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DIRITTO PENALE STRANIERO, COMPARATO, COMUNITARIO
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La previsione della responsabilità da comando rende, allora, non necessari
in termini di politica criminale eventuali tentativi di voler ulteriormente
responsabilizzare i superiori per i crimini dei subordinati al di là
dei limiti del concorso di persone, attraverso la surrettizia applicazione
di forme di responsabilità di posizione (e, quindi, di presunzioni), consentite
da un uso spregiudicato dell’istituto della joint criminal enterprise( 564 ),
né rende necessaria un’applicazione troppo disinvolta o soggettivizzante
delle categorie della coautoria o dell’autoria mediata. Naturalmente l’istituto
della responsabilità da comando, come esaminato in altra sede, può
assumere questo valore fondamentale nel garantire la responsabilizzazione
dei vertici di apparati di potere, inermi dinanzi ad immani tragedie, solo se
viene correttamente interpretato, in particolare nella forma dell’omesso impedimento
dei crimini dei subordinati come fatto proprio omissivo, da cui
deriva in qualità di evento il crimine del subordinato; se, invece, si interpreta,
come avviene nella sentenza Orić e Halilović del TPY( 565 ), come
mera violazione dei doveri anche nell’ipotesi in questione, non potrà svolgere
questo ruolo, lasciando insoddisfatte le esigenze di corretta criminalizzazione
di coloro che stanno a capo della politica statale o dell’organizzazione,
ma di cui non si riesca a dimostrare correttamente il ruolo di coautori
o di autori mediati.
( 564 ) Cfr. A. Marston Danner - J.S. Martinez, op. cit., p. 150.
( 565 ) Si veda supra nota 523.
Anna Maria Maugeri