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8. L’autorìa mediata.<br />

DIRITTO <strong>PENALE</strong> STRANIERO, COMPARATO, COMUNITARIO<br />

345<br />

Il legislatore internazionale prevede espressamente che un soggetto è<br />

responsabile se commette il fatto per mezzo «di un’altra persona, indipendentemente<br />

dal fatto che questa persona sia responsabile penalmente» (art.<br />

25 (3) StTPY).<br />

La dottrina tedesca riconduce tale ipotesi alla c.d. autorìa mediata(<br />

441 ). Lo Statuto di Roma rappresenta il primo strumento internazionale<br />

che disciplina espressamente tale forma di indiretta esecuzione del<br />

reato attraverso un’altra persona, che si distingue dalla coautorìa, in cui i<br />

due autori si pongono su un piano paritario (più o meno), perché un soggetto<br />

(l’autore mediato) usa la persona, che esegue materialmente il reato,<br />

come uno strumento. L’espressione utilizzata dal legislatore internazionale<br />

per descrivere tale forma di autorìa, infatti, commettere il crimine per<br />

mezzo (through) di un’altra persona, indica che non si tratta di una normale<br />

forma di istigazione o determinazione di una persona a consumare un crimine,<br />

ma si deve trattare di qualcosa di più, perché altrimenti non potrebbe<br />

essere distinta dall’istigation, prevista dall’art. 25 (3)(b); non solo<br />

ma lo Statuto non specifica le forme di strumentalizzazione, come avviene<br />

in altri codici, consentendo di far rientrare in tale ipotesi qualunque forma<br />

di strumentalizzazione, dall’uso della forza all’induzione in errore( 442 ).<br />

La Corte penale internazionale nel caso Lubanga ha interpretato tale<br />

ipotesi attraverso la concezione di autorìa fondata sul concetto di controllo<br />

del crimine, precisando che la consumazione del crimine attraverso l’intermediazione<br />

di un’altra persona, utilizzando come strumento un’altra persona<br />

– che normalmente non è responsabile -, comporta il controllo della<br />

volontà dell’esecutore ed è la più tipica forma di controllo del crimine( 443 ).<br />

Tale orientamento viene confermato nel caso Katanga et Ngudjolo<br />

( 441 ) Cfr. G. Werle, Völkerstrafrecht, cit., p. 408; Id., Individual Criminal Responsibility<br />

in Artiche 25 ICC Statute, cit., pp. 963-964; A. Eser -H.Kreicker, op. cit., p.<br />

283; O. Triffterer, Art. 25, inO. Triffterer (a cura di) Commentary on the Rome Statute,<br />

cit., Rn. 25; C. Kress, Claus Roxins Lehre von der Organisationsherrschaft und das Völkerstrafrecht,<br />

ivi, 304; E. van Sliedregt, Criminal Responsibility, cit., p. 95; Id., The criminal<br />

responsibility of individuals, cit., p. 68 che richiama anche la teoria della «functional perpetration»<br />

olandese; parla di autorìa mediata anche A. di Martino, La disciplina del<br />

concorso, cit., p. 199; Id., Täterschaft und Teilnahme, cit., p.439 ss. Tale ipotesi è espressamente<br />

disciplinata dal codice penale tedesco (Strafgesetzbuch) § 25(1): «Chiunque commette<br />

il crimine personalmente o per mezzo di un’altra persona sarà punito come un esecutore» e<br />

dal Código Penal (Spain), Art. 28: «Son autores quienes realizan el hecho por sí solos, conjuntamente<br />

o por medio de otro del que se sirven como instrumento.».<br />

( 442 ) A. Eser, Individual Criminal Responsibility, cit., p. 794; E. Amati, Concorso di<br />

persone, cit., p. 139. Cfr. C. Roxin, op. cit., § 25, 53 ss.; P. Cramer -G.Heine, op. cit.,<br />

§ 25, 6 ss., p. 494 ss.<br />

( 443 ) ICC, Lubanga Dyil, cit., par. 339.

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