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L’INDICE <strong>PENALE</strong>, 1/2011<br />

determinata fissa e coperta ma sulle pubbliche vie, consistessero nello<br />

smercio di oggetti d’uso, nella manifestazione di abilità personali, o nella<br />

fabbricazione facile e immediata di piccoli manufatti per la vendita( 1 ).<br />

Una versione dunque semplice e descrittiva. In realtà, meno semplice<br />

dovette subito apparire il confronto, la netta distinzione, tra una situazione<br />

quale quella appena descritta e altra ipotesi, per certi aspetti, similare: il vagabondaggio.<br />

Senza dubbio, l’occupazione ambulante, fisiologica reazione<br />

talvolta alla stessa espulsione da una organizzazione del lavoro a sede stabile,<br />

invenzione semplificata, spesso, di attività lavorative, eccentriche oltretutto<br />

rispetto alle esigenze del mercato, induceva, per rivelarsi sufficientemente<br />

remunerativa, alla continua mobile ricerca di mercati; e quindi –<br />

logico fu costatarlo – ad un vagare insistente, pur se funzionale allo<br />

scopo( 2 ).<br />

Elencate – ma sembra non tassativamente – nella legge di polizia del<br />

1889 all’art. 72, sottoposte ad un sistema particolare di autorizzazioni e<br />

di controlli amministrativi, le professioni girovaghe, è vero, adombrarono<br />

fin dagli inizi una sostanziale affinità con il fenomeno del vagabondaggio.<br />

In effetti, la recisione dagli antichi mestieri, la crisi economica sospingevano<br />

di frequente verso lavori privi di stabilità logistica, sconosciuti non<br />

di rado a qualsiasi consueta tipologia e disciplina normativa, non sempre<br />

remunerativi, né competitivi – ovvio – per l’inevitabile semplificazione rispetto<br />

alle ‘‘tecnologie’’ dell’industrializzazione: tutto sommato votati fatalmente<br />

al sospetto di un vero e proprio vagabondaggio. Anzi, destinati altrettanto<br />

fatalmente alla facile attribuzione di una serie di addebiti – mendicità,<br />

molestie, furti, truffe – penalmente rilevanti.<br />

Così, facitori di malie, divinatori della sorte, saltimbanchi, burattinai,<br />

artisti di strada insomma, per le loro abitudini, per il carattere stesso dell’attività,<br />

pur disciplinata, anche, dalla legge di polizia, ma avulsa in fondo<br />

da modelli lavorativi acquisiti come tali nella società, finivano per soggiacere,<br />

quasi fisiologicamente, ad una etichettatura di vagabondi; e di vagabondi<br />

colpevoli spesso, destinati poi ad essere ascritti alle classi pericolose<br />

per la società( 3 ).<br />

( 1 ) Cfr., A. Gilardoni, Mestieri girovaghi, in Il Digesto italiano, vol. XV, Parte 2a,<br />

Torino, 1904-1911, p. 45 ss.<br />

( 2 ) In proposito, e sui molteplici aspetti del vagabondaggio, E. Florian - G.<br />

Cavaglieri, I vagabondi , vol. II, Torino, 1897, p. 309 ss. Si veda, anche G. Belloni, Vagabondaggio<br />

e vagabondi, inNuovo digesto italiano, vol. XII, Parte 2a, Torino, 1940, p.830<br />

ss. Per una sintetica puntualizzazione del tema, G. Marini, Vagabondaggio, inNovissimo<br />

Digesto italiano, vol. XX, P. 2º, Torino, 1957, p. 409 ss.<br />

( 3 ) Così, tra gli altri, Campesi, Società disciplinare e ‘’classi pericolose’’ nell’<strong>Italia</strong> del<br />

XIX secolo, in w.w.w.altrodiritto,unifi.it/devianza/Campesi/cap. 3, htm, p. 19 ss. Datata<br />

ma chiarissima, l’ammissione anche di E. Florian - G. Cavaglieri, I vagabondi cit, vol.<br />

I, p. 311 ss.

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