di</strong>ce delle figure<br />
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Premessa<br />
<strong>di</strong> Rosa Bianco Finocchiaro, Coor<strong>di</strong>natrice Programma<br />
“Cultura che nutre”<br />
“Art de vivre” per sviluppare un comportamento sano ed<br />
equilibrato, come elemento del vivere sano, come espressione<br />
<strong>di</strong> socialità tra i popoli, come connubio tra sé, la<br />
propria storia e la ricerca delle proprie ra<strong>di</strong>ci: queste sono<br />
le finalità del progetto “<strong>Vino</strong> e <strong>Giovani</strong>”.<br />
Il vino deve essere piacere, gioia, convivialità, sobrietà,<br />
quin<strong>di</strong> un modo per addentrarsi nel mondo complesso<br />
della socialità, nei significati profon<strong>di</strong> del vivere e dell’immaginario<br />
collettivo che coinvolge sia il nostro essere<br />
in<strong>di</strong>viduale sia il sociale. Pertanto, il rapporto con il vino è<br />
complesso, intimo, quoti<strong>di</strong>ano, denso <strong>di</strong> significati simbolici<br />
e psicologici, richiama le ra<strong>di</strong>ci del piacere e dell’identità, si<br />
definisce all’interno <strong>di</strong> una cultura, muove il senso dell’appartenenza,<br />
ha a che fare con l’immagine <strong>di</strong> sé e si misura<br />
con una ricca offerta <strong>di</strong> prodotti.<br />
Il progetto “<strong>Vino</strong> e <strong>Giovani</strong>” ha la precisa finalità <strong>di</strong><br />
comunicare il vino ai giovani, nell’ottica <strong>di</strong> un’educazione<br />
sistemica con una comunicazione integrata tra cultura alimentare<br />
e valorizzazione storica delle tra<strong>di</strong>zioni.<br />
Il vino rappresenta in tutte le civiltà un inno alla vita,<br />
all’amore, alla voglia <strong>di</strong> vivere ed è elemento importante<br />
nella vita dell’uomo; esso è presente in molti avvenimenti<br />
storici.<br />
La cultura del vino è legata alla storia dell’agricoltura.<br />
Il progetto “<strong>Vino</strong> e <strong>Giovani</strong>”, voluto dal Ministero delle<br />
Politiche Agricole, Alimentari e Forestali e realizzato<br />
dall’Enoteca Italiana è ricco e molto articolato.<br />
Parte da indagini conoscitive per giungere ad azioni sul<br />
territorio nazionale, ad eventi culturali <strong>di</strong> grande significato.<br />
Si è cercato in questo progetto a tutto campo <strong>di</strong> eviden-<br />
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racconta il vino<br />
ziare: le qualità alimentari del vino; il piacere <strong>di</strong> degustare i<br />
vini <strong>di</strong> qualità; <strong>di</strong> cogliere il legame tra produzione vinicola,<br />
storia, tra<strong>di</strong>zione e cultura del territorio; <strong>di</strong> facilitare il rapporto<br />
<strong>di</strong>retto tra produttori e giovani.<br />
Le ricerche, le indagini e le relazioni che vi presentiamo<br />
forniscono elementi significativi per promuovere progetti<br />
efficaci al fine <strong>di</strong> comunicare il vino ai giovani, per deco<strong>di</strong>ficare<br />
il linguaggio del vino, per leggere il rapporto che le<br />
nuove generazioni hanno con il vino.<br />
Questa è la finalità fondamentale del progetto che si<br />
rivolge a produttori, consumatori, rappresentanti delle<br />
istituzioni e a tutti coloro che hanno occasione <strong>di</strong> educare<br />
i giovani nell’ambito dell’alimentazione corretta e dell’uso<br />
consapevole del vino.<br />
Tutti costoro troveranno nel progetto molte idee e tanti<br />
suggerimenti per costruire itinerari <strong>di</strong>dattici sul tema del<br />
vino; suggerimenti e idee capaci <strong>di</strong> mettere in atto le<br />
potenzialità culturali.<br />
Di questo va dato atto all’Enoteca Italiana che con<br />
la sua esperienza ha realizzato un progetto nazionale<br />
molto apprezzato, ma anche al Ministero delle Politiche<br />
Agricole, Alimentari e Forestali, che con la lungimiranza ne<br />
ha consentito la realizzazione in una prospettiva culturale<br />
<strong>di</strong> crescita e <strong>di</strong> rinnovato impegno nel settore dell’educazione<br />
alimentare e in particolare, dell’uso corretto del vino<br />
nelle nuove generazioni.
Presentazione<br />
<strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>o Galletti, Presidente Enoteca Italiana<br />
“VINO E GIOVANI”. Un progetto <strong>di</strong> grande spessore<br />
culturale ed educativo, affidato ancora all’Enoteca Italiana.<br />
Sicuramente <strong>di</strong>fficile nel linguaggio e nella sua <strong>di</strong>mensione<br />
educativo-informativa: promuovere nei giovani una cultura<br />
del bere consapevole.<br />
Un progetto che fa parte della grande campagna comunicativa<br />
europea “Wine in Moderation. Art de Vivre”,<br />
campagna del bere bene per vivere bene.<br />
L’ultima e<strong>di</strong>zione ha visto coinvolte ancora Regioni ed<br />
Università, testimonial del mondo dello spettacolo e,<br />
soprattutto, ha visto protagonisti migliaia <strong>di</strong> giovani coinvolti<br />
attraverso i moderni strumenti della comunicazione.<br />
La campagna <strong>di</strong> sensibilizzazione realizzata nel corso <strong>di</strong><br />
questi ultimi tre anni <strong>di</strong> lavoro, sicuramente apprezzata<br />
dai giovani, ha <strong>di</strong>mostrato ulteriormente che è possibile<br />
trasferire alle nuove generazioni il patrimonio <strong>di</strong> storia e <strong>di</strong><br />
cultura che il vino rappresenta nel nostro Paese, la consapevolezza<br />
che esso sia parte <strong>di</strong> uno stile <strong>di</strong> vita e anche<br />
un moderno veicolo della qualità della vita, che conoscere<br />
ed apprezzare il vino, saperlo bere con moderazione, può<br />
rappresentare uno status culturale, un momento <strong>di</strong> convivialità<br />
e <strong>di</strong> me<strong>di</strong>tazione.<br />
Il messaggio forte è proprio questo.<br />
Far conoscere gli aspetti culturali, economici, storici ed<br />
identitari che il vino rappresenta. Un prodotto straor<strong>di</strong>nario<br />
della nostra agricoltura, una delle punte più avanzate<br />
del made in Italy nel mondo.<br />
Voglio ringraziare tutti coloro che hanno collaborato alla<br />
riuscita <strong>di</strong> questo lavoro e tutti i giovani che hanno partecipato<br />
alle innumerevoli iniziative realizzate.<br />
La stessa gratitu<strong>di</strong>ne che, come Presidente dell’Enoteca<br />
Italiana, desidero esprimere a quanti con lungimiranza han-<br />
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racconta il vino<br />
no sostenuto questo progetto, in primis il Ministero delle<br />
Politiche Agricole, Alimentari e Forestali e le Regioni, il<br />
Movimento del Turismo del <strong>Vino</strong>, l’Associazione dei<br />
<strong>Giovani</strong> Impren<strong>di</strong>tori Vinicoli Italiani, tutti quelli che ci<br />
hanno creduto e hanno offerto appoggio e collaborazione<br />
nel corso <strong>di</strong> questo esaltante percorso.<br />
Un ringraziamento particolare va all’Università degli Stu<strong>di</strong><br />
<strong>di</strong> Siena, al Dipartimento <strong>di</strong> Scienze della Comunicazione,<br />
che con questo lavoro <strong>di</strong> ricerca, il sesto sin qui realizzato,<br />
pone l’attenzione sul rapporto tra il cinema italiano e il<br />
vino, il vino “attore” <strong>di</strong> un testo narrativo particolare quale<br />
è quello cinematografico ed interprete al suo interno <strong>di</strong><br />
valori importanti per la nostra società.<br />
Un lavoro questo che si pone come una sorta <strong>di</strong> completamento<br />
e <strong>di</strong> naturale epilogo al percorso comunicazionale<br />
messo in atto nel 2011 con la realizzazione del<br />
concorso “Reason Wine. Idee per bere con gusto!”,<br />
lanciato grazie all’importante sostegno dell’attore Beppe<br />
Fiorello e del Sindacato Nazionale dei Giornalisti e Critici<br />
Cinematografici.<br />
Un lavoro questo che ha ricevuto una significativa spinta<br />
dal professor Omar Calabrese, scomparso prematuramente<br />
alcuni giorni dopo aver scritto le pagine che seguono e<br />
che ben riassumono il valore della ricerca realizzata da<br />
Massimiliano Coviello.<br />
A lui va un pensiero particolare.<br />
La sua collaborazione con l’Enoteca Italiana, il suo sostegno<br />
da sempre al Progetto “<strong>Vino</strong> e <strong>Giovani</strong>” sono stati sempre<br />
preziosi e <strong>di</strong>sinteressati. Il suo alto spessore culturale è stato<br />
sempre foriero <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> idee e <strong>di</strong> importanti suggerimenti.<br />
Lo ringrazio ancora e lo ricordo in maniera accorata.
Introduzione<br />
<strong>di</strong> Omar Calabrese, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Siena<br />
Negli ultimi anni i lettori hanno visto crescere nelle librerie, tra<br />
gli scaffali de<strong>di</strong>cati all’enologia e all’enogastronomia, il numero<br />
<strong>di</strong> libri che trattano della presenza del vino nel cinema.<br />
Questi volumi citano i brin<strong>di</strong>si più celebri nella storia della<br />
settima arte, elencano le bottiglie più amate e apprezzate<br />
dalle star, consigliano il lettore sui vini più appropriati da<br />
abbinare all’ultimo film appena uscito in dvd o al classico<br />
intramontabile, utilizzando come criteri <strong>di</strong>scriminati il genere,<br />
gli attori o le sensazioni che potrebbero essere richiamate<br />
dalla trama. Dall’altra parte dello scaffale, o ad<strong>di</strong>rittura in un<br />
altro settore, si collocano invece quei saggi che, utilizzando<br />
un criterio storiografico, hanno investigato la storia del cinema<br />
e le sue <strong>di</strong>verse declinazioni nazionali per ricostruire una<br />
cronologia dei rapporti tra il mezzo cinematografico e il vino.<br />
La ricerca <strong>di</strong> Massimiliano Coviello si allontana dai territori<br />
promozionali cavalcati dall’e<strong>di</strong>toria a caccia <strong>di</strong> mode passeggere<br />
e foraggiatrici <strong>di</strong> istant book e, pur non adottando un<br />
criterio rigorosamente cronologico, affronta i rapporti tra vino<br />
e cultura ingaggiando un’analisi serrata <strong>di</strong> alcuni testi au<strong>di</strong>ovisivi<br />
prodotti in Italia. Piuttosto che le epoche, gli stili e i generi<br />
del cinema, il lavoro che qui è presentato in<strong>di</strong>vidua alcuni<br />
momenti della narrazione filmica (come il brin<strong>di</strong>si, il pasto, la<br />
vendemmia, le festività) che forniscono chiavi <strong>di</strong> lettura per la<br />
comprensione delle funzioni culturali e sociali del vino. In altre<br />
parole, il vino può assumere <strong>di</strong>verse tipologie <strong>di</strong> significato<br />
quando <strong>di</strong>venta “attore” <strong>di</strong> un testo narrativo quale per l’appunto<br />
è un film. Prenderlo in considerazione come un attore<br />
che collabora allo sviluppo del film e della sua trama, facendo<br />
compiere determinate azioni ai protagonisti o ostacolandone<br />
altre, <strong>di</strong>venta una delle strategie più adeguate per in<strong>di</strong>viduar-<br />
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racconta il vino<br />
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racconta il vino<br />
ne le funzioni e l’efficacia simbolica. Infatti, il vino è un oggetto<br />
simbolico capace <strong>di</strong> contenere, esemplificandoli materialmente,<br />
valori astratti più generali, e anzi fondamentali per una<br />
cultura. In altri termini: esso è capace <strong>di</strong> manifestare, con la<br />
sua semplice apparizione, un condensato assiologico o ideologico<br />
(assiologico: valori potenziali, come il bene e il male<br />
o il vero e il falso, ma non ancora attribuiti; ideologico: valori<br />
<strong>di</strong> cui si afferma la natura, ad esempio che la povertà è bene<br />
e la ricchezza è male, o il loro contrario). Gli oggetti simbolici<br />
– nella storia delle culture – non sono molto numerosi, e<br />
non potrebbe essere altrimenti. Soltanto poche cose devono<br />
essere capaci <strong>di</strong> presentare con imme<strong>di</strong>atezza una visione del<br />
mondo, altrimenti non sarebbero durevoli né memorizzabili.<br />
La loro rarità, tuttavia, offre loro un vantaggio, e cioè quello<br />
della loro efficacia, anche questa simbolica. In antropologia,<br />
per “efficacia simbolica” si intende la capacità che un oggetto<br />
o un evento ha <strong>di</strong> produrre delle risposte preve<strong>di</strong>bili e ripetute<br />
(anche se non sempre identiche) da parte <strong>di</strong> chi vi entra<br />
in contatto. Ebbene, il lettore <strong>di</strong> queste pagine troverà, forse<br />
con sorpresa, che il vino può entrare a pieno <strong>di</strong>ritto nella<br />
lista degli oggetti simbolici della nostra cultura occidentale, e<br />
che il cinema ha saputo pienamente <strong>di</strong>ffonderne i significati<br />
e l’efficacia. Proprio il cinema che da più <strong>di</strong> un secolo è uno<br />
degli strumenti principali attraverso il quale si costruiscono<br />
rappresentazioni e, inevitabilmente, riflessioni sui desideri e<br />
le frustrazioni, sui traguar<strong>di</strong> e i fallimenti <strong>di</strong> una società in<br />
un dato momento storico. L’originalità <strong>di</strong> questa ricerca, del<br />
resto, sta proprio nell’osservazione <strong>di</strong> come il vino sia <strong>di</strong><br />
volta in volta interprete <strong>di</strong> valori fondamentali per le nostre<br />
società. Ad esempio, del sentimento del piacere, oppure<br />
quello della devianza e dell’eccesso, o ancora della passione<br />
amorosa o della gioia che accompagna i momenti <strong>di</strong> incontro<br />
tra gli amici. Il lavoro qui esposto, che possiede una struttura<br />
tripartita, prende avvio da alcuni esempi estrapolati dalla
storia del cinema italiano degli ultimi sessant’anni: gli incontri e<br />
i racconti da osteria nel cinema neorealista e nella comme<strong>di</strong>a<br />
all’italiana, le gran<strong>di</strong> abbuffate e le cene appassionate nelle<br />
opere <strong>di</strong> Federico Fellini, i brin<strong>di</strong>si intergenerazionali nel film<br />
<strong>di</strong> un regista contemporaneo come Gianni De Gregorio. Nel<br />
secondo capitolo si in<strong>di</strong>vidua una genealogia e si definiscono<br />
le peculiarità del “documentario enogastronomico”, in cui il<br />
legame con le tra<strong>di</strong>zioni e il rispetto per il territorio viene raccontato<br />
dagli attori sociali che, dalla Sicilia sino alla Valtellina,<br />
lavorano nel settore della viticoltura. Nell’ultima parte sono<br />
descritti e analizzati i primi esperimenti che alcune istituzioni<br />
legate alla tutela e alla promozione del vino stanno compiendo<br />
nel mondo dell’immagine in movimento. Si realizza così<br />
una felice sinergia tra “I Fogli <strong>di</strong> <strong>Bacco</strong>”, la collana che ospita<br />
questo stu<strong>di</strong>o promosso dall’Enoteca Italiana (e finanziato<br />
con borse <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o presso l’Università <strong>di</strong> Siena) e “<strong>Vino</strong><br />
e <strong>Giovani</strong>”, la campagna <strong>di</strong> educazione e comunicazione<br />
alimentare promossa dal Ministero delle Politiche Agricole,<br />
Alimentari e Forestali e dalla stessa Enoteca Italiana. Nel<br />
2011 è stato lanciato il concorso “Reason Wine: idee per<br />
bere con gusto!”, de<strong>di</strong>cato a giovani registi per trasmettere<br />
i valori del consumo consapevole. I quattro cortometraggi<br />
vincitori del concorso vengono analizzati nella parte finale<br />
della ricerca proprio perché in essi si trovano esemplificati i<br />
legami principali tra il linguaggio au<strong>di</strong>ovisivo e il patrimonio<br />
culturale, identitario e alimentare racchiuso nel vino.<br />
Facendo <strong>di</strong>alogare le forme e i generi del linguaggio<br />
au<strong>di</strong>ovisivo, questa ricerca stimolerà la curiosità del lettore<br />
e offrirà agli stu<strong>di</strong> sul visivo una serie <strong>di</strong> spunti metodologici<br />
e <strong>di</strong> oggetti d’analisi utili ad una riflessione sulla rappresentazione<br />
del vino e del suo consumo.<br />
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racconta il vino<br />
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Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
Il cinema italiano racconta il vino<br />
Le vigne e le tavole, la produzione e il consumo consapevole<br />
<strong>di</strong> Massimiliano Coviello<br />
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0. Introduzione:<br />
Riflessi <strong>di</strong> vino sullo schermo<br />
Il cinema è stato per tutto il Novecento e continua ad<br />
esserlo tutt’ora, seppur fruito attraverso una miriade <strong>di</strong> spazi<br />
alternativi alla sala cinematografica, dall’home theatre a<br />
YouTube, sino alla visione in movimento consentita dagli<br />
smartphone, un potente strumento <strong>di</strong> comunicazione, <strong>di</strong><br />
propaganda, <strong>di</strong> intrattenimento e soprattutto <strong>di</strong> costruzione<br />
e <strong>di</strong>ffusione dell’immaginario sociale. Sullo schermo, in<br />
ogni singolo film, si e<strong>di</strong>fica un mondo con il quale lo spettatore<br />
intrattiene un <strong>di</strong>alogo a <strong>di</strong>stanza fatto <strong>di</strong> confronti,<br />
scontri, espressioni compiaciute, gesti <strong>di</strong> <strong>di</strong>sapprovazione.<br />
Ogni volta si crea un sistema <strong>di</strong> attese e <strong>di</strong> smentite. Ma<br />
quali sono i poli tra quali si intrattiene questo <strong>di</strong>alogo?<br />
Se immaginiamo come appare a chi siede in sala ciò che avviene<br />
sullo schermo, a quanto pare la domanda principale che si pone<br />
immancabilmente lo spettatore sarà la seguente: assomiglia alla<br />
vita oppure no? Qui, chissà perché, noi supponiamo <strong>di</strong> sapere<br />
“cos’è la vita” e <strong>di</strong> conseguenza, che sia molto semplice paragonare<br />
lo schermo con la vita. Lo schermo si trova a ricoprire il<br />
ruolo <strong>di</strong> imputato, <strong>di</strong> cui valutiamo il comportamento dal punto<br />
<strong>di</strong> vista <strong>di</strong> un co<strong>di</strong>ce noto in partenza. Avanziamo nei confronti<br />
dello schermo richieste a priori, ed esso è obbligato, con qualche<br />
imbarazzo, a rispondere a tali richieste (LOTMAN – TSIVIAN<br />
1994: 14 tr. it.).<br />
Secondo Jurij Lotman e Yuri Tsivian, rispettivamente semiologo<br />
della cultura e teorico del cinema, ciò che rende così<br />
vicini, a volte in<strong>di</strong>stinguibili, il polo della vita e quello dello<br />
schermo è il sistema <strong>di</strong> convenzioni culturali proprie del<br />
linguaggio cinematografico il quale, sorretto da una serie <strong>di</strong><br />
me<strong>di</strong>atori tecnologici, garantisce da un lato l’illusione del<br />
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racconta il vino<br />
movimento e dall’altro gli effetti <strong>di</strong> realtà che possono arrivare<br />
a confermare le attese <strong>di</strong> chi desidera che tra l’oggetto<br />
e la sua rappresentazione ci sia un’adesione incon<strong>di</strong>zionata.<br />
Al <strong>di</strong> là delle <strong>di</strong>fferenze dei generi e degli stili, come dei<br />
mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> fruizione, il cinema erige simulacri sempre più vicini<br />
al reale. Così quello che dovrebbe essere un riflesso, una riproduzione<br />
<strong>di</strong> eventi ed esistenti inquadrati dall’obiettivo<br />
e “rinchiusi” nello spazio dell’inquadratura, finisce per <strong>di</strong>ventare<br />
un’in<strong>di</strong>stinguibile amalgama tra la rappresentazione<br />
e il rappresentato, tra l’immagine e la realtà, tra lo schermo<br />
e la vita.<br />
Seppur attraverso una semplificazione, quanto detto nelle<br />
righe precedenti possiede dei risvolti importanti. Piuttosto<br />
che soffermarsi sulle capacità mimetiche del cinema o <strong>di</strong><br />
altri sistemi <strong>di</strong> riproduzione e rappresentazione, si tratta <strong>di</strong><br />
valutare l’efficacia che le immagini possiedono quando allestiscono<br />
un ambiente propizio per analizzare i fenomeni, le<br />
costanti e i mutamenti che attraversano le società e le loro<br />
culture. Il film è concepibile come una struttura, un montaggio<br />
<strong>di</strong> immagini e <strong>di</strong> suoni, capace <strong>di</strong> esporre, riflettere<br />
e costruire uno spazio socio-culturale in cui gli spettatori<br />
possono immedesimarsi o meno, ma soprattutto dove è<br />
possibile rintracciare le somiglianze e gli scarti tra le rappresentazioni<br />
e i <strong>di</strong>scorsi sociali.<br />
Questi ultimi, avvolgendo e inglobando il soggetto, possono<br />
<strong>di</strong>ventare meno opachi se osservati da una <strong>di</strong>stanza<br />
<strong>di</strong> sicurezza, all’interno <strong>di</strong> un racconto, attraverso la me<strong>di</strong>azione<br />
<strong>di</strong> uno schermo. Il testo au<strong>di</strong>ovisivo, al pari <strong>di</strong> un<br />
romanzo o <strong>di</strong> un quadro, costruisce un punto <strong>di</strong> vista dal<br />
quale è possibile comprendere ed articolare l’insieme delle<br />
pratiche, dei bisogni, dei desideri, dei <strong>di</strong>scorsi con cui una<br />
società, in un dato periodo storico, si autorappresenta e si<br />
confronta con l’esterno, con l’alterità.<br />
Nella sua riflessione sui rapporti che si sono stabiliti tra<br />
cinema e cultura in Italia, considerando il neorealismo come<br />
momento strategico sia per tornare in<strong>di</strong>etro, alla produzio-
ne filmica degli anni Trenta (il cinema dei “telefoni bianchi”),<br />
sia per spingersi oltre, sino alla comme<strong>di</strong>a degli anni<br />
Cinquanta, Maurizio Grande introduce il concetto <strong>di</strong><br />
“testualizzazione del reale”, attraverso il quale è possibile<br />
articolare le strategie che consentono <strong>di</strong> «condensare, delineare,<br />
esporre e costruire il reale nelle <strong>di</strong>mensioni che una<br />
cultura consente e stabilisce, e che […] entra nel <strong>di</strong>scorso<br />
e nella messa in scena cinematografica o d’altro genere»<br />
(GRANDE 2003: 13). È il testo cinematografico che costruisce<br />
ciò che più o meno consapevolmente viene posto<br />
sotto l’appellativo <strong>di</strong> “realtà”. Sono quin<strong>di</strong> i linguaggi, visivi<br />
o verbali, che, piuttosto che assomigliare agli oggetti del<br />
mondo, garantiscono i gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> cattura e <strong>di</strong> comprensibilità<br />
dello spazio culturale da parte dei soggetti.<br />
Questa ricerca ha come obiettivo quello <strong>di</strong> inaugurare<br />
un’indagine sulle modalità con cui il vino, oggetto <strong>di</strong><br />
consumo con un elevato valore simbolico e culturale, è<br />
stato rappresentato sia nel cinema italiano, sia <strong>di</strong> fiction che<br />
documentario, sia all’interno del più ampio panorama del<br />
linguaggio au<strong>di</strong>ovisivo. Un campo <strong>di</strong> ricerca molto vasto,<br />
del quale si offrirà una panoramica che non ha pretese <strong>di</strong><br />
esaustività, che va dal film <strong>di</strong> fiction al documentario, sino<br />
al cortometraggio. Non è stata solo la presenza del vino, la<br />
citazione <strong>di</strong> una bottiglia famosa e <strong>di</strong> pregio, a determinare<br />
la scelta <strong>di</strong> un film piuttosto che <strong>di</strong> un altro. Nel definire<br />
il corpus della ricerca si è cercato <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare, all’interno<br />
dei generi che hanno caratterizzato la storia del cinema italiano<br />
sino alle recenti produzioni documentaristiche, alcuni<br />
film esemplari. Film che, all’interno del loro tessuto figurativo<br />
e narrativo, sono in grado <strong>di</strong> esplicitare le <strong>di</strong>namiche e le<br />
funzioni culturali, gli usi e i contesti sociali in cui si sprigionano<br />
le qualità del vino.<br />
Dai classici del neorealismo alla comme<strong>di</strong>a all’italiana, dal<br />
cinema d’autore a quello contemporaneo: nel primo capitolo<br />
il vino è stato considerato come un “attore”, un personaggio<br />
centrale nell’universo del racconto filmico che, con<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
19
20<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
la sua presenza, ha la capacità <strong>di</strong> ridefinire le coor<strong>di</strong>nate, i<br />
sistemi <strong>di</strong> valori e i mo<strong>di</strong> della relazione intersoggettiva. Si è<br />
prestata particolare attenzione alle sequenze in cui l’azione<br />
inquadrata dalla macchina da presa si svolge attorno alla<br />
tavola, uno spazio che intrattiene precisi rapporti con il<br />
resto degli ambienti domestici (la cucina ad esempio), che<br />
si relaziona a momenti molto ritualizzati della giornata (i<br />
pasti), attorno al quale si intrecciano <strong>di</strong>versi piani narrativi,<br />
dalla sequenza delle portate e delle bevande alle norme<br />
che regolano la gestualità, dal gusto alla concatenazione dei<br />
sensi, dai <strong>di</strong>scorsi dei commensali sino alle passioni che si<br />
rivelano attraverso gli sguar<strong>di</strong>.<br />
Il secondo capitolo è de<strong>di</strong>cato al documentario “enogastronomico”,<br />
un genere <strong>di</strong> cui si tracciano le caratteristiche<br />
fondamentali e vengono analizzati alcuni esempi. Negli ultimi<br />
anni, la produzione <strong>di</strong> documentari che indagano la<br />
produzione vitivinicola sul territorio italiano, intervistando i<br />
suoi protagonisti, mostrando il suo legame con la tra<strong>di</strong>zione<br />
e il rispetto degli ecosistemi, ha raggiunto una visibilità e<br />
una <strong>di</strong>ffusione ampia e ciò in virtù <strong>di</strong> almeno tre fattori. Il<br />
primo è connesso al progresso tecnologico che permette <strong>di</strong><br />
abbattere i costi sia durante la fase delle riprese che durante<br />
il montaggio. All’abbassamento dei costi economici<br />
si aggiunge la crescita del numero dei festival e delle fiere<br />
de<strong>di</strong>cate ai temi dell’enologia, alla produzione biologica e<br />
alla sostenibilità ambientale, con un corrispettivo aumento<br />
della sensibilità <strong>di</strong> produttori e consumatori a questi<br />
temi. Il terzo fattore riguarda il successo <strong>di</strong> pubblico del<br />
documentario Mondovino (2004). È proprio per la sua<br />
capacità <strong>di</strong> aver stimolato e amplificato il <strong>di</strong>battito, sia nel<br />
mondo cinematografico che in quello dell’enologia, che il<br />
film <strong>di</strong> Jonathan Nossiter è stato inserito in questa ricerca<br />
de<strong>di</strong>cata al cinema italiano. Inoltre, nel capitolo, il reportage<br />
letterario <strong>di</strong> Mario Soldati <strong>Vino</strong> al vino. Viaggio alla ricerca<br />
dei vini genuini funge da apripista ai quei documentari che<br />
a molti anni <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza ritornano tra le vigne d’Italia.
