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L’INDICE <strong>PENALE</strong>, 1/2011<br />

(anche se non vuole criminalizzare l’organizzazione in sé), e, soprattutto, lo<br />

stesso art. 30, con la sua clausola di riserva, legittima altre forme di imputazione<br />

soggettiva( 547 ).<br />

Anche rispetto alla seconda forma di elemento soggettivo (art. 25, 2<br />

(d) (ii)), si deve accertare il carattere «intentional» del contributo alla realizzazione<br />

del crimine, nel senso che il soggetto, pur non condividendo il<br />

proposito comune, deve volere il crimine cui fornisce un contributo; non<br />

dovrebbe bastare la consapevolezza dell’intenzione del gruppo di commettere<br />

un crimine, in mancanza della volontà di contribuire alla realizzazione<br />

dello specifico crimine. Solo in tali termini potrebbe profilarsi un’ipotesi di<br />

dolo diretto, nel senso che il soggetto, pur non condividendo lo scopo criminale<br />

del gruppo, agisce con la certezza o la consapevolezza dell’alta probabilità<br />

che un certo crimine si realizzerà (in quanto conosce l’«intention»<br />

del gruppo) e fornisce volontariamente (intentional) un contributo alla sua<br />

consumazione da parte del gruppo. La consapevolezza dell’intenzione del<br />

gruppo, non dovrebbe essere sufficiente, invece, a garantire la punizione di<br />

contributi realizzati senza il dolo del crimine realizzato, senza la volontà di<br />

fornire un apporto al crimine( 548 ); altrimenti si profila il rischio di punire<br />

delle mere condotte neutrali realizzate all’interno di un sistema, magari originariamente<br />

lecito (un campo di prigionia, un ospedale, un’impresa), condotte<br />

realizzate da parte di chi non persegue la finalità di contribuire alla<br />

realizzazione dello scopo comune o all’attività del gruppo, in presenza<br />

del mero elemento rappresentativo del dolo (la consapevolezza dell’intenzione<br />

del gruppo), ma in mancanza dell’elemento volitivo. Attraverso la valorizzazione<br />

dell’elemento rappresentativo del dolo, si finirebbe per oggettivizzare<br />

o presumere il dolo, come avviene nella prassi dei tribunali ad hoc:<br />

laddove la prassi criminale del sistema è consolidata, si finirà per presumere<br />

in capo a tutti coloro, che a qualunque titolo collaborano nell’istituzione,<br />

la consapevolezza dell’intenzione criminale del gruppo e lo stesso<br />

dolo del crimine, superando la difficoltà di provare l’elemento soggettivo<br />

in capo ad ogni membro e la necessità di accertare qualunque legame tra<br />

la condotta dell’imputato e il crimine (che non sia il sistema, – l’organizzazione,<br />

l’istituzione, – in cui l’imputato lavora e il crimine è consumato).<br />

Alla luce dell’interpretazione esaminata del concetto di intent e knowledge<br />

nell’art. 30 del StCPI, emergono, inoltre, dei dubbi sulla possibilità di<br />

estendere la responsabilità anche alle forme di dolo eventuale, e cioè alle<br />

ipotesi di mera rappresentazione della probabilità di verificazione di cri-<br />

( 547 ) E, allora, intentional potrebbe essere interpretato semplicemente come contributo<br />

volontario per escludere l’ammissibilità di contributi colposi.<br />

( 548 ) Cfr. E. van Sliedregt, The criminal responsibility of individuals, cit., p. 108,<br />

sembra richiedere il dolo diretto; l’autore, però, considera separatamente l’ipotesi dei «campi<br />

di concentramento» come ipotesi rientrante nella disposizione in esame (ii).

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