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286<br />

L’INDICE <strong>PENALE</strong>, 1/2011<br />

possibile punire la mera partecipazione in una joint criminal enterprise,<br />

perché ciò significherebbe introdurre una nuova fattispecie (un reato associativo),<br />

non previsto nello Statuto in violazione del principio di legalità,<br />

nullum crimen sine lege, come precisato dal TPY nel caso Stakić( 159 )e<br />

nel caso Ojdanić( 160 ); la «joint criminal enterprise è un mezzo per commettere<br />

un crimine, non un crimine in sé»( 161 ). Nel caso Ojdanić si precisa che<br />

non si tratta né di una forma di partecipazione in un’organizzazione criminale<br />

(penalizzata separatamente nello Statuto di Norimberga e nella legge<br />

n. 10 del CCL), né di una forma di conspiracy( 162 ), in quanto l’accordo per<br />

compiere un crimine deve essere seguito dalla consumazione per aversi una<br />

joint criminal enterprise( 163 ). Nel caso Brdjanin la Corte d’Appello ha specificato<br />

che la dottrina della joint criminal enterprise «provides sufficient safeguard<br />

against overreaching or lapsing into guilt by association»( 164 ).<br />

La necessità di utilizzare il concetto di joint criminal enterprise (JCE)<br />

nella materia in esame emerge, ad avviso della giurisprudenza del TPY,<br />

dal riconoscimento che in una situazione di conflitti armati o di violenza<br />

di massa è troppo facile per gli individui provare odio e compiere atti di<br />

violenza, ma nondimeno, la presenza di una situazione di violenza di massa<br />

non può essere utilizzata come scusa da parte delle persone che commettono,<br />

assistono o comunque partecipano nella consumazione di una comune<br />

impresa criminosa( 165 ); in una situazione di violenza di massa, infatti,<br />

emerge il fenomeno sopra esaminato della «dispersione» della volontà<br />

criminosa nella consumazione di crimini attraverso o nell’ambito di un apparato<br />

di potere statale, fenomeno che ha già indotto il Tribunale di Norimberga,<br />

come esaminato, ad utilizzare tale nozione (joint criminal enterprise)<br />

per garantire la punibilità dei responsabili( 166 ).<br />

( 159 ) Ibidem; TPY, Ojdanić’s Decision, Appeals Chamber, cit., par. 21.<br />

( 160 ) TPY, Ojdanić’s Decision, Appeals Chamber, cit., par. 44. Cfr. G. Mettraux, op.<br />

cit., p. 291.<br />

( 161 ) TPY, Kvôcka, Appeals Chamber, cit., par. 91; TPY, Ojdanić’s Decision, Appeals<br />

Chamber, cit., par. 44; TPR, Mpambara, Trial Chamber, cit., par. 14; TPR, Prosecutor v. André<br />

Rwamakuba, 22 ottobre 2004, Decision on Interlocutory appeal regarding application of<br />

joint criminal enterprise to the crime of genocide, Appeals Chamber, Case Nº. ICTR-98-<br />

44-AR72.4, par. 29; TPR, Kayishema and Ruzindana, Trial Chamber, cit., par. 29.<br />

( 162 ) G.P. Fletcher, The Hