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VECCHIE PAGINE, RICORDI E PROSPETTIVE STORICHEI
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Profilo davvero controverso; tanto che proprio nell’oscillazione fra rilievo
della volontarietà del fatto materiale, volontarietà cosciente, esclusione
o, viceversa, valenza della buona fede, potrebbe forse rinvenirsi un
motivo, particolarmente imbarazzante, di quell’incertezza valutativa, di
quell’inconsistenza a volte dell’addebito. Addebito, ovviamente, in tutti i
sensi senz’altro oneroso per chi, cittadino o straniero, esercitava liberamente
una professione girovaga.
10. Le cadenze concrete della vicenda punitiva. Mutazione del mestiere girovago
nel vizio della mendicità.
Mendicità èdunque ipotesi repressiva al cui intervento non sembra affatto
difficile pensare.
Disciplinata quale contravvenzione concernente l’ordine pubblico,
soggetta a precise condizioni e divieti da parte della stessa legge di P.S.,
l’imputazione di mendicità si avvaleva indubbiamente di una formulazione
normativa non priva di ampi spazi applicativi. E sarebbe opportuno ricordare,
infatti, che la disposizione dell’art. 453 c.p. Zanardelli stabiliva fosse
punito con l’arresto sino a cinque giorni chiunque essendo abile al lavoro
‘‘è côlto’’ a mendicare. La stessa pena si applicava, poi, a chi, essendo inabile
al lavoro fosse colto a mendicare senza aver adempiuto le prescrizioni
stabilite dalla legge.
E la legge di Polizia agli articoli 80 e seguenti, nel prevedere che ove
esista un ricovero di mendicità sia proibito mendicare per le pubbliche vie
e in ogni altro luogo aperto al pubblico, puntigliosamente precisava all’art.
81: ‘‘Qualora non esista nel Comune un ricovero di mendicità, ovvero
quello esistente sia insufficiente, si applicheranno le pene stabilite dal Codice
penale a chiunque, non avendo fatto costatare dall’autorità di sicurezza
pubblica locale di essere inabile al lavoro, è ‘‘côlto’’ a mendicare
nei luoghi indicati nel precedente articolo’’. Pubblicamente appunto.
Disponeva ancora il secondo comma dell’art. 81 che solo gli individui
riconosciuti dall’autorità locale di pubblica sicurezza ‘‘inabili a qualsiasi la-
svelata l’estrema duttilità di questo modello penale. Destinato appunto ad una funzione di
tutela altrettanto duttile e articolata per l’ordine pubblico, posto in crisi da una serie di fatti
perturbatori: a cominciare appunto da fatti che pregiudicano l’attività della pubblica Autorità
rifiutandole obbedienza o privandola delle notizie che devono essere comunicate per
passare ad altre condotte che implicano ad un tempo il disconoscimento dell’Autorità stessa
e del buon governo di talune professioni, a finire con quei fatti individuali che sogliono essere
causa di vessazioni, di molestie, o altrimenti di pubblico disordine, di minaccia alle regole
del vivere civile. Così, G. Crivellari - G. Suman, op. cit., p. 386. Su questa capillare
esigenza di tutela, vd. anche A. Zerboglio, La teoria e la pratica delle contravvenzioni, Milano,
1899, spec. p. 13 ss.