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DIRITTO <strong>PENALE</strong> STRANIERO, COMPARATO, COMUNITARIO<br />

333<br />

debite soggettivizzazioni in quanto valorizza il disvalore oggettivo del contributo.<br />

Il ruolo centrale del dominio del fatto è riconosciuto anche da quegli<br />

autori, come Cramer, che ricostruiscono la coautorìa in base a criteri oggettivi<br />

e soggettivi, tenendo conto di quale funzione il contributo al fatto tipico<br />

«deve perseguire in base alla rappresentazione soggettiva del partecipe»( 390 ).<br />

Tale criterio misto (oggettivo e soggettivo) è utilizzato dalla giurisprudenza<br />

del TPY nel caso Furundija, anche se la Corte non utilizza il linguaggio della<br />

teoria della Mittäterschaft. Sotto il profilo oggettivo si distingue tra la condotta<br />

di partecipazione di chi prende parte in maniera integrale alla tortura, e la<br />

condotta del complice, il quale si limita ad assistere l’autore in qualche modo;<br />

sotto il profilo soggettivo si distingue tra la condotta di coautorìa equelladi<br />

complicità, a seconda se il soggetto condivida o meno il proposito di torturare<br />

– anche costringendo alla confessione o a fornire determinate informazioni –.<br />

La Corte, però, sembra attribuire maggior peso al criterio soggettivo, considerato<br />

cruciale per risolvere la questione in esame( 391 ). Sarebbe auspicabile<br />

che si attribuisse maggior rilievo al criterio funzionalista( 392 ).<br />

Si discute, ancora, sulla possibilità di far rientrare nel concetto di coautorìa<br />

la condotta di coloro che decidono collettivamente o nell’ambito di<br />

un organo; si deve evidenziare, tra l’altro, che nel StCPI non è prevista<br />

la condotta di pianificazione – programmazione (planning), espressamente<br />

prevista negli statuti dei tribunali ad hoc e nel cui ambito poteva rientrare<br />

tale ipotesi. Tale problema assume una particolare rilevanza nell’ambito del<br />

diritto penale internazionale perché spesso i crimini internazionali sono decisi,<br />

preparati e pianificati da organi statali collettivi; in questo caso si dovrebbe<br />

configurare una forma di responsabilità nello stadio della preparazione<br />

del fatto e si pone il problema di stabilire sino a che punto la mera<br />

condotta di preparazione può costituire una condotta punibile a titolo di<br />

coautorìa. La dottrina tedesca ritiene che tale forma di responsabilità per<br />

aver partecipato alla votazione relativa alla risoluzione del reato è possibile<br />

in quanto in base al criterio del dominio del fatto, l’approvazione della decisione<br />

di commettere un reato viene considerata una forma di coautorìa(<br />

393 ); giunge agli stessi risultati anche la dottrina italiana che accoglie<br />

una concezione formale di autore( 394 ).<br />

( 390 ) P. Cramer -G.Heine, Vorbem §§ 25, cit., §§ 67-68, 472-473.<br />

( 391 ) TPY, Furundzˇija, Trial Chamber, cit., par. 264 ss.-270 ss. (273 ss.).<br />

( 392 ) Cfr., K. Ambos, Der Allgemeine Teil, cit., p. 557, il quale auspica l’utilizzo del<br />

criterio funzionalista. Cfr. sul concetto di coautorìa della dottrina tedesca fondato sul piano<br />

collettivo e sulla comune esecuzione del fatto, S. Seminara, op. cit., p. 132.<br />

( 393 ) K. Ambos, Der Allgemeine Teil, cit., pp. 561-562. Cfr. H. Vest, Genozid durch<br />

organisatorische Machtapparate, cit., p. 326 ss.<br />

( 394 ) G. Grasso, Art. 110, cit., pp. 162-170, il quale assimila tale ipotesi alla coautorìa<br />

laddove si tratti di una fattispecie espressamente prevista – (come il reato di illegale riparti-

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