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502<br />

L’INDICE <strong>PENALE</strong>, 1/2011<br />

E si pensi ancora all’istituzione, prima con il Detainees Treatment Act<br />

e, da ultimo, con il Military Commissions Act del 2006, di apposite giurisdizioni<br />

militari di nomina presidenziale, cui devolvere la cognizione in ordine<br />

ai provvedimenti che dispongono la detenzione – in zone sottratte alla<br />

giurisdizione Usa – di ‘‘enemy aliens’’ sospettati di terrorismo, con modalità<br />

incompatibili sia con il diritto penale (es. uso processuale di closed materials(<br />

14 ) e di torture evidences), sia con la legge marziale, sia con il diritto<br />

( 14 ) Ne deriva una significativa marginalizzazione della funzione giurisdizionale – limitata<br />

finanche nella conoscenza di fonti di prova spesso secretate per ragioni di sicurezza –<br />

sempre di più percepita come interferenza indebita nell’operato dell’esecutivo. Si pensi ad<br />

esempio alle procedure di riesame della qualificazione come ,nemico combattente’ e della<br />

conseguente detenzione amministrativa a tempo indeterminato del soggetto così classificato,<br />

istituite negli Stati Uniti ai sensi del Detainee Treatment Act of 2005 e del Military Commissions<br />

Act o 2006, ove né al ricorrente né al suo difensore è concesso di prendere visione degli<br />

elementi di prova addotti dal Governo a sostegno della qualificazione e della legittimità della<br />

detenzione, qualora essi siano secretati e la relativa disclosure possa pregiudicare la sicurezza<br />

nazionale. Ove si consideri come la maggior parte, se non la totalità dei ricorsi di questo tipo<br />

si fondano su elementi di prova secretati, si comprende come l’esercizio del diritto alla difesa,<br />

proprio in materia de libertate, sia sostanzialmente precluso; ragione che ha indotto la<br />

Corte Suprema a ritenere questo tipo di ricorsi ‘unfair’ e come tali inidonei, secondo gli standards<br />

della due process clause, a costituire un valido sostituto dell’habeas corpus proceedings,<br />

costituzionalmente sancito proprio a tutela della libertà rispetto a detenzioni arbitrarie (cfr.,<br />

ad es. U.S. Supreme Court, in re Boumediene et al. V. Bush, 12 giugno 2008). Del resto, pur<br />

senza giumngere a questi estremi, quasi tutti gli ordinamenti europei e non, hanno previsto<br />

delle procedure particolari per l’acquisizione in giudizio delle prove secretate per ragioni di<br />

sicurezza nazionale, proprio in relazione ai processi in materia di terrorismo internazionale,<br />

dopo l’11 settembre 2001, a dimostrazione di come questo tema comporti la commistione di<br />

istituti e logiche del diritto e del processo penale con politiche di sicurezza e attività o fonti di<br />

intelligence. La questione è stata discussa nel nostro ordinamento, recentemnete, nell’ambito<br />

dei lavori preparatori della l. 124/2007 di riforma della disicplina del segreto di Stato e del<br />

sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica, proprio a seguito delle indagini<br />

della Procura di Milano sul sequestro e sulla extraordinay rendition di Abu Omar. La soluzione<br />

alla fine prevista dall’art. 41 della legge sembra lasciare spazio proprio alla possibilità –<br />

sin qui esclusa dalla legge (art. 51 c.p. in tema di esercizio del diritto di difesa) e, senza alcuna<br />

pronuncia difforme, anche dalla giurisprudenza (Cass. Sez. Penale, Sez. VI, 10.3.87 in CED n.<br />

175919, sia pure riferita alla normativa del Cpp abrogato e, soprattutto, Cass. Sez. Penale,<br />

Sez. 1, 24.1.89 in Cass. Penale 1990, n. 1505) – che il segreto possa essere opposto, oltre<br />

che dai testimoni (come previsto dall’art. 202 cpp) anche da indagati ed imputati, con conseguenti<br />

limiti all’esercizio del diritto di difesa, con ulteriori ed evidenti limiti al principio di<br />

obbligatorietà dell’azione penale ed, infine, con conseguente configurabilità dello status di<br />

appartenente ai Servizi quale vera e propria causa, in sé, di non punibilità. Eppure, tale conclusione<br />

è stata sin qui esclusa anche dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale: sentenze<br />

n. 110 del 9.4.1998 e n. 410 del 10.12.98, ove si afferma che la attuale disciplina del segreto<br />

di Stato e, dunque, la sua eventuale opposizione ‘‘non delinea alcuna ipotesi di immunità<br />

sostanziale collegata alla attività dei Servizi informativi...e non ha l’effetto di impedire<br />

che il pubblico ministero indaghi sui fatti di reato cui si riferisce la notizia criminis in suo<br />

possesso ed eserciti se del caso l’azione penale (sulla base di elementi di conoscenza e di prova<br />

altrimenti acquisiti) ma ha l’effetto di inibire all’autorità giudiziaria di acquisire e conseguentemente<br />

di utilizzare gli elementi di conoscenza e di prova coperti dal segreto’’. È pur

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