L’ultima parte della ricerca è de<strong>di</strong>cata ai primi passi, i primi<br />
esperimenti che il mondo della tutela, della promozione<br />
e del consumo consapevole del vino sta compiendo nel<br />
mondo dei linguaggi au<strong>di</strong>ovisivi. Negli ultimi anni, <strong>di</strong>versi<br />
enti hanno utilizzato le potenzialità comunicative del cinema<br />
per promuovere, soprattutto tra i giovani, le loro campagne<br />
<strong>di</strong> sensibilizzazione. Due sono i casi stu<strong>di</strong>o analizzati:<br />
“Vini d’Italia”, un ciclo <strong>di</strong> quin<strong>di</strong>ci documentari, curati da<br />
Vittorio Storaro e Luca Maroni, sulle produzioni vitivinicole<br />
delle regioni italiane e “Reason Wine: idee per bere con<br />
gusto!”, il concorso <strong>di</strong> cortometraggi per giovani registi realizzato<br />
dall’Enoteca italiana con il contributo del Ministero<br />
delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali.<br />
Desidero ringraziare Clau<strong>di</strong>o Galletti e Fabio Carlesi, Presidente e Segretario Generale<br />
dell’Enoteca Italiana, e Rosa Bianco Finocchiaro, consulente del progetto “<strong>Vino</strong> e<br />
<strong>Giovani</strong>”.<br />
Un grazie affettuoso a Silvana Lilli, coor<strong>di</strong>natrice del progetto “<strong>Vino</strong> e <strong>Giovani</strong>”, per<br />
i consigli e la cura con cui ha seguito questa ricerca e a Chiara Supplizi per l’accurato<br />
lavoro <strong>di</strong> rilettura del testo.<br />
Durante la stesura <strong>di</strong> questo lavoro, Omar Calabrese è venuto a mancare. Alla memoria<br />
del suo insegnamento sono de<strong>di</strong>cate queste pagine.<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
21
1. Brin<strong>di</strong>si e tavole imban<strong>di</strong>te<br />
nel cinema italiano<br />
1.1 Sguar<strong>di</strong> attorno alla tavola<br />
La macchina da presa percorre il perimetro della tavola<br />
imban<strong>di</strong>ta, gira attorno ad essa, sosta per qualche istante a<br />
fianco <strong>di</strong> ciascun commensale e, terminato il suo aggraziato<br />
girotondo, si arresta per “accomodarsi” su uno dei posti<br />
apparecchiati per la cena. Da un campo me<strong>di</strong>o che mostra<br />
l’interno dell’intera sala da pranzo in cui si sta consumando<br />
il pasto, si passa a un lento e graduale zoom verso il centro<br />
della tavola. Poi, l’inquadratura da impersonale e oggettiva<br />
<strong>di</strong>venta soggettiva: lo spettatore, che segue i movimenti<br />
della macchina da presa e la trasformazione del punto <strong>di</strong><br />
vista, si immedesima in uno degli invitati alla cena offerta dal<br />
padrone <strong>di</strong> casa. Mentre la mano del personaggio si avvicina<br />
educatamente alla tavola, anche l’obiettivo della macchina<br />
da presa stringe la sua focale per “concentrarsi” sempre<br />
<strong>di</strong> più su un elemento della messa in scena. Bastano pochi<br />
attimi e la mano, insieme allo sguardo dell’ospite-spettatore,<br />
afferra il bicchiere <strong>di</strong> vino per sollevarlo e brindare insieme<br />
a tutti gli altri invitati.<br />
Ecco una scena che abbiamo visto tante volte, una sequenza<br />
che appartiene a molti film, girata in tanti mo<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi,<br />
ma sempre con la stessa finalità: quando al cinema si sceglie<br />
<strong>di</strong> mettere in scena un pasto non può mancare l’ospite<br />
fisso, un buon bicchiere <strong>di</strong> vino. Ed è proprio il vino ad<br />
essere un elemento <strong>di</strong> coesione tra la visione spettatoriale e<br />
la scena inquadrata. Proprio il vino sostiene quel processo<br />
<strong>di</strong> immedesimazione tra chi guarda e la scena rappresentata,<br />
facendoci sentire partecipi del momento <strong>di</strong> convivialità,<br />
piuttosto che voyeur in<strong>di</strong>screti.<br />
Roland Barthes, nelle sue analisi sulle mitologie del con-<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
23
24<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
1. La sintassi narrativa<br />
descritta riguarda la<br />
presenza <strong>di</strong> attanti ovvero<br />
<strong>di</strong> funzioni logiche<br />
virtuali e non <strong>di</strong> attori,<br />
che invece si collocano a<br />
livello della manifestazione.<br />
All’interno <strong>di</strong> questa<br />
sintassi, l’attore “vino”<br />
ricoprirebbe il ruolo attanziale<br />
<strong>di</strong> /aiutante/ che<br />
fornisce all’attante /soggetto/<br />
delle competenze<br />
per superare una serie <strong>di</strong><br />
prove sino a raggiungere<br />
/l’oggetto <strong>di</strong> valore/ ed<br />
ottenere così una sanzione<br />
positiva (GREIMAS<br />
1983: 45-62 tr. it.).<br />
2. L’efficacia simbolica è<br />
stata introdotta dall’antropologo<br />
Claude Lévi-<br />
Strauss nello stu<strong>di</strong>o sugli<br />
effetti dei rituali sciamanici<br />
tra la popolazione<br />
Cuna (LÉVI-STRAUSS<br />
1958: 210-230 tr. it.). Il<br />
concetto è stato ampiamente<br />
ripreso negli stu<strong>di</strong><br />
sociosemiotici sugli effetti<br />
dei <strong>di</strong>scorsi sociali e me<strong>di</strong>atici<br />
(MARRONE<br />
2001: XXX-XXXVI).<br />
3. Sui rapporti tra cinema<br />
e gusto si veda lo stu<strong>di</strong>o<br />
<strong>di</strong> Lorenzo Bianciar<strong>di</strong><br />
de<strong>di</strong>cato all’analisi del<br />
film <strong>di</strong> Ang Lee Mangiare<br />
bere uomo donna<br />
(Yin shi nan nu, 1994).<br />
Nel primo capitolo si<br />
trova una rassegna critica<br />
delle teorie filosofiche<br />
classiche, dell’approccio<br />
semiotico e <strong>di</strong> quello fe-<br />
temporaneo, sottolinea lo spazio conviviale, lo scenario<br />
conversazionale in cui il vino si colloca e che contribuisce a<br />
costruire: «Il vino è socializzato perché fonda non solo una<br />
morale ma anche uno scenario […] dallo spuntino […]<br />
al festino, dalla conversazione d’osteria al <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> banchetto»<br />
(BARTHES 1957: 68-69 tr. it.). Sempre Barthes,<br />
definisce il vino come «sostanza <strong>di</strong> conversione» capace <strong>di</strong><br />
influenzare le competenze <strong>di</strong> chi ne fa uso, <strong>di</strong> trasformarne<br />
l’umore e gli stati passionali (BARTHES 1957: 67 tr. it.).<br />
In un film, come nelle occasioni quoti<strong>di</strong>ane, il vino può<br />
alterare – in senso positivo o negativo – le competenze dei<br />
personaggi. Il bicchiere <strong>di</strong> vino sorseggiato a tavola <strong>di</strong>venta<br />
uno strumento che permette al meccanismo narrativo <strong>di</strong><br />
evolversi, producendo delle svolte inattese, dotando i personaggi<br />
che ne fanno uso <strong>di</strong> capacità ine<strong>di</strong>te, dando sfogo<br />
a pensieri e affetti nascosti fino al momento del brin<strong>di</strong>si. Il<br />
vino non è soltanto un elemento scenografico: la bottiglia<br />
<strong>di</strong> vino che decora i <strong>di</strong>versi cerimoniali sociali è anche un<br />
“attore” narrativo, un “aiutante”, capace <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficare le<br />
competenze <strong>di</strong> chi ne fa uso, <strong>di</strong> far progre<strong>di</strong>re lo sviluppo<br />
della trama, ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong> ribaltare le situazioni narrative,<br />
istruendo, al contempo, la visione dello spettatore 1 .<br />
Nelle storie raccontate dai film, il vino mette in gioco la sua<br />
efficacia, manipola il sapere dei personaggi, le loro azioni,<br />
favorisce l’emergere <strong>di</strong> stati passionali, ne modula l’intensità<br />
e ne influenza la <strong>di</strong>mensione somatica, qualificandosi come<br />
oggetto simbolico capace <strong>di</strong> rendere pertinenti alcuni dei<br />
valori astratti che fondano un sistema sociale, come il piacere<br />
e l’eleganza o, al contrario, la devianza e l’eccesso 2 .<br />
La tavola sulla quale si consuma il pasto può essere considerata<br />
come un “banco <strong>di</strong> montaggio” delle qualità con le<br />
quali il gusto coinvolge a pieno la sensorialità dei commensali<br />
e cerca <strong>di</strong> trasmetterla anche allo spettatore 3 .<br />
Gli aspetti sensibili e quelli sensoriali, si mescolano nella<br />
rappresentazione <strong>di</strong> una pratica sociale come quella del<br />
mangiare in compagnia, sviluppando così le possibilità <strong>di</strong>
inter<strong>di</strong>pendenza e stimolazione reciproca tra i sensi che<br />
sono alla base dei processi sinestesici 4 .<br />
La tavola imban<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> bevande e pietanze è un’architettura<br />
del gusto in cui i sensi si concatenano in modo preciso<br />
secondo i gesti inquadrati dalla macchina da presa. In un<br />
lavoro de<strong>di</strong>cato al coinvolgimento sensoriale e alle forme<br />
<strong>di</strong> manifestazione del senso in cucina e attorno alla tavola,<br />
Gianfranco Marrone scrive:<br />
Il senso della cucina passa da una cucina del senso. Ma è la tavola<br />
a costituire sempre e comunque il luogo – fisico e simbolico<br />
al contempo – in cui il corpo <strong>di</strong> ciascuno <strong>di</strong> noi, senza perdere<br />
le proprie specifiche istanze, si fa essere sociale, elemento costitutivo<br />
<strong>di</strong> una qualche forma <strong>di</strong> intersoggettività: i nostri processi<br />
sensoriali, superando le anguste vie del bisogno alimentare, accedono<br />
senza soluzione <strong>di</strong> continuità verso i più ampi li<strong>di</strong> del<br />
piacere del palato e della multiforme patina <strong>di</strong> significazione che,<br />
fondandolo, ne deriva. Dai sensi si accede così al senso, ai valori<br />
sociali e culturali, in un via vai ininterrotto dove la <strong>di</strong>mensione<br />
somatica e quella collettiva finiscono per rivelare la loro comune<br />
derivazione semiotica e, perciò, il loro essere un’unica, troppo<br />
umana realtà (MARRONE – GIANNITRAPANI 2012: 8).<br />
Allo stesso modo, anche la degustazione del vino si svolge<br />
seguendo una precisa concatenazione <strong>di</strong> gesti che prende<br />
in considerazione le caratteristiche della bevanda, da quelle<br />
cromatiche a quelle gustative, e si relaziona ai sensi del<br />
degustatore, la vista, poi l’olfatto e infine il gusto.<br />
La descrizione dell’aspetto visivo del vino è, secondo tra<strong>di</strong>zione,<br />
la prima ad essere svolta, seguita da quella della <strong>di</strong>mensione<br />
olfattiva, per concludersi con quella del gusto vero e proprio<br />
e, infine, del retrogusto. Questo or<strong>di</strong>ne assume una <strong>di</strong>mensione<br />
rituale, in quanto non è mai messo in <strong>di</strong>scussione e rispecchia<br />
una gerarchia degli or<strong>di</strong>ni sensoriali che sono <strong>di</strong>sposti in strati<br />
<strong>di</strong> profon<strong>di</strong>tà a seconda della <strong>di</strong>stanza che separa il soggetto<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
25<br />
nomenologico ai temi del<br />
gusto e della sinestesia. Il<br />
secondo capitolo è invece<br />
de<strong>di</strong>cato alle strategie<br />
che il cinema adotta per<br />
chiamare in causa ed<br />
evocare l’intero apparato<br />
sensoriale dello spettatore<br />
(BIANCIARDI<br />
2011).<br />
4. Fisiologia del gusto <strong>di</strong><br />
Jean Anthelme Brillat-<br />
Savarin, pubblicato per<br />
la prima volta nel 1825,<br />
è uno dei testi classici sul<br />
tema. Il lavoro <strong>di</strong> Brillat-<br />
Savarin ha avuto <strong>di</strong>verse<br />
riletture, tra cui quella<br />
<strong>di</strong> Barthes (1984) e <strong>di</strong><br />
Gianfranco Marrone<br />
(2000) che hanno rilevato<br />
il “funzionamento”<br />
semiotico del gusto e il<br />
suo rapporto con gli altri<br />
sensi e, più in generale,<br />
con la corporeità.
26<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
dall’oggetto sottoposto a indagine sensoriale. In questo tipo <strong>di</strong><br />
gerarchizzazione si può forse vedere il riflesso <strong>di</strong> un processo<br />
<strong>di</strong> progressiva congiunzione del soggetto con l’oggetto (GRI-<br />
GNAFFINI 2000: 218-219).<br />
Avvicinare il bicchiere alla bocca è un rituale in cui il bere<br />
(sod<strong>di</strong>sfazione <strong>di</strong> un bisogno fisiologico) è solo la tappa<br />
finale <strong>di</strong> un processo complesso seppur breve. Nel gesto<br />
<strong>di</strong> bere si sprigionano tutti gli elementi <strong>di</strong> una sintassi narrativa<br />
che coinvolge il tatto (la consistenza del bicchiere,<br />
le sue qualità materiali), la vista (la trasparenza del cristallo,<br />
attraverso il quale il bevitore osserva i cromatismi del vino,<br />
le lacrime e gli archetti lasciati dalla bevanda sulle pareti<br />
del calice), l’olfatto (i sentori emanati dal vino) e infine<br />
il sapore che si sprigiona a contatto con la bocca e nella<br />
quale il gusto <strong>di</strong> un singolo componente entra in sintonia<br />
con quelli già mangiati (GALOFARO 2006: 162-166).<br />
Nel cinema, il susseguirsi delle azioni che fanno parte della<br />
degustazione come dello stare a tavola si trasformano in<br />
un’avventura dello sguardo spettatoriale che, attraverso la<br />
me<strong>di</strong>azione della macchina da presa, segue le fasi <strong>di</strong> questo<br />
rito, in attesa dei suoi risvolti sul racconto (GALLINGA-<br />
NI 1998: 944).<br />
Il percorso <strong>di</strong> analisi investigherà, in questo primo capitolo,<br />
le modalità con le quali il vino, il cibo e più in generale il<br />
gusto che si produce e si manifesta attorno alla tavola, costituiscono<br />
un elemento centrale non solo della costruzione<br />
scenografica del film ma anche della sua trama. Mantenendo<br />
una <strong>di</strong>stanza mobile, che <strong>di</strong> volta in volta sappia in<strong>di</strong>viduare<br />
la taglia del suo oggetto <strong>di</strong> indagine (dall’intero film,<br />
a una sequenza, fino alla singola inquadratura), si proverà<br />
ad esercitare uno sguardo che attraversi i generi e la storia<br />
del cinema italiano per rinvenire alcune componenti essenziali<br />
nella messa in scena delle relazioni e dei comportamenti<br />
sociali legati al pasto, tra una portata e l’altra, in compagnia<br />
<strong>di</strong> un buon bicchiere <strong>di</strong> vino.
1.2 Una passeggiata nel neorealismo:<br />
Ladri <strong>di</strong> biciclette <strong>di</strong> Vittorio De Sica<br />
Un uomo in cerca della sua bicicletta si aggira per le strade<br />
in compagnia <strong>di</strong> suo figlio, un ragazzino che, a <strong>di</strong>spetto<br />
della giovane età, già lavora come garzone in una pompa<br />
<strong>di</strong> benzina. La madre in pena li attende a casa, speranzosa<br />
che i due ritornino con l’oggetto rubato, da cui <strong>di</strong>pende<br />
il sostentamento dell’intera famiglia. La macchina da presa<br />
pe<strong>di</strong>na padre e figlio, li accompagna e li insegue per le vie<br />
e i quartieri <strong>di</strong> Roma, affannandosi a mostrare, ogni volta<br />
che si apre una possibile soluzione al dramma della per<strong>di</strong>ta,<br />
il gioco <strong>di</strong> sguar<strong>di</strong>, <strong>di</strong> attese, desideri e <strong>di</strong>sillusioni che i due<br />
intrattengono. Il girovagare domenicale <strong>di</strong> padre e figlio,<br />
seppur motivato da un obiettivo, si realizza nell’incapacità<br />
<strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare una destinazione, nell’impossibilità <strong>di</strong> definire<br />
un tragitto che porti i due protagonisti della storia a risollevare<br />
le loro sorti.<br />
In Ladri <strong>di</strong> biciclette (1948) <strong>di</strong> Vittorio De Sica si ripete<br />
il movimento meccanico, spesso privo <strong>di</strong> scopi, che lega<br />
l’esistenza e le possibilità lavorative del borgataro romano<br />
Antonio Ricci (Lamberto Maggiorani) alla sua bicicletta:<br />
prima data in pegno per racimolare del denaro, poi “riconquistata”<br />
perché necessaria per compiere il suo lavoro<br />
<strong>di</strong> attacchinaggio e infine rubata. La ricerca della bicicletta<br />
porterà lui e suo figlio Bruno (Enzo Staiola) ad attraversare<br />
la capitale: dai mercati <strong>di</strong> strada, tra i ricettatori, alle case <strong>di</strong><br />
ospitalità per i poveri, dai quartieri <strong>di</strong> periferia alle rive del<br />
Tevere. Tragico destino quello che accompagna i due protagonisti:<br />
la loro erranza è spinta dalla ricerca <strong>di</strong> un mezzo<br />
<strong>di</strong> locomozione. Bruno trotterella accanto al padre, a volte,<br />
per stargli <strong>di</strong>etro, inciampa e cade, bagnandosi e sporcandosi<br />
i vestiti; altre volte è al suo fianco, mano nella mano,<br />
con lo sguardo alla ricerca del volto paterno. Nella scena<br />
finale, il padre, che aveva tentato <strong>di</strong> rubare a sua volta una<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
27
28<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
5. Per un approfon<strong>di</strong>mento<br />
storico e critico<br />
sul neorealismo, tra i<br />
molti contributi, si vedano<br />
le raccolte curate da<br />
Lino Micciché (1999)<br />
e da Alberto Farassino<br />
(1989), e il volume <strong>di</strong><br />
Gian Piero Brunetta<br />
(2006: 22-109).<br />
bicicletta, piange <strong>di</strong> vergogna non tanto e non solo per il<br />
giu<strong>di</strong>zio dei passanti che si scaglia su <strong>di</strong> lui, ma soprattutto<br />
per la presenza del figlio, che nonostante tutto torna a stringergli<br />
la mano per con<strong>di</strong>videre la stessa drammatica con<strong>di</strong>zione.<br />
Queste “gesta”, piuttosto che descrivere un’epopea<br />
del proletariato, sono riprese per scomporre al dettaglio il<br />
paesaggio urbano e soprattutto le qualità umane <strong>di</strong> un sostrato<br />
sociale: l’umanità dei volti, i gesti familiari, il linguaggio<br />
e i <strong>di</strong>aloghi <strong>di</strong> strada, i riti quoti<strong>di</strong>ani, le angherie minute<br />
e triviali. Gli acca<strong>di</strong>menti, nella loro casualità, prendono il<br />
sopravvento sulla messa in scena; inoltre il film è quasi interamente<br />
girato in esterni e con attori non professionisti, nel<br />
pieno rispetto dei canoni del neorealismo cinematografico.<br />
Pur nella centralità dei contenuti sociali che caratterizzano<br />
il cinema neorealista tra la Seconda Guerra Mon<strong>di</strong>ale e<br />
l’imme<strong>di</strong>ato dopoguerra, sono gli elementi formali – il pe<strong>di</strong>namento<br />
da parte della macchina da presa nei confronti<br />
dell’uomo <strong>di</strong> strada, teorizzato da Cesare Zavattini, come<br />
il motto <strong>di</strong> Roberto Rosselini «La realtà è là. Perché manipolarla?»<br />
– che, introducendo importanti trasformazioni nel<br />
linguaggio cinematografico, accrescono il portato politico<br />
<strong>di</strong> questa corrente cinematografica. L’impegno politico e<br />
culturale <strong>di</strong> autori come Visconti, Rossellini, Zavattini, De<br />
Sica, Lattuada, De Santis, Zampa, si affianca ad una trasformazione<br />
delle lo- giche narrative che non si conformano<br />
più al rispetto della linearità e della consequenzialità della<br />
trama (l’aderenza ai canoni del cinema hollywoo<strong>di</strong>ano)<br />
ma, attraverso una simbiosi tra i personaggi inquadrati e la<br />
macchina da presa, riproducono sullo schermo il vagabondaggio,<br />
la deambulazione e lo spaesamento dei soggetti tra<br />
le macerie e la desolazione delle periferie urbane sul finire<br />
della Seconda Guerra Mon<strong>di</strong>ale 5 . Nel definire i tratti<br />
dell’estetica neorealista e delle caratteristiche che portano<br />
all’affermazione <strong>di</strong> un’“immagine-fatto”, in cui i confini tra<br />
vedere e mostrare, tra la cattura passiva da parte <strong>di</strong> un<br />
occhio meccanico e la creatività che da questo processo
può generarsi, tendono a confondersi e a sovrapporsi, il<br />
teorico e critico del cinema André Bazin scrive a proposito<br />
del capolavoro <strong>di</strong> De Sica:<br />
Alla scomparsa della nozione <strong>di</strong> attore, nella trasparenza <strong>di</strong> una<br />
perfezione apparentemente naturale come la vita stessa, risponde<br />
la scomparsa della messa in scena. […]. Come la scomparsa<br />
dell’attore è il risultato <strong>di</strong> un superamento dello stile dell’interpretazione,<br />
la scomparsa della messa in scena è ugualmente il<br />
frutto <strong>di</strong> un progresso <strong>di</strong>alettico nello stile del racconto. Se l’avvenimento<br />
basta a se stesso senza che il regista abbia bisogno<br />
<strong>di</strong> rischiararlo per mezzo delle angolazioni della macchina da<br />
presa, è perché è appunto arrivato a quella perfetta luminosità<br />
che consente all’arte <strong>di</strong> smascherare una natura che finalmente le<br />
somiglia. Per questo l’impressione che ci lascia Ladri <strong>di</strong> biciclette<br />
è costante quella della verità (BAZIN 1958-1962: 314-315 tr. it.).<br />
Sulla scia delle riflessioni <strong>di</strong> Bazin, anche Gilles Deleuze,<br />
sostiene la centralità delle innovazioni formali, piuttosto che<br />
contenutistiche, introdotte dal neorealismo:<br />
Contro coloro che definivano il neorealismo italiano a partire<br />
dal suo contenuto sociale, Bazin invocava la necessità <strong>di</strong> criteri<br />
formali estetici. […] Il reale non è più rappresentato o riprodotto,<br />
ma “mostrato”. Invece <strong>di</strong> mostrare un reale già decifrato,<br />
il neorealismo mostrava un reale ancora da decifrare, ambiguo<br />
(DELEUZE 1985: 11 tr. it.).<br />
Per il filosofo francese, il cinema neorealista costruisce e riflette<br />
su una realtà <strong>di</strong>spersiva, ellittica, errabonda, che opera<br />
per blocchi, con eventi fluttuanti, situazioni spesso prive<br />
<strong>di</strong> una finalità narrativa e in cui i legami senso-motori che<br />
connettono il personaggio all’azione sono deliberatamente<br />
deboli. I personaggi non agiscono in base a degli scopi,<br />
non reagiscono in base a situazioni. Il personaggio <strong>di</strong>venta<br />
una specie <strong>di</strong> spettatore:<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
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30<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
Ha un bel muoversi, correre, agitarsi, la situazione nella quale si<br />
trova supera da ogni parte le sue capacità motorie e gli fa vedere<br />
e sentire quel che non può più essere teoricamente giustificato<br />
da una risposta o da un’azione. Più che reagire, il personaggio<br />
registra (DELEUZE 1985: 13).<br />
I due protagonisti <strong>di</strong> Ladri <strong>di</strong> biciclette, nel loro affannoso<br />
e vano errare <strong>di</strong> una domenica mattina, si concedono un<br />
pasto fuori, uno strappo alla regola viste le ristrettezze economiche<br />
e il futuro lavorativo incerto.<br />
Arrivano così in trattoria, dove la desolazione degli ambienti<br />
urbani e le <strong>di</strong>savventure accumulate fino a quel momento<br />
lasciano il posto all’allegria e al chiacchiericcio tra i<br />
tavoli, al via vai dei camerieri, alle note <strong>di</strong> un gruppo <strong>di</strong><br />
musicisti.<br />
Nella sequenza – un’oasi drammatica la definisce Bazin<br />
nella sua analisi del film (BAZIN 1958-1962: 311 tr. it.)<br />
– Antonio e Bruno sono seduti attorno a un tavolo apparecchiato<br />
mentre tutto intorno a loro si agita e si trasforma:<br />
le portate, i gesti della piccola orchestra, gli appetiti e le<br />
espressioni dei commensali.<br />
Se le capacità motorie, rispetto alla camminata, sono limitate,<br />
i protagonisti continuano la loro attività <strong>di</strong> registrazione<br />
dell’ambiente circostante che li avvolge, pur non includendoli<br />
