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L’INDICE PENALE, 1/2011
relativi risvolti probatori vengono posti in correlazione soprattutto con
il contraddittorio probatorio, metodo che, in forza delle ben note
‘‘virtù’’ epistemiche, bene si presta ad evitare i rischi di una supina recezione
giudiziale dei risultati della prova scientifica nel processo penale(
111 ). Quasi a significare che nella dimensione oggettiva del contraddittorioipericolidi‘‘abuso’’,intrisi
in questa tipologia di accertamento,
appaiano meglio superabili; del resto è innegabile che l’esito conoscitivo
sottoposto al vaglio bilaterale e contrapposto, tipico della dialettica
processuale, subisca meccanismi di falsificazione dei quali il giudice
dovrà infatti indubbiamente tenere conto in sede decisoria e motivazionale.
Un tratto comune ai sistemi italiano e tedesco è invece rappresentato
dall’esigenza di contemperare queste tecniche di accertamento innovative
con il principio del nemo tenetur se detegere, soprattutto laddove si guardi
alla descritta imposizione di prelievi coattivi o di accertamenti medici forzosi.
In quest’ambito, il soggetto ‘‘indagato’’, pur non potendo essere obbligato
a rilasciare dichiarazioni sulla propria responsabilità, soggiace
spesso all’effettuazione di prelievo preordinato all’analisi del DNA( 112 ), finendo
per essere conseguentemente costretto ad una sorta di ‘‘confessione
cellulare estorta’’( 113 ).
Così ragionando il pregiudizio del nemo teneutur se detegere, in base al
quale l’accusato non può essere obbligato a fornire attivamente informazioni,
appare prima facie acclarato ogniqualvolta si imponga al soggetto
di acconsentire all’effettuazione del prelievo cellulare. Tuttavia è la stessa
posizione di accusato (indiziato) a fungere da giustificazione idonea a legittimare
la compressione dei diritti di libertà, in quanto gli indizi di colpevo-
( 111 ) P. Tonini, Accertamento del fatto e informazioni genetiche: un difficile bilanciamento,
inP.Tonini, P.Felicioni, A.Scarcella, Banca dati nazionale del DNA e prelievo
biologico, cit., 3 ss.
( 112 ) Sul tema v. G. Ubertis, Attività investigativa e prelievo di campioni biologici, in
Cass. pen., 2008, 9 ss.; F. Zacché, Gli effetti della giurisprudenza europea in tema di privilegio
contro le autoincriminazioni e diritto al silenzio, inA.Balsamo, R.E. Kostoris (a cura
di), Giurisprudenza europea e processo penale italiano, Torino, 2008, 191. In argomento, P.
Moscarini, Il silenzio dell’imputato sul fatto proprio secondo la Corte di Strasburgo e nell’esperienza
italiana, inCass.pen., 2006, 611 ss.
( 113 ) Cfr. Cass., sez. I, 20 settembre 2002, Peddio, in Cass.pen., 2004, 4168, che ha ritenuto
costituire un riscontro alla chiamata di correo il rifiuto di sottoporsi al test del DNA.
Osservazioni critiche sul punto si rinvengono in M. Bordieri, Sul valore probatorio del rifiuto
ingiustificato dell’imputato di sottoporsi al prelievo di DNA, ivi, 4169. Cass., sez. I, 14
febbraio 2002, Jolibert in Arch.nuova proc.pen., 2002, 573, aveva già chiarito che non poteva
considerarsi fatto imprevedibile di natura oggettiva il rifiuto dell’imputato a sottoporsi a prelievo
ematico, dal momento che tale condotta rientra tra i diritti della persona costituzionalmente
protetti. Sulla questione si veda C. Cesari, «Prova del DNA» e contraddittorio mancato,
inGiur.it., 2003, 534 ss.