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DIRITTO <strong>PENALE</strong> STRANIERO, COMPARATO, COMUNITARIO<br />

357<br />

la conseguenza che il giudice internazionale, pur in presenza di un sistema<br />

sanzionatorio unitario per tutti i concorrenti, dovrà garantire al determinatore,<br />

quale «figura centrale» dell’avvenimento, il trattamento sanzionatorio<br />

adeguato.<br />

In relazione all’esecutore, la teoria dell’autorìa mediata avrebbe lo<br />

scopo di ricondurne il ruolo a quello di mero complice( 497 ), ma in realtà<br />

lo stesso Roxin arriva a conclusioni diverse. L’autore ritiene che sia l’autore<br />

mediato sia l’esecutore realizzano due forme di autoria che sono tra di loro<br />

compatibili, non si escludono a vicenda; l’esecutore materiale attraverso il<br />

dominio dell’azione, l’autore mediato attraverso il dominio dell’organizzazione<br />

(contribuisce alla realizzazione del risultato attraverso il potere di influenza<br />

che esercita mediate l’apparato di potere a sua disposizione)( 498 ).<br />

Il legislatore internazionale, invece, non è chiaro sul punto. La questione<br />

è concretamente irrilevante laddove si tratta di condotte non punibili<br />

(il soggetto è stato ingannato, non è imputabile, non è colpevole...),<br />

anche se in ogni caso è difficile anche sotto il profilo della tipicità ricondurre<br />

alla mera complicità la condotta di chi esegue il fatto tipico.<br />

In relazione a soggetti responsabili, invece, in base alla disciplina dello<br />

Statuto la condotta dell’esecutore dovrebbe rientrare nell’ipotesi di chi<br />

«commit» il crimine, esegue tutti gli elementi del fatto conforme alla fattispecie<br />

astratta (e in tal modo, come afferma la Corte penale internazionale<br />

nel caso Lubanga, ha il controllo del crimine); anche costui è autore del<br />

reato, anche se il giudice può tenere conto in sede di commisurazione della<br />

«strumentalizzazione» subita. In sostanza sembra che sia possibile una diversa<br />

interpretazione dell’art. 25, 3(a), che non riduca il ruolo dell’esecutore<br />

a quello di un complice, ma piuttosto consenta di sottolineare il disvalore<br />

della condotta di colui che strumentalizza altri soggetti, riconoscendone<br />

il ruolo di autore accanto all’esecutore( 499 ). Quest’interpretazione<br />

sembra confermata dalla Pre-Trial Chamber nel caso Katanga et Ngudjolo<br />

Chui, laddove si afferma: «As such, in some scenarios it is possible for both<br />

perpetrators to be criminally liable as principals: the direct perpetrator for his<br />

fulfilment of the subjective and objective elements of the crime, and the perpetrator<br />

behind the perpetrator for his control over the crime via his control<br />

over the will of the direct perpetrator»; si dichiara espressamente che autore<br />

del reato, principal, sarà considerato non solo l’autore mediato (perché<br />

( 497 ) Cfr. T. Padovani, Le ipotesi speciali di concorso, cit., pp. 49-50.<br />

( 498 ) C. Roxin, Organisationsherrschaft als eigenständige Form, cit., 10.<br />

( 499 ) Cfr. A. Eser, Individual Criminal Responsibility, cit., p. 795, il quale ritiene che<br />

un fondamentale problema interpretativo rimane a questo punto, e cioè occorre stabilire<br />

quali siano le ipotesi di strumentalizzazione di un soggetto responsabile concretamente configurabili.<br />

Sembra, infine, difficile per l’interprete distinguere quest’ipotesi dall’impartizione<br />

dell’ordine prevista dall’art. 25 (3) b.

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