completamente. Attraverso una serie <strong>di</strong> campi e controcampi,<br />
il personaggio-spettatore, in perfetta simbiosi con<br />
la macchina da presa, registra e mostra ciò che accade nello<br />
spazio della trattoria (Figg. 1-4).<br />
Figura 1 Figura 2
Figura 3<br />
Figura 4<br />
l vino è la sostanza che favorisce nel personaggio la conversione<br />
passionale, il passaggio da uno stato <strong>di</strong>sforico,<br />
connesso ai risultati negativi della sua ricerca, ad uno stato<br />
euforico. Varcata la soglia della trattoria, Mario prova ad allontanare<br />
i pensieri che lo affliggono per consumare il pranzo<br />
in spensieratezza. Dopo il primo bicchiere, il suo sguardo si<br />
rivolge all’orchestra <strong>di</strong>sposta a lato del suo tavolo, venendo<br />
prontamente ricambiato dal cantante (Figg. 1-2). Al secondo<br />
bicchiere il protagonista, imitando il figlio, alza lo sguardo<br />
per fissare l’abbondanza dei piatti e delle bevande con cui<br />
i camerieri sembrano “decorare” la tavola della famiglia posta<br />
<strong>di</strong> fronte a loro (Figg. 3-4). Alla vista <strong>di</strong> quella scena, gli<br />
affanni e le incertezze tornano ad adombrare il suo volto:<br />
allontana da sé il piatto ancora pieno per prendere un tovagliolo<br />
sul quale fare i conti dello stipen<strong>di</strong>o che il lavoro da<br />
attacchino gli potrebbe garantire. La necessità <strong>di</strong> riprendere<br />
la ricerca della bicicletta torna a essere impellente. Il padre<br />
passa il tovagliolo al figlio per far scrivere a lui le cifre mentre<br />
la macchina da presa, lentamente, si avvicina al volto dell’uomo<br />
per esasperarne ancor <strong>di</strong> più l’espressione e i sentimenti.<br />
Il frugale pranzo in trattoria, in compagnia del vino, è stato<br />
una breve parentesi <strong>di</strong> gioia nell’affannata ricerca domenicale.<br />
Forse l’aiuto <strong>di</strong>vino, già invocato dalla moglie, può produrre<br />
una svolta nelle ricerche; probabilmente si tratta solo <strong>di</strong> un<br />
altro inconcludente vagabondaggio.<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
31
32<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
1.3 La comme<strong>di</strong>a all’italiana si consuma a tavola:<br />
C’eravamo tanto amati <strong>di</strong> Ettore Scola<br />
Attorno ai tavoli <strong>di</strong> un’altra trattoria romana si consumano<br />
i brin<strong>di</strong>si e si rievocano i ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong> un gruppo <strong>di</strong> amici<br />
durante tutto l’arco della loro vita. Gianni (Vittorio Gassman),<br />
rampante avvocato originario <strong>di</strong> Pavia, Antonio<br />
(Nino Manfre<strong>di</strong>), portantino all’ospedale San Camillo <strong>di</strong><br />
Roma, Nicola (Stefano Satta Flores), maestro <strong>di</strong> ginnasio<br />
a Nocera Inferiore e poi intellettuale squattrinato e critico<br />
cinematografico, spesso in compagnia <strong>di</strong> Lucia (Stefania<br />
Sandrelli), aspirante attrice della provincia u<strong>di</strong>nese, si ritrovano<br />
perio<strong>di</strong>camente, spesso per caso, “Dal Re della<br />
Mezza Porzione”.<br />
Nella sala del ristorante, tra le tavole affollate, i tre amici<br />
ricordano le loro vicissitu<strong>di</strong>ni e così facendo ricostruiscono<br />
le tappe fondamentali della storia e della cultura italiana:<br />
dalla Resistenza alla nascita della Repubblica, dal cinema<br />
neorealista all’intrattenimento televisivo, dalla ripresa economica<br />
al referendum sull’aborto.<br />
Come in un film nel film, le immagini e i simboli che costellano<br />
la memoria collettiva italiana – i cinegiornali del<br />
dopoguerra, la storia del cinema italiano con i suoi gran<strong>di</strong><br />
registi (De Sica, Fellini, Antonioni) e interpreti (Mastroianni),<br />
Mike Bongiorno e il suo quiz Lascia o raddoppia? –<br />
scorrono <strong>di</strong>nanzi agli occhi dei personaggi e del pubblico.<br />
Il commento fuoricampo, in cui si alternano le voci dei tre<br />
protagonisti, ritrova sempre i corpi degli attori che, facendo<br />
il loro ingresso nell’inquadratura, in<strong>di</strong>cano allo spettatore le<br />
connessioni tra la cronologia degli eventi e le piccole storie,<br />
tra i mutamenti culturali, i litigi quoti<strong>di</strong>ani e le ipocrisie<br />
in<strong>di</strong>viduali.<br />
C’eravamo tanto amati (1974) <strong>di</strong> Ettore Scola può essere<br />
considerato un’antologia della comme<strong>di</strong>a all’italiana: la<br />
sceneggiatura porta le firme <strong>di</strong> Age e Scarpelli, al secolo
Agenore Incrocci e Furio Scarpelli, che in coppia hanno<br />
firmato molti dei copioni del cinema italiano a partire dalla<br />
fine degli anni Quaranta, gli attori – tra i quali bisogna aggiungere<br />
anche Aldo Fabrizi – hanno costruito, attraverso<br />
i loro volti, le maschere della comme<strong>di</strong>a nazionale e infine<br />
la costruzione dei personaggi, una galleria dei “tipi”, delle<br />
caricature e degli atteggiamenti esasperati <strong>di</strong> questo genere<br />
cinematografico, che ben presto si sono cristallizzati nell’immaginario<br />
degli spettatori.<br />
Ecco come Maurizio Grande, semiologo dello spettacolo<br />
che ha de<strong>di</strong>cato <strong>di</strong>versi stu<strong>di</strong> teorici al cinema italiano e alle<br />
sue trasformazioni, definisce le capacità <strong>di</strong> rappresentazione<br />
e <strong>di</strong> costruzione della società da parte della comme<strong>di</strong>a e<br />
dei suoi personaggi:<br />
La comme<strong>di</strong>a come “trama comica” (e farsesca e grottesca) del<br />
banale-quoti<strong>di</strong>ano “anonimo” e “qualunque” si esprime nel piccolo<br />
costante conflitto fra le attese del soggetto e la pressione<br />
sociale, la quale ha il compito <strong>di</strong> “istruire” l’ingresso del soggetto<br />
nella società e <strong>di</strong> “manovrare” le <strong>di</strong>namiche del suo adattamento.<br />
In questo senso, la comme<strong>di</strong>a espone la con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> personaggi<br />
costretti alla flessibilità psicologica, morale, comportamentale;<br />
personaggi mai definitivamente “compiuti” e costretti <strong>di</strong> continuo<br />
a mutare parametri <strong>di</strong> valutazione e “maschere <strong>di</strong> prestazione”<br />
per trovare una collocazione nella società, per aderire il più possibile<br />
ad una società che detta le norme della vita collettiva<br />
(GRANDE 2003: 41) 6 .<br />
Il continuo rimando alla messa in forma della realtà e alle<br />
capacità <strong>di</strong> interpretare le trasformazioni sociali da parte<br />
del cinema è una consapevolezza che non appartiene solo<br />
alla critica. Infatti, sono gli stessi registi e sceneggiatori che,<br />
attraverso le capacità costruttive del loro mezzo espressivo,<br />
colgono gli umori, i <strong>di</strong>ssapori e le trasformazioni in atto.<br />
Nel fare un bilancio della sua attività e del legame <strong>di</strong><br />
quest’ultima con la comme<strong>di</strong>a all’italiana, Scola scrive:<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
33<br />
6. Nelle pagine successive,<br />
lo stu<strong>di</strong>oso italiano<br />
esplicita i caratteri della<br />
comme<strong>di</strong>a all’italiana<br />
(GRANDE 2003: 42-<br />
46).
34<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
7. Il concetto <strong>di</strong> “intertestualità”<br />
è utilizzato per<br />
descrivere le relazioni (il<br />
plagio, la paro<strong>di</strong>a, la riscrittura,<br />
ecc.) che legano<br />
un testo ad altri (GE-<br />
NETTE 1981). Sui fenomeni<br />
<strong>di</strong> intertestualità<br />
e citazione connessi alle<br />
pratiche cinematografiche<br />
come il remake o il<br />
serial si vedano, tra i molti<br />
testi pubblicati, il lavoro<br />
<strong>di</strong> Nicola Dusi e Lucio<br />
Spaziante (2006) e la<br />
raccolta <strong>di</strong> saggi curata<br />
da Francesco Casetti<br />
(1984). La “rime<strong>di</strong>azione”<br />
riguarda qui fenomeni<br />
in cui: «un me<strong>di</strong>um<br />
si appropria <strong>di</strong> tecniche,<br />
forme e significati sociali<br />
<strong>di</strong> altri me<strong>di</strong>a e cerca <strong>di</strong><br />
competere con loro o<br />
<strong>di</strong> rimodellarli in nome<br />
del reale» (BOLTER –<br />
GRUSING 1999: 93<br />
tr. it.).<br />
La comme<strong>di</strong>a italiana è stata un ginepraio in cui è <strong>di</strong>fficile <strong>di</strong>stricarsi,<br />
una specie <strong>di</strong> mercato delle pulci dove c’è stato <strong>di</strong><br />
tutto. Perché Fellini ha fatto comme<strong>di</strong>a italiana; Pasolini l’ha fatta,<br />
Franchi e Ingrassia l’hanno fatta, Corbucci, Monicelli, io e altri<br />
ancora. […] La comme<strong>di</strong>a italiana è stata figlia un po’ degenere<br />
del neorealismo, una sorta <strong>di</strong> reazione un po’ reazionaria, in<br />
quanto nata come pacificatoria, “testimone” <strong>di</strong> un’Italia consolata,<br />
grassoccia e paesana, dai pochi riferimenti con la realtà. Un<br />
cinema <strong>di</strong> fantascienza (o <strong>di</strong> fantacoscienza). Poi la comme<strong>di</strong>a<br />
italiana è cresciuta, è entrata in maggior contatto con la realtà, ha<br />
scavato <strong>di</strong> più. Si è fatta più inquietante, da consolatoria che era<br />
è <strong>di</strong>ventata provocatoria.<br />
È in questa <strong>di</strong>rezione che credo <strong>di</strong> aver lavorato: verso una<br />
comme<strong>di</strong>a italiana nella quale, <strong>di</strong>etro l’ere<strong>di</strong>tà del neorealismo e<br />
le “magie” della satira, traspariva l’apologo civile (ELLERO 1995:<br />
7-8).<br />
Come nella <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> Scola, anche in C’eravamo<br />
tanto amati si trova condensato gran parte del percorso<br />
della comme<strong>di</strong>a italiana dagli anni Cinquanta fino agli anni<br />
Settanta. Le citazioni e i riman<strong>di</strong> cinematografici a Ladri <strong>di</strong><br />
biciclette e a L’eclisse <strong>di</strong> Antonioni, la ricostruzione dei<br />
set de La dolce vita <strong>di</strong> Fellini e <strong>di</strong> Lascia o raddoppia?, le<br />
immagini <strong>di</strong> repertorio dei cinegiornali, come altre che documentano<br />
un intervento pubblico <strong>di</strong> De Sica, sono alcuni<br />
degli espe<strong>di</strong>enti che il film, facendo interferire la storia con<br />
le sue rappresentazioni me<strong>di</strong>atiche, utilizzando le strategie<br />
dell’intertestualità e dell’interme<strong>di</strong>alità, adotta per costruire<br />
una sorta <strong>di</strong> mappatura delle coor<strong>di</strong>nate e dei riferimenti<br />
culturali a cui la comme<strong>di</strong>a ha attinto e che ha rielaborato,<br />
spesso nel segno dell’esagerazione caricaturale, della farsa e<br />
del dramma 7 .<br />
La trattoria romana, con i suoi brin<strong>di</strong>si e la sua caotica convivialità,<br />
è lo spazio <strong>di</strong> azione in cui i personaggi si ritrovano<br />
per recuperare le tracce del passato e rinsaldare per brevi<br />
momenti l’amicizia che li lega, sempre in bilico tra memoria
in<strong>di</strong>viduale e collettiva, riti collettivi e drammi privati.<br />
Figura 5 Figura 6<br />
Figura 7<br />
Figura 8<br />
È nella trattoria che Antonio, in compagnia della sua amata<br />
Luciana, ritrova l’amico Giovanni (Fig. 5).<br />
Dopo l’esperienza partigiana, le cui immagini si ripetono<br />
<strong>di</strong>verse volte all’interno del film, i due si erano separati,<br />
ognuno <strong>di</strong>retto verso la propria città d’origine. Ma mentre<br />
Antonio brinda all’amico e alle imminenti elezioni politiche,<br />
Gianni e Luciana si scambiano fuggevoli sguar<strong>di</strong> che preannunciano<br />
il loro amore e la rottura dell’amicizia tra i due<br />
uomini.<br />
Luciana e Antonio si ritroveranno, qualche tempo dopo,<br />
sempre in trattoria. Nicola, giunto a Roma per coltivare il<br />
suo impegno da intellettuale e la sua passione per il cinema,<br />
è insieme a loro (Fig. 6).<br />
Gli anni passano – il film marca lo scorrere del tempo e<br />
l’evoluzione dei costumi sociali anche attraverso il passaggio<br />
dal bianco e nero al colore – e al “Re della Mezza<br />
Porzione” fa il suo ingresso lo schermo televisivo: tutti i<br />
commensali, Antonio compreso, hanno lo sguardo rivolto<br />
alle immagini <strong>di</strong> Lascia o raddoppia? (Fig. 7). Nello stu<strong>di</strong>o<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
35
36<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
televisivo, Mike Bongiorno rivolge a Nicola la domanda<br />
che potrebbe raddoppiare il suo già ricco montepremi.<br />
La carriera da giornalista e critico cinematografico non gli<br />
ha reso grossi guadagni, i suoi libri non vengono pubblicati<br />
e allora non resta che rivolgersi al sogno <strong>di</strong> massa: il primo<br />
quiz a premi della televisione italiana <strong>di</strong>venta l’unica opportunità<br />
<strong>di</strong> riscatto, economico e sociale. Ma, anche in<br />
questo caso, il fallimento non tarderà ad arrivare. Il concorrente<br />
non risponde correttamente alla domanda su Ladri <strong>di</strong><br />
biciclette e così, nonostante la sua ira e la minaccia <strong>di</strong> fare<br />
ricorso, dovrà accontentarsi del premio <strong>di</strong> consolazione,<br />
una Fiat 600.<br />
Nell’ultima parte del film, i tre amici sono <strong>di</strong> nuovo insieme.<br />
Nonostante l’età, i litigi e gli anni trascorsi, gli abbracci e i<br />
sorrisi non mancano e il loro rincontro viene coronato con<br />
un brin<strong>di</strong>si <strong>di</strong> vino bianco (Fig. 8). Con una <strong>di</strong>ssolvenza, si<br />
passa dalle immagini della Resistenza – quando i tre partigiani<br />
gioiscono per l’annuncio della fine del conflitto – alla<br />
trattoria dove tutto sembra non essersi mai trasformato (il<br />
locale, le pietanze, le battute dell’oste) e il tempo si “riavvolge”<br />
per essere rivisitato e raccontato attorno alla tavola.<br />
Gianni è <strong>di</strong>ventato un ricco e importante avvocato che ha<br />
dovuto compromettere i suoi ideali con il potere, Nicola<br />
non ha più rivisto la sua famiglia, Antonio si è sposato<br />
con Luciana: l’amarezza per le scelte fatte, i compromessi<br />
accettati e le novità possono rivelarsi solo all’uscita dal ristorante<br />
quando, nella notte, dopo l’ennesimo alterco e la<br />
successiva riappacificazione, ciascuno proverà a confidarsi.<br />
Il film si chiude dove era incominciato: con il fermo-immagine<br />
<strong>di</strong> Gianni che sta per tuffarsi nella piscina della sua<br />
villa all’Olgiata. Il flashback che apriva il film può terminare<br />
con l’immagine a rallentatore del tuffo mentre gli amici,<br />
dall’esterno della villa, hanno ormai scoperto l’opulenza<br />
borghese che l’avvocato Perego non aveva avuto il coraggio<br />
<strong>di</strong> rivelare loro. Ancora una volta il montaggio può<br />
contravvenire alla linearità della storia e far ricominciare il
acconto. D’altronde, Nicola troverà sempre qualche spettatore<br />
pronto a seguire una storia incominciata trent’anni<br />
fa e a lui si accompagneranno le parole e i punti <strong>di</strong> vista,<br />
<strong>di</strong> Antonio, <strong>di</strong> Gianni e <strong>di</strong> Luciana. E forse questa storia<br />
rinizierà tra i tavoli della trattoria romana, per un altro incontro,<br />
per brindare <strong>di</strong> nuovo in memoria dei ricor<strong>di</strong> e delle<br />
avventure passate.<br />
1.4 La passione nasce dopo un brin<strong>di</strong>si:<br />
Il Casanova <strong>di</strong> Federico Fellini<br />
Elemento scenografico e narrativo, la tavola imban<strong>di</strong>ta è una costante<br />
nel cinema <strong>di</strong> Federico Fellini. Dalla varietà delle pietanze<br />
e delle bevande alle voci dei convitati che si sovrappongo producendo<br />
il chiasso della festa: la rappresentazione della tavola<br />
ben si accorda con la tendenza del cinema felliniano a costruire<br />
quel racconto ad episo<strong>di</strong> con cui è scan<strong>di</strong>ta la narrazione filmica,<br />
dei sipari corali sovraccarichi <strong>di</strong> personaggi dai caratteri comici e<br />
grotteschi, dove abbondano gli elementi scenografici e i dettagli.<br />
Gli esempi sono molti: le esagerazioni verbali e alimentari della<br />
cena <strong>di</strong> Trimalcione nel Fellini-Satyricon (1969), i tavoli affollati,<br />
<strong>di</strong>sposti lungo strada <strong>di</strong> fronte alle osterie, in Roma (1972)<br />
dove le carrellate della macchina da presa offrono alla spettatore<br />
l’abbondanza delle pietanze, la loro varietà, il goffo agitarsi dei<br />
camerieri sempre indaffarati, le grida in romanesco che caratterizzano<br />
il <strong>di</strong>alogo tra i commensali. E ancora: il pranzo <strong>di</strong> famiglia in<br />
Amarcord (1973), in cui l’occhio vigile, l’espressione contratta e<br />
il tono <strong>di</strong> voce irato del capofamiglia alimentano e gestiscono il<br />
succedersi dei litigi e delle azioni altrui.<br />
Le scene dei pasti <strong>di</strong>ventano, al pari <strong>di</strong> una strada affollata o<br />
<strong>di</strong> uno spettacolo <strong>di</strong> cabaret, una galleria volutamente mal organizzata,<br />
un accumulo <strong>di</strong> oggetti e soggetti in cui si cristallizzano<br />
<strong>di</strong>verse storie e temporalità. È questo secondo Fellini lo spetta-<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
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38<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
colo in continua crescita (DELEUZE 1985: 104 tr. it.): in esso<br />
lo spettatore è in balia dei movimenti erranti della macchina da<br />
presa che attraversano e frammentano l’inquadratura in miria<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
entrate e <strong>di</strong> uscite, vagando tra un personaggio e l’altro mentre,<br />
nella colonna sonora, i <strong>di</strong>aloghi si confondono con il rumore delle<br />
posate, dei bicchieri, dei passanti e la musica delle orchestre.<br />
Che cosa succede quando il pasto <strong>di</strong>venta il luogo per adescare<br />
le prede amorose? Quando Casanova è ospite <strong>di</strong> salotti e banchetti,<br />
lo spettacolo felliniano sfrutta il suo estro per mettere in<br />
mostra il rituale della seduzione. Dagli sfarzi e dagli oscuri presagi<br />
della notte <strong>di</strong> carnevale sul Canal Grande <strong>di</strong> Venezia alle rive<br />
buie dell’isolotto <strong>di</strong> San Bartolo, dai salotti parigini, custo<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
pratiche occulte e laboratori magici, ai bassifon<strong>di</strong> nebbiosi <strong>di</strong><br />
Londra dove si può intravedere la donna più grande e forte del<br />
mondo e si può entrare nel ventre ancora caldo della Mona,<br />
la balena femmina; dalle orge romane, sino alla festa alla corte<br />
<strong>di</strong> Württemberg: le avventure amorose e i pellegrinaggi per<br />
l’Europa <strong>di</strong> Giacomo Casanova raccontati nel film Il Casanova<br />
<strong>di</strong> Federico Fellini (1976) sono incorniciate da scene <strong>di</strong> feste e<br />
banchetti. Sono proprio i banchetti ad essere l’anticamera che<br />
precede le fatiche amorose del seduttore veneziano: è attorno<br />
alla tavola, nel gioco degli sguar<strong>di</strong>, restituiti attraverso campi e<br />
controcampi dalla macchina da presa, che l’arte seduttiva <strong>di</strong> Casanova<br />
trova il suo spazio d’azione ideale. Quando il Casanova,<br />
interpretato da Donald Sutherland, fugge dalle fredde prigioni<br />
dei Piombi, porta con sé soltanto lo scrigno che contiene l’uccello<br />
amoroso: un pennuto meccanico che con i suoi movimenti<br />
e la musica <strong>di</strong> carillon composta, come tutta la colonna sonora<br />
del film, da Nino Rota, determina i gesti e il ritmo delle sue<br />
scene amorose. Approda poi a Parigi, dove trova ospitalità presso<br />
il salotto dell’anziana nobildonna madame d’Urfé. Maghi,<br />
sensitivi, veggenti, occultisti e una bambina dalla sorprendente<br />
intelligenza, capace <strong>di</strong> contrad<strong>di</strong>re le tesi <strong>di</strong> Sant’Agostino sul<br />
concepimento della Vergine Maria, siedono attorno alla tavola<br />
sulla quale troneggia la statua <strong>di</strong> un gufo (Fig. 9).<br />
È in questo scenario esoterico che Casanova dà sfoggio delle<br />
sue doti <strong>di</strong> conquistatore. Dopo aver assistito a un episo<strong>di</strong>o <strong>di</strong>
Figura 9<br />
possessione e aver contraddetto le posizioni <strong>di</strong> alcuni dei commensali<br />
sulle caratteristiche dell’anima femminile, il suo sguardo e<br />
quello dell’anziana nobildonna si incrociano.<br />
Mentre le voci scemano un po’ alla volta, anche la luce che fa<br />
risaltare le figure e gli oggetti scompare, gettando nell’ombra i<br />
piatti, i cibi, i calici e i personaggi, sino a far <strong>di</strong>ssolvere anche<br />
questi ultimi dalla scena.<br />
I due amanti sono ormai soli e la nobildonna si solleva dalla<br />
sua se<strong>di</strong>a per accompagnare il Casanova nel suo laboratorio<br />
magico, dove sono conservati oggetti antichi dotati <strong>di</strong> poteri<br />
sovrannaturali.<br />
Il trasformismo amoroso dell’avventuriero veneziano e la creatività<br />
del regista riminese, sorretta dalle capacità <strong>di</strong> Danilo Donati,<br />
vincitore del premio Oscar per i costumi, e <strong>di</strong> molti altri tecnici,<br />
macchinisti, truccatori e architetti, si incontrano nello sfarzo barocco<br />
del Settecento. Infatti, il mondo barocco in cui è ambientata<br />
la Storia della mia vita, biografia firmata da Giacomo<br />
Casanova, viene palesemente ricostruito e rivisitato, per ciascuno<br />
degli episo<strong>di</strong> del film, negli stu<strong>di</strong> cinematografici <strong>di</strong> Cinecittà.<br />
Prima del concerto organizzato dal gobbo conte Du Bois presso<br />
la sua casa nel Ducato <strong>di</strong> Parma, Casanova si ritrova nuovamente<br />
ad esercitare il suo sguardo e le sue doti <strong>di</strong>alettiche per ingraziarsi<br />
i favori della sua nuova amante Henriette, giovane francese dal<br />
passato misterioso. A tavola, <strong>di</strong>visa fra nobili francesi e spagnoli<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
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Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
che si contendono il dominio sul Ducato, il protagonista ingaggia<br />
un duello verbale contro il padrone <strong>di</strong> casa (Fig. 10).<br />
Figura 10<br />
Mentre il conte esalta la lascivia dei costumi femminili, confrontandoli<br />
prima alla leggerezza <strong>di</strong> una piuma, poi a quella del<br />
vento e infine alla cenere, Casanova, sempre con lo sguardo<br />
rivolto alla sua amata, rimprovera gli abusi del genere maschile<br />
nei confronti della grazia posseduta dalle donne. Se il duca<br />
paragona i baci delle amanti ai bicchieri <strong>di</strong> vino, ai quali il bevitore<br />
insaziabile finisce per soccombere, per Casanova i baci<br />
sono lo strumento in grado <strong>di</strong> rompere le barriere che separano<br />
i corpi per renderli in<strong>di</strong>stinguibili. Alle parole <strong>di</strong> quest’ultimo<br />
Henrietta, sorridente e compiaciuta, solleva il suo bicchiere <strong>di</strong><br />
vino per brindare alla salute del suo amante che non esita, con<br />
un gesto elegante, a ricambiare. Il brin<strong>di</strong>si <strong>di</strong>venta così il sigillo<br />
con il quale saldare il nuovo sodalizio amoroso, anche se questo<br />
avrà vita breve, costringendo il Casanova a peregrinare ancora,<br />
alla ricerca <strong>di</strong> un’altra amante, in quel desiderio quasi meccanico<br />
che, al pari dell’uccello amoroso, si attiva ad ogni incontro per<br />
spegnersi subito dopo.
