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570<br />

L’INDICE <strong>PENALE</strong>, 1/2011<br />

la ribellione anche violenta del burattino nelle mani del burattinaio nella<br />

rappresentazione scenica di una condotta ineluttabilmente pericolosa, riprovevole,<br />

non tradusse in definitiva la modestia di un canovaccio teatrale<br />

frammentario, privo di un discorso articolato, riassunto tutto nella presenza<br />

comica del burattino, in una intenzionale comunicazione appunto oltraggiosa,<br />

istigatoria, od apologetica.<br />

Ma, logicamente, ostacolo non indifferente dovette in effetti rivelarsi<br />

anche la mobilità, e non solo agli inizi, del teatro di burattini: la fuggevole<br />

apparizione di un burattinaio, la rapidità con cui poteva smontare il suo<br />

palcoscenico e allontanarsi, non avrebbero certo facilitato un oculato controllo,<br />

né agevolato l’iniziativa di un procedimento penale, quando praticamente<br />

si sospettasse nella sua attività una comunicazione fomentatrice di<br />

disordine.<br />

L’occasionalità, poi, del contatto con lo spettatore, l’operatività del<br />

teatro in sedi delegate al divertimento, il clima disteso della festa, della<br />

fiera, del mercato potevano sempre smentire l’idea che nella professione<br />

girovaga del burattinaio si annidasse fatalmente una condizione di pericolo<br />

per l’ordine pubblico, e si giustificasse allora il sospetto di condotte<br />

delittuose.<br />

Sembra almeno possibile supporlo. In fondo, l’opportunità di un ipotetico<br />

intervento di repressione penale, avrebbe dovuto confrontarsi<br />

sempre – vale ripeterlo – con il carattere, il modulo rappresentativo di<br />

questo teatro: destinato alla comicità, recitato con poveri mezzi scenici e<br />

da personaggi onirici, in un linguaggio spesso volgare – puro turpiloquio<br />

a volte –, nel quale però la narrazione di ingiustizia o di prevaricazioni<br />

non poteva che stemperarsi, o assumere un significato assolutamente grottesco,<br />

irreale: rafforzato poi dall’immancabile insensato lieto fine.<br />

Se le botte strepitose fra Pulcinella e lo sbirro, secondo quello schema<br />

ripetitivo ‘‘io bastono te, tu bastoni me’’ potevano smarrire un messaggio di<br />

violenza ed un significato delittuoso, era perché in effetti, si risolvevano<br />

nella farsesca rituale semplicità delle percosse: un allegro gioco di bastonate<br />

fragorose destinato soltanto a far ridere, non ad intaccare il riguardo<br />

dovuto al potere e alle sue regole.<br />

E la stessa morale del burattino Facanapa tutta ispirata alla violenza ed<br />

espressa nel proverbiale motto ‘‘Mi son Facanapa – Mi si che te perdona –<br />

Ma speta che te bastona’’, la rozza meccanica gestualità delle botte,<br />

avrebbe forse riassunto modi di sentire – e di comportarsi a volte – dello<br />

spettatore, ma ‘‘incarnati’’ sempre in una comicità assolutamente avulsa<br />

da ogni giudizio di approvazione o disapprovazione sui fatti; priva, utilizzando<br />

un’espressione ricorrente, di ogni astuzia intellettuale( 77 ), di ogni al-<br />

( 77 ) Su questa particolare comicità del burattino, e in particolare di Facanapa, G. Piz-

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