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L’INDICE PENALE, 1/2011
strumento quale il modello contravvenzionale, destinato, e soprattutto capace
di incidere su molteplici particolari aspetti della vita civile; e sulla
traccia – affermazione ricorrente – di una lesività, di regola, espressa in
un pericolo possibile, non in corso.
Tutto sommato, allora, l’idea di una repressione, affidata a ipotesi contravvenzionale
avvalorerebbe un’impressione: che controllo e disciplina dei
mestieri girovaghi si siano comunque risolti in una scelta se non proprio
prevaricatrice, per certi aspetti, forse, invasiva, molto vigile; non sempre
rassicurante logicamente, per un libero esercizio di quelle professioni.
Infrazioni e scorrettezze quasi inevitabili talvolta nella quotidianità
delle occupazioni vagabonde, spesso ripetitive tra l’altro di abitudini, costumi
e modalità di comportamenti non desueti nella comunità sociale,
quando anche assunti quali fatti contravvenzionali, avrebbero comunque
segnato per quei mestieri un destino a volte precario: soggetto insomma
a invasive restrizioni.
Tanto più invasive ove non si dimentichi, appunto, quella frammentazione
di competenze, e quella commistione di previsioni penali, disposizione
di Polizia, regolamenti locali cui la stessa materia contravvenzionale
era affidata.
Ma, vero è che la contrazione, i limiti di libertà per l’esercizio del mestiere
vagabondo potevano anche ascriversi alla formulazione, e al carattere,
anzitutto, della fattispecie contravvenzionale. In effetti, difficoltà interpretative,
discordanza di giudizi sulla valenza applicativa della fattispecie
stessa avrebbero anche indotto imputazioni e provvedimenti a volte
discutibili, insufficientemente motivati.
Tutto sommato non era affatto irragionevole che ciò accadesse; occorrerebbe
sempre ricordare, difatti, quali indecisioni, quali controverse tesi
insistessero sul riconoscimento dell’indole e del carattere assegnabili al modello
contravvenzionale: la sua concreta lesività, il profilo sopratutto del
suo elemento psicologico( 87 ).
( 87 ) Chiara traccia di questo problema in G. Crivellari - G. Suman, Dei delitti contro
la proprietà. Delle contravvenzioni in specie,inEnc. dir. pen. it., vol. VIII, Torino, 1898, p.
387 ss. Citando ampi stralci della relazione Zanardelli al progetto di Codice penale del 29-
11-1897, gli autori costatavano anzitutto come una riflessione ordinata e sistematica sulla materia
contravvenzionale risalisse ad una data piuttosto recente; e confermasse soprattutto una
precisa opzione legislativa: punire cioè come pericolosa, nell’interesse della società e per proteggere
il diritto, evitando dunque possibili – o effettivi – violazioni della legge stessa, una
serie di fatti che, presenti tutti gli elementi essenziali del reato ‘‘non sono affatto reati effimeri,
e – si sottolineava – di mera creazione politica’’. In proposito, si veda, in precedenza,
P. Tuozzi, Le prime impressioni dal progetto di codice penale (Zanardelli). Lettera aperta all’on.
Vigliani, Napoli, 1888, p. 47 ss. Naturalmente sarebbe sempre emerso il problema,
ricognizione e ruolo dell’elemento morale nell’ipotesi contravvenzionale; e fra teoria del fatto
materiale e prova della sola involontarietà del fatto, negazione e recupero della buona fede,
prova contraria di non aver voluto commettere il fatto, le oscillazioni applicative avrebbero