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302<br />

L’INDICE <strong>PENALE</strong>, 1/2011<br />

noscenza dell’illecito da parte del superiore finisce per essere sufficiente<br />

per suffragare, in via di deduzione logica, l’esistenza di un’autorizzazione<br />

o comunque di una direttiva istigante( 242 ), nella peggiore delle ipotesi si<br />

deduce dalla posizione rivestita sia il contributo istigativo, sia il relativo<br />

dolo.<br />

Tale giurisprudenza, insomma, che considera i comandanti o i superiori,<br />

istigatori o, comunque, responsabili dei crimini compiuti nel sistema<br />

di appartenenza (unità militare, campo di prigionia, azienda) in virtù della<br />

mera posizione di supremazia rivestita, rischia di condannare tali soggetti<br />

in base ad una sorta di responsabilità di posizione, in violazione del principio<br />

di offensività, perché manca un effettivo contributo alla consumazione<br />

del crimine, e del principio di colpevolezza, che deve essere colpevolezza<br />

per il fatto( 243 ); si attribuisc rilievo ad una sorta di consenso tacito in<br />

base ad un mero automatismo o ad un’esigenza pratica di semplificazione<br />

probatoria in processi ad alta valenza indiziaria, finendo per attribuire rilievo<br />

ad un mero consenso «presunto» o meramente «congetturato», che<br />

non dovrebbe avere nessun rilievo penale( 244 ).<br />

Si dimentica, inoltre, che la responsabilità per un reato, anche se realizzato<br />

nell’ambito di una comune impresa criminosa, richiede non la mera<br />

rappresentazione vaga e indeterminata dei programmi del gruppo, ma la<br />

rappresentazione e la volizione dello specifico reato, che deve avere acquistato<br />

una specifica identità nel tempo e nello spazio, ‘‘che consenta di collocarlo<br />

in un contesto di circostanze storicamente ben determinate’’( 245 ).<br />

Se non si vuol dar vita ad una forma di responsabilità collettiva presunta,<br />

per affermare il dolo si deve, insomma, accertare la sussistenza di una rappresentazione<br />

e di un atto di decisione che abbia ad oggetto fatti ‘‘concreti’’<br />

ed ‘‘attuali’’( 246 ). La giurisprudenza del TPY, invece, si accontenta talvolta<br />

di una sorta di generica consapevolezza delle finalità del sistema per imputare<br />

tutti i crimini consumati a ciascun partecipe e soprattutto a coloro che<br />

rivestono una particolare posizione.<br />

( 242 ) Cfr. A. Sereni, Istigazione al reato, cit., p. 176.<br />

( 243 ) Cfr. in tale direzione E. van Sliedregt, The criminal responsibility of individuals,<br />

cit., p. 107.<br />

( 244 ) Così Cass., Sez. un., 30 ottobre 2003, Proc. gen. App. Perugia in c. Calò e altri, in<br />

Foro it., 2004, p. 161; in tale direzione Cass., 27 aprile 2001, Riina, ivi 2002, II, 359; Cass. 14<br />

luglio 1994, Buscemi, in Foro it. Rep., 1995, voce Misure cautelari personali, n. 183; in un<br />

settore diverso, quello di tangentopoli, cfr. la già citata Cass., 16 aprile - 17 giugno 1998,<br />

n. 7240, Civardi e altro, in Guida al diritto, 4 luglio 1998, n. 26 (si veda supra cap. III, nota<br />

328). Cfr. L. Risicato, La causalità psichica, cit., p. 63.<br />

( 245 ) G. Spagnolo, Il problema dei limiti della responsabilità, cit., pp. 47-48.<br />

( 246 ) Ibidem.

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