1.5 Il Pranzo <strong>di</strong> Ferragosto<br />
secondo Gianni Di Gregorio<br />
I gusti e le abitu<strong>di</strong>ni culinari si ripresentano puntualmente nelle<br />
<strong>di</strong>verse stagioni del cinema italiano, fornendo così un riflesso<br />
più ampio, a volte realistico altre volte comico o grottesco,<br />
delle tendenze e delle trasformazioni culturali in atto nella<br />
società. E così, il campo dei <strong>di</strong>scorsi sociali trova il suo spazio<br />
nello schermo cinematografico, il quale si dota <strong>di</strong> filtri, <strong>di</strong><br />
strumenti linguistici (la carrellata, lo sguardo in macchina, l’inserimento<br />
e il montaggio <strong>di</strong> prelievi provenienti da altri mezzi<br />
<strong>di</strong> rappresentazione) e <strong>di</strong> generi (dal dramma alla comme<strong>di</strong>a),<br />
per poterlo “contenere” e al contempo offrirne una chiave<br />
interpretativa.<br />
Il percorso compiuto fin ora, seppur con poche e brevi tappe,<br />
ha provato a seguire e comprendere alcune delle strategie<br />
<strong>di</strong> messa in scena del pasto, con un’attenzione particolare alle<br />
funzioni figurative e narrative del vino, in alcuni film italiani.<br />
Ovviamente, un’incursione nel cinema contemporaneo non<br />
poteva mancare, soprattutto se con essa si entra nel vivo <strong>di</strong> un<br />
rituale sociale come quello del pranzo ferragostano.<br />
Agli inizi degli anni Sessanta, Dino Risi faceva iniziare il suo<br />
film Il sorpasso (1962) tra le vie deserte <strong>di</strong> Roma nel giorno<br />
<strong>di</strong> Ferragosto. La trama è nota: l’impacciato studente Roberto<br />
Mariani (Jean-Louis Trintignant) si lascia coinvolgere<br />
dall’edonista Bruno Cortona (Vittorio Gassman) in una serie<br />
<strong>di</strong> avventure lungo la via Aurelia, che termineranno con un<br />
tragico incidente stradale. A più <strong>di</strong> quarant’anni <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza,<br />
con un altro stile e con personaggi molto <strong>di</strong>fferenti, il film<br />
Pranzo <strong>di</strong> Ferragosto (2008) scritto, <strong>di</strong>retto e interpretato da<br />
Gianni Di Gregorio, ritorna tra le vie assolate della capitale<br />
per raccontare le vicende <strong>di</strong> chi è costretto a rimanere in città<br />
nonostante la festività.<br />
Dall’evasione tragica del film <strong>di</strong> Risi, all’immobilità citta<strong>di</strong>na del<br />
Pranzo <strong>di</strong> Ferragosto, dove la corsa frenetica verso le spiagge,<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
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Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
il <strong>di</strong>vertimento giovanile e gli incontri imprevisti sono solo un<br />
miraggio lontano.<br />
Qualche giorno prima della festività: Gianni – il regista è<br />
anche il protagonista e nel film conserva il suo nome – si aggira<br />
con le buste della spesa tra le vie deserte e i mercati del<br />
centro <strong>di</strong> Roma. La sua occupazione quoti<strong>di</strong>ana è quella <strong>di</strong><br />
badare all’anziana madre, nobile vedova decaduta. Entrambi<br />
si trovano in ristrettezze economiche e sono costretti a piccoli<br />
espedenti per non pagare i loro debiti. Quando Gianni<br />
entra nella sua vineria <strong>di</strong> fiducia, dopo essersi fatto versare un<br />
bicchiere <strong>di</strong> Ribolla Gialla, compra due bottiglie <strong>di</strong> Chablis<br />
che sorseggierà abbondantemente durante tutto il corso del<br />
film (Fig. 11). Nel Pranzo <strong>di</strong> Ferragosto, Gianni non è solo in<br />
compagnia dei suoi bicchieri <strong>di</strong> vino bianco e delle richieste<br />
incessanti della madre. Durante le afose giornate estive, tre<br />
anziane signore, abbandonate dai familiari in fuga verso li<strong>di</strong><br />
marittimi, sono ospitate dal protagonista che, pur <strong>di</strong> racimolare<br />
del denaro e ripagare parte dei suoi debiti, si improvvisa badante,<br />
cuoco e paziente confidente. La casa <strong>di</strong> famiglia, vuota<br />
e decadente si rallegra <strong>di</strong> presenze femminili: Marina, donna<br />
capricciosa e piena <strong>di</strong> irriverente vitalità, madre <strong>di</strong> Alfonso,<br />
l’amministratore condominiale, zia Maria, regina della pasta al<br />
forno, e Grazia, sottoposta ad una ferrea <strong>di</strong>eta dal figlio, il<br />
me<strong>di</strong>co Marcello, e che in sua assenza riuscirà ad apprezzare<br />
nuovamente i piaceri della tavola.<br />
Figura 11
Al pranzo <strong>di</strong> Ferragosto è de<strong>di</strong>cato il finale del film. Sedute<br />
attorno alla tavola apparecchiata per le gran<strong>di</strong> occasioni,<br />
vestite con gli abiti della festa, le anziane signore sorridono,<br />
gioiscono e alzano i calici per brindare (Fig. 12).<br />
Figura 12<br />
Contente per una vacanza trascorsa tra le mura domestiche,<br />
vorrebbero rendere interminabili i momenti <strong>di</strong> convivialità. Per<br />
questo non esitano ad offrire al loro badante dell’altro denaro<br />
affinché la piccola festa domestica, le chiacchierate e i brin<strong>di</strong>si<br />
non si concludano con l’arrivo dei figli, pronti a separare la<br />
loro unione. Gianni, sorridente, non può che accettare l’offerta.<br />
Ma ad un patto: a cena solo un bro<strong>di</strong>no vegetale. «Ma<br />
con il parmigiano!», ribatte prontamente Grazia.<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
43
2. I vitigni, le tra<strong>di</strong>zioni,<br />
le nuove frontiere:<br />
i documentari italiani sul vino<br />
2.1 Un precedente letterario.<br />
Il taccuino dei “viaggi d’assaggio”<br />
tra le vigne d’Italia:<br />
<strong>Vino</strong> al vino <strong>di</strong> Mario Soldati.<br />
Tra la fine degli anni Sessanta e la prima metà degli anni<br />
Settanta, lo scrittore, sceneggiatore e regista Mario Soldati<br />
scrive <strong>Vino</strong> al vino. Viaggio alla ricerca dei vini genuini, una<br />
raccolta <strong>di</strong> appunti, aneddoti, descrizioni e degustazioni<br />
accumulate durante tre viaggi in giro per l’Italia. Nell’arco<br />
<strong>di</strong> sette anni, Soldati attraversa gran parte delle province<br />
italiane, da Nord a Sud, compresa la Sicilia e la Sardegna,<br />
scegliendo sempre l’autunno come stagione per i suoi<br />
spostamenti. Il <strong>di</strong>ciassette novembre 1968 è la data d’inizio<br />
del primo viaggio, che prende le mosse dalla Sicilia e<br />
termina in Valle d’Aosta. Dalla vetta dell’Etna a quella del<br />
Monte Bianco, Soldati non compie dei viaggi sistematici<br />
e, come lui stesso riba<strong>di</strong>sce più volte, non ha un metodo<br />
<strong>di</strong> valutazione dei vini rigido e stabilito a priori: l’inesperto<br />
amatore dei vini, con in tasca la Guida Touring dalla<br />
copertina rossa, è sempre <strong>di</strong>sponibile a delle deviazioni in<br />
corso d’opera, agli imprevisti e alle sorprese. Per questo i<br />
viaggi non sono dei tour organizzati: si tratta piuttosto <strong>di</strong><br />
avventure alla scoperta <strong>di</strong> luoghi da annotare e descrivere<br />
con dovizia sia per il gusto del vino assaggiato, sia per i<br />
personaggi che producono un particolare vino oppure lo<br />
hanno consigliato e offerto. Il secondo viaggio è datato<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
45
46<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
8. Per un’accurata ricostruzione<br />
delle vicende<br />
e<strong>di</strong>toriali <strong>di</strong> <strong>Vino</strong> al<br />
vino si veda la “Nota<br />
al testo” <strong>di</strong> Stefano<br />
Ghi<strong>di</strong>nelli, contenuta<br />
nell’introduzione al volume<br />
(SOLDATI 2006:<br />
XLV-XLX).<br />
9. Nelle rie<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />
<strong>Vino</strong> al vino, prima<br />
all’interno della collana<br />
“Oscar Manuali” e poi<br />
negli “Oscar Gran<strong>di</strong><br />
Classici”, il corredo fotografico<br />
sarà sostituito<br />
dai <strong>di</strong>segni <strong>di</strong> Francesco<br />
Tabusso.<br />
1970 e i vini degustati appartengono alle regioni del Trentino<br />
Alto A<strong>di</strong>ge, del Veneto, del Friuli Venezia Giulia,<br />
dell’Emilia Romagna, delle Marche e della Puglia. L’ultimo<br />
viaggio si svolge nel 1975 e tocca la Sardegna, la Calabria,<br />
la Basilicata, l’Abruzzo – con un ritorno nella provincia <strong>di</strong><br />
Chieti, già visitata durante il secondo viaggio –, il Molise, il<br />
Lazio, l’Umbria, la Liguria, per terminare in Piemonte.<br />
I viaggi compaiono, sotto forma <strong>di</strong> inchieste a puntate, sul<br />
settimanale «Grazia» (il primo e il secondo viaggio) e su<br />
«Epoca» (il terzo). Nel 1977, l’e<strong>di</strong>tore Mondadori li raccoglie<br />
in un’e<strong>di</strong>zione integrale e li pubblica nella collana “I<br />
libri illustrati Mondadori”. Al <strong>di</strong> là delle vicende e<strong>di</strong>toriali,<br />
<strong>Vino</strong> al vino è una raccolta <strong>di</strong> testi dal carattere ibrido, che<br />
coniuga il genere romanzesco dai toni realistici, al saggio<br />
<strong>di</strong>vulgativo e al reportage 8 . Inoltre, il testo <strong>di</strong> Soldati è<br />
corredato da un ampio apparato fotografico. Nel primo e<br />
nel secondo viaggio, Soldati è accompagnato dall’enologo<br />
Ignazio Boccoli e da suo figlio Wolfango, autore degli<br />
scatti; mentre i compagni del terzo viaggio sono il fotografo<br />
professionista Giorgio Lotti e la moglie Jucci Kellerman,<br />
anch’essa autrice <strong>di</strong> alcune delle fotografie scattate durante<br />
la tappa piemontese 9 .<br />
Con la sua penna e il suo taccuino, Soldati conduce il lettore<br />
in viaggio – dei «viaggi d’assaggio» li definisce l’autore<br />
nella prima pagina del libro – alla scoperta dei vigneti sparsi<br />
nel nostro Bel Paese, dei personaggi “da osteria”, dei sapori<br />
che si palesano ad un amatore inesperto del vino.<br />
Si tratta <strong>di</strong> uno dei primi “esperimenti” <strong>di</strong> reportage sulle<br />
culture vinicole in Italia. Azzardando un po’, il libro <strong>di</strong><br />
Soldati si potrebbe annoverare tra i primi propulsori per<br />
la <strong>di</strong>ffusione sociale <strong>di</strong> una cultura attenta al consumo del<br />
vino, alle sue molteplici storie, alla bio<strong>di</strong>versità e alle tra<strong>di</strong>zioni<br />
alimentari.<br />
Più che dare un giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> qualità sui vini, Soldati racconta<br />
le storie e i personaggi che, al pari delle uve utilizzate, fanno<br />
parte <strong>di</strong> un vino, ne detengono i segreti e, nell’economia
del racconto, sono necessari a descrivere i luoghi e le tra<strong>di</strong>zioni.<br />
Per l’autore-degustatore non si possono comprendere<br />
e apprezzare i vini, soprattutto quelli genuini, se non se ne<br />
conoscono i meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> produzione e soprattutto se non si<br />
entra in contatto con le persone che da anni lo producono<br />
e lo assaggiano, se non si visita il territorio:<br />
Che ci <strong>di</strong>ce l’odorato, il palato, quando sorseggiamo un vino<br />
prodotto in un luogo, in un paesaggio che non abbiamo mai<br />
visto, da una terra in cui non abbiamo mai affondato il piede,<br />
e da gente che non abbiamo mai guardato negli occhi, e alla<br />
quale non abbiamo mai stretto la mano? Poco, molto poco<br />
(SOLDATI 2006: 60).<br />
Già nelle prime pagine, l’autore fornisce le coor<strong>di</strong>nate fondamentali<br />
del suo metodo per avvicinarsi ai vini e comprenderne<br />
la genuinità. Proprio all’inizio del suo primo viaggio,<br />
Soldati lascia la parola alla voce solenne e cavernosa <strong>di</strong><br />
Don Vicienzo Triunfo, proprietario insieme al fratello Don<br />
Antonio <strong>di</strong> un’antica bottiglieria a Napoli, nella Riviera <strong>di</strong><br />
Chiaia, che afferma: «Nun ce stanno cchiù e’ vini: so’ rimaste<br />
solo e’ nomme!» (SOLDATI 2006: 15). Questa<br />
esclamazione in <strong>di</strong>aletto napoletano apre il campo a una<br />
serie <strong>di</strong> considerazioni sulla produzione vitivinicola italiana<br />
che, per essere compresa e raccontata, richiede conoscenze<br />
geologiche, geografiche, storiche e socio-economiche del<br />
luogo in cui si vendemmia e si imbottiglia un determinato<br />
vino. Ma questa eru<strong>di</strong>zione non è sufficiente, ad essa va<br />
affiancata una conoscenza <strong>di</strong>retta <strong>di</strong> quei luoghi: per assaggiare<br />
l’Asprino <strong>di</strong> Aversa – uno dei vini pre<strong>di</strong>letti da<br />
Papa Paolo III Farnese e che Soldati credeva scomparso<br />
da almeno quarant’anni –, il più secco <strong>di</strong> tutti i bianchi,<br />
non c’è altro modo se non quello <strong>di</strong> recarsi proprio nella<br />
bottega dei fratelli Triunfo, dove il bianco aversano veniva<br />
«mesciuto gelato» (SOLDATI 2006: 43-45).<br />
Le etichette, al pari delle bottiglie che contengono i vini,<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
47
48<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
sono spesso fuorvianti, quantomeno incomplete, per i bevitori<br />
attenti.<br />
In un vino, il “nome” come la gran<strong>di</strong>ssima maggioranza dei consumatori<br />
italiani lo intendono e lo conoscono, e cioè il semplice<br />
nome <strong>di</strong> una parola sola (per esempio, Barbera) o tutt’al più<br />
due (Barbera <strong>di</strong> Piemonte), il semplice nome conta molto poco<br />
o quasi niente: vale tutt’al più come una segnalazione iniziale,<br />
come un avvertimento generico e grossolano. Badate: questo<br />
vino è dolce, è secco, è rosso, è bianco, è spumante, non lo<br />
è. Ecco cosa <strong>di</strong>ce, in Italia, il nome <strong>di</strong> un vino: niente <strong>di</strong> più.<br />
Un vero nome <strong>di</strong> un vino dovrebbe, invece, specificare la ben<br />
limitata località <strong>di</strong> origine (Barbera <strong>di</strong> Piemonte, Portacomaro),<br />
o, meglio ancora, il podere dove sono piantati i vigneti da cui<br />
provengono le uve (Barbera <strong>di</strong> Piemonte, Portacomaro, poder<br />
San Gillio) o, ad<strong>di</strong>rittura, la cantina dove si è proceduto alla<br />
vinificazione (Barbera <strong>di</strong> Piemonte, Portacomaro, podere San<br />
Gillio, cantina Cerruti). Inoltre ogni bottiglia dovrebbe portare<br />
due date: quella della vendemmia, e quella dell’imbottigliamento:<br />
Barbera <strong>di</strong> Piemonte, Portacomaro, podere San Gillio, cantina<br />
Cerruti, vendemmia 1964, imbottigliamento 1966 (SOLDATI<br />
2006: 17-18).<br />
Va reso merito all’autore <strong>di</strong> aver messo in pratica questa<br />
dettagliata “anagrafe” dei vini italiani. Infatti, a conclusione<br />
del volume si trova un “elenco dei vini descritti”, sud<strong>di</strong>viso<br />
per viaggio e province, dove ogni vino ha il suo nome e la<br />
sua minuziosa descrizione.<br />
Se una parte delle <strong>di</strong>chiarazioni <strong>di</strong> Soldati può risultare,<br />
per il lettore contemporaneo e soprattutto per l’esperto<br />
enologo, obsoleta e il suo metodo criticabile, non bisogna<br />
<strong>di</strong>menticare <strong>di</strong> collocare questo lavoro nella cornice storica<br />
e socioculturale nella quale è stato scritto e pubblicato.<br />
Innanzitutto va ricordato che si tratta <strong>di</strong> uno dei primi<br />
esperimenti <strong>di</strong> promozione del patrimonio enogastronomico<br />
italiano, attraverso un linguaggio teso a preservarne e tra-
mandarne le ra<strong>di</strong>ci, la ricchezza e le bio<strong>di</strong>versità. I primi due<br />
viaggi nascono, infatti, da una collaborazione tra l’Istituto<br />
Enologico Italiano e una rivista <strong>di</strong>vulgativa e <strong>di</strong> costume<br />
come «Grazia».<br />
Nel ricostruire le fasi che hanno portato i resoconti dei<br />
viaggi a <strong>di</strong>ventare un libro, Ghi<strong>di</strong>nelli scrive:<br />
Il 17 novembre 1969, sul settimanale “Grazia” (n. 1448, pp. 68-<br />
77), esce un ampio servizio dal titolo In Sicilia / Alla scoperta<br />
dei vini genuini, firmato da Mario Soldati e corredato dalle<br />
fotografie del figlio Wolfango. È l’avvio <strong>di</strong> un suggestivo reportage<br />
enologico in sei tappe, condotto da Soldati per conto<br />
della rivista e in collaborazione con l’Istituto Enologico Italiano.<br />
«Il famoso scrittore – recita l’occhiello dell’articolo – ha girato<br />
l’Italia per portare sulle tavole delle nostre lettrici il meglio della<br />
produzione enologica: ecco la prima puntata <strong>di</strong> questa singolare<br />
“avventura”». La realizzazione dell’inchiesta è infatti legata a<br />
una originale iniziativa commerciale. Soldati […] non si propone<br />
soltanto <strong>di</strong> fare «sul serio la conoscenza» <strong>di</strong> alcuni vini genuini:<br />
come spiega nel primo dei suoi resoconti […] tra gli obiettivi<br />
dei «viaggi <strong>di</strong> assaggio» c’è la sperimentazione <strong>di</strong> una ine<strong>di</strong>ta<br />
rete organizzativa, che salvaguar<strong>di</strong> la qualità «artigianale» del vino<br />
«industrializzandone», per converso, i circuiti <strong>di</strong> approvvigionamento<br />
e commercializzazione (SOLDATI 2006: XLV).<br />
La <strong>di</strong>ffusione commerciale su larga scala dei vini italiani non<br />
deve corrompere i meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> produzione e soprattutto<br />
non deve cancellare il ra<strong>di</strong>camento territoriale. In parte<br />
questi propositi rimarranno un’utopia, in parte saranno <strong>di</strong>sattesi,<br />
ma siamo nel 1968 e gli intellettuali più attenti ai<br />
cambiamenti in corso nella società italiana, dopo il boom<br />
economico degli anni Cinquanta, si apprestano a riflettere<br />
criticamente sulle conseguenze del consumismo e sull’avvento<br />
della cultura <strong>di</strong> massa: una “mutazione antropologica”<br />
che <strong>di</strong>sfa, almeno apparentemente, le <strong>di</strong>fferenze <strong>di</strong> classe,<br />
omologando i bisogni e le tendenze culturali a svantaggio<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
49
50<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
10. Per un’introduzione<br />
al concetto <strong>di</strong> “mutazione<br />
antropologica” e <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>sfacimento del mondo<br />
conta<strong>di</strong>no si vedano<br />
gli articoli <strong>di</strong> Pier Paolo<br />
Pasolini raccolti in Scritti<br />
corsari. In particolare<br />
gli articoli “Stu<strong>di</strong>o sulla<br />
rivoluzione antropologia<br />
in Italia”, “Limitatezza<br />
della storia e immensità<br />
del mondo conta<strong>di</strong>no” e<br />
“Ampliamento del «bozzetto»<br />
sulla rivoluzione<br />
antropologica in Italia”<br />
(PASOLINI 1975: 46-<br />
52, 60-65, 66-77).<br />
11. Per il narratologo<br />
Gérard Genette, lo<br />
statuto del narratore<br />
è definito me<strong>di</strong>ante il<br />
suo livello narrativo – la<br />
prospettiva, il punto <strong>di</strong><br />
vista dal quale vengono<br />
esposti i fatti (narratore<br />
extra<strong>di</strong>egetico o intra<strong>di</strong>egetico)<br />
e si determinano<br />
i gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> trasmissione<br />
dell’informazione da<br />
parte del racconto (racconto<br />
non focalizzato, a<br />
focalizzazione esterna o<br />
interna) – e in relazione<br />
alla sua <strong>di</strong>stanza rispetto<br />
alla storia – in questo<br />
caso, un narratore può<br />
essere assente dalla storia<br />
(etero<strong>di</strong>egetico) oppure<br />
presente in essa (omo<strong>di</strong>egetico)<br />
(GENETTE<br />
1972: 208-258 tr. it.).<br />
delle varietà, dei microsistemi legati al mondo conta<strong>di</strong>no 10 .<br />
Il regista che, nel 1941, aveva portato sugli schermi cinematografici<br />
il romanzo <strong>di</strong> Antonio Fogazzaro Piccolo mondo<br />
antico, scritto sul finire dell’Ottocento, appartiene a questa<br />
schiera da <strong>di</strong>versi anni: nelle sue nostalgiche evocazioni<br />
del passato, nella sua tenace <strong>di</strong>fesa e riscoperta <strong>di</strong> quegli<br />
oggetti culturali e anche alimentari legati alle tra<strong>di</strong>zioni<br />
conta<strong>di</strong>ne, Soldati esprime le sue riserve nei confronti del<br />
processo <strong>di</strong> industrializzazione e <strong>di</strong> conseguente massificazione<br />
dei beni <strong>di</strong> consumo alimentari e, in particolare, verso<br />
l’omogeneizzazione del sapore del vino che i gran<strong>di</strong> produttori<br />
e consumatori moderni, a <strong>di</strong>fferenza degli amatori<br />
del vino e delle sue genuinità, vogliono stabile e immutabile<br />
(SOLDATI 2006: 477). Al contrario, il vino resta qualcosa<br />
che, al pari <strong>di</strong> un’opera d’arte o <strong>di</strong> artigianato (sono<br />
similitu<strong>di</strong>ni utilizzate da Soldati), deve preservare la sua singolarità:<br />
l’etichetta è solo una garanzia parziale della qualità<br />
<strong>di</strong> una bottiglia <strong>di</strong> vino, la bontà del suo contenuto varia a<br />
seconda delle annate, dei vitigni e dei viticoltori, ecc. A ciò<br />
si aggiungono le particolari sensazioni e i ricor<strong>di</strong> che quel<br />
bicchiere <strong>di</strong> vino ha prodotto nel suo assaggiatore: sapori<br />
che non si possono scindere dai luoghi e dalle persone che<br />
hanno reso possibile quell’assaggio.<br />
In ogni pagina <strong>di</strong> <strong>Vino</strong> al vino il narratore è onnipresente:<br />
un “io” che, istallandosi nelle maglie del racconto, <strong>di</strong>chiara<br />
<strong>di</strong> aver visitato i poderi e le cantine descritte, <strong>di</strong> aver<br />
assaggiato tutti i vini nominati, <strong>di</strong> aver conosciuto tutte le<br />
persone a proposito delle quali sono riportati aneddoti e<br />
abitu<strong>di</strong>ni alimentari 11 . Questa presenza costante è la marca<br />
stilistica, la strategia testuale, con la quale l’io narrante si<br />
pone a garanzia dell’autenticità del racconto, istituendo un<br />
patto fiduciario con il lettore che si lascia guidare tra le<br />
province italiane e si adegua ai gusti enogastronomici del<br />
narratore “onniesperiente” (SOLDATI 2006: XV). Il resoconto<br />
dei viaggi è un’autobiografia scan<strong>di</strong>ta dai vini e dai<br />
paesi d’Italia: evitato consapevolmente il linguaggio tecnico
degli enologi, a Soldati non resta che sfruttare le sue doti<br />
<strong>di</strong> affabulatore, <strong>di</strong>sseminando il suo racconto con marche<br />
<strong>di</strong> soggettività («ho fatto la prova», «mi sono ricreduto»,<br />
«ho visto», «tra poco arriveremo», ma anche: «come ho già<br />
detto e <strong>di</strong>mostrato», «vi assicuro che») per convincere il<br />
lettore a seguirlo e a ripetere le sue esperienze 12 .<br />
Il valore antropologico <strong>di</strong> <strong>Vino</strong> al vino – un’imponente<br />
documentazione sulle abitu<strong>di</strong>ni alimentari degli italiani – è<br />
in qualche modo corrotto e, al contempo, esaltato dalla<br />
presenza dell’autore che non si oscura <strong>di</strong>etro all’oggetto<br />
stu<strong>di</strong>ato ma, raccontando in prima persona la sua esperienza,<br />
non esita ad esprimere le sue preferenze in fatto<br />
<strong>di</strong> cibi e bevande. Una seconda strategia adottata nella<br />
costruzione del testo, riguarda la ripresa <strong>di</strong> un modello<br />
<strong>di</strong>dattico che trova i suoi primi esempi nei programmi televisivi<br />
che Mario Soldati ideò e condusse a partire dalla<br />
fine degli anni Cinquanta. La giovane televisione italiana,<br />
che inizia le sue trasmissioni nel 1954, assume fin dall’inizio<br />
quell’impronta pedagogica che <strong>di</strong>venterà l’obiettivo principale<br />
della programmazione televisiva con l’arrivo <strong>di</strong> Ettore<br />
Bernabei, <strong>di</strong>rettore della Rai dal 1961 al 1974, e la nascita<br />
del secondo canale. Il progetto educativo della televisione,<br />
in cui la parte del maestro spettava al conduttore e quella<br />
dell’alunno ai telespettatori, nasceva per formare negli italiani<br />
una coscienza nazionale, per favorire l’acculturazione dei<br />
ceti meno abbienti e per garantire il consolidamento <strong>di</strong> uno<br />
standard linguistico fondato sull’appren<strong>di</strong>mento dell’italiano,<br />
ancora poco <strong>di</strong>ffuso rispetto alle varietà <strong>di</strong>alettali.<br />
Soldati realizza e conduce due programmi: Viaggio lungo<br />
la valle del Po alla ricerca dei cibi genuini, andato in onda<br />
sul Programma Nazionale, l’unico canale televisivo allora<br />
esistente, tra il 1957 e il 1958, e Chi legge? Viaggio lungo<br />
le rive del Tirreno, un’inchiesta sulle preferenze letterarie e<br />
sul preoccupante stato <strong>di</strong> analfabetizzazione degli italiani,<br />
ideata in collaborazione con Cesare Zavattini e trasmessa<br />
nel 1960. Seguendo il corso del fiume Po, oppure riper-<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
51<br />
12. In questo modo<br />
il soggetto dell’enunciazione<br />
iscrive la sua<br />
presenza, il suo simulacro,<br />
all’interno del testo<br />
enunciato (GREIMAS<br />
– COURTÉS 1979:<br />
“Enunciazione” ad vocem<br />
nella tr. it.). Nel testo<br />
analizzato le marche<br />
<strong>di</strong> soggettività fungono<br />
da garanzia per la veri<strong>di</strong>cità<br />
delle esperienze<br />
d’assaggio raccontate,<br />
istaurando così, all’interno<br />
del <strong>di</strong>scorso enunciato,<br />
un patto fiduciario tra<br />
i simulacri dell’autore e<br />
del lettore (Ibidem: “Fiduciario”,<br />
“Veri<strong>di</strong>zione”<br />
ad vocem nella tr. it.).
