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VECCHIE PAGINE, RICORDI E PROSPETTIVE STORICHEI
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caso soggetti a specifica disciplina amministrativa – nell’ottocento svolgevano
comunque un mestiere per lo più ambulante. Talvolta sostenuto da
occasionali svariate forme di occupazione, il loro lavoro si avvaleva di
una organizzazione dello spettacolo e di mezzi scenici piuttosto rudimentali.
Un tabernacolo, uno sgabbiotto montato all’improvviso, smontabile
celermente, un canovaccio di solito non scritto e rivisitato quasi sempre
dall’estro del burattinaio, la gestualità di un grottesco fantoccio guidato
da una mano o da poche rigide bacchette erano tutto il teatro.
Un teatro povero dunque, non di verità, commedia fantastica piuttosto,
pantomima, farsa. Un teatro, in breve, essenzialmente comico, destinato
a suscitare nel pubblico una immediata risata, senza turbare gli animi.
Un teatro, ancora, attivo in occasione e in un clima disteso di fiere, mercati,
feste paesane( 61 ). Ma un teatro soprattutto recitato in condizione di precarietà
scenica: quattro assi, se necessario smontabili appunto all’istante,
agevolmente trasferibile, non sempre di facile controllo quindi per l’autorità
di polizia, incerta talvolta nella stessa identificazione dei suoi attori: i
burattinai. Indicati non di rado, assieme ai ciarlatani, e in generale gli artisti
di strada, quali vagabondi, pericolosi fomentatori di disordine sociale;
espressione di una irrisione e di un dissenso – questa l’idea e la pratica
del sospetto – verso il potere( 62 ).
Fu certo semplicistico, forse arbitrario, crederlo, e – varrebbe annotarlo
subito perché sarà il filo conduttore della riflessione – persino irrealistico.
Molto banalmente: se in effetti era – ed è – molto improbabile vedere
un burattino e non ridere, dimenticarne la comicità( 63 ), improbabile parrebbe
anche negare la disarmante risata suscitata da ogni farsesca parados-
( 61 ) V’erano burattinai – scrive Yorick (F. Coccoluto - Ferrigni) – che giravano
continuamente per le fiere e pei mercati, portando sulle spalle il teatro e i personaggi dipinti
e vestiti sempre ad un modo, ‘‘ai quali davano un nome che il pubblico si avvezzava a ripetere,
e che finiva col prendere in simpatia’’ (La storia dei burattini, cit., p. 120 ss.). Ampiamente
in proposito, G. Magnin, Histoire des marionnettes en Europe, Forni, Bologna, 1985,
p. 81 ss. (Ristampa dell’edizione di Paris, 1862); L. Allegri, Per una storia del teatro come
spettacolo: il teatro dei burattini, inQuaderni di storia dell’arte diretti da A. Quintavalle,
1978, p. 64 ss.; B. Baird, Le marionette - Storia di uno spettacolo, Milano, 1967, spec., p. 74
ss. Per le preziose indicazioni, anche bibliografiche, utilizzate nella stesura di questo e del
successivo paragrafo ringrazio vivamente i marionettisti Accettella e l’equipe del loro teatro.
( 62 ) Questi maestri della piazza erano esposti, indifesi, a tutte le repressioni del potere,
anche oltre le pur esili difese giuridiche ad altri assicurate. Così R. Leydi, Ragioni di una
mostra, nel volume Burattini Marionette Pupi, Milano, 1980, Silvana Editoriale, p. 14.
( 63 ) S. Obraztsov, parla anzi di umorismo lirico dei burattini. La forza convincente di
tale umorismo lirico – scrive appunto l’autore – sorge dalla sapienza meravigliosa con cui i
burattini sanno conservarsi seri in ogni condizione e in ogni ambiente; serietà che proviene
dalla semplice immobilità del loro volto e dalla sua ‘‘concentrazione’’. (Il mestiere di burattinaio,
Bari, 1986, p. 95 ss.)