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54<br />

L’INDICE <strong>PENALE</strong>, 1/2011<br />

essere uguale alla somma di tre elementi: il reddito di partenza del soggetto,<br />

i benefici monetari o comunque monetizzabili ed i costi delle attività<br />

illegali (la monetizzazione si concretizza implicitamente se un individuo dovendo<br />

scegliere tra azioni che comportano benefici o perdite non monetarie<br />

agisce in coerenza con certi assiomi).<br />

In tale situazione alcuni individui si specializzeranno nelle attività legali,<br />

altri in quelle illegali, altri ancora opteranno per un misto fra le due<br />

categorie. Un marginale aumento delle probabilità o della severità delle<br />

sanzioni potrà influire sul misto ottimale delle due attività. In realtà anche<br />

un incremento di tali variabili sarà comunque insufficiente nell’ottenimento<br />

di un effetto di deterrenza sugli individui che si sono specializzati agli<br />

estremi opposti (attività illegali o attività legali). Mentre saranno condizionati<br />

dalle variazioni dei costi del reato i soggetti che si posizionano in una<br />

condizione intermedia, quelli che investono parte del loro tempo in attività<br />

legali e parte in attività illegali. Il tempo investito nell’una e nell’altra attività<br />

non può essere determinato.<br />

Secondo Block e Heineke, infatti, a meno che non si sia disposti a<br />

compiere notevoli presunzioni sulle preferenze individuali, non è possibile<br />

decidere se l’attività criminale crescerà o decrescerà come risultato di una<br />

variazione della probabilità di essere puniti, o di una variazione in termini<br />

di introiti; dovrebbero essere inclusi nella funzione dell’utilità dunque tutta<br />

una serie di fattori strettamente soggettivi, personali e pertanto difficilmente<br />

calcolabili.<br />

Block e Heineke( 44 ) hanno dimostrato che, essendo i costi e i benefici<br />

delle attività illegali maggiormente difficili da determinare, in quanto caratterizzati<br />

da una maggiore aleatorietà, non è possibile stabilire con certezza<br />

se un aumento di pena o di probabilità avranno lo sperato effetto deterrente.<br />

Fondamentalmente essi si chiedono se gli ‘‘equivalenti monetali’’<br />

dei ‘‘costi psichici’’ del lavoro (legale e illegale) e dei diversi attributi della<br />

pena esistano sempre e, in caso affermativo, che forma assumano. Essi si<br />

propongono di presentare un modello alternativo all’approccio di Becker<br />

e di dimostrare che molte delle asserzioni beckeriane sono ingannevoli e<br />

fuorvianti.<br />

6. Erling Eide e i costi morali del crimine.<br />

II paradigma razionale formulato da Becker e le successive generalizzazioni<br />

hanno lasciato poco spazio alle analisi del comportamento crimi-<br />

( 44 ) M. Block, J. Heineke, A Labor Theoretic Analysi of Criminal Choice, American<br />

Economic Review, 1975, n. 65, vol. 3 pp. 314-325.

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