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356<br />

L’INDICE <strong>PENALE</strong>, 1/2011<br />

dell’agente, presunta (quando la criminosità sia manifesta, ma non percepita)<br />

o reale (quando la criminosità risulti evidente al subordinato), secondo<br />

uno schema che postula il riferimento ad un obbligo di non eseguire<br />

l’ordine penalmente illecito»( 493 ). La norma in esame, quindi, non ammette<br />

ordini penalmente illeciti a carattere «vincolante» (in funzione dell’obiettiva<br />

prevalenza dell’interesse all’esecuzione dell’ordine), ma consente di<br />

attribuire efficacia scusante (a causa dell’inesigibilità di un comportamento<br />

diverso), in conformità al principio di colpevolezza, all’eventuale situazione<br />

personale dell’agente, che consuma un crimine di guerra senza volerlo, in<br />

quanto non si rende conto del carattere illegittimo dell’ordine e quindi del<br />

carattere criminoso del comportamento imposto, la cui esecuzione, anzi, ritiene<br />

doverosa. In tale ottica non si giustifica l’idea di un esecutore «fungibile»,<br />

soggetto dal vincolo ad un apparato coercitivo, che dovrebbe rappresentare<br />

lo strumento irresponsabile nelle mani di coloro che esercitano il<br />

dominio dell’apparato di potere( 494 ). Se il preteso strumento non è tenuto<br />

giuridicamente ad eseguire il comando antigiuridico, anche l’ipotesi di una<br />

«signoria sul fatto» esercitata attraverso un’organizzazione coercitiva<br />

sembra inammissibile (cosi come l’anticipazione della rilevanza penale della<br />

condotta del superiore, a titolo di tentativo, al momento in cui l’ordine<br />

viene emanato)( 495 ).<br />

In ogni caso con la disposizione in esame il legislatore internazionale<br />

ha stabilito, senza equivoci, che la condotta del determinatore è ricondotta<br />

ad una forma di reità, è l’autore del reato; il legislatore internazionale ha<br />

voluto sottolineare il ruolo di autore di colui che strumentalizza un altro<br />

soggetto al fine di commettere il reato, di colui che sta al vertice dell’apparato<br />

di potere, per evitare che il suo ruolo sia ridotto a quello di un mero<br />

complice (abetts). Pur tuttavia il legislatore riconduce l’ipotesi in esame<br />

nella disciplina del concorso di persone, prevedendola nell’art. 25, 3(a)<br />

StTPY dopo aver descritto la condotta del coautore (commits such a crim,<br />

jointly with another or through another person); tale collocazione consente<br />

di ritenere che (al di là delle ipotesi in cui manca una condotta penalmente<br />

rilevante dell’esecutore( 496 )) si tratta di una forma di concorso di persone,<br />

nell’ambito della quale si considera autore, nel senso che «commette il<br />

fatto», colui che si serve della condotta di un altro soggetto («è responsabile<br />

colui che commette il fatto per mezzo...»). Non sussistono così dubbi,<br />

che, anche in presenza di una condotta dell’esecutore penalmente rilevante<br />

(anche se non punibile), il determinatore sia l’autore del reato, la sua condotta<br />

viene ricondotta alla reità e non ad una mera forma di complicità, con<br />

( 493 ) Così T. Padovani, Le ipotesi speciali di concorso, cit., p. 184.<br />

( 494 ) Ibidem, p. 185.<br />

( 495 ) Ibidem, p. 177.<br />

( 496 ) Cfr. G. Grasso, Art. 110 c.p., cit., p. 154.

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