52<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
13. Soldati è un vero e<br />
proprio autore “multime<strong>di</strong>ale”,<br />
capace <strong>di</strong><br />
passare con <strong>di</strong>sinvoltura<br />
attraverso la letteratura,<br />
il cinema e la televisione.<br />
Analizzando <strong>Vino</strong> al<br />
vino e i suoi programmi<br />
televisivi, si comprende<br />
come sia riuscito a “tradurre”,<br />
passando da un<br />
me<strong>di</strong>um all’altro, i suoi<br />
obiettivi <strong>di</strong>dattici e il suo<br />
stile narrativo (MORRE-<br />
ALE 2009).<br />
14. Lo sguardo <strong>di</strong> Soldati,<br />
rivolto verso la telecamera,<br />
appartiene a configurazione<br />
specifica dell’inquadratura,<br />
che nel linguaggio<br />
au<strong>di</strong>ovisivo viene definita<br />
interpellazione: «L’immagine<br />
presenta un personaggio,<br />
un oggetto o una<br />
soluzione espressiva la cui<br />
funzione primaria è quella<br />
<strong>di</strong> rivolgersi allo spettatore,<br />
chiamandolo <strong>di</strong>rettamente<br />
in causa: è il caso <strong>di</strong> voci<br />
over, <strong>di</strong> <strong>di</strong>dascalie, <strong>di</strong><br />
sguar<strong>di</strong> in macchina ecc.,<br />
la cui funzione è quella<br />
<strong>di</strong> rendere esplicite delle<br />
“istruzioni” relative al progetto<br />
comunicativo del<br />
film, e <strong>di</strong> renderle esplicite<br />
a qualcuno che è supposto<br />
seguire l’esposizione.<br />
Questa configurazione<br />
è detta interpellazione<br />
proprio a causa del gesto<br />
che la sostanzia, una sorta<br />
<strong>di</strong> “ehi tu!” rivolto <strong>di</strong>rettamente<br />
allo spetta tore»<br />
(CASETTI – DI CHIO<br />
1990: 246).<br />
15. Un esempio dell’influenza<br />
che il lavoro <strong>di</strong> Soldati<br />
possiede sul cinema<br />
correndo a ritroso la spe<strong>di</strong>zione dei garibal<strong>di</strong>ni da Quarto<br />
a Marsala, i due programmi sono uno strumento <strong>di</strong> indagine<br />
sul campo per osservare da vicino la vita della gente<br />
più umile, per conversare <strong>di</strong> letteratura, per documentare<br />
tra<strong>di</strong>zioni che, nella fase <strong>di</strong> passaggio dalla civiltà conta<strong>di</strong>na<br />
all’economia industriale, rischiano <strong>di</strong> scomparire 13 .<br />
Viaggio lungo la valle del Po alla ricerca dei cibi genuini è<br />
il primo esempio italiano <strong>di</strong> giornalismo enogastronomico.<br />
L’inchiesta inizia nello stu<strong>di</strong>o televisivo, dove l’ombra <strong>di</strong> un<br />
uomo si intravede <strong>di</strong>etro alla mappa del Piemonte. Subito<br />
dopo, la figura emerge dal “sipario” e si palesa <strong>di</strong> fronte al<br />
telespettatore (Figg. 13-14).<br />
Figura 13 Figura 14<br />
È Mario Soldati che, posata la sua borsa su un tavolo<br />
da stu<strong>di</strong>o e indossati gli occhiali, rivolge lo sguardo allo<br />
spettatore, lo interpella e gli domanda quale sia il modo<br />
migliore per viaggiare 14 .<br />
Dopo aver utilizzato una penna d’oca per in<strong>di</strong>care sulla<br />
cartina la zona <strong>di</strong> Pinerolo, dove si produce un vino bianco<br />
secco, la risposta <strong>di</strong> Soldati ai suoi telespettatori non può<br />
che essere un invito al viaggio per scoprire o riassaggiare<br />
i cibi e le bevande. I viaggi d’assaggio alla scoperta dei<br />
vini genuini sono la prima tappa <strong>di</strong> quest’indagine che,<br />
attraverso i documentari sul vino realizzati negli ultimi <strong>di</strong>eci<br />
anni, indagherà il modo con cui il cinema, anche sulla scorta<br />
del lavoro <strong>di</strong> Mario Soldati, continua a documentare e<br />
raccontare le realtà vitivinicole sparse nella penisola italiana,<br />
i luoghi del gusto e del buon bere 15 .
Negli ultimi anni si sta imponendo un vero e proprio genere<br />
cinematografico, il documentario enogastronomico che<br />
mappa i territori del gusto alla scoperta delle tra<strong>di</strong>zioni,<br />
delle <strong>di</strong>fferenze geografiche e biologiche tra i <strong>di</strong>versi vitigni.<br />
2.2 I primi passi<br />
del documentario enogastronomico<br />
Nel macro-genere del documentario, agli effetti <strong>di</strong> realtà –<br />
per mezzo dei quali si dà allo spettatore l’impressione che gli<br />
oggetti del mondo inquadrati dalla macchina da presa siano<br />
riprodotti fedelmente sullo schermo – si aggiungono sempre<br />
una serie <strong>di</strong> strategie tese a produrre una rappresentazione<br />
– una ri-presentazione e quin<strong>di</strong>, inevitabilmente, una ricostruzione<br />
– parziale del mondo, “orientata” ma coerente 16 .<br />
Nel documentario, <strong>di</strong>versi sono gli elementi utilizzati per<br />
garantire un effetto <strong>di</strong> realtà, ad esempio: la contemporaneità<br />
e la compresenza tra l’accadere dell’evento e la sua<br />
registrazione; la compartecipazione del documentarista che<br />
può manifestarsi all’interno della scena secondo <strong>di</strong>versi gra<strong>di</strong><br />
– da attore e intervistatore in campo a voce narrante –<br />
e garantirne così la veri<strong>di</strong>cità; infine il coinvolgimento dello<br />
spettatore, che viene sensibilizzato nei confronti dei temi e<br />
delle problematiche raccontate.<br />
A ciò si affiancano una serie <strong>di</strong> elementi che esplicitano<br />
l’aspetto “costruito” della rappresentazione e che possono<br />
essere elaborati lungo tutte le fasi che portano alla realizzazione<br />
del film: dalla sceneggiatura che in<strong>di</strong>vidua, prima<br />
delle riprese, alcune delle linee narrative, alla selezione delle<br />
inquadrature e dei punti <strong>di</strong> vista interni a ciascuna <strong>di</strong> esse,<br />
dalla scelta <strong>di</strong> determinati attori sociali (gli esperti del settore,<br />
i critici, la gente comune, ecc.) al montaggio che ricompone,<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
53<br />
impegnato a rappresentare<br />
i temi dell’enogastronomia<br />
è il documentario <strong>di</strong> Giovanni<br />
Penco Uomini e vino<br />
(2009), che ripercorre, a<br />
quarant’anni <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza,<br />
le tappe e i luoghi visitati<br />
dallo scrittore in Friuli Venezia<br />
Giulia.<br />
16. Roland Barthes in<strong>di</strong>vidua<br />
nell’effetto <strong>di</strong> reale<br />
quell’insieme <strong>di</strong> strategie<br />
per mezzo delle quali,<br />
nei testi e nei <strong>di</strong>scorsi,<br />
si mette in scena la “realtà”.<br />
Secondo questa<br />
prospettiva il reale sarà<br />
un effetto del <strong>di</strong>scorso<br />
e non un dato a priori<br />
(BARTHES 1988: 157-<br />
158 tr. it.).
54<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
17. Sugli elementi formali<br />
e contenutistici che concorrono<br />
ad una definizione<br />
del documentario<br />
si veda, tra i molti contributi,<br />
quello del teorico<br />
Bill Nichols (2001) e <strong>di</strong><br />
Guy Gauthier (1995).<br />
Sulla storia del documentario<br />
in Italia si veda<br />
il lavoro <strong>di</strong> Marco Bertozzi<br />
(2008).<br />
18. Un’accurata ricostruzione<br />
della genesi e dell’evoluzione<br />
<strong>di</strong> “Slow Food<br />
on Film” – dal festival <strong>di</strong><br />
cortometraggi “Corto in<br />
Bra”, in Piemonte, sino<br />
alle e<strong>di</strong>zioni bolognesi<br />
– si trova nella pagina<br />
web de<strong>di</strong>cata alla storia<br />
del festival: http://www.<br />
slowfoodonfilm.it/ita/<br />
storia.lasso<br />
nel tessuto del film, l’intreccio, il modo <strong>di</strong> organizzazione<br />
e presentazione degli eventi, sino all’utilizzo, nella colonna<br />
sonora, del commento del regista e della voice over che<br />
spesso forniscono un’interpretazione alle immagini 17 .<br />
Oggi, leggere e versatili camere <strong>di</strong>gitali si aggirano con destrezza<br />
tra i filari delle vigne per mostrare allo spettatore<br />
nascita e destini del vino: la raccolta dell’uva, la spremitura,<br />
l’imbottigliamento e infine l’arrivo a tavola.<br />
Ormai si sta imponendo un vero e proprio genere cinematografico,<br />
il documentario enogastronomico, che aspira a<br />
mappare i territori del gusto alla scoperta delle tra<strong>di</strong>zioni,<br />
delle <strong>di</strong>fferenze geografiche e biologiche tra i <strong>di</strong>versi vitigni,<br />
raccontare il patrimonio culturale, identitario e alimentare racchiuso<br />
nei vini e pronto a sprigionarsi durante ogni brin<strong>di</strong>si.<br />
Questa recente produzione documentaria non si è concentrata<br />
solo sui luoghi della produzione, ma documenta<br />
e racconta anche gli spazi del consumo del vino e i valori<br />
sociali da essi trasmessi: la convivialità e il benessere oppure,<br />
al contrario, l’abuso e la devianza. Infine, il documentario è<br />
uno strumento <strong>di</strong> denuncia nei confronti dei fenomeni economici<br />
<strong>di</strong> sfruttamento del territorio, <strong>di</strong> sovrapproduzione e<br />
<strong>di</strong> alterazione del gusto del vino, <strong>di</strong> falsificazione dei marchi.<br />
Purtroppo, in Italia, il documentario soffre ancora <strong>di</strong> una<br />
scarsa <strong>di</strong>ffusione nelle sale cinematografiche. I luoghi della<br />
sua <strong>di</strong>ffusione sono soprattutto i canali televisivi de<strong>di</strong>cati e<br />
i festival. Un tentativo <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione è stato “Slow Food on<br />
Film”, un festival internazionale <strong>di</strong> cinema e cibo promosso<br />
dal movimento Slow Food in collaborazione con la Cineteca<br />
<strong>di</strong> Bologna.<br />
L’ultima e<strong>di</strong>zione dello “Slow Food on Film” risale al<br />
2009 18 . Nel novembre 2011, a Dogliani, paese in provincia<br />
<strong>di</strong> Cuneo rinomato per la produzione del vino Dolcetto <strong>di</strong><br />
Dogliani, si è svolta la rassegna “Dogliani, Dolcetto e Corti<br />
(Garantiti)” il cui acronimo DOCG ricalca quello del marchio<br />
italiano per la denominazione <strong>di</strong> origine controllata e<br />
garantita. La rassegna ha raccolto al suo interno documentari,
film <strong>di</strong> fiction, cortometraggi e filmati d’epoca, questi ultimi<br />
provenienti dall’Archivio storico dell’Istituto Luce, de<strong>di</strong>cati<br />
al vino e per la maggior parte girati in Italia. Tra gli altri festival<br />
e rassegne cinematografiche sparsi nel territorio italiano,<br />
che coniugano i temi della sostenibilità ambientale a quelli<br />
dell’enogastronomia, si possono menzionare: il “Sar<strong>di</strong>nian<br />
Sustainability Film Festival” (Concorso cinematografico sulla<br />
sostenibilità), il festival <strong>di</strong> Trento “Tutti nello stesso piatto.<br />
Festival Internazionale <strong>di</strong> Cinema, Cibo & Video<strong>di</strong>versità”,<br />
la rassegna bergamasca “P/assaggi <strong>di</strong> cinema… Rassegna del<br />
film legato al cibo”, il “DOC” (Denominazione <strong>di</strong> Origine<br />
Cinematografica) <strong>di</strong> Rieti, il “SiciliAmbiente Documentary<br />
Film Festival” <strong>di</strong> San Vito Lo Capo, il “Festival CinemAmbiente”<br />
<strong>di</strong> Torino 19 .<br />
2.3 Un precedente cinematografico.<br />
Storie del vino “globalizzato”:<br />
Mondovino <strong>di</strong> Jonathan Nossiter<br />
Il 2004 è l’anno in cui Jonathan Nossiter porta sugli schemi<br />
cinematografici Mondovino, un lungo documentario sui<br />
<strong>di</strong>ssi<strong>di</strong> e le trasformazioni che da <strong>di</strong>versi anni scuotono il<br />
mondo dei produttori <strong>di</strong> vino.<br />
Dopo la presentazione in concorso al cinquantasettesimo<br />
Festival <strong>di</strong> Cannes, il documentario viene proiettato nella<br />
sale cinematografiche <strong>di</strong> molti paesi e anche la versione in<br />
DVD ottiene una buona <strong>di</strong>ffusione. Nasce il caso cinematografico:<br />
il film suscita accesi <strong>di</strong>battiti, i suoi protagonisti rilasciano<br />
interviste, i consumatori <strong>di</strong> vino più o meno esperti<br />
ne parlano, sui blog e sulle riviste specializzate proliferano<br />
gli articoli.<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
55<br />
19. Oltre ai siti web <strong>di</strong><br />
ciascuna <strong>di</strong> queste iniziative,<br />
si può consultare<br />
il blog “Senza trucco”<br />
(http://senzatrucco.wordpress.com)<br />
de<strong>di</strong>cato<br />
al film <strong>di</strong> Giulia Graglia<br />
Senza Trucco. Le Donne<br />
del <strong>Vino</strong> Naturale<br />
(2011) che contiene <strong>di</strong>versi<br />
articoli, video e <strong>di</strong>scussioni<br />
su questi festival<br />
come sui film proiettati.<br />
Per il DOCG 2011 la<br />
Graglia è stata la curatrice<br />
della selezione dei<br />
film italiani e dei materiali<br />
d’archivio dell’Istituto<br />
Luce: http://senzatrucco.<br />
wordpress.com/tag/unavita-per-la-vite
56<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
Una complessa e articolata “battaglia” tra gran<strong>di</strong> marchi<br />
quotati in borsa e piccoli produttori, tra enologi o critici<br />
del settore, che con i loro articoli sulle riviste specializzate<br />
stabiliscono la qualità <strong>di</strong> un vino, determinandone così il<br />
valore economico, e viticoltori, proprietari <strong>di</strong> vitigni storici,<br />
che si oppongono all’omogeneizzazione del gusto, alla<br />
globalizzazione dei meto<strong>di</strong> produttivi secondo standard<br />
commerciali, riven<strong>di</strong>cando le bio<strong>di</strong>versità legate ai territori e<br />
il loro spazio sul mercato. In Mondovino, il regista intervista<br />
i principali attori, visita i luoghi sparsi per tutto il globo –<br />
dal Brasile all’Argentina, dalla California alla Toscana, dalla<br />
regione <strong>di</strong> Bordeaux alla Borgogna, fino alla Sardegna – e<br />
assaggia i vini che sono l’oggetto <strong>di</strong> questa contesa.<br />
Le riprese ricalcano lo stile amatoriale: telecamera <strong>di</strong>gitale<br />
a mano, inquadrature fuori fuoco o traballanti, zoomate,<br />
stacchi bruschi. Il regista è spesso sulla scena e anche gli<br />
strumenti del filmare, come la telecamera o gli apparecchi<br />
utilizzati per registrare il suono in presa <strong>di</strong>retta, a volte compaiono<br />
ai margini dell’inquadratura. Questi elementi evidenziano<br />
la presenza del regista, la sua partecipazione agli<br />
eventi ripresi. I filtri utilizzati <strong>di</strong> solito nel documentario per<br />
costruire una <strong>di</strong>stanza tra la regia e gli eventi rappresentati,<br />
come il commento fuori campo o l’assenza dell’intervistatore<br />
e delle sue domande, sono eliminati a vantaggio dell’assimilazione<br />
parziale del regista ad uno degli attori sociali in<br />
campo. Quin<strong>di</strong>, la presenza dell’autore e il suo ruolo non<br />
sono mai celati: <strong>di</strong> volta in volta investigatore, ricercatore,<br />
accusatore, complice, provocatore. Nel definire le caratteristiche<br />
del documentario partecipativo, Bill Nichols scrive:<br />
Noi assistiamo al modo in cui il regista e il soggetto negoziano<br />
una relazione, a come agiscono l’uno nei confronti dell’altro, a<br />
che tipo <strong>di</strong> potere e <strong>di</strong> controllo entra in gioco, e osserviamo<br />
quali gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> rivelazioni o <strong>di</strong> rapporto nascono da questa forma<br />
specifica <strong>di</strong> incontro. Se c’è una verità in questo caso, è quella <strong>di</strong><br />
una forma <strong>di</strong> interazione che non esisterebbe se non in funzione
della cinepresa (NICHOLS 2001: 124 tr. it.).<br />
Quando Nossiter arriva in Argentina incontra due produttori<br />
<strong>di</strong> vino. Prima visita la cantina San Pedro Yacochuya <strong>di</strong><br />
Arnaldo Etchart e figli e poi la piccola vigna <strong>di</strong> un produttore<br />
locale, l’in<strong>di</strong>os Antonio Cabezas, che a stento riesce<br />
a sopravvivere con il suo lavoro. Nel primo caso si tratta<br />
<strong>di</strong> una classica intervista, con i protagonisti seduti come a<br />
formare un ritratto <strong>di</strong> famiglia, e l’intervistatore che, salvo<br />
poche eccezioni, fa le sue domande fuoricampo. Invece,<br />
l’incontro con Cabezas presenta caratteristiche opposte:<br />
la struttura dell’intervista viene meno per lasciare il posto<br />
ad un incontro informale, uno scambio <strong>di</strong> confidenze tra<br />
amici. Mentre nel primo caso ad essere inquadrato con il<br />
bicchiere <strong>di</strong> vino è il capofamiglia Arlando, nel secondo<br />
Cabezas offre un bicchiere <strong>di</strong> vino al regista che ne loda il<br />
profumo, lo assaggia e ne apprezza il gusto.<br />
Quando il viticoltore regala una bottiglia del suo vino<br />
bianco al regista e alla moglie Stephanie Pommez, operatrice,<br />
Nossiter mostra il suo imbarazzo voltandosi verso la<br />
macchina da presa (Figg. 15-16).<br />
Figura 15 Figura 16<br />
Nossiter va ben oltre l’osservazione partecipata e costruisce<br />
il suo documentario attraverso un sistema <strong>di</strong> opposizioni sul<br />
quale si regge l’intera messa in scena e che serve a veicolare<br />
la sua “tesi”. Una scelta “orientata”, mai celata ma nemmeno<br />
reazionaria. In questo sistema, i vini “globalizzati”, come<br />
L’Opus One e i Super Tuscans, si oppongono ai vini<br />
naturali, come la Malvasia <strong>di</strong> Bosa; il marchio si oppone alla<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
57
58<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
denominazione <strong>di</strong> origine controllata; l’espansionismo alla<br />
salvaguar<strong>di</strong>a del “terroir” (l’insieme dei fattori legati a un clima,<br />
a una geologia, a una topografia e a un suolo); il gusto<br />
vanigliato della quercia giovane al vino che ha bisogno <strong>di</strong><br />
tempi lunghi per poter essere apprezzato; la microossigenazione<br />
consigliata da Michel Rolland, “winemaker volante”,<br />
enologo al servizio <strong>di</strong> aziende sparse in tutto il mondo, alla<br />
lenta maturazione del vino in vecchie botti; le valutazioni<br />
<strong>di</strong> Robert Parker, il più importante tra i critici, e le ricerche<br />
<strong>di</strong> laboratorio ai viaggi in giro per il mondo dell’importatore<br />
<strong>di</strong> vini Neal Rosenthal. Queste opposizioni si rivelano allo<br />
spettatore attraverso un montaggio tra le <strong>di</strong>verse interviste<br />
che costruisce una <strong>di</strong>alettica tra le parti e le loro <strong>di</strong>fferenti<br />
ideologie. Non si tratta <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare i “nemici” per denunciane<br />
le malefatte, quanto piuttosto <strong>di</strong> ricostruire, per<br />
mezzo del <strong>di</strong>alogo e del confronto garantito dal montaggio<br />
filmico, la complessità del fenomeno raccontato e gli interessi<br />
che spingono le parti in gioco a compiere determinate<br />
azioni. Ad esempio: la popolazione del paesino <strong>di</strong> Aniane<br />
in Linguadoca ha bloccato, attraverso le elezioni comunali e<br />
un cambio dei vertici politici, gli investimenti dei Mondavi<br />
nel loro territorio, ma poi ha scelto <strong>di</strong> stringere accor<strong>di</strong> con<br />
l’impren<strong>di</strong>tore Bernard Magrez e con Gérard Depar<strong>di</strong>eu,<br />
promotori del progetto Les clefs du terroir”. In entrambi<br />
i casi, si tratta <strong>di</strong> potenti e ricchi investitori con obiettivi<br />
espansionistici ma declinati secondo forme <strong>di</strong>fferenti e con<br />
gra<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi <strong>di</strong> rispetto e salvaguar<strong>di</strong>a degli interessi della<br />
popolazione locale, almeno nelle parole degli intervistati…<br />
Se il mondo del vino si regge su un rapporto inalienabile<br />
con la tra<strong>di</strong>zione e con il territorio, gli sforzi per la costruzione<br />
<strong>di</strong> una produzione globalizzata conducono a un<br />
livellamento delle caratteristiche dei vini e, a volte, ad una<br />
alterazione delle loro caratteristiche pur <strong>di</strong> raggiungere il<br />
gusto dei critici. Non si tratta <strong>di</strong> condannare le scelte fatte<br />
da gran<strong>di</strong> e potenti famiglie come i californiani Mondavi,<br />
i toscani Frescobal<strong>di</strong> o gli Antinori. Piuttosto, nel docu-
mentario <strong>di</strong> Nossiter, traspare la necessità <strong>di</strong> mostrare al<br />
pubblico i rischi e le derive <strong>di</strong> alcune scelte ma anche le<br />
storie <strong>di</strong> quei vignaioli come la famiglia de Montille <strong>di</strong> Borgogna<br />
che, proprio attraverso le personalità e le capacità <strong>di</strong><br />
ciascuno dei suoi membri, introduce importanti innovazioni<br />
provando a mantenere un rapporto “etico” con le tra<strong>di</strong>zioni,<br />
rispettando le caratteristiche ambientali, climatiche e<br />
geografiche del proprio vitigno.<br />
2.4 Le vigne delle donne:<br />
Senza Trucco. Le donne del vino naturale<br />
<strong>di</strong> Giulia Graglia<br />
Se Mondovino ha contribuito a rilanciare il documentario<br />
e a sensibilizzare gli spettatori sulle sorti del vino nel mercato<br />
globalizzato, anche in Italia è fiorita un’ampia produzione<br />
documentaristica legata a tematiche affini.<br />
<strong>Giovani</strong> registi e autori affermati hanno scelto <strong>di</strong> raccontare<br />
le storie dei vini che costellano l’Italia, puntando i loro<br />
obiettivi su quelle zone geografiche in cui è ancora forte<br />
il legame con il passato, su quei produttori poco noti che<br />
coniugano il rispetto della tra<strong>di</strong>zione all’utilizzo <strong>di</strong> meto<strong>di</strong><br />
biologici. Senza Trucco. Le donne del vino naturale (2011)<br />
<strong>di</strong> Giulia Graglia racconta il lavoro quoti<strong>di</strong>ano <strong>di</strong> quattro<br />
produttrici <strong>di</strong> vino biologico.<br />
Dalla potatura agli accorgimenti necessari per la legatura,<br />
dalla cura della vite alle molte attività da svolgere durante<br />
l’estate, dalla pulizia delle botti sino alla vendemmia: nel<br />
susseguirsi delle stagioni, le donne del vino naturale raccontano<br />
la passione per il loro prodotto, le <strong>di</strong>fficoltà da<br />
superare, l’amore per i luoghi e per le persone che le hanno<br />
seguite e sostenute nel loro lavoro.<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
59
60<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
20. L’articolo si può<br />
leggere alla pagina web<br />
http://senzatrucco.wordpress.com/2011/04/06/<br />
in-partenza-per-verona<br />
Ecco la sinossi del documentario, ripresa da uno degli articoli<br />
pubblicati sul blog “Senza Trucco”, che documenta<br />
tutte le fasi della lavorazione del film – dall’ideazione della<br />
