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L’INDICE <strong>PENALE</strong>, 1/2011<br />

stituto sta o nella causalità o nell’accessorietà, si vuole trovare un ‘‘minimo<br />

comune denominatore’’ che renda la condotta di ogni concorrente conforme<br />

al modello concettuale scelto a priori.<br />

Viceversa, si devono separare la forma-base, del concorso (naturalistica<br />

e oggettivamente rilevabile dai nostri sensi) in cui tutti fanno lo stesso,<br />

dalla forma derivata. Questa è analoga alla prima: però, in essa, i complici<br />

fanno altrettanto e – quindi – detta forma ha carattere valutativo. Ciò permette<br />

di riconoscere l’infinita varietà dei singoli casi di compartecipazione<br />

criminosa.<br />

Essi sono diversissimi, ma non sono tutti punibili perché hanno un minimo<br />

comune denominatore intrinseco, bensì perché sono analoghi alla<br />

forma-base: sono resi tutti punibili da un fatto estrinseco.<br />

In sintesi: la teoria tradizionale della complicità confonde due realtà<br />

diverse. Nella teoria generale del reato, si è gradualmente ma sicuramente<br />

affermata la distinzione tra evento naturalistico e evento giuridico.<br />

Ciò non è avvenuto per il reato perpetrato da più soggetti.<br />

Per uscire dalle difficoltà – generalmente ammesse – di definire il concorso<br />

di persone, occorre accogliere l’invito di tanti pensatori tedeschi: ‘‘zürück<br />

sur Sache’’: ossia, torniamo alla realtà.<br />

Auguriamoci che la recenti dispute in tema d’immunità giovino a liberare<br />

– almeno relativamente alla compartecipazione criminosa – la realtà<br />

concreta dalla tirannia dell’astratto.<br />

Ubaldo Giuliani Balestrino

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