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VECCHIE PAGINE, RICORDI E PROSPETTIVE STORICHEI
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Ma il distacco era, almeno in teoria, segnato. Almeno in teoria; perché
sarebbe inopportuno dimenticare come già nella vigenza del Codice penale
sardo italiano spesso accadesse che delle due sanzioni ‘‘si facesse un’unica
cosa’’, e del provvedimento di ammonizione non si decidesse, tra l’altro,
indole e carattere. Pena o non pena appunto, atto di precauzione politica
e di prevenzione, atto di polizia amministrativa, o in altra versione sanzione
cui non si poteva insomma contestare se non il profilo giuridico l’essenza di
pena: perché, in fondo, male effettivo, misura comunque limitativa della
libertà individuale( 44 ).
Inflitta a cagione di un demerito sociale, concretizzata in una contrazione
– si è appena osservato – della libertà del cittadino, istituto in ogni
caso repressivo, per quanto preposto soprattutto a finalità preventive, la
sua anomalia infine avrebbe dovuto ipotizzare una anomalia tollerabile –
e tollerata – nel sistema sanzionatorio penale. Codice penale e leggi di Polizia
disegnavano, in breve, un unico contenitore, completandosi a vicenda.
Ma l’eredità di quella anomalia era davvero tollerabile; o l’anomalia
non risultava, piuttosto, fattore disgregante, ambiguo? E ambiguo fino al
punto di delineare una finalità repressivo-preventiva fondata anche sul sospetto,
disomogenea al diritto penale della codificazione unitaria di fine ottocento?
Innegabilmente, sul problema non poteva non riflettersi, e pesare, la
resistenza di un sistema sanzionatorio, e di una normazione penale, estremamente
diversificata, pur se in fase di assetto omogeneo, non incline, né
particolarmente sensibile, o decisamente avversa, ad una misura così atecnica,
indefinibile: sfornita sostanzialmente di rassicuranti garanzie applicative.
Riconducibile, in breve ad un istituto repressivo per concorde ammis-
considerarsi uno di quei provvidi congegni che devono contribuire ad evitare pei lievissimi
reati i perniciosi fomiti di corruzione morale, e concorrere per tal modo a rendere umana e
quasi direi popolare e paterna la giustizia punitiva né casi degni di indulgenza e di pietà,
quando cioè interessa che la giustizia penale sia più correttiva che coercitiva, più di prevenzione
che di repressione (Relazione a S.M. il Re per l’applicazione del testo definitivo del Codice
penale, udienza 30-6-1889, p. 27). Sulla sanzione della riprensione giudiziale quale modalità
sostitutiva di punizione nei reati minimi, insisterà del resto anche E. Pessina, Il nuovo
codice penale italiano, Milano, 2º ed., 1890, p. 71 ss. Sull’istituto con una ampia rassegna bibliografica
L. D’Antonio, Riprensione giudiziale, in Il Digesto italiano, vol. XX, Parte 2º,
Torino, 1913-1918, p. 869 ss., spec. p. 916. Una particolare riflessione sul tema, in B. Alimena,
La riprensione giudiziale e la sospensione della pena, inRiv. pen., 1888, vol. XXVII, p.
557.
( 44 ) La controversa ambigua natura del provvedimento di ammonizione sottolineata
dalla dottrina degli anni ‘80, apparterrà in seguito all’interrogativo, non risolto, sui ‘‘mezzi’’
liberali di un efficace azione preventiva, e sull’opportunità di una deflazione penalistica. Ripropone
questo tema, e ne segnala i nuovi termini, T. Padovani, L’utopia punitiva. Il problema
delle alternative alla detenzione nella sua dimensione storica, Milano, 1981, spec. p. 101
ss.