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L’INDICE <strong>PENALE</strong>, 1/2011<br />

che, come espresso da Wolkmer, fanno sì che ‘‘Descrivere lo scenario contemporaneo<br />

della cultura giuridica in America Latina significa avere coscienza<br />

della costruzione di una cultura politico-legale costituita a partire<br />

della logica della colonizzazione, dello sfruttamento e della esclusione dei<br />

molteplici segmenti sociali. Si tratta della storicità segnata dalla imposizione<br />

di privilegi, dalla mancanza di giustizia, dall’emarginazione e dalla negazione<br />

dei diritti delle sociabilità [in originale: sociabilidades], come i movimenti<br />

indigeni, neri, contadini e popolari’’( 98 ). Porremo in rilievo,<br />

dunque, solo alcune delle peculiarità del diritto penale colombiano, per<br />

poi incentrarci sulla ‘‘recezione’’ del concetto di bene giuridico.<br />

4.1. Cenni di un frammento del diritto penale in Colombia.<br />

Le prime leggi penali della Colombia furono fino al 1837 quelle spagnole,<br />

sebbene fossero state attivate alcune riforme, come l’abolizione<br />

se incostituzionale) delle carceri colombiane; cioè, la strutturale e permanente lesione dei diritti<br />

fondamentali al loro interno.<br />

( 98 ) Wolkmer Antonio Carlos, Una visión crítica de la cultura jurídica en América Latina,<br />

cit., p. 10. Inoltre, ci sia permesso indicare un paio di dati attuali che evidenziano alcune<br />

particolarità della realtà latinoamericana: secondo il Programa Mundial de Alimentos delle<br />

Nazioni Unite (www.wfp.org – 2009), in America Latina la denutrizione raggiunge 52 milioni<br />

di persone circa su 550 milioni di abitanti. In Colombia (dati del 2005 presi da: www.colombianutrinet.org<br />

– pagina consultata ad aprile 2010), il 40.8% delle famiglie vive in una<br />

situazione di insicurezza alimentare: si tratta di una insicurezza lieve nel 26.1% dei casi, moderata<br />

nell’11.2%, e grave nel 3.6%. Secondo l’ultima relazione ‘‘Panorama social de América<br />

Latina 2002-2003’’ (CEPAL – www.eclac.org), la percentuale di persone che nel 2002 vivevano<br />

in situazione di povertà era il 43% circa. Si parla cioè di 224 milioni di persone. Il numero<br />

di persone in stato di indigenza è arrivato alla cifra di 95 milioni. In questa stessa relazione<br />

si afferma: ‘‘Un tratto particolare dell’America Latina è l’elevata eterogeneità della<br />

povertà tra i Paesi. I livelli minori di povertà si registrano in Argentina (dati solo dell’area<br />

urbana), Cile, Uruguay e Costa Rica, con cifre di povertà inferiori al 22% e cifre di indigenza<br />

tra il 3% e il 7%. D’altro canto, il gruppo di povertà medio-bassa è costituito dal Brasile, il<br />

Panama e la Repubblica Bolivariana del Venezuela, nei quali la cifra di povertà si mantiene<br />

sotto il 30%. Il gruppo di Paesi con livelli di povertà medio-alta, invece, include la Colombia,<br />

l’Ecuador (dati dell’area urbana), il Messico, il Salvador, il Perù e la Repubblica Dominicana,<br />

con cifre di povertà tra il 35% e il 48%. I Paesi con le cifre più alte di povertà e<br />

indigenza, che superano il 50% e il 30% rispettivamente, sono la Bolivia, il Guatemala,<br />

L’Honduras, il Nicaragua e il Paraguay’’ (p. 7). Riguardo alla disuguaglianza, viene indicato:<br />

‘‘...il 10% più ricco delle famiglie concentra in media il 34% degli ingressi totali. La partecipazione<br />

di questo gruppo evidenzia la maggiore eterogeneità tra i Paesi della regione, giacché<br />

i valori più alti si avvicinano od oltrepassano il 40%, come nel Brasile e la Colombia, e i<br />

valori più bassi non oltrepassano il 27%, nella Repubblica Bolivariana del Venezuela e l’Uruguay’’<br />

(p. 13). Ugualmente, dopo aver indicato molti dati, si fa la seguente asserzione: ‘‘Si<br />

noti che i risultati favorevoli dell’ultimo sessennio non cambiano il fatto che la disuguaglianza<br />

in America Latina continua ad essere una delle più alte del mondo’’ (p. 15).

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