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378<br />

L’INDICE <strong>PENALE</strong>, 1/2011<br />

la Pace e la Sicurezza dell’Umanità del 1996, o meglio un effettivo carattere<br />

condizionante di tale contributo.<br />

La partecipazione nella comune impresa criminosa, poi, come esaminato,<br />

sfuma nell’assoluta indeterminatezza con quella formula vaga utilizzata<br />

(«o in qualunque altro modo contribuisce»). Tutti i dubbi già espressi<br />

su tale modello di responsabilità penale rimangono validi; anche se l’interpretazione<br />

offerta dalla Corte penale internazionale a partire dal caso Lubanga<br />

sembra attribuire a tale ipotesi un carattere residuale.<br />

Emerge pienamente la contraddizione insita nella disciplina del concorso<br />

di persone, come evidenziato dalla dottrina, in quanto da una parte<br />

il divieto di responsabilità per fatto altrui viene affermato nelle regole deputate<br />

al concorso di persone, dall’altra parte tali «regole .. però sono<br />

esposte (come del resto in ogni altro sistema penale) a un rischio altissimo<br />

di violazione occulta del divieto»( 555 ); si rischia «l’indeterminatezza (o meglio<br />

l’indifferenza)» «probatoria dell’opzione causale circa le concrete<br />

forme del manifestarsi della condotta criminosa concorsuale come fenomeno<br />

della realtà»( 556 ).<br />

L’elaborazione dell’istituto della joint criminal enterprise e gli sforzi di<br />

adottare la teoria dell’autoria fondata sul controllo del crimine da parte dei<br />

tribunali internazionali è espressione del più generale problema di individuare<br />

adeguati strumenti normativi per garantire la responsabilizzazione<br />

dei capi delle organizzazioni criminali per i crimini eseguiti nell’ambito dell’organizzazione,<br />

a causa «della difficoltà di applicare all’interno di organizzazioni<br />

complesse e gerarchicamente ordinate le categorie tradizionali del<br />

concorso di persone, che impongono di ricostruire le catene causali e soggettive<br />

fino ai vertici dell’organizzazione»( 557 ). La dottrina, infatti, mette in<br />

evidenza i limiti delle tradizionali categorie dogmatiche, ancorate a principi<br />

elaborati su un modello bipolare di reato in cui autore e vittima sono individui<br />

isolati, e della tradizionale politica criminale, rispetto alla sfida rappresentata<br />

dal contrasto ad attività illecite che si sviluppano in contesti<br />

di gruppo, e, addirittura, si ritiene che in tale contesto occorre adeguare<br />

le tradizionali garanzie del diritto penale alle caratteristiche strutturali della<br />

criminalità dei gruppi( 558 ). Problematiche particolarmente accentuate,<br />

( 555 ) A. Sereni, Responsabilità personale, cit., p. 809. Cfr. The Law Commission (Law<br />

Com No 305) Participating in Crime, May 2007, cit., (1.12) 4 che cita A.J. Ashworth, Principles<br />

of Criminal Law, Oxford, 2003, p. 441.<br />

( 556 ) L’espressione si ritrova nella sentenza Cass., sez. un., 30 ottobre 2003, Proc. gen.<br />

App. Perugia in c. Calò e altri, inForo it., 2004, p. 161.<br />

( 557 ) V. Militello, Partecipazione all’organizzazione criminale e standards internazionali<br />

d’incriminazione. La proposta del Progetto comune europeo di contrasto alla criminalità<br />

organizzata, inRiv. it. dir. proc. pen., 2003, p. 208.<br />

( 558 ) Ibidem, p. 220. cfr. V. Militello, Dogmatica penale e politica criminale in prospettiva<br />

europea, inRiv. it. dir. proc. pen., 2001, pp. 416-432.

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