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36<br />

L’INDICE <strong>PENALE</strong>, 1/2011<br />

entra in rotta di collisione con i principi di quello esistente: questa risulta<br />

essere una differenza di ‘‘strutturazione’’ che potrebbe spiegare la divaricazione<br />

registrata a livello di recezione dell’EAL( 14 ).<br />

Ma v’è ancora un’altra interpretazione; probabilmente quella più diffusa<br />

ed accreditata: è possibile, cioè, che la diffidenza europea verso l’EAL<br />

abbia natura ideologica; che, in altri termini, il binomio algebra/pandette<br />

appaia sostanzialmente incompatibile e quanto meno pericoloso rispetto<br />

alle tradizionali scelte di valori. Tale ultima interpretazione si contrappone<br />

alla ‘‘scuola di Chicago( 15 )’’ la quale, al contrario non fa mistero della convinzione<br />

che il diritto possa essere ‘‘domato’’, o meglio, compreso traducendo<br />

vaghe formule verbali, quali giustizia, ragionevolezza o negligenza<br />

in termini prettamente economici, e neppure nasconde la sua inclinazione<br />

a liberarsi di quelle che considera poco più che pesanti bardature concettuali,<br />

per ricominciare da zero, ossia dall’efficienza allocativa( 16 ).<br />

La tesi ‘‘ideologica’’ percepisce una forte avversione persino nei confronti<br />

di versioni più caute, preoccupate di metter in luce l’esistenza di valutazioni<br />

economiche nel tessuto del diritto, senza però saltare alla conclusione<br />

che a queste ultime vada riconosciuto un rango preminente, nell’orientare<br />

le scelte rispetto agli altri valori coinvolti. Infatti, anche nei confronti<br />

di impostazioni che riguardano l’efficienza come uno soltanto dei parametri<br />

cui ispirarsi, traspare una sorta di reticenza verso la tendenza a tradurre<br />

in termini monetari ciò che appare, invece, inscindibilmente intrecciato<br />

con valori che non possono trovare posto nel mercato.<br />

Tale ricognizione mira a dimostrare che il processo di common law produce<br />

regole efficienti. Il giudice altro non fa che ragionare da homo oeconomicus,<br />

rivelando un’inconsapevole, ma non per questo meno radicata, attenzione<br />

al canone della ottimizzazione delle risorse. Appare evidente, dunque,<br />

che il diritto che promana dal basso, dalla progressiva sedimentazione delle<br />

corti di giustizia, rivela un’intrinseca razionalità che il legislatore, in balia, di<br />

volta in volta, dei gruppi di pressione politici ed elettorali, non può assicurare.<br />

In realtà, pur considerando le suddette differenze strutturali, non è<br />

( 14 ) R. Pardolesi, Un moderno minotauro: law and economics, Sociologia del Diritto,<br />

1990, vol. 1 pagina 232.<br />

( 15 ) La scuola di economia di Chicago è una scuola di pensiero, elaborata da alcuni<br />

professori dell’università di Chicago, basata su una descrizione delle istituzioni economiche<br />

pubbliche e private contemporanee, promuove inoltre ipotesi di riforme in senso liberale e<br />

liberista dell’economia. È osservabile una tendenza al libero mercato ma non è esclusa, in<br />

costanti e determinate situazioni, l’azione dell’intervento governativo e statale. I maggiori<br />

esponenti di tale scuola furono i premi Nobel Milton Friedman e George Stigler. L’atteggiamento<br />

economico di tale scuola fa da ponte tra la scuola neoclassica elascuola austriaca.<br />

( 16 ) R. Pardolesi, Un moderno minotauro: law and economics. Sociologia del Diritto,<br />

1990, vol. 1 pagina 233.

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