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L’INDICE PENALE, 1/2011
con grida da scherzi – si affermerà – potrebbe essere disturbata la quiete
privata e pubblica( 91 ). Le stesse espressioni schiamazzi o clamori adottate
dalla formula penale nella loro genericità avrebbero poi compreso ‘‘qualsiasi
mezzo e modo che arrechi disturbo alla quiete del cittadino’’( 92 ): sottolineando
dunque come i mezzi e il modo del disturbo non dovessero valutarsi
per ‘‘loro stessi, per la natura ed essenza loro’’, ma in relazione alla
potenzialità dell’effetto disturbo.
Un apprezzabile spazio applicativo quindi; e in questo senso varrà ancora
sottolineare come a realizzare la contravvenzione non fosse poi necessario
l’effettivo avvenuto disturbo, sufficiente apparendo la costatazione
che gli schiamazzi risultassero di tale intensità da poter produrre l’inconveniente
ipotizzato dalla legge( 93 ).
In precedenza, del resto, l’opinione era già nota e chiara: alla sussistenza
della fattispecie prevista nell’art. 457 – questa l’affermazione –
non è essenziale che il disturbo sia arrecato: basta che i disordini siano atti
a recare quel disturbo( 94 ).
In definitiva, accertata la volontà del fatto, sufficiente sarebbe apparsa
la potenzialità di recare disturbo alla quiete pubblica, senza che occorresse
stabilire oltre la potenzialità l’avvenuto reale disturbo( 95 ).
Vero peraltro: spazi di tolleranza per l’attività inevitabilmente rumorosa
di cantanti, suonatori, saltimbanchi potevano talvolta rinvenirsi, e giu-
ma non senza escludere l’applicazione dell’art. 457 cp. quando un uso moderato di voci, di
strumenti sonori non degeneri in abuso o per l’eccessiva sonorità o per l’urtante disarmonia,
cfr. Corte di Cassazione di Roma 25-11-1912, in Il Foro italiano, 1913, vol. XXXVIII, Parte
2º, col. 1 ss. Per incidens nell’ipotesi considerata, suoni di canti e mandolini che accompagnavano
fin in prossimità delle case il ritorno da una gita in onore di un reduce dalla guerra
di Libia, il Supremo Collegio ritenne appunto moderato l’uso delle voci e degli strumenti:
sicché inutile restrizione avrebbe indotto il ricorso alla fattispecie contravvenzionale.
( 91 ) Corte di Cassazione di Roma 24-2-1893, in Repertorio generale de Il Foro italiano,
1893, vol. XVIII, col. 1180.
( 92 ) Corte di Cassazione di Roma 20-3-1906, in Repertorio generale de Il Foro italiano,
1906, vol. XXXI, col. 988.
( 93 ) In proposito, si veda Corte di Cassazione di Roma 1-5-1900, in Repertorio generale
de Il Foro italiano, 1900, vol. XXV, col. 1174.
( 94 ) Così, Corte di Cassazione di Roma 26-11-1892, in Repertorio generale de Il Foro
italiano, 1893, vol. XVIII, col 1180. Cfr., inoltre, Corte di Cassazione di Roma 17-7-1894,
in Repertorio generale de Il Foro italiano, 1894, vol. XVIII, col 1081. Sulla valenza effettiva,
invece, del disturbo, Corte di Cassazione di Roma 20-12-1895, in Riv. pen. XLIII, p. 258.
Insiste comunque il Supremo Collegio, ed è significativo orientamento giurisprudenziale nell’affermazione
che a costituire la contravvenzione ipotizzata nell’art. 457 cp. sia sufficiente la
potenzialità di recare disturbo alla quiete pubblica, senza che occorra appunto ‘‘l’avvenuto
disturbo’’. Vd. Corte di Cassazione di Roma 1-5-1900 in Repertorio generale de Il Foro italiano,
1900, vol. XXV, col. 1174; Corte di Cassazione di Roma 20-3-1906, in Repertorio generale
de Il Foro italiano, 1906, vol. XXXI, col. 988.
( 95 ) In proposito, cfr. anche, G. Crivellari – G. SUMAN, op. cit., p. 450 ss.