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VECCHIE PAGINE, RICORDI E PROSPETTIVE STORICHEI<br />

567<br />

appunto la modestia e l’innocente banalità della comunicazione scenica: semplice<br />

invito ad una fragorosa risata sull’ingiustizia, sulla povertà immeritata,<br />

sulla fatalità della sfortuna e la crudeltà della sorte. La stessa violenza delle<br />

bastonate ricevute, e restituite, nel galoppo finale di molte vicende era<br />

quanto lo spettatore desiderava, quanto si attendeva dal burattinaio e dallo<br />

spettacolo.<br />

Il burattino gendarme, il burattino giudice, pur ridicolizzati, non erano<br />

comunque che dei burattini, svincolati dalle malefatte e dal dileggio subito.<br />

Che il gendarme bastonasse Pulcinella, e il giudice condannasse o imprigionasse<br />

Pulcinella, pareva del tutto irrilevante: perché importava la comicità<br />

dello scontro fisico – botte da orbi –, la goffa disarmante arroganza e supremazia<br />

dell’Autorità, non il proposito di distruggerla, né di offenderne<br />

il prestigio.<br />

E la stessa umiliata povertà di Pulcinella, l’ingiustizia subita, il non<br />

sense di quell’ingiustizia, non travalicava davvero il tempo di una risata,<br />

non negava l’imperium dell’Autorità costituita: non poneva seriamente in<br />

discussione la tranquillità e l’ordine sociale.<br />

Innegabile però, il teatro dei burattini nell’ottocento è stato comunque<br />

teatro trasgressivo, certamente nei confronti del teatro ufficiale di persona,<br />

espressione – si è anche scritto – di una cultura delle classi subalterne( 73 ), e<br />

in fondo di una emarginazione: nell’insieme, però, teatro tutt’altro che protagonista<br />

di una reale fattiva funzione di dissenso sociale e politico.<br />

Insomma, se dissacrazione del potere costituito può essere a volte<br />

emersa nell’attività dei burattinai, parrebbe in ogni caso esclusa una strategia<br />

del dissenso; e neppure procedendo a ritroso nella loro operatività<br />

sembra possibile trarre conclusioni sostanzialmente diverse.<br />

Varrebbe così ricordare il teatro dei burattini di strada e dei burattini<br />

di palazzo, espressione sicuramente di una critica e di una satira politicosociale<br />

piuttosto insistente nella Roma pontificia. Appunto nei burattini<br />

di palazzo del gioielliere Teoli il personaggio centrale, tale Cassandrino,<br />

specie di maturo abatino lisciato impomatato incipriato, in testa il tricorno,<br />

calzoncini e abito rosso, calze bianche e scarpine con fibbie dorate, maldicente,<br />

adulatore, curiosamente dedito a un linguaggio assai grottesco, un<br />

misto di italiano romanesco con influenze francesi, incredibilmente simile<br />

a un monsignore, si permetteva non poche allusioni oltraggiose a un dato<br />

ambiente civile e politico( 74 ). Ma erano allusioni, esaurite in se stesse, e<br />

stemperate poi dall’ilarità che un simile damerino suscitava nel pubblico.<br />

Nello stesso teatro di burattini di piazza in cui i burattini di Ghetanaccio,<br />

Rugantino anzitutto, tra linguaggio dialettale scurrile, ribellione alle<br />

( 73 ) A proposito della natura subalterna, popolare che il teatro di burattini avrebbe<br />

espresso, vd. i rilievi di L. Allegri, op. ult. cit., p. 55 ss.<br />

( 74 ) Su Cassandrino, C. Magnin, Histoire des marionnettes, cit., p. 37 ss.

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