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DIRITTO <strong>PENALE</strong> STRANIERO, COMPARATO, COMUNITARIO<br />

373<br />

pretazione fornita dalla giurisprudenza del TPY circa la I e la II forma di<br />

JCE. Tale interpretazione sarebbe giustificata dalla volontà del legislatore<br />

internazionale di estendere la responsabilità criminale al di là dei limiti<br />

della stessa complicità (superando i dubbi della dottrina sulla superfluità<br />

di tale specifica ipotesi di concorso), esprimendo la precisa volontà di<br />

non lasciare spazi di impunità per alcuna forma di contiguità alla realizzazione<br />

dei gravi crimini in questione. In questo caso, rispetto allo specifico<br />

crimine, mancherebbe anche il dolo eventuale, che presuppone la consapevolezza<br />

della probabilità o possibilità che un determinato reato si realizzi,<br />

oltre alla sua accettazione. Il dolo specifico, la finalità di contribuire all’attività<br />

criminale o allo scopo criminale del gruppo, comporterebbe una<br />

sorta di dolus generalis rispetto a tutti i reati realizzati dal gruppo; tale dolo<br />

specifico consentirebbe, inoltre, di considerare penalmente rilevanti rispetto<br />

allo specifico crimine dei contributi all’attività del gruppo, in linea<br />

con quella prassi del TPY di soggettivizzare le forme di coautorìa nell’ambito<br />

della JCE.<br />

L’interpretazione in esame, però, dovrebbe essere rigettata perché<br />

comporta un’indebita estensione della responsabilità a tutti i partecipi dell’impresa<br />

criminosa in mancanza della specifica rappresentazione e volontà<br />

di ciascun crimine, in violazione del principio di colpevolezza. Si potrebbe<br />

tentare un’interpretazione sistematica della disciplina dello StCPI al fine di<br />

superare una simile interpretazione, sottolineando che l’elemento soggettivo,<br />

quale criterio di imputazione soggettiva è stabilito dall’art. 30 StCPI<br />

sia per gli autori sia per i concorrenti al reato, e quindi si deve in ogni caso<br />

richiedere l’intention elaknowledge del crimine realizzato, e in più il dolo<br />

specifico di favorire l’attività o gli scopi del gruppo organizzato; si tratterebbe<br />

di uno «special intent» che presuppone il dolo rispetto allo specifico<br />

crimine e giustifica la punibilità di contributi oggettivamente meno significativi.<br />

D’altronde la norma richiede che il contributo sia «intentional»<br />

dopo aver descritto la forma di concorso in esame come «contributo, in<br />

qualunque altro modo, alla consumazione o al tentativo di consumazione<br />

di un.. crimine»: la norma potrebbe essere interpretata nel senso che pretende<br />

l’intention, la volontà, il dolo rispetto a tale «contributo ...alla consumazione..di<br />

un crimine», che rappresenterebbe l’oggetto del dolo. Si<br />

tratta di un tentativo di interpretazione maggiormente in linea con il principio<br />

di colpevolezza, che tenta di porre un freno ai rischi di iperpenalizzazione<br />

dell’istituto in esame, anche se, forse, l’intento del legislatore internazionale<br />

è proprio quello di disporre di uno strumento duttile che consente<br />

di colpire qualunque contributo all’attività del gruppo organizzato<br />

342 ss.; in questa direzione anche l’interpretazione sopra esaminata di A. di Martino, Täterschaft<br />

und Teilnahme, cit., p. 443 ss. Cfr. R.S. Clark, Drafting a General Part to a Penal<br />

Code, cit., p. 548.

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