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554<br />

L’INDICE <strong>PENALE</strong>, 1/2011<br />

In definitiva, l’esercente un mestiere girovago si candidava facilmente<br />

a diventare un ammonito.<br />

Chiaro: molteplici esigenze, dissensi e oscillazioni interpretative sulla<br />

dizione, e valenza appunto, dell’elencazione espressa nella normativa di polizia,<br />

ma anzitutto mutamenti economici, segnano le alterne vicende e i limiti<br />

al libero esercizio delle attività girovaghe. La crisi dell’agricoltura –<br />

varrebbe ancora sottolinearlo –, l’espulsione dalla terra di una parte della<br />

popolazione contadina, lo sviluppo industriale, e la necessità, quindi, di reperire<br />

mano d’opera stabile, la preoccupazione inoltre di mantenere un<br />

controllo attento e rigoroso sull’inevitabile conseguente circolazione di idee<br />

ad opera di esercenti occupazioni lavorative mobili, sono fattori, tutti, in<br />

grado di svelare, tra l’altro, una comprensibile diffidenza, anche, nei confronti<br />

di mestieri eccentrici rispetto al nascente assetto della economia nazionale.<br />

L’attività girovaga, generalmente poco remunerativa, non di rado ai<br />

margini di una offerta e di una domanda estremamente contenute, non indenne<br />

– si confermerà – dal sospetto di essere attività prodromica al delinquere,<br />

vive così la sua vicenda e il suo destino. Che appare infine il destino<br />

di una emarginazione, di un fisiologico sommesso declino della sua originaria<br />

utilità.<br />

E tuttavia non andrebbe sottaciuto: fu prima ancora una emarginazione<br />

rivelatrice di una pressante ineludibile questione sociale, e di una preoccupata<br />

urgente gestione del problema.<br />

Proprio Zanardelli, tra gli altri, sottolineerà come norme liberali debbano<br />

dirigere e risolvere quel grande problema che ‘‘suole chiamarsi la questione<br />

sociale. Se da una parte sarebbe grave la colpa – scrive l’autore – il<br />

far nascere nelle moltitudini smisurate speranze che si volgerebbero in<br />

amare delusioni ove si lasciasse credere prossime conquiste quei beni che<br />

soltanto a lenti passi possono essere raggiunti, d’altro conto non sarebbero<br />

meno colpevoli i poteri pubblici ove non dirigessero le loro cure più assidue<br />

alle sorti delle classi povere agricole e manufatturiere( 52 )’’.<br />

Spesso espulse – varrebbe nuovamente ricordarlo – da ogni attività lavorative<br />

stabile. Vagabonde dunque, girovaghe nelle loro occupazioni, forzatamente<br />

girovaghe; e, ironia della sorte, ai margini di quel programma di<br />

leggi liberali che avrebbe dovuto, viceversa, garantirne l’esercizio senza<br />

ostative prevaricazioni: ricorrendo, insomma, alla ‘‘facoltà’’ repressiva solo<br />

quando ineluttabile, estranea anzi ad una politica di tutela della sicurezza<br />

( 52 ) L. Zanardelli, Discorso, cit., p. 389, norme liberali – raccomandava l’autore –<br />

devono dirigerci nello scioglimento di quel grande problema che suole chiamarsi la questione<br />

sociale. Problema al quale la dottrina penale di quegli anni dedicherà appunto una disimpegnata<br />

attenzione: attratta piuttosto dal dibattito sul ruolo, risolutore o meno dell’emergenza<br />

sociale, di una sanzione restrittiva quale la pena.

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