sceneggiatura alle riprese, sino all’uscita del DVD – e raccoglie<br />
i backstage, i reportage sui <strong>di</strong>versi festival cinematografici<br />
e rassegne enogastronomiche, le video-interviste ai<br />
produttori e agli esperti <strong>di</strong> vino naturale in Italia e, infine, gli<br />
altri documentari girati dalla Graglia:<br />
Quattro donne, quattro stagioni, una vendemmia. Quattro produttrici<br />
<strong>di</strong> vino naturale che lavorano in vigna e lavorando raccontano<br />
le loro storie. Ognuna <strong>di</strong> loro è ripresa in una stagione<br />
<strong>di</strong>versa e in un <strong>di</strong>verso periodo dei lavori annuali in vigna e in<br />
cantina. Sono i momenti migliori per conoscerle da vicino, perché<br />
sono spesso da sole, a tu per tu con la campagna, o con giusto<br />
i figli e le persone più care a dar loro una mano. Poi, per tutte,<br />
viene il momento della vendemmia: le corse in vigna per cogliere<br />
i grappoli alla giusta maturazione; il va e vieni dei trattori e dei<br />
lavoranti; l’odore dell’uva appena spremuta che già annuncia il<br />
mosto e il vino che verrà. Per questo, pur essendo nominalmente<br />
un documentario sul vino naturale, Senza Trucco appartiene <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>ritto al genere del ritratto umano, dove i testimoni e i loro<br />
racconti costituiscono il perno principale della narrazione 20 .<br />
In Mondovino, Nossiter è sempre molto presente sulla<br />
scena per incalzare con le sue domande gli intervistati. Invece,<br />
Graglia sceglie uno stile <strong>di</strong> regia opposto: adotta<br />
maggiore “<strong>di</strong>screzione”, compare poche volte nelle inquadrature,<br />
non incalza con le sue domande e lascia il campo<br />
alle quattro donne “senza trucco” e ai loro vini naturali,<br />
protagonisti in<strong>di</strong>scussi del documentario. Il film è sud<strong>di</strong>viso<br />
in cinque episo<strong>di</strong>. I primi quattro portano il nome delle<br />
vignaiole protagoniste e sono ambientati nei rispettivi vigneti:<br />
Dora Forsoni nei Poderi Sanguineto a Montepulciano<br />
in Toscana, Nicoletta Bocca a San Fereolo (Dogliani)<br />
in Piemonte, Elisabetta Foradori nella Piana Rotaliana in
Trentino e Arianna Occhipinti a Vittoria nel Ragusano.<br />
Nell’ultimo episo<strong>di</strong>o, intitolato “Vendemmia”, i gesti delle<br />
protagoniste si intrecciano per rivelare in ciascuno dei loro<br />
volti i sentimenti che accompagnano il momento verso il<br />
quale convergono gli sforzi <strong>di</strong> un intero anno. Sforzi tesi a<br />
rispettare un metodo <strong>di</strong> produzione “naturale”, con il quale<br />
realizzare «un vino prodotto senza l’utilizzo <strong>di</strong> chimici e<br />
sistemici in vigna e, senza l’aggiunta, in cantina, <strong>di</strong> lieviti o altre<br />
sostanze, con un impiego limitato <strong>di</strong> anidride solforosa e<br />
nuove tecnologie» 21 . A questi meto<strong>di</strong> si affianca, nel caso<br />
del Teroldego prodotto da Elisabetta Foradori, l’agricoltura<br />
bio<strong>di</strong>namica. Scrive Nicolas Joly, uno dei massimi esperti<br />
della bio<strong>di</strong>namica in viticoltura ed enologia, produttore <strong>di</strong><br />
uno tra i vini bianchi più celebri al mondo, il Coulée de<br />
Serrant:<br />
L’agricoltura bio<strong>di</strong>namica si basa sull’idea della natura in equilibrio.<br />
Bisogna mantenere equilibrato in modo naturale il terreno<br />
con tutti i suoi organismi per ottenere – nel caso del vino – da<br />
viti sane dell’uva <strong>di</strong> alta qualità. Nella bio<strong>di</strong>namica è fondamentale<br />
la cura delle risorse naturali […]. Nella pratica questo<br />
vuol <strong>di</strong>re che nell’agricoltura bio<strong>di</strong>namica non vengono utilizzati<br />
– come neanche in quella biologica – prodotti <strong>di</strong> sintesi chimica<br />
(concimi, fitofarmaci, <strong>di</strong>serbanti) e organismi geneticamente<br />
mo<strong>di</strong>ficati. Si somministrano in dosi omeopatiche dei preparati<br />
naturali ottenuti da processi fermentativi, decotti e minerali, come<br />
polvere <strong>di</strong> quarzo, sempre tenendo conto delle fasi della luna<br />
e del sole; si lavora il terreno secondo meto<strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zionali come<br />
arare (con il cavallo, non con il trattore!) e letamare – tutto con<br />
l’obiettivo <strong>di</strong> rigenerare e rivitalizzare il suolo. Così le viti riescono<br />
a ra<strong>di</strong>carsi bene e profondamente per sopportare perio<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
gran caldo o <strong>di</strong> pioggia. Come trattamento profilattico si spruzzano<br />
le piante con infusi <strong>di</strong> ortica, camomilla, finocchio, dente<br />
<strong>di</strong> leone, valeriana e corteccia […]. Il calendario lunare viene<br />
seguito anche in cantina per i travasi e l’imbottigliamento. Di<br />
solito non vengono aggiunti dei lieviti – l’enologo elabora l’uva<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
61<br />
21. La definizione <strong>di</strong><br />
“vino naturale” citata<br />
è <strong>di</strong> Tiziana Gallo,<br />
organizzatrice <strong>di</strong> Vini<br />
Naturali a Roma. Si<br />
veda l’intervista rilasciata<br />
a Graglia in: http://<br />
senzatrucco.wordpress.<br />
c o m / 2 0 1 1 / 0 2 / 0 2 /<br />
vini-naturali-a-roma-2011intervista-a-tiziana-gallo
62<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
22. Le <strong>di</strong>chiarazioni Nicolas<br />
Joly sono tratte<br />
da “Wine blog. Il vino si<br />
racconta”: http://www.<br />
wineblog.it/?p=89<br />
23. I <strong>di</strong>versi rapporti temporali<br />
che si producono<br />
all’interno del racconto<br />
sono stati analizzati da<br />
Genette (1976). Sul<br />
raffronto tra le temporalità<br />
iscritte nel racconto<br />
e il tipo <strong>di</strong> esperienza<br />
temporale prodotta nel<br />
fruitore si vedano le riflessioni<br />
del filosofo Paul<br />
Ricœur (1984).<br />
sana e maturata bene e non ricorre ad interventi fisici o chimici, il<br />
mosto fermenta sui propri lieviti autoctoni 22 .<br />
Durante le sue interviste davanti alla macchina da presa, Elisabetta<br />
Foradori mostra i meto<strong>di</strong> bio<strong>di</strong>namici utilizzati nelle<br />
sue vigne per rispettare e preservare l’energia delle piante<br />
e le loro fasi <strong>di</strong> crescita: arrotola i tralci delle viti attorno al<br />
filo più alto del suo impianto anziché utilizzare procedure<br />
meccanizzate che “traumatizzano” lo sviluppo delle piante<br />
come quella <strong>di</strong> tagliarne le cime più alte, raccoglie l’ortica<br />
per farne delle tisane che aiutano a regolare la crescita della<br />
vite, vinifica alcune varietà in ampie anfore <strong>di</strong> terracotta<br />
(Fig. 17).<br />
Figura 17<br />
Il film ha una struttura narrativa compatta che, pur coniugando<br />
sequenze girate in <strong>di</strong>verse zone d’Italia, dal Trentino<br />
fino alla Sicilia, mantiene la sua unità proprio attraverso<br />
il rispetto delle fasi lavorative che caratterizzano il ciclo<br />
della vite. Pur non potendo conformarsi appieno alla scansione<br />
temporale degli eventi, l’intreccio del film prova ad<br />
assecondarne il più possibile lo sviluppo. Si crea così l’impressione<br />
che il tempo impiegato a raccontare, settantasei<br />
minuti, coincida con la durata temporale dei fatti raccontati:<br />
tra il tempo del raccontare e tempo del racconto, il film<br />
non smette <strong>di</strong> costruire delle sovrapposizioni, mentre lo<br />
spettatore segue lo scorrere delle stagioni 23 .<br />
La struttura lineare si “riavvolge”, mostrando il suo carattere<br />
ricorsivo, nell’inquadratura finale, che ha il suo corrispettivo<br />
in quella inziale. Infatti, entrambe le inquadrature sono gira-
te in inverno, momento inziale e finale del viaggio, quando<br />
la neve ricopre la vigna e il terreno si gela (Figg. 18-19).<br />
Figura 18 Figura 19<br />
Una ciclicità che sembra rispettare un altro ciclo naturale,<br />
quello del giorno e della notte: dal sorgere del sole al suo<br />
splendere alto nel cielo, da un piano fisso ad una ripresa in<br />
movimento, mentre l’automobile su cui si trova l’operatore<br />
<strong>di</strong> macchina si allontana definitivamente dai luoghi del film.<br />
Se i piani sequenza accompagnano con <strong>di</strong>screzione e curiosità<br />
le protagoniste tra i filari e le cantine, mentre i piani<br />
fissi sono spesso utilizzati per riprendere gli spazi domestici,<br />
nell’ultima sequenza gli stacchi <strong>di</strong> montaggio fanno <strong>di</strong>alogare<br />
gli attori, gli spazi e i tempi delle <strong>di</strong>verse vendemmie<br />
(Figg. 20-21).<br />
Figura 20 Figura 21<br />
I documentari analizzati finora hanno mostrato lo stato attuale<br />
della produzione vinicola nel mondo e in Italia, concentrandosi<br />
soprattutto sulla <strong>di</strong>fesa delle <strong>di</strong>versità, dei vitigni dalle<br />
piccole <strong>di</strong>mensioni e del vino biologico. Ma per entrare nelle<br />
profon<strong>di</strong>tà del legame tra l’attività millenaria della vendemmia<br />
e le tra<strong>di</strong>zioni alimentari, rituali e culturali, l’attenzione dello<br />
spettatore e dell’analista si dovranno rivolgere ad un altro<br />
documentario, Rupi del vino (2009) <strong>di</strong> Ermanno Olmi.<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
63
64<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
24. L’appellativo “viticoltura<br />
eroica”, è presente<br />
nel commento del<br />
film, ed è poi ripreso<br />
da Ermanno Olmi nel<br />
breve testo La Valtellina<br />
eroica che si trova all’interno<br />
del libro allegato al<br />
DVD del documentario.<br />
Si tratta <strong>di</strong> un termine<br />
utilizzato per esaltare e<br />
valorizzare la viticoltura<br />
terrazzata <strong>di</strong> montagna.<br />
2.5 Alla scoperta dei vitigni della Valtellina:<br />
Rupi del vino <strong>di</strong> Ermanno Olmi<br />
La viticoltura “eroica” nasce e si sviluppa in Valtellina, dove<br />
le vigne sono coltivate con passione e fatica dagli abitanti 24 .<br />
Lungo le pareti impervie e rocciose delle Alpi Retiche nella<br />
provincia <strong>di</strong> Sondrio, tra una miriade <strong>di</strong> muretti a secco, il<br />
lavoro secolare degli uomini ha reso possibile lo sviluppo<br />
<strong>di</strong> una viticultura terrazzata. Ogni anno, protette dal vento<br />
e curate durante tutte le stagioni, prosperano ettari <strong>di</strong> vigne<br />
dalle quali nasce uno dei vini italiani più pregiati e rinomati.<br />
La macchina da presa, <strong>di</strong>sposta sugli elicotteri utilizzati per<br />
trasportare la terra dalle valli ai monti o per far <strong>di</strong>scendere<br />
i grappoli maturati nei punti più alti, sorvola con ampie panoramiche<br />
e campi lunghi le vigne che tappezzano i fianchi<br />
delle Alpi (Fig. 22) per poi “atterrare” lentamente tra i filari<br />
e inquadrare, con dei primi piani, gli eroi della Valtellina.<br />
Figura 22<br />
Sono i giovani e anziani lavoratori che, <strong>di</strong> generazione<br />
in generazione, si de<strong>di</strong>cano alla cura della vite e, così facendo,<br />
trasformano il paesaggio alpino senza deturparlo.<br />
L’equilibrio tra l’azione umana e quella della natura è retto<br />
da regole <strong>di</strong> comportamento i cui prodromi risalgono alle<br />
origini della cultura vitivinicola della Valtellina.<br />
Dalla civiltà rurale del bergamasco in L’albero degli zoccoli<br />
(1978) fino a Terra Madre (2009) – documentario <strong>di</strong>
denuncia nei confronti del degrado ambientale e d’inchiesta<br />
sull’attuale mondo conta<strong>di</strong>no, girato durante l’omonimo<br />
forum mon<strong>di</strong>ale dei “lavoratori del cibo” organizzato da<br />
Slow Food – il cinema <strong>di</strong> Olmi ha sempre mantenuto<br />
uno stretto legame con l’agricoltura, la storia conta<strong>di</strong>na e<br />
le tra<strong>di</strong>zioni rupestri. Rupi del vino mantiene fede a questo<br />
legame, anzi lo rinsalda perché alla documentazione<br />
dei luoghi si affianca un’accurata ricostruzione storica degli<br />
elementi costitutivi della cultura valtellinese. Sono infatti gli<br />
elementi connessi alla tra<strong>di</strong>zione e alla cultura locale che<br />
il documentario mette in luce, costruendo connessioni tra<br />
epoche storiche, figure intellettuali e saggezza popolare.<br />
In altri termini: l’indagine <strong>di</strong> Olmi affianca mezzi e meto<strong>di</strong><br />
del documentario a quelli della ricerca storica sulle ra<strong>di</strong>ci<br />
culturali. È nell’interazione tra il commento sonoro e le immagini<br />
che si realizza il legame tra la descrizione visiva del<br />
paesaggio vinicolo e la storia culturale. Sono le <strong>di</strong>verse voci<br />
fuoricampo che compongono il commento, a “far parlare”<br />
le immagini che, nell’organizzazione complessiva del film,<br />
assumono una funzione <strong>di</strong>dascalica rispetto alla colonna<br />
sonora. Quest’ultima è l’elemento portante del montaggio<br />
poiché permette la coesione tra la successione delle inquadrature<br />
e soprattutto ne determina la chiave interpretativa.<br />
Nei titoli <strong>di</strong> testa del film compare una de<strong>di</strong>ca a Mario<br />
Soldati e al suo racconto steso in forma <strong>di</strong> <strong>di</strong>ario L’avventura<br />
in Valtellina (1986). Da de<strong>di</strong>ca, il <strong>di</strong>ario <strong>di</strong> Soldati<br />
si trasforma, già a partire dalle prime sequenze, in parte<br />
costitutiva del film. Una voce off, coa<strong>di</strong>uvata da alcune<br />
<strong>di</strong>dascalie, cita il passo del racconto in cui è descritto l’arrivo<br />
<strong>di</strong> Soldati in Valtellina, mentre le inquadrature ricalcano<br />
il punto <strong>di</strong> vista soggettivo del narratore che, con minuzia<br />
<strong>di</strong> particolari, si introduce nel paesaggio. Percorrendo la via<br />
dal lago <strong>di</strong> Como, dal finestrino posteriore dell’automobile,<br />
Soldati e con lui, attraverso l’adeguamento delle immagini al<br />
commento, lo spettatore vedono, in un tardo pomeriggio<br />
<strong>di</strong> settembre, il paesaggio alpino mentre il sole, ancora alto<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
65
66<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
nonostante si avvicini l’ora del tramonto, in<strong>di</strong>ca al viaggiatore<br />
il percorso da compiere: dal letto dell’Adda ai vitigni, fino<br />
alle vette montuose.<br />
Alla voce fuoricampo che cita i passi de L’avventura in<br />
Valtellina si alterna una seconda voce che riprende alcuni<br />
passaggi dei ragionamenti de<strong>di</strong>cati all’agricoltura e alla cura<br />
della vite del poliedrico Pietro Ligari, tra i maggiori pittori<br />
del Seicento lombardo, architetto, ingegnere e agronomo.<br />
Dopo aver mostrato il suo autoritratto – utilizzato come<br />
una sorta <strong>di</strong> identikit che permette <strong>di</strong> ancorare la voce del<br />
commentatore ad un volto (Fig. 23) –, il film cita e utilizza<br />
i consigli contenuti nei suoi “famigliari raggionamenti”, sud<strong>di</strong>visi<br />
a seconda dei mesi dell’anno, per costruire la scansione<br />
temporale dell’intreccio. Infatti, come nel documentario<br />
della Graglia, anche Rupi del vino segue le fasi stagionali<br />
del lavoro in vigna.<br />
Figura 23<br />
Alle impressioni <strong>di</strong> viaggio <strong>di</strong> Soldati e ai consigli sulla cura<br />
della vite <strong>di</strong> Ligari, sorta <strong>di</strong> manuale storico per la viticultura<br />
terrazzata valtellinese, che si avvicendano nel commento<br />
fuoricampo e nelle <strong>di</strong>dascalie, si aggiungono citazioni <strong>di</strong><br />
giornalisti come Indro Montanelli ed Enzo Biagi, detti popolari,<br />
leggi forestali e stralci <strong>di</strong> statuti municipali che regolavano<br />
nel passato l’agricoltura e la gestione delle cantine.<br />
Tutti questi testi citati costituiscono una rete <strong>di</strong> relazioni<br />
intertestuali, un sostrato a cui il film rimanda e del quale si<br />
“nutre” per produrne una riscrittura che, rintracciando per-
tinenze ine<strong>di</strong>te e connessioni celate, costruisce un sistema<br />
<strong>di</strong> coerenze 25 .<br />
Questi riferimenti entrano a far parte del sincretismo <strong>di</strong> suoni<br />
e immagini che compone il film attraverso un meccanismo<br />
traduttivo che, utilizzando il commento fuoricampo e le<br />
<strong>di</strong>dascalie, permette a <strong>di</strong>verse forme espressive <strong>di</strong> entrare<br />
in <strong>di</strong>alogo 26 .<br />
Come accennato in precedenza, il criterio <strong>di</strong> intellegibilità<br />
con il quale sono state montate le immagini <strong>di</strong>pende<br />
dall’insieme dei testi verbali che vengono recitati nel commento<br />
vocale. I riman<strong>di</strong> e le traduzioni tra parole e immagini<br />
presentano allo spettatore l’universo culturale del vino, una<br />
“enosfera”, ossia il macro-sistema <strong>di</strong> testi dotti e popolari,<br />
delle forme d’arte e delle pratiche tramandate <strong>di</strong> generazione<br />
in generazione 27 . È in questo sistema, nelle relazioni<br />
che si generano al suo interno e nei rilanci che esso produce<br />
rispetto alle sfide della modernità, che può essere in<strong>di</strong>viduato<br />
il “mondo del vino”. Il film, oltre ad utilizzare le sue<br />
capacità espressive per descrivere questo mondo, prova a<br />
mostrarne le <strong>di</strong>namiche interne. Il montaggio, il rapporto tra<br />
la colonna sonora e le immagini, danno luogo a una sorta<br />
<strong>di</strong> modellizzazione che descrive, semplificandoli, i <strong>di</strong>versi<br />
elementi dell’enosfera costitutiva della Valtellina, la memoria<br />
collettiva che si raccoglie attorno ad essa, i continui prestiti<br />
e contributi che nel tempo la arricchiscono o, al contrario, i<br />
processi che portano all’oblio e alla cancellazione <strong>di</strong> alcune<br />
delle sue parti.<br />
Nei contenuti extra del DVD <strong>di</strong> Rupi del vino c’è una<br />
video-conversazione tra Maurizio Zaccaro ed Ermanno<br />
Olmi. La chiacchierata chiarisce il punto <strong>di</strong> vista dell’anziano<br />
regista sulle funzioni culturali e sociali del vino. A partire<br />
dalle trasformazioni che si sono prodotte nella società italiana,<br />
Olmi e Zaccaro riflettono sulle <strong>di</strong>verse valorizzazioni<br />
che il vino ha assunto. Se, provocatoriamente, nelle parole<br />
<strong>di</strong> Zaccaro il vino è <strong>di</strong>ventato un oggetto del culto borghese<br />
e appartiene all’universo del lusso, per Olmi il vino è<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
67<br />
25. Sull’intertestualità si<br />
veda la nota 7 del primo<br />
capitolo <strong>di</strong> questo lavoro.<br />
26. Nel passaggio da un<br />
sistema semiotico ad un<br />
altro (dal testo pittorico<br />
a quello cinematografico,<br />
da quello musicale a<br />
quello coreutico, ecc.), il<br />
semiologo dell’arte Omar<br />
Calabrese descrive la traduzione<br />
come relazione<br />
tra specifiche occorrenze<br />
testuali e non tra interi<br />
sistemi semiotici (CALA-<br />
BRESE 2008: 10-13). Gli<br />
esempi descritti appartengono<br />
al fenomeno della<br />
“traduzione intersemiotica”,<br />
che per il linguista<br />
Roman Jakobson «consiste<br />
nell’interpretazione dei<br />
segni linguistici per mezzo<br />
<strong>di</strong> sistemi <strong>di</strong> segni non linguistici»<br />
(JAKOBSON<br />
1966: 57 tr. it.).<br />
27. Si sta riprendendo e<br />
parafrasando il concetto<br />
<strong>di</strong> “semiosfera” – spazio<br />
semiotico complesso e<br />
organizzato all’interno<br />
del quale si realizzano i<br />
processi <strong>di</strong> significazione<br />
– introdotto da Jurij<br />
Michajlovic Lotman.<br />
Nella semiosfera si verificano<br />
dei fenomeni <strong>di</strong><br />
traduzione che, agendo<br />
lungo i confini, garantiscono<br />
lo scambio e il<br />
conflitto tra tesi, abitu<strong>di</strong>ni<br />
culturali e pratiche<br />
sociali (LOTMAN<br />
1985).
68<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
espressione della tra<strong>di</strong>zione, scan<strong>di</strong>sce le fasi della vita<br />
conta<strong>di</strong>na e <strong>di</strong> quella operaia fino ai primi decenni del<br />
Novecento.<br />
C’è stato un momento in cui il vino svolgeva il suo compito,<br />
prima <strong>di</strong> tutto come alimento. Quando <strong>di</strong>co alimento voglio<br />
<strong>di</strong>re non un accompagnamento al cibo, ma proprio come valore<br />
primario nutritivo. Posso <strong>di</strong>rti che mi ricordo delle osterie<br />
<strong>di</strong> Milano, che infatti venivano chiamate “trani” nelle quali il<br />
vino, per svolgere una funzione alimentare, doveva avere una<br />
consistenza e una gradazione che fosse all’altezza della sua funzione<br />
alimentare. Ricordo in queste osterie, per esempio, muratori,<br />
operai… TI parlo degli anni ‘30. Sedevano a questi tavoli<br />
<strong>di</strong> osteria, or<strong>di</strong>navano mezzo litro, un litro, tiravano fuori o la<br />
famosa “schiscetta”, la gavetta con dentro qualcosa che avevano<br />
prelevato da casa, se no bastava un pezzetto <strong>di</strong> gorgonzola,<br />
qualcosa da accompagnare al pane, una fetta <strong>di</strong> mortadella. E il<br />
vino. Questo vino, <strong>di</strong> un rosso sangue, veniva più che bevuto,<br />
mangiato. Dirai: “Ma come è possibile mangiare il vino?” Certo!<br />
Prendevano queste famose forme <strong>di</strong> pane milanese. Non so se<br />
le fanno ancora: a Milano c’è la “michetta” e la “banana”. […]<br />
Queste “banane”, forme allungate <strong>di</strong> pane, si spezzavano in due<br />
e si intingeva nel bicchiere la metà della “banana”. Dopo<strong>di</strong>ché<br />
in due bocconi se la mangiavano. Questo serviva a completare<br />
quel pasto, perché il pezzetto <strong>di</strong> gorgonzola o la fetta <strong>di</strong> mortadella<br />
non era sufficiente a sfamare giustamente chi lavorava con<br />
la forza fisica oltre a quella dell’intelletto. Se noi an<strong>di</strong>amo a questa<br />
origine del vino, come alimento, quin<strong>di</strong> mangiandolo, e poi<br />
anche come go<strong>di</strong>mento da assaporare, da gustare nel palato, al<br />
punto che queste due cose, il gusto del vino come bevanda, la<br />
qualità dell’alimento come vino da mangiare, hanno dato al vino,<br />
inevitabilmente, un significato <strong>di</strong> trascendenza. È un significato<br />
che emblematicamente significa la vita. Quin<strong>di</strong> il vino è vita. Chi<br />
sa se anche per questo la vite si chiama “vite”. Le molte vite del<br />
vino. Che <strong>di</strong>ventano poi le molte viti sulle quali il frutto ha in sé<br />
tutta questa potenzialità.
