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VECCHIE PAGINE, RICORDI E PROSPETTIVE STORICHEI
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facile, invece, l’identificazione del mestiere ambulante, non necessariamente
antisociale, e però ritenuto tale, con un fatto incriminabile: quando,
pur in assenza di una effettiva intenzionale minaccia per la tranquillità e sicurezza
dei cittadini si esaltasse proprio l’idea del sospetto. E la si esaltasse
oltrepassando limiti di credibilità. Così, davvero singolare, quasi eccentrica
può apparire l’affermazione che senz’altro appartenenti alle classi antisociali,
veri oziosi e mendicanti, decisamente affini a vagabondi dovessero apparire
non solo i facitori di malie, i divinatori della sorte, ma i venditori di
cerini, lustrascarpe e cenciaiuoli( 8 ).
Ma forse tutto questo apparteneva all’ordine delle cose. Perché sela
preoccupazione insistente si rivolgeva alla tutela dell’ordinata convivenza
dei consociati quale valore in fondo di unità nazionale( 9 ), la contrazione
delle garanzie per il libero esercizio di mestieri girovaghi non poteva non
risultare consequenziale e quasi logica.
Alla radice del sospetto, l’idea cioè di una possibile, o probabile, attività
delinquenziale insita nel lavoro ambulante, nella sua mobilità, si annidava,
in definitiva, la tentazione di recuperare o costruire, una ipotesi penale
per certi aspetti sussidiaria ad altre incriminazioni: concretizzabile appunto
nel vagabondaggio colpevole.
Palesemente: smentendo la remuneratività, o la sufficiente remuneratività,
anzi la stessa qualità lavorativa per taluni mestieri girovaghi; adottando,
poi, una versione rigorosamente restrittiva dell’elencazione prevista
nell’art. 72 l.p.s. del 1889( 10 ). In breve: negando così ogni disciplina, ogni
garanzia ad attività – va sottolineato – in qualche modo riconducibili a
quelle indicate e catalogate nella disposizione normativa di polizia.
Certo, una politica anche di repressione penale apparirà assolutamente
opportuna funzionale quando il sistema di produzione, il processo di industrializzazione
in generale, e la necessità quindi di mano d’opera stabile,
renderà disfunzionale, diseconomico per il sistema stesso non solo il vagabondaggio,
ma lo stesso mestiere girovago: frutto, sì, di una perdita e di
( 8 ) Naturalmente affiorerà spesso il dubbio che la qualifica di vagabondaggio per lo
stesso mestiere girovago sia spesso dipesa da considerazioni locali, o dall’arbitrio della Polizia
piuttosto che dalle vere reali condizioni di ‘‘temibilità dell’individuo’’. In questo senso appunto,
E. Florian - G. Cavaglieri, I vagabondi, cit., vol. II, p. 183 e p. 204 ss.
( 9 ) La ricerca di valori collettivi unificanti, capaci di superare la frammentazione politico-culturale
del paese non fu certo estranea alla scienza penale; anche se il cuore del problema,
la stessa critica alla fluidità del concetto ordine pubblico appartenne soprattutto alle
élites governative. Lo sottolineava, tra gli altri, B. Pellegrino, Ordine pubblico, cit., p.
1018. Traspariva del resto, e anzitutto, dal tenore della Relazione a S.M. il Re del Ministro
Guardasigilli (giugno 1889) per l’approvazione definitiva del Codice penale.
( 10 ) Sul valore tassativo o meramente espositivo dell’elencazione stabilita nel art. 72
l.p.s., e, parrebbe, nel senso della tassatività, C. Astengo - G. Sandri, La nuova legge sulla
pubblica sicurezza, Roma, 1889, p. 471 ss.