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342<br />

L’INDICE <strong>PENALE</strong>, 1/2011<br />

alla teoria condizionalistica può rappresentare un criterio risolutore per distinguere<br />

la coautorìa dalla mera complicità, se ai fini della determinazione<br />

della soglia minima di rilevanza del contributo non si accogliesse la stessa<br />

teoria condizionalistica; se come auspicato, il criterio condizionalistico dovesse<br />

essere utilizzato come criterio di tipizzazione dei contributi atipici rilevanti<br />

a titolo di complicità, la teoria condizionalistica non sarà risolutiva<br />

(anzi comporterebbe che tutti i concorrenti sarebbero considerati autori).<br />

Il carattere condizionalistico del contributo dovrebbe rappresentare la soglia<br />

minima di rilevanza penale, ma poi per stabilire se il soggetto ha rappresentato<br />

una figura chiave, ha il dominio degli avvenimenti, quando non<br />

realizza atti strettamente tipici (già esecutivi( 434 )), occorrerà fare riferimento<br />

al ruolo svolto nell’ambito della fattispecie materiale quale emerge<br />

dal piano concreto del gruppo, dalle concrete modalità prescelte per la<br />

sua consumazione. Coautore dovrebbe essere soltanto colui che attraverso<br />

il suo contributo non si limita a incidere, realizzando una condicio sine qua<br />

non, sulla consumazione del crimine realizzato hic et nunc (complice in<br />

base alla teoria condizionalistica), ma colui che, oltre a fornire un contributo<br />

decisivo consapevolmente, esercita concretamente e consapevolmente<br />

il controllo sugli avvenimenti, sul crimine nel suo dispiegarsi concreto.<br />

In realtà sembra che questa nozione di controllo del crimine come fondamento<br />

della nozione di coautorìa assume una maggiore capacità ditipizzare<br />

la condotta del partecipe se si fa riferimento non tanto al singolo crimine,<br />

ma piuttosto a un più ampio piano criminale, nonché a crimini di<br />

massa realizzati in maniera ampia e sistematica. In questa dimensione macrocriminale<br />

il controllo del crimine non può consistere nel contributo al<br />

singolo crimine, ma piuttosto deve comportare una più complessa e significativa<br />

attività, – anche se attiene alla fase della programmazione o dell’organizzazione<br />

e non della concreta esecuzione -, che diventa condicio sine<br />

qua non rispetto al piano comune, e comporta il controllo del crimine o<br />

meglio del piano criminale. Si assume un ruolo fondamentale in base alla<br />

divisione di compiti nel progetto comune, in relazione alla fattispecie materiale.<br />

Nel caso Lubanga la Camera ritiene che l’imputato e gli altri leader<br />

agiscono in maniera coordinata per realizzare il loro piano che prevede l’arruolamento<br />

di minori di quindici anni nel FPLC truppe, il loro addestramento<br />

e l’utilizzo nei combattimenti o come guardie del corpo; si ritiene<br />

che l’imputato svolga un ruolo chiave e abbia il «joint control» del piano<br />

criminale in quanto l’essenziale funzione di coordinamento che svolge gli<br />

attribuisce il potere di frustrarne l’esecuzione (e, inoltre, era considerato<br />

agire in base al piano concordato, e il contributo del partecipante è una parte essenziale di<br />

quel piano.<br />

( 434 ) C. Roxin, Täterschaft und Tatherrschaft, cit., pp. 294-299.

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