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VECCHIE PAGINE, RICORDI E PROSPETTIVE STORICHEI<br />

587<br />

12. Consuetudine, costumi sociali, lingua, castigatezza e rispetto delle buone<br />

norme del vivere civile nella quotidianità del lavoro ambulante. Il pericolo<br />

di un’eventuale scadimento verso modalità di condotta offensive<br />

della pubblica decenza.<br />

E però, in tema sempre di artisti di strada, non è difficile supporre che<br />

nella loro professione turpiloquio,atteggiamenti volgari, sconvenienti, contrari<br />

dunque al pudore e alla pubblica decenza fossero proprio così inconsueti.<br />

E naturalmente talvolta rilevanti anche in ambito penale.<br />

Occorre appunto ricordare che il Codice Zanardelli all’art.490 perseguiva<br />

chiunque in pubblico mostrava nudità invereconde, ovvero con parole,<br />

canti o altri atti offendeva la pubblica decenza. Sanzione: l’arresto sino<br />

ad un mese o l’ammenda da lire dieci a trecento.<br />

Ascritta al titolo terzo tra le disposizioni concernenti la pubblica moralità,<br />

l’ipotesi contravvenzionale in coerente assonanza con la sua collocazione<br />

avrebbe sostanzialmente giustificato una accezione di pubblica decenza<br />

come complesso delle norme che la educazione sociale ha stabilito<br />

affinché gli uomini si comportino in pubblico come si conviene al pudore<br />

ed al buon costume. E se il pudore non risultava poi sinonimo di decenza,<br />

la decenza, comunque, quale sentimento, più o meno naturale, di avversione<br />

a quanto fosse osceno ed impudico si imponeva poi come regola<br />

di convenienza sociale: come un ossequio, cioè, da rendersi pur sempre<br />

al pubblico pudore.<br />

Regola di convenienza dunque, di educazione sociale. Regola certamente<br />

variabile secondo i tempi, i luoghi ed i costumi: a tale variabilità riconducendosi<br />

evidentemente la decenza, che è come il volto – cito testualmente<br />

– della costumatezza e della verecondia( 109 ).<br />

Va dunque sottolineato, la decenza si confermava quale concetto<br />

molto relativo, retto dai decreti della moda, dall’uso, e, se possibile, non<br />

vol. XII, Parte 2º, Torino, 1900, spec. p. 1009 ss.; A. Ravizza, Riunioni ed assembramenti,<br />

in Il Digesto italiano, vol. XX, Parte 2º, Torino, 1913, 1918, spec. p. 1348 ss.<br />

( 109 ) S. Durante, Atti contrari alla decenza pubblica, inIl Digesto italiano, vol. IV,<br />

Parte 2º , Torino 1893-1899, p. 163 ss. Vd. anche, A. Mortara, Buon costume e l’ordine<br />

delle famiglie (Delitti contro il), inIl Digesto italiano, vol. V, P. 2º, Torino 1890-1899, p.<br />

1023 ss.<br />

Sul punto appare del resto indicativo l’orientamento giurisprudenziale. Così, si legge: il<br />

mostrarsi in città vestito con la sola maglia o costumi da bagno può essere ritenuto atto contrario<br />

alla pubblica decenza ai sensi dell’art. 490 cp. benché non siasi fatta mostra di nudità<br />

invereconde (Corte di Cassazione di Roma 11-2-1911, in Repertorio generale de Il Foro italiano,<br />

1913, vol. XXXVII, P. 2a, col 128). Il termine continenza, costumatezza affiora poi<br />

anche in altre decisioni, raffrontato appunto ad un valore di convenienza sociale (vd. ad<br />

esempio P. Torino 22-11-1899, in Repertorio generale de Il Foro italiano, 1900, vol. XXIV,<br />

P 2º, col. 135), di buone norme del vivere civile, di condotta civile. In questo senso Corte<br />

Bari, 5-7-1927, in Repertorio generale de Il Foro italiano, 1928, vol. LIII, col 233.

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