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96<br />

L’INDICE <strong>PENALE</strong>, 1/2011<br />

perché il binomio causalità-imputazione non implica una dualità diproblematiche,<br />

ma soltanto un doppio livello di indagine.<br />

A differenza dello Zeitgeist segnato da un approccio marcatamente<br />

scientifico e naturalistico che impedì l’affermazione delle antiche dottrine<br />

causali di stampo normativo, le condizioni attuali appaiono più favorevoli:<br />

insieme alle critiche alla modernità riemergono antiche riflessioni e di<br />

fronte alla verificazione di un evento lesivo perde progressivamente di importanza<br />

la questione analitico-deduttiva di ‘‘come’’ questo sia accaduto e<br />

pare riacquistare centralità la questione logico-induttiva di ‘‘chi’’ debba risponderne.<br />

L’avvicendarsi di ‘‘causalismo’’ e ‘‘normativismo’’ nel corso<br />

della storia penalistica dimostra che il prevalere di una visione sull’altra<br />

non è dettato soltanto da scelte di ordine teorico-dogmatico, bensì in<br />

primo luogo da opzioni politico-criminali.<br />

Occorre dunque tornare a valorizzare la specifica funzione teleologica<br />

della categoria della causalità (giuridica), rintracciabile non solo nella necessità<br />

di verificare la sussistenza di un nesso di condizionamento tra fatti,<br />

ma piuttosto nell’esigenza di selezionare specifiche modalità di produzione<br />

dell’evento, nonché eventi lesivi particolarmente significativi. In questo<br />

quadro, uno sguardo alle formule causali utilizzate nel linguaggio comune<br />

e al concetto comune di causalità può contribuire a ristabilire una corretta<br />

prospettiva e ad individuare il nucleo problematico della questione. I concetti<br />

giuridici devono infatti rispecchiare la razionalità della ricostruzione<br />

dogmatica e sistematica, ma allo stesso tempo garantire la rispondenza<br />

delle scelte normative a modelli e schemi socialmente comprensibili. È, insomma,<br />

di centrale importanza che il diritto penale attribuisca un evento<br />

lesivo al soggetto che lo ha causato non solo in forza di una astratta formula<br />

causale, ma anche in conformità al senso comune( 68 ).<br />

Il senso e il linguaggio comune identificano normalmente la causa di<br />

un evento in un fattore che interferisce con il corso degli eventi o interviene<br />

su un decorso causale modificandone l’esito. La ‘‘causa’’ insomma, intervenendo<br />

su un dato contesto, determina una differenza, una deviazione rispetto<br />

al corso normale degli eventi( 69 ). In questa prospettiva si spiega<br />

( 68 ) Hart-Honorè, Causation, cit., Ixxvii. In questo senso, anche Engisch, Vom<br />

Weltbild, cit., 110 ss.<br />

( 69 ) Cfr. Hart-Honoré, op. ult. cit., 29, ove richiamano il c.d. Differenzprinzip, affermando<br />

che ‘‘The notion, that a cause is essentially something which interferes with or intervenes<br />

in the course of events which would normally take place, is central to the commonsense<br />

concept of cause’’. ‘‘The cause, though not a literal intervention, is a difference from<br />

the normal course which accounts for the difference in the outcome’’. Cfr. altresì Koriath,<br />

Kausalität, cit., 20; Sancinetti, Hypothetische Kausalverläufe und die Differenztheorie, in<br />

ZStW, 2008, 661 ss.<br />

In una prospettiva sostanzialmente affine può collocarsi l’orientamento dottrinale che<br />

considera l’evento come una ‘‘nachteilige Veränderung‘‘ rispetto allo status quo; così, v.

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