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VECCHIE PAGINE, RICORDI E PROSPETTIVE STORICHEI<br />

541<br />

potuto annoverarsi indovini, interpreti di sogni, scopritori di tesori. Ovviamente<br />

si potrà obiettare che, a ben riflettere, occupazioni del genere fossero<br />

assimilabili per certi aspetti a comportamenti truffatori, dovendosi<br />

quindi ragionevolmente negare ogni autorizzazione al loro esercizio; ma,<br />

nel confermare una nozione lata, opportunamente tollerante verso attività<br />

espresse dalla forza di una tradizione, di una consuetudine di vita, la conclusione<br />

quanto mai realistica si riassunse tutta nella costatazione che di<br />

ciarlatani ve ne furono presso ogni nazione e sotto ogni impero della legge.<br />

Abitudini di vita, insomma, il costume sociale potevano sostanzialmente<br />

offrire un criterio interpretativo per il riconoscimento di un mestiere<br />

girovago; indurre eventualmente ad iscriverlo nelle tipologie normativamente<br />

disciplinate.<br />

Del resto, ed è costatazione non estranea al tema, cantanti e suonatori<br />

girovaghi si avvalsero per la loro connotazione quali esercenti professioni<br />

ambulanti di un’indicazione praticamente non definitoria, ma, piuttosto,<br />

selettiva: per esclusione – si stabilì – dalla categoria di cantanti e suonatori<br />

dotati di un corredo di abilità artistiche e che dimostrino la loro valenza nei<br />

teatri( 34 ). Per esclusione dunque, con una lettura in negativo: e a concretizzare<br />

allora il significato poteva ben soccorrere l’ulteriore costatazione<br />

che l’esercizio del canto e del suono girovagando sulle pubbliche vie, senza<br />

imposizione di fisso pagamento, giustificasse la sua qualifica di professione<br />

o mestiere ambulante: perché forma appunto abitudinaria di intrattenimento<br />

popolare.<br />

Certo, la flessibilità di una elencazione quale quella indicata nell’art. 72<br />

l.p.s. – naturalmente assunta sempre nella versione meramente espositiva –<br />

parrebbe senz’altro ascrivibile anche a difficoltà e incertezze interprative<br />

sullo stesso carattere e modi dell’attività: per esempio se fosse decisiva ai<br />

fini catalogativi l’abitualità, o viceversa sufficiente l’occasionalità dell’occupazione<br />

girovaga. E sul punto non va davvero sottovalutato un orientamento<br />

giurisprudenziale tutt’altro che concorde, né archiviata la costatazione<br />

che la scelta nel senso dell’occasionalità, valenza dunque dell’atto<br />

unico e isolato di esercizio, fosse decisamente giustificata dalla obiezione<br />

che se il mestiere ambulante doveva esercitarsi abitualmente, la disposizione<br />

ad hoc, l’obbligo cioè di iscrizione nell’apposito registro sarebbe stato<br />

facilmente eluso. Mentre – questa l’affermazione del supremo Collegio – la<br />

legge in materia ‘‘che è di salutare prevenzione e di necessaria tutela dell’ordine<br />

e della sicurezza pubblica non può senza contraddire se stessa, e senza<br />

vedere frustrato lo scopo a cui essa intenda’’ richiedere appunto l’abitualità(<br />

35 ).<br />

( 34 ) A. Gilardoni, op. cit., p. 61 ss.<br />

( 35 ) Si veda appunto Corte di Cassazione di Roma, 21-9-1901, in Il Foro italiano, 1902,<br />

Parte 2º, vol. XXVII, col. 39 ss. Stabilì il Supremo Collegio che a concretizzare la contrav-

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