Da bevanda ad alimento, da accompagnamento a elemento<br />
costitutivo del pasto quoti<strong>di</strong>ano: attraverso il suo<br />
apporto nutrizionale, il vino perde quelle connotazioni che<br />
ingiustamente lo hanno relegato tra le bevande alcoliche<br />
e si ricolloca in uno spazio semantico che gli restituisce i<br />
valori sociali e simbolici che già in passato possedeva. Lo<br />
spazio semantico del vino in quanto alimento, pur non<br />
escludendo la qualità e il piacere – nel passo citato, Olmi<br />
parla <strong>di</strong> «go<strong>di</strong>mento da assaporare» – sottolinea gli aspetti<br />
nutrizionali, la genuinità e il benessere che il frutto della vite<br />
possiede. Ricordando gli usi e le funzioni alimentari che il<br />
vino possedeva nel passato, Olmi <strong>di</strong>spensa consigli tanto a<br />
chi si appresta ad assaggiare il vino, tanto a chi è interessato<br />
a comunicarne e promuoverne il consumo consapevole. La<br />
cura per tutto ciò che “riveste” il vino, come l’etichetta o la<br />
bottiglia, non deve sottrare al contenuto quelle qualità che<br />
la tra<strong>di</strong>zione e il lavoro gli hanno attribuito.<br />
Sulla scia dei viaggi d’assaggio <strong>di</strong> Mario Soldati, anche<br />
per Olmi il vino è un amico che mostra la sua sincerità e<br />
chiede lealtà, un compagno <strong>di</strong> avventure con cui riscoprire<br />
tra<strong>di</strong>zioni e coltivare la passione per le specificità locali.<br />
Ad ogni assaggio una storia, una cultura, una memoria, un<br />
ricordo <strong>di</strong> convivialità.<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
69
3. Il mondo del vino incontra il cinema:<br />
alcuni esperimenti<br />
<strong>di</strong> produzione cinematografica<br />
3.1 Le nuove frontiere dell’“eno-cinematografia”<br />
Nei capitoli precedenti sono state offerte al lettore delle<br />
incursioni in alcune tappe che hanno caratterizzato le<br />
modalità <strong>di</strong> rappresentazione del vino nel cinema italiano<br />
degli ultimi sessant’anni: da Ladri <strong>di</strong> biciclette al Pranzo <strong>di</strong><br />
Ferragosto, dai classici della comme<strong>di</strong>a all’italiana al cinema<br />
d’autore, sino al documentario.<br />
Parafrasando il lavoro <strong>di</strong> Roland Barthes che ripercorreva i<br />
frammenti del <strong>di</strong>scorso amoroso rilevando i momenti salienti,<br />
le “figure” (BARTHES 1979: 5-8), che esprimono tale<br />
passione (l’attesa, l’angoscia, l’abbraccio, la <strong>di</strong>chiarazione, la<br />
gelosia, il rimpianto, l’unione, ecc.), in questa ricerca è stato<br />
indagato il campo figurativo costruito dal vino (il pasto, il<br />
brin<strong>di</strong>si, la vigna, le festività, ecc.), attraverso le sue tematizzazioni<br />
nella cinematografia del nostro paese.<br />
Un viaggio alla ricerca <strong>di</strong> frammenti <strong>di</strong> un <strong>di</strong>scorso sul vino<br />
compiuto scegliendo, come compagni d’avventura, quei<br />
film in cui l’analisi della <strong>di</strong>mensione narrativa e passionale<br />
forniva chiavi <strong>di</strong> lettura per la comprensione delle funzioni<br />
culturali e sociali del vino. Dalla nostra cinematografia, sempre<br />
profondamente attratta dai fenomeni della vita civile, è<br />
emersa così una geografia socio-culturale del vino: un attore<br />
che non ha mai abbandonato lo schermo e che ancora oggi<br />
è capace <strong>di</strong> portare sulla scena i costumi, gli umori e i desideri<br />
<strong>di</strong> un popolo. In questo capitolo conclusivo il “viaggio<br />
eno-cinematografico” 28 proverà a percorrere una rotta<br />
molto recente: quella che dai luoghi <strong>di</strong> tutela e promozione<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
71<br />
28. L’espressione è ripresa<br />
dall’introduzione <strong>di</strong><br />
Paolo Mereghetti al saggio<br />
<strong>di</strong> Antonio Attore<br />
sulle rappresentazioni del<br />
cibo e del vino al cinema<br />
(ATTORE 2007: 8).
72<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
29. Un’ampia bibliografia<br />
sul consumo critico<br />
e le tematiche connesse<br />
all’economia solidale è<br />
reperibile sul sito web<br />
della Rete Nazionale <strong>di</strong><br />
collegamento dei G.A.S.<br />
del vino giunge sino alle forme <strong>di</strong> rappresentazione au<strong>di</strong>ovisiva.<br />
Da <strong>di</strong>versi anni si assiste alla <strong>di</strong>ffusione sociale <strong>di</strong> una<br />
cultura attenta al consumo del cibo e delle bevande, alla<br />
bio<strong>di</strong>versità e alle tra<strong>di</strong>zioni alimentari. Il miglioramento delle<br />
con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vita nella nostra contemporaneità non può<br />
escludere l’alimentazione. Nel caso del vino, la promozione<br />
<strong>di</strong> un consumo consapevole ha favorito la nascita e lo sviluppo<br />
<strong>di</strong> molti centri <strong>di</strong> ricerca, organizzazioni <strong>di</strong> consumatori<br />
e festival enogastronomici, de<strong>di</strong>cati alla scoperta <strong>di</strong> un<br />
piacere alimentare dotto, gourmand, ma anche sensibile alle<br />
questioni del consumo etico e responsabile. Da Slow Food<br />
al Gambero Rosso, dal “Salone del Gusto” a “Vinitaly”<br />
(Salone internazionale del vino e dei <strong>di</strong>stillati), senza tralasciare<br />
i gruppi <strong>di</strong> acquisto solidali (G.A.S.) che fondano i<br />
criteri <strong>di</strong> selezione dei prodotti sui concetti <strong>di</strong> solidarietà e<br />
responsabilità, promuovendo un consumo alimentare attento<br />
alle bio<strong>di</strong>versità, critico e vigile nei confronti delle varie<br />
fasi che portano il cibo e le bevande sulle nostre tavole 29 .<br />
Come integrare l’educazione alimentare, il consumo responsabile<br />
e la valorizzazione storica delle realtà vitivinicole che<br />
costellano le regioni italiane? Come trasmettere le qualità e<br />
il gusto per il vino?<br />
Le sintonie tra le possibilità espressive rese <strong>di</strong>sponibili dal<br />
mezzo cinematografico e la necessità da parte <strong>di</strong> enti, centri<br />
<strong>di</strong> ricerca e festival legati all’enogastronomia <strong>di</strong> trovare le<br />
modalità comunicative più adatte a promuovere le proprie<br />
campagne <strong>di</strong> sensibilizzazione, spesso in<strong>di</strong>rizzate ad un target<br />
giovanile, è un fenomeno in crescita esponenziale. Le<br />
ricerche svolte dal 2003 all’interno del progetto “<strong>Vino</strong> e<br />
<strong>Giovani</strong>”, realizzato dall’Ente Mostra Vini – Enoteca italiana<br />
con il contributo del Ministero delle Politiche Agricole,<br />
Alimentari e Forestali, sono una guida utile per indagare la<br />
complessità e comprendere gli elementi centrali del rapporto<br />
tra il vino e le giovani generazioni. La sintesi che<br />
segue riprende alcuni dei risultati emersi da queste ricerche<br />
condotte dal Dipartimento <strong>di</strong> Scienze della Comunicazio-
ne dell’Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Siena, per rintracciare i<br />
fondamenti <strong>di</strong> questo felice connubio e fornire così una<br />
spiegazione all’interesse crescente che il mondo del vino sta<br />
sviluppando nei confronti del cinema.<br />
Bere del vino è ancora oggi un comportamento <strong>di</strong>ffuso e,<br />
aspetto ancor più rilevante, il suo consumo spesso si colloca<br />
al <strong>di</strong> fuori della routine quoti<strong>di</strong>ana. Il consumo del vino è<br />
passato dal suo tra<strong>di</strong>zionale ra<strong>di</strong>camento nella <strong>di</strong>mensione<br />
privata e casalinga ad una sempre maggiore <strong>di</strong>ffusione nei<br />
luoghi pubblici come le enoteche, i wine bar e i festival.<br />
I principali consumatori al <strong>di</strong> fuori delle mura domestiche<br />
sono i giovani. Infatti, i dati riportati da Angela Mengoni<br />
nella sua ricerca Consumo e immaginario del vino tra<br />
i giovani. Riflessioni intorno a un questionario on line e<br />
fondati sull’analisi quantitativa e qualitativa del “questionario<br />
<strong>Vino</strong> e <strong>Giovani</strong>” 30 , <strong>di</strong>ffuso on line sul sito web del<br />
progetto “<strong>Vino</strong> e <strong>Giovani</strong>”, sono molto chiari a questo<br />
proposito: i giovani compresi tra i venticinque e i trent’anni<br />
approfittano <strong>di</strong> appuntamenti mondani, come l’aperitivo o<br />
il dopo cena, per consumare vino (MENGONI 2005:<br />
27). In questa <strong>di</strong>ffusione, il vino mantiene il suo statuto <strong>di</strong><br />
me<strong>di</strong>atore sociale (ciò che consente a determinati valori <strong>di</strong><br />
circolare all’interno <strong>di</strong> una comunità, preservandone così i<br />
legami) che favorisce la socializzazione, il consolidamento<br />
delle identità e il rafforzamento dei legami <strong>di</strong> gruppo 31 .<br />
Questi ultimi aspetti emergono anche dall’indagine Etnografia<br />
del consumo del vino negli spazi pubblici, promossa<br />
da Enoteca Italiana e condotta da Luca Acquarelli nella<br />
città <strong>di</strong> Bologna, all’interno dei luoghi pubblici <strong>di</strong> consumo<br />
del vino (ACQUARELLI 2010).<br />
D’altra parte, il vino possiede anche un elevato capitale<br />
simbolico legato all’universo culturale della tra<strong>di</strong>zione: attraverso<br />
<strong>di</strong> esso – dall’etichetta al colore, sino al bouquet che<br />
esso sprigiona – è possibile raccontare una storia legata al<br />
passato e ra<strong>di</strong>cata in un territorio. Nella contemporaneità,<br />
l’incremento del capitale sociale – fondamentale in una<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
73<br />
30. Il questionario è visibile<br />
ed ancora compilabile<br />
– al fine <strong>di</strong> incrementare<br />
il campione statistico ed<br />
aggiornare gli sviluppi della<br />
ricerca – alla pagina web:<br />
http://www.vinoegiovani.<br />
it/w2d3/v3/view/vg10/<br />
questionario/questionario.<br />
html<br />
31. A questo proposito,<br />
si veda l’introduzione<br />
<strong>di</strong> Omar Calabrese alla<br />
ricerca <strong>di</strong> Mengoni. Inoltre,<br />
nelle conclusioni alla<br />
sua indagine, Mengoni<br />
riprende il concetto <strong>di</strong><br />
“capitale sociale” introdotto<br />
dal sociologo<br />
Robert Putnam per<br />
designare l’insieme delle<br />
norme, formali e informali,<br />
e dei me<strong>di</strong>atori sociali<br />
che favoriscono e accrescono<br />
il bagaglio delle<br />
relazioni e delle forme<br />
<strong>di</strong> cooperazione sociale<br />
(MENGONI 2005:<br />
10-11, 61-69).
74<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
32. Sulla comunicazione<br />
massme<strong>di</strong>atica del vino, in<br />
particolare attraverso televisione,<br />
cellulare e ra<strong>di</strong>o, si<br />
veda la ricerca <strong>di</strong> Antonio<br />
Catolfi Me<strong>di</strong>a, giovani<br />
e vino. Elementi per uno<br />
stu<strong>di</strong>o sulla pianificazione<br />
dei mezzi <strong>di</strong> comunicazione<br />
del vino verso i giovani,<br />
svolta sempre all’interno<br />
del progetto “<strong>Vino</strong> e<br />
<strong>Giovani</strong>” (CATOLFI<br />
2005). Sul cinema, invece,<br />
si veda lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Michele<br />
Guerra Il linguaggio<br />
del vino. Alcuni spunti <strong>di</strong><br />
analisi testuale, che utilizza<br />
la semiotica per analizzare<br />
le strategie <strong>di</strong> significazione<br />
del vino in alcuni testi<br />
filmici come Il pranzo <strong>di</strong><br />
Babette (1987) <strong>di</strong> Gabriel<br />
Axel, La grande abbuffata<br />
(1973) <strong>di</strong> Marco Ferreri,<br />
La mia notte con Maud<br />
(Ma nuit chez Maud;<br />
1969) e Racconto d’autunno<br />
(Conte d’automne;<br />
1998) <strong>di</strong> Eric Rohmer<br />
(GUERRA 2005).<br />
società per lo più fondata sulle relazioni informali e sulla<br />
flessibilità dei ruoli – può e deve essere realizzato anche<br />
attraverso la valorizzazione <strong>di</strong> quel “se<strong>di</strong>mento” comunitario,<br />
quella capacità <strong>di</strong> vivacizzare e armonizzare le relazioni<br />
interpersonali, che il vino possiede e che si riattualizza anche<br />
nelle forme <strong>di</strong> consumo non più connesse all’ambito<br />
familiare.<br />
Entrambe le ricerche menzionate hanno come obiettivo<br />
principale quello <strong>di</strong> comprendere gli aspetti culturali e sociali<br />
che caratterizzano il consumo <strong>di</strong> vino tra i giovani in<br />
età compresa tra i <strong>di</strong>ciotto e i trent’anni. Ma i due stu<strong>di</strong><br />
forniscono anche degli spunti utili alla progettazione e alla<br />
valorizzazione della comunicazione sul vino.<br />
A questo proposito, scrive la Mengoni:<br />
la comunicazione sul vino può avere tra i possibili elementichiave<br />
il suo potere socializzante e la sua capacità <strong>di</strong> incarnare<br />
un’identità, una storia ma deve anche ‘incarnare’ questi valori<br />
astratti nell’universo sensibile dei corpi e delle storie biografiche<br />
che sono parte integrante del vino come oggetto culturale percepito<br />
(MENGONI 2005: 56).<br />
Il vino è adatto a una comunicazione che sia intenzionata<br />
a valorizzare gli aspetti culturali <strong>di</strong> una pratica – quella del<br />
bere in compagnia con gusto e moderazione – intrisa <strong>di</strong><br />
tra<strong>di</strong>zioni e connessa ad un bacino simbolico che tutt’ora<br />
continua ad essere valorizzato nelle relazioni sociali 32 .<br />
Il linguaggio cinematografico può essere uno strumento utile<br />
a raccogliere la duplice sfida lanciata da una comunicazione<br />
sul vino: da una parte farsi carico e rilanciare le molteplici<br />
storie che sono racchiuse nella tra<strong>di</strong>zione e nella pratica<br />
vitivinicola e dall’altra mettere in scena dei racconti in cui<br />
lo spazio delle relazioni sociali, degli incontri in compagnia<br />
<strong>di</strong> un buon bicchiere <strong>di</strong> vino, <strong>di</strong>ventano momenti esemplari<br />
della vita comunitaria. Nel panorama attuale delle comunicazioni<br />
<strong>di</strong> massa, dominato dalla produzione e fruizione
me<strong>di</strong>ante supporti <strong>di</strong>gitali, le immagini influenzano in misura<br />
crescente sia i processi <strong>di</strong> costruzione e con<strong>di</strong>visione culturale<br />
del senso che quelli <strong>di</strong> negoziazione sociale dell’esperienza<br />
(spesso si sente parlare <strong>di</strong> esperienza me<strong>di</strong>ata da<br />
apparati tecnologici, da protesi, che si interpongono e trasformano<br />
la relazione tra i soggetti e il mondo). È all’interno<br />
<strong>di</strong> un sistema complesso e stratificato in cui le immagini<br />
migrano da un me<strong>di</strong>a all’altro, si trasformano, interferiscono<br />
con le convenzioni <strong>di</strong> un supporto, ibridano i linguaggi,<br />
che le strategie utilizzare per raccontare le storie del vino<br />
si avvalgono <strong>di</strong> quel sincretismo tra suoni e immagini in<br />
movimento che continua ad affascinare gli spettatori ed<br />
alimentarne l’immaginario.<br />
Nel 2011, in Italia, sono stati lanciati due progetti legati alla<br />
comunicazione del vino che hanno sfruttato le potenzialità<br />
del linguaggio cinematografico. Si tratta <strong>di</strong> “Vini d’Italia” e<br />
<strong>di</strong> “Reason Wine: idee per bere con gusto!”.<br />
3.2 “Vini d’Italia”: un atlante au<strong>di</strong>ovisivo<br />
per raccontare la produzione vinicola<br />
delle regioni italiane<br />
Nel gennaio 2011, in occasione della sesta e<strong>di</strong>zione della rassegna<br />
enologica “SensofWine”, organizzata a Roma dall’esperto<br />
<strong>di</strong> vini Luca Maroni, è stato presentato il progetto “Vini<br />
d’Italia”: un ciclo <strong>di</strong> quin<strong>di</strong>ci documentari, della durata <strong>di</strong><br />
quaranta minuti ciascuno, sulle zone vinicole italiane sud<strong>di</strong>vise<br />
per regioni. La <strong>di</strong>rezione cinematografica del progetto è stata<br />
assegnata al pluripremiato <strong>di</strong>rettore della fotografia Vittorio<br />
Storaro, la <strong>di</strong>rezione scientifica allo stesso Maroni, mentre la<br />
produzione dei quin<strong>di</strong>ci DVD contenenti i documentari è<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
75
76<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
33. Si vedano le <strong>di</strong>chiarazioni<br />
rilasciate da<br />
Storaro e Maroni nella<br />
cartella stampa della presentazione<br />
<strong>di</strong> “Vini d’Italia”,<br />
reperibile alla pagina<br />
web: http://ebookbrowse.com/20110120vittorio-storaro-vini-d-italia-cs-<strong>pdf</strong>-d125118020<br />
stata affidata alla Mithril Production.<br />
Nell’idea degli autori, il progetto mira a costruire una mappatura<br />
dei produttori italiani in cui le varietà vinicole, il loro<br />
ra<strong>di</strong>camento regionale, sarà utilizzato come fulcro narrativo a<br />
partire dal quale raccontare il territorio, i costumi e le tra<strong>di</strong>zioni<br />
regionali. L’ampia gamma <strong>di</strong> sperimentazioni fotografiche resa<br />
possibile dalla varietà paesaggistica ha catturato l’interesse <strong>di</strong><br />
Storaro, da sempre impegnato in una ricerca che lui stesso<br />
definisce <strong>di</strong> “scrittura attraverso la luce”: «il mio vocabolario<br />
visivo parla in termini <strong>di</strong> luce e ombra <strong>di</strong> colori e elementi<br />
<strong>di</strong> sole e <strong>di</strong> luna e li ho sempre applicati al racconto <strong>di</strong> una<br />
storia e quin<strong>di</strong> per la prima volta mi si apriva la possibilità <strong>di</strong><br />
applicare il mio vocabolario visivo alla natura». Maroni, che<br />
sarà la voce narrante dei documentari, in<strong>di</strong>vidua nel progetto<br />
l’occasione per<br />
poter rappresentare e <strong>di</strong>vulgare l’Italia del <strong>Vino</strong> come fenomeno<br />
e spettacolo naturalistico, luminoso, come esempio <strong>di</strong> bellissime<br />
umanità virtuosamente applicate. Di avviare con questo strumento<br />
comunicativo un Rinascimento Culturale Agricolo e Naturalistico<br />
per il nostro paese 33 .<br />
Ad oggi il progetto ha visto la presentazione, in uno scenario<br />
allestito nel Palazzo dei Congressi dell’EUR che ricalcava<br />
i gran<strong>di</strong> festival cinematografici, del cortometraggio<br />
<strong>di</strong> lancio Vinalia, con la regia e il montaggio <strong>di</strong> Lorenzo<br />
Peluso e l’interpretazione <strong>di</strong> Vittoria Belvedere e Massimo<br />
Foschi. Vinalia è stato pensato come promo per il primo<br />
documentario che sarà de<strong>di</strong>cato ai vini della regione Lazio.<br />
Per la realizzazione del cortometraggio, Storaro ha coinvolto<br />
alcuni dei suoi ex allievi dell’Accademia dell’Immagine<br />
de L’Aquila.<br />
Il Lazio e i suoi vini sono stati protagonisti della passata<br />
e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> “SensofWine” anche grazie alla piccola mostra<br />
fotografica composta <strong>di</strong> do<strong>di</strong>ci scatti realizzati da Vittorio<br />
Storaro me<strong>di</strong>ante doppie impressioni fotografiche, in modo
da costruire <strong>di</strong>namicità e movimento anche nell’immagine<br />
statica. Queste immagini, a metà strada tra la fissità della<br />
posa fotografica e il <strong>di</strong>namismo cinematografico, saranno<br />
utilizzate nel libro che accompagnerà il DVD con il documentario<br />
Il Lazio: un racconto dei vini autoctoni, tra tra<strong>di</strong>zioni<br />
conta<strong>di</strong>ne, classici della letteratura, e nuove forme <strong>di</strong><br />
rappresentazione visiva.<br />
3.3 “Reason Wine: idee per bere con gusto!”:<br />
il concorso del progetto “<strong>Vino</strong> e <strong>Giovani</strong>”<br />
“Reason Wine: idee per bere con gusto!” è il concorso<br />
de<strong>di</strong>cato a giovani film maker, teso a trasmettere i valori<br />
del “buon bere” e promosso per il 2011 all’interno del<br />
progetto “<strong>Vino</strong> e <strong>Giovani</strong>”, con la collaborazione <strong>di</strong> Ibla<br />
Film, del Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici<br />
Italiani (SNGCI) e della community web 242 MovieTv.<br />
Nel brief del progetto, nella sezione de<strong>di</strong>cata agli obiettivi<br />
della comunicazione, si legge:<br />
Con il Concorso Video “Reason Wine: idee per bere con gusto!”<br />
non siamo in cerca <strong>di</strong> uno spot commerciale ma <strong>di</strong> un cortometraggio<br />
<strong>di</strong> taglio cinematografico (non spot pubblicitario)<br />
che sappia trasmettere i valori del “buon bere” legati al <strong>Vino</strong> italiano,<br />
espressione <strong>di</strong> una Nazione, <strong>di</strong> un Popolo e <strong>di</strong> valori legati<br />
alla tra<strong>di</strong>zione, alla storia e alla cultura. Insomma, vogliamo creare<br />
una nuova strategia comunicativa che include la tua creatività<br />
[…]. Focus della comunicazione sarà il <strong>Vino</strong> italiano raccontato<br />
attraverso i seguenti linguaggi: fiction, animazione, mockumentary.<br />
Il <strong>Vino</strong> italiano, dunque, declinato in tutte le sue utilizzazioni:<br />
dalla coltura della vite all’utilizzo finale a tavola o per un aperitivo<br />
in compagnia. Il <strong>Vino</strong> come strumento <strong>di</strong> socializzazione e<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
77
78<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
34. Il brief è consultabile<br />
alla pagina web: http://<br />
www.vinoegiovani.it/<br />
vg10/allegati_reasonwin<br />
e/18/20110615124256<br />
365.<strong>pdf</strong><br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione della cultura. Bere sapendo cosa si beve e alla base<br />
del bere con gusto e responsabilmente 34 .<br />
Se il concorso precedente, “Per<strong>Bacco</strong>”, invitava i giovani<br />
a cimentarsi nell’ideazione <strong>di</strong> un messaggio pubblicitario,<br />
me<strong>di</strong>ante uno slogan, un’immagine o uno spot, per rivitalizzare<br />
la comunicazione e l’immagine del vino, “Reason<br />
Wine: idee per bere con gusto!” sposta il focus da obiettivi<br />
e forme legate alla comunicazione pubblicitaria a una promozione,<br />
attraverso il linguaggio cinematografico e alcune<br />
delle sue forme <strong>di</strong> manifestazione (la fiction, l’animazione,<br />
il mockumentary), che punti sulla creatività dei giovani registi<br />
per trasmettere e rendere compatibile con l’universo<br />
giovanile il bagaglio simbolico e valoriale custo<strong>di</strong>to nel vino.<br />
Il cortometraggio è una forma breve della comunicazione<br />
au<strong>di</strong>ovisiva le cui caratteristiche strutturali e formali come la<br />
durata ristretta, l’importanza della colonna sonora, l’accento<br />
sul ritmo e sul montaggio, lo rendono uno strumento adatto<br />
a costruire delle narrazioni ridotte dal punto <strong>di</strong> vista temporale<br />
ma semanticamente dense, in cui alla promozione <strong>di</strong><br />
un bene <strong>di</strong> consumo si affianca la possibilità <strong>di</strong> e<strong>di</strong>ficare<br />
ed alimentare un insieme più ampio <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorsi sociali che<br />
sollecitano l’interazione tra i soggetti che utilizzano quel<br />
bene e si riconoscono in esso. Basti pensare al videoclip,<br />
strumento commerciale per <strong>di</strong>ffondere la musica, un bene<br />
<strong>di</strong> consumo effimero e immateriale, attraverso i canali televisivi.<br />
La congiunzione tra la musica e il flusso <strong>di</strong> immagini è<br />
svolta forzando i limiti temporali e le forme più consolidate<br />
dell’au<strong>di</strong>ovisivo: il montaggio tende alla frammentazione<br />
piuttosto che alla costruzione <strong>di</strong> un’unità narrativa, si sfrutta<br />
la ripetizione <strong>di</strong> alcune sequenze piuttosto che la consequenzialità,<br />
vengono riqualificati in termini positivi elementi<br />
imperfetti del suono o dell’immagine (l’immagine sgranata, le<br />
sonorità “sporche”) e si pre<strong>di</strong>lige la loro de-sincronizzazione<br />
(PEVERINI 2004: 11-12).<br />
