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VECCHIE PAGINE, RICORDI E PROSPETTIVE STORICHEI<br />

569<br />

l’attività dei burattinai fosse poi giustificata esclusivamente, o soprattutto,<br />

dal timore di offese al prestigio dell’Autorità costituita, o non piuttosto<br />

dalla preoccupazione e dal sospetto che quel teatro creasse nella società<br />

istintuali bisogni di giustizia, contribuisse infine, e pur se occasionalmente,<br />

ad un pericoloso disordine nelle regole e nei costumi di vita. Certo, traccia<br />

di questo timore e precise esigenza di tutela potevano leggersi nel Regolamento<br />

di polizia punitiva pel Granducato di Toscana del giugno 1853,<br />

strettamente collegato allo stesso Codice penale toscano emanato nello<br />

stesso anno, e legge vigente nei territori per un trentennio dopo l’unità.<br />

Appunto nel Capo V del Titolo II, dedicato alle trasgressioni in materia<br />

di divertimenti, la disposizione contravvenzionale dell’art. 73 puniva<br />

burattinai, ma anche cantastorie, ciarlatani, saltatori, giocolieri, mostratori<br />

di immagini, di animali rari, o d’altre cose notevoli, ove esercitassero la ‘‘rispettiva<br />

loro industria’’ senza la licenza del delegato di Governo in pubblico<br />

o in luogo aperto al pubblico, con una multa da cinque a trenta lire.<br />

Multa, cui si sarebbe poi sostituita la pena del carcere da tre a quindici<br />

giorni quando la ‘‘permissione’’ fosse stata negata. E questa, del resto,<br />

non era l’unica ipotesi di intervento punitivo per gli artisti girovaghi di<br />

strada. Regole di comportamento e divieti per gli attori di divertimento<br />

– varrebbe ricordare ad esempio, la punizione con una multa da cinque<br />

a venti lire, sostituibile con il carcere da due o otto giorni per chiunque<br />

‘‘fa per mestiere musica di canto o di suono’’ nelle strade o in altri luoghi<br />

pubblici o aperti al pubblico senza la licenza o quando la ‘‘permissione’’ sia<br />

rifiutata (art. 72, secondo comma) – segnalavano precisamente la preoccupazione<br />

e l’opportunità di reprimere penalmente quanto potesse compromettere<br />

il controllo dell’Autorità e turbare l’ordine sociale.<br />

Ora, perché la traccia di questo modulo di tutela, e di queste ipotesi<br />

sanzionatorie sia poi stata deformata nella legislazione di unità, potrebbe<br />

forse spiegarsi, almeno in parte, con le stesse indecisioni sulla presenza,<br />

o assenza invece, della materia contravvenzionale nel nuovo codice del<br />

1889; e con gli stessi interrogativi, naturalmente, sulla natura e l’indole dell’ipotesi<br />

contravvenzionale, non concordemente ascritta all’ambito penale.<br />

Tanto che, in ultima analisi , si discusse se non fosse conveniente trasferire<br />

la materia – questo del resto l’auspicio per le contravvenzioni meno gravi –<br />

alla competenza della polizia amministrativa( 76 ).<br />

Ma, trascurando la delicatezza e le difficoltà del tema, sembra in ogni<br />

caso ragionevole pensare ad una repressione penale in realtà piuttosto discontinua,<br />

non particolarmente vessatoria per i nostri burattinai. Di fatto, si<br />

eluse il rigore di imputazioni delittuose, non si tradusse, cioè, la veemenza e<br />

( 76 ) Incertezze e discordi opinioni traspaiono infatti nella stesura dei vari Progetti di<br />

Codice penale e negli stessi lavori delle commissioni parlamentari. Sulle varie posizioni della<br />

dottrina e sugli orientamenti giurisprudenziali in proposito, vd. A. Negri, op. cit., p.584 ss.

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