I cortometraggi che hanno partecipato al concorso po
vano essere realizzati con qualsiasi tecnologia, dal videofonino<br />
alla telecamera professionale, e dovevano – si legge<br />
sempre nel brief del bando – «raccontare in maniera accattivante<br />
e coinvolgente le modalità del bere vino come momento<br />
culturale, <strong>di</strong> aggregazione e <strong>di</strong> piacere». Gli elementi<br />
sollecitati nel bando riguardavano la <strong>di</strong>mensione conoscitiva<br />
del vino piuttosto che l’atto <strong>di</strong> bere vino o <strong>di</strong> abusarne,<br />
le storie messe in scena non dovevano basarsi sulla<br />
prevenzione (ad esempio la guida in stato <strong>di</strong> ubriachezza)<br />
ma raccontare i momenti <strong>di</strong> convivialità e <strong>di</strong> accrescimento<br />
culturale, privilegiando la <strong>di</strong>mensione visiva al <strong>di</strong>alogo.<br />
Al bando <strong>di</strong> concorso hanno risposto molti giovani<br />
registi inviando il loro cortometraggio al sito web<br />
www.242movietv.com, la community de<strong>di</strong>cata ai professionisti<br />
<strong>di</strong> Cinema e Televisione e a tutti gli appassionati <strong>di</strong><br />
video, sitcom, web serial e cortometraggi. Ventisei cortometraggi,<br />
selezionati da Slup Tv e Ibla Film, hanno avuto<br />
accesso alla fase finale della selezione e, dal quattor<strong>di</strong>ci<br />
al ventinove luglio del 2011, sono stati visti e votati dagli<br />
iscritti alla community 242 Movie Tv. Il Premio della<br />
Giuria, composta dal regista e documentarista Edoardo<br />
Winspeare, da Omar Calabrese e da Rosa Bianco Finocchiaro<br />
(consulenti del progetto “<strong>Vino</strong> e <strong>Giovani</strong>”) e dalla<br />
dottoressa Silvana Lilli (coor<strong>di</strong>natrice del progetto “<strong>Vino</strong> e<br />
<strong>Giovani</strong>”), è stato assegnato a 1979 <strong>di</strong> Michele Socci. La<br />
menzione speciale assegnata da 242 Movie Tv è andata<br />
al cortometraggio Un giorno d’autunno <strong>di</strong> Federica Wu.<br />
Il cortometraggio più votato online è stato Adamant <strong>di</strong><br />
Giacomo Mantovani, seguito da Come un poeta seduto<br />
in osteria <strong>di</strong> Na<strong>di</strong>a Salatin. La premiazione ufficiale è avvenuta<br />
il ventitré novembre 2011 nel Campus Universitario <strong>di</strong><br />
Coste Sant’Agostino a Teramo in occasione del talk show<br />
“La comunicazione del vino: idee a confronto”, ma il cortometraggio<br />
1979 era già stato presentato in anteprima alla<br />
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica <strong>di</strong> Venezia.<br />
Quali sono le storie del vino raccontate nei cortometrag-<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
79
80<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
35. Il riferimento è al testo<br />
<strong>di</strong> Aristotele De memoria<br />
et reminiscentia, contenuto<br />
nella raccolta denominata<br />
Parva Naturalia e ripreso<br />
da Ricœur in due stu<strong>di</strong><br />
de<strong>di</strong>cati ai rapporti tra<br />
storia, memoria e oblio (RI-<br />
CŒUR 2003 e 2004).<br />
gi vincitori del concorso? Quali i personaggi, le situazioni<br />
messe in scena e i ruoli ricoperti dal vino?<br />
Il cortometraggio <strong>di</strong> Michele Socci, ventisettenne <strong>di</strong> Milano,<br />
utilizza il vino come elemento che attiva un legame tra<br />
i protagonisti e la loro memoria <strong>di</strong> eventi e luoghi appartenenti<br />
passato: a partire da una bottiglia <strong>di</strong> vino, i ricor<strong>di</strong><br />
d’infanzia del protagonista riemergono e si materializzano<br />
sulla scena. Il vino viene utilizzato come strumento per attivare<br />
e coa<strong>di</strong>uvare l’azione della memoria. Quest’ultima non<br />
consiste soltanto in una mera archiviazione, ma si sviluppa<br />
soprattutto come un’attività <strong>di</strong> elaborazione e <strong>di</strong> ricostruzione.<br />
Sussiste uno scarto tra una memoria conservativa, la<br />
riserva delle informazioni, e l’esercizio <strong>di</strong> memoria che regola<br />
il legame del soggetto con il passato e con i significati in<br />
esso trattenuti: da una parte il magazzino della memoria,<br />
dall’altra un insieme <strong>di</strong> processi che alimentano e sfruttano<br />
questa riserva, la rammemorazione. Al sopravvenire dei ricor<strong>di</strong>,<br />
in quanto semplice affezione, spesso si sostituisce il<br />
richiamo, la rammemorazione che considera il ricordo come<br />
l’oggetto <strong>di</strong> una ricerca e la memoria come esercizio pragmatico,<br />
un “fare”, che si esercita sulle tracce del passato. La<br />
rammemorazione è quell’esercizio <strong>di</strong> memoria che restituisce<br />
la <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> ciò a cui ci riferiamo. Si congiungono così il<br />
tempo e la memoria: se il ricordo si produce solo con il passare<br />
del tempo, il suo richiamo attivo, volto alla costruzione<br />
della narrazione, avviene attraverso una ricerca nel tempo<br />
– quella che Aristotele chiamava l’anamnesis (rammemorazione),<br />
<strong>di</strong>stinta dalla menme, il sopravvenire involontario<br />
del ricordo 35 . La memoria, per funzionare come processo<br />
rammemorante, deve sempre essere percorsa da un movimento<br />
che la attraversi in modo produttivo. È quest’attitu<strong>di</strong>ne<br />
alla rammemorazione che va <strong>di</strong>stinta dal processo <strong>di</strong><br />
immagazzinamento.<br />
La <strong>di</strong>mensione pragmatica della memoria, <strong>di</strong> cui abbiamo<br />
tracciato brevemente alcune delle premesse filosofiche, si<br />
interessa alle tracce culturali nelle quali il ricordo è stato
fissato e oggettivato. L’attenzione si sposta dai processi<br />
psichici connessi all’attività <strong>di</strong> rammemorazione del soggetto,<br />
ai me<strong>di</strong>atori del ricordo, in altre parole a quegli oggetti<br />
e a quelle forme <strong>di</strong>scorsive atte a conservare e trasmettere<br />
la memoria culturale (ASSMANN 2002). Il vino, il suo<br />
universo <strong>di</strong> figurativo, l’insieme delle pratiche sociali ad esso<br />
legate, possono essere intese come me<strong>di</strong>atori del ricordo<br />
e, a livello del testo filmico, come operatori narrativi che<br />
attivano il “fare” del memoria.<br />
In 1979, tutto incomincia con il rientro a casa del protagonista<br />
che, davanti all’uscio, trova un pacco postale. Il pacco<br />
contiene un regalo: una bottiglia <strong>di</strong> vino e un biglietto.<br />
La voce che si appresta a leggere il biglietto crea una frattura<br />
tra la componente sonora e quella visiva: mentre le labbra<br />
del protagonista mimano le parole scritte, la voce femminile<br />
che le pronuncia è <strong>di</strong>slocata fuoricampo. È quest’ultima a<br />
recitare il testo del biglietto: «Il vero valore del ricordo sta<br />
in questo: ci fa capire che nulla è mai passato». Attraverso<br />
uno stacco <strong>di</strong> montaggio, il passato si palesa sullo schermo:<br />
il primo piano del volto <strong>di</strong> una giovane ragazza, una partita<br />
a pallone tra i vicoli <strong>di</strong> un borgo, il furto <strong>di</strong> una bottiglia<br />
<strong>di</strong> vino in una cantina incusto<strong>di</strong>ta (si tratta <strong>di</strong> una delle<br />
cantine storiche <strong>di</strong> Montepulciano), la contesa del tappo<br />
<strong>di</strong> sughero, la corsa frenetica tra i filari <strong>di</strong> una vigna. Un<br />
altro rapido stacco <strong>di</strong> montaggio e si rientra <strong>di</strong> nuovo nella<br />
casa del protagonista, che sta stappando la bottiglia. La<br />
successione <strong>di</strong> immagini in cui l’uomo versa il vino, inspira<br />
con forza gli odori sprigionati dalla bevanda e avvicina il<br />
bicchiere alla bocca, si alterna a quelle, luminose e ricche<br />
<strong>di</strong> cromatismi, dell’uva e della vigna dove i due bambini si<br />
rincorrevano. Poi una richiesta, una domanda che reca in sé<br />
la promessa <strong>di</strong> un’amicizia eterna, al <strong>di</strong> là delle <strong>di</strong>stanze geografiche<br />
e temporali. Ma la risposta che consolida quella<br />
promessa passata arriva dal presente: è il protagonista ormai<br />
adulto a <strong>di</strong>chiarare, questa volta con la sua voce, «Prometto!».<br />
A suggellare il patto c’è il tappo della bottiglia,<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
81
82<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
elemento figurativo che garantisce le connessioni e i riman<strong>di</strong><br />
tra il passato della promessa e il presente del racconto che<br />
conferma quella stessa promessa (Figg. 24-25).<br />
Figura 24 Figura 25<br />
Il vino, attraverso le sue componenti olfattive e gustative,<br />
stimola la memoria lasciando che i ricor<strong>di</strong> invadano il presente.<br />
Al contempo, attraverso il tappo <strong>di</strong> sughero, <strong>di</strong>venta<br />
testimone del patto <strong>di</strong> amicizia e ne sanziona la vali<strong>di</strong>tà nel<br />
tempo. In Un giorno d’autunno, la regista Federica Wu,<br />
trentaquattrenne <strong>di</strong> Cologno Monzese (in provincia <strong>di</strong><br />
Milano), mette in scena la pratica antica della vendemmia.<br />
Il cortometraggio, privo <strong>di</strong> <strong>di</strong>aloghi, intreccia le vicissitu<strong>di</strong>ni<br />
che coinvolgono tre <strong>di</strong>verse generazioni durante quella che<br />
potrebbe essere una tipica giornata <strong>di</strong> vendemmia. Il rito<br />
della vendemmia con le sue <strong>di</strong>verse fasi – dalla raccolta<br />
alla spremitura, dalla fermentazione sino all’invecchiamento<br />
nelle botti – si intreccia con le traversie e gli amori <strong>di</strong> tre<br />
<strong>di</strong>verse generazioni: due bambini che giocano a rincorrersi<br />
e assaggiano un grappolo d’uva bianca, due giovani che<br />
scambiano sguar<strong>di</strong> affettuosi tra i filari della vigna e si baciano<br />
<strong>di</strong> nascosto nella cantina, un anziano vendemmiatore<br />
che a sera si concede un brin<strong>di</strong>si con il frutto del suo lavoro<br />
e balla abbracciato a sua moglie. Il tempo della vita, sociale<br />
e biologica, è allora scan<strong>di</strong>to dalle fasi della vendemmia. La<br />
vigna, inquadrata in campo lungo, si <strong>di</strong>schiude davanti agli<br />
occhi del bambino che, in soggettiva, prima oscura la sua<br />
visione interponendo le mani tra il paesaggio e i suoi occhi<br />
e poi lascia che lo scenario dei vitigni si renda <strong>di</strong>sponibile<br />
alla sua visione e a quella dello spettatore (Figg. 26-27).
Figura 26 Figura 27<br />
Alla vendemmia segue, nel finale, un altro dei topos della<br />
tra<strong>di</strong>zione. Alla sera, terminato il lavoro quoti<strong>di</strong>ano, la<br />
famiglia si ritrova tutta unita attorno al tavolo apparecchiato<br />
nel cortile della casa <strong>di</strong> campagna. La sequenza<br />
finale inizia con un’inquadratura dall’alto ma subito dopo<br />
la macchina da presa si <strong>di</strong>spone al centro e intorno alla<br />
tavola, tra i commensali. Mentre le immagini spesso sfocate<br />
rafforzano la costruzione <strong>di</strong> un punto <strong>di</strong> vista ravvicinato,<br />
la luce delle candele si riflette sui volti e illumina i sorrisi <strong>di</strong><br />
tutte le generazioni.<br />
Sia in Adamant <strong>di</strong> Giacomo Mantovani, classe 1983, che<br />
in Come un poeta seduto in osteria <strong>di</strong> Na<strong>di</strong>a Salatin,<br />
nata nel 1974 a Motta <strong>di</strong> Livenza, il bicchiere <strong>di</strong> vino è<br />
l’oggetto narrativo che permette agli altri attori <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficare<br />
il proprio stato passionale o le proprie competenze<br />
cognitive 36 .<br />
In Adamant è il brin<strong>di</strong>si a spezzare la routine quoti<strong>di</strong>ana e<br />
introdurre il <strong>di</strong>scorso amoroso (Fig. 28). Un elegante wine<br />
bar lon<strong>di</strong>nese è la scenografia in cui si realizza, in compagnia<br />
del vino, la richiesta <strong>di</strong> matrimonio che il protagonista<br />
rivolge alla donna amata.<br />
Figura 28<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
83<br />
36. Si veda la nota 1 del<br />
primo capitolo.
84<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
Il <strong>di</strong>scorso del giovane è anche un elogio al vino italiano<br />
che accompagna importanti momenti sociali come il rito<br />
religioso, la firma <strong>di</strong> un contratto, la passione amorosa. È<br />
attraverso il vino che gli attori in scena e quelli evocati<br />
dal protagonista arrivano alla congiunzione con determinati<br />
valori (religiosi, politici, amorosi), poiché sono gli elementi<br />
simbolici legati al vino e alla sua ritualità ad essere riattivati<br />
ogni volta e a fornire una garanzia nei confronti <strong>di</strong> uno<br />
specifico patto sociale.<br />
Come un poeta in osteria è il breve racconto degli ostacoli<br />
che impe<strong>di</strong>scono al giovane protagonista <strong>di</strong> raggiungere<br />
la sua meta. Un viaggio in vespa tra i vitigni con il mare<br />
sullo sfondo, verso un pranzo e una tavola che un’attenta<br />
signora sta imbandendo sin dal mattino. Ma il protagonista<br />
del cortometraggio raggiunge la meta solo a sera, quando i<br />
commensali hanno già consumato il loro pasto e solo alcuni<br />
<strong>di</strong> loro siedono ancora attorno alla tavola. Una serie <strong>di</strong><br />
ostacoli (la mancanza <strong>di</strong> benzina nella vespa e <strong>di</strong> copertura<br />
telefonica per il cellulare) hanno ritardato il raggiungimento<br />
dell’obiettivo finale, il lauto pranzo. Solo nel finale, quando<br />
ormai è scesa la sera, compare sulla tavola il vino. Il suo<br />
intervento è <strong>di</strong> aiuto al protagonista che, nel sorseggiare<br />
la bevanda, trova finalmente un aiutante per le sue azioni.<br />
Ristorato dal vino versato dal più anziano dei commensali<br />
e dal calore familiare, egli riesce a risolvere un piccolo indovinello<br />
e a terminare la giornata in allegria (Fig. 29).<br />
Figura 29
Ecco come le note <strong>di</strong> regia descrivono l’idea alla base del<br />
cortometraggio e il suo plot, in cui i ricor<strong>di</strong> personali della<br />
regista Na<strong>di</strong>a Salatin vengono rievocati e trasformati in un<br />
racconto <strong>di</strong> finzione:<br />
Trovata l’idea. Un bicchiere tintinna, accompagnando in sottofondo<br />
il piacere <strong>di</strong> stare insieme, come la musica in un pianobar,<br />
come un poeta seduto in un’osteria, scandendo dolcemente il<br />
tempo, dalla bambina che rivedo guardare il mosto <strong>di</strong> settembre<br />
ribollire nella cantina <strong>di</strong> mio padre, alla donna che ora gioca e<br />
ride con gli amici in una fredda sera d’inverno, e risolve l’indovinello.<br />
Ho trasportato la mia storia fuori dal bar e dentro una famiglia,<br />
aprendo lo sguardo sulla quoti<strong>di</strong>anità del rapporto con il vino,<br />
naturale come il suo maturare al sole, spontaneo e rituale come lo<br />
scorrere dei giorni in un piccolo paese <strong>di</strong> campagna, un rapporto<br />
<strong>di</strong> fiducia, perché non c’è un passo fondamentale nelle nostre<br />
strade che non sia sigillato con un brin<strong>di</strong>si.<br />
La Salatin riprende e descrive gli elementi che sono emersi<br />
dall’analisi dei precedenti cortometraggi: la memoria personale<br />
che si attiva grazie al vino e produce una storia da<br />
raccontare per immagini, le tra<strong>di</strong>zioni legate al vino che preservano<br />
i loro valori <strong>di</strong> coesione per la comunità, gli eventi<br />
sociali che il vino consacra e sigilla. Tutti fattori che concorrono<br />
ad alimentare l’immaginario dei giovani spettatori e a<br />
ricostruire la pratica del bere con gusto e responsabilmente.<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
85
Conclusioni<br />
La panoramica attraverso le tavole messe in scena dal cinema<br />
italiano, tra i vitigni esplorati dai documentari “enogastronomici”<br />
e i progetti promossi dagli enti preposti alla<br />
salvaguar<strong>di</strong>a e alla promozione del patrimonio e della cultura<br />
vitivinicola italiana è servita a ricostruire, senza pretese<br />
<strong>di</strong> esaustività, il campo dei rapporti che il linguaggio<br />
au<strong>di</strong>ovisivo ha costantemente instaurato con il mondo<br />
del vino. Il cinema, sia <strong>di</strong> fiction che documentaristico, ha<br />
utilizzato il vino, le sue modalità produttive e i luoghi del<br />
suo consumo (dalla cena all’aperitivo, dalla degustazione<br />
al brin<strong>di</strong>si) come strumenti per costruire delle storie che<br />
descrivessero le trasformazioni culturali, il rapporto con le<br />
tra<strong>di</strong>zioni e il mutamento dei gusti enogastronomici della<br />
società italiana. Questa tendenza possiede tuttora i suoi<br />
risvolti positivi. Basta soffermarsi, ad esempio, sulla crescita<br />
esponenziale dei documentari, dei festival e delle rassegne<br />
cinematografie che sono de<strong>di</strong>cate al vino. Negli ultimi<br />
anni si assiste allo sviluppo del fenomeno speculare rispetto<br />
a quello descritto in precedenza. Concorsi de<strong>di</strong>cati alle<br />
giovani generazioni, manifestazioni e fiere legate al vino<br />
utilizzano le <strong>di</strong>verse forme del linguaggio au<strong>di</strong>ovisivo per<br />
ridefinire ed implementare i loro obiettivi <strong>di</strong> comunicazione<br />
sociale. La promozione del consumo consapevole del vino<br />
si abbevera allo sterminato bacino della rappresentazione<br />
cinematografica per trovare in esso storie e modelli figurativi<br />
da riproporre all’interno delle campagne <strong>di</strong> sensibilizzazione.<br />
Laddove non è preponderante l’aspetto commerciale<br />
<strong>di</strong> un prodotto, il film, nelle sue <strong>di</strong>verse durate, <strong>di</strong>venta il<br />
canale adeguato per informare lo spettatore, garantendogli<br />
momenti <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento e <strong>di</strong> crescita formativa. Capacità<br />
che il cinema ha incrementato anche attraverso l’ibridazione<br />
e il contatto con i nuovi mezzi <strong>di</strong> comunicazione:<br />
dai videofonini <strong>di</strong> ultima generazione ai social network del<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
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88<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
web 2.0, grazie ai quali è possibile creare e <strong>di</strong>ffondere<br />
filmati, con<strong>di</strong>videre e commentare con il proprio gruppo <strong>di</strong><br />
amici i frammenti dei film visiti e amati.<br />
Il vino irra<strong>di</strong>a momenti <strong>di</strong> socialità e stimola le rotte della<br />
conversazione lontano dai luoghi comuni del quoti<strong>di</strong>ano<br />
per rendere anche i momenti rilassanti della giornata delle<br />
occasioni in cui imparare e gustare con piacevolezza. Alla<br />
<strong>di</strong>mensione conviviale del consumo, in cui si rinsaldano i<br />
legami e si alimenta il capitale sociale, si legano tutti quegli<br />
elementi che permettono al vino <strong>di</strong> essere trattato come un<br />
oggetto culturale e non una semplice bevanda: dalle tematiche<br />
ambientaliste alla produzione biologica, dall’attenzione<br />
per la tra<strong>di</strong>zione e la qualità all’affermazione del valori<br />
comunitari. Il benessere prodotto dal consumo moderato<br />
<strong>di</strong> vino <strong>di</strong>venta anch’esso una risorsa culturale.<br />
Tutto sembra già “apparecchiato”, manca solo il primo ciak<br />
per dare inizio alle riprese.
Bibliografia<br />
ACQUARELLI, Luca<br />
– 2010 Etnografia del consumo del vino negli spazi pubblici,<br />
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– 2011 <strong>Vino</strong> al vino. Viaggio alla ricerca dei vini genuini,<br />
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– 1988 L’avventura in Valtellina, Bari, Laterza.<br />
Filmografia<br />
Adamant, regia <strong>di</strong> Giacomo Mantovani, Inghilterra/Italia, 2011.<br />
L’albero degli zoccoli, regia <strong>di</strong> Ermanno Olmi, Italia, 1978.<br />
Amarcord, regia <strong>di</strong> Federico Fellini, Italia, 1973.<br />
Il Casanova <strong>di</strong> Federico Fellini, regia <strong>di</strong> Federico Fellini, Italia, 1976.<br />
C’eravamo tanto amati, regia <strong>di</strong> Ettore Scola, Italia, 1974.<br />
Come un poeta seduto in osteria, regia <strong>di</strong> Na<strong>di</strong>a Salatin, Italia, 2011.<br />
Fellini-Satyricon, regia <strong>di</strong> Federico Fellini, Italia, 1969.<br />
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Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
La grande abbuffata, regia <strong>di</strong> Marco Ferreri, Francia/Italia, 1973.<br />
Ladri <strong>di</strong> biciclette, regia <strong>di</strong> Vittorio De Sica, Italia, 1948.<br />
Mangiare bere uomo donna (Yin shi nan nu), regia <strong>di</strong> Ang Lee, Taiwan/USA, 1994.<br />
La mia notte con Maud (Ma nuit chez Maud), regia <strong>di</strong> Eric Rohmer, Francia, 1969.<br />
Mondovino (Id.), regia <strong>di</strong> Jonathan Nossiter, Argentina/Francia/Italia/USA, 2004.<br />
Piccolo mondo antico, regia <strong>di</strong> Mario Soldati, Italia, 1941.<br />
Il pranzo <strong>di</strong> Babette (Babettes gæstebud), regia <strong>di</strong> Gabriel Axel, Danimarca, 1987.<br />
Pranzo <strong>di</strong> Ferragosto, regia <strong>di</strong> Gianni Di Gregorio, Italia, 2008.<br />
Racconto d’autunno (Conte d’automne), regia <strong>di</strong> Eric Rohmer, Francia, 1998.<br />
Roma, regia <strong>di</strong> Federico Fellini, Italia/Francia, 1972.<br />
Rupi del vino, regia <strong>di</strong> Ermanno Olmi, Italia, 2009.<br />
Senza Trucco. Le donne del vino naturale, regia <strong>di</strong> Giulia Graglia, Italia, 2011.<br />
Il sorpasso, regia <strong>di</strong> Dino Risi, Italia, 1963.<br />
Vinalia, regia <strong>di</strong> Lorenzo Peluso, Italia, 2011.<br />
Un giorno d’autunno, regia <strong>di</strong> Federica Wu, Italia, 2011.<br />
Uomini e vino, regia <strong>di</strong> Giovanni Penco, Italia, 2009.<br />
1979, regia <strong>di</strong> Michele Socci, Italia, 2011.<br />
Programmi televisivi<br />
Lascia o raddoppia?, con Mike Bongiorno, 1955.<br />
Chi legge? Viaggio lungo le rive del Tirreno, <strong>di</strong> Mario Soldati e Cesare Zavattini, 1960.<br />
Viaggio lungo la valle del Po alla ricerca dei cibi genuini, <strong>di</strong> Mario Soldati, 1957.<br />
Sitografia<br />
www.ec-aiss.it<br />
www.omarcalabrese.net<br />
www.retegas.org<br />
www.senzatrucco.wordpress.com<br />
www.slowfoodonfilm.it<br />
www.vinoegiovani.it<br />
www.wineblog.it<br />
www.242movietv.com
In<strong>di</strong>ce delle figure<br />
Capitolo 1<br />
Figure 1, 2, 3, 4: Ladri <strong>di</strong> biciclette (1948) <strong>di</strong> Vittorio De Sica.<br />
Figure 5, 6, 7, 8: C’eravamo tanto amati (1974) <strong>di</strong> Ettore Scola.<br />
Figure 9 e 10: Il Casanova <strong>di</strong> Federico Fellini (1976) <strong>di</strong> Federico Fellini.<br />
Figure 11 e 12: Pranzo <strong>di</strong> Ferragosto (2008) <strong>di</strong> Gianni Di Gregorio.<br />
Capitolo 2<br />
Figure 13 e 14: Mario Soldati durante il programma televisivo Viaggio lungo<br />
la valle del Po alla ricerca dei cibi genuini (1957).<br />
Figure 15 e 16: Mondovino (2004) <strong>di</strong> Jonathan Nossiter.<br />
Figure 17, 18, 19, 20, 21: Senza Trucco. Le donne del vino naturale (2011)<br />
<strong>di</strong> Giulia Graglia.<br />
Figure 22 e 23: Rupi del vino (2009) <strong>di</strong> Ermanno Olmi.<br />
Capitolo 3<br />
Figure 23 e 24: 1979 (2011) <strong>di</strong> Michele Socci.<br />
Figure 25 e 26: Un giorno d’autunno (2011) <strong>di</strong> Federica Wu.<br />
Figura 27: Adamant (2011) <strong>di</strong> Giacomo Mantovani.<br />
Figura 28: Come un poeta seduto in osteria (2011) <strong>di</strong> Na<strong>di</strong>a Salatin.<br />
Il cinema italiano<br />
racconta il vino<br />
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Finito <strong>di</strong> stampare nel mese <strong>di</strong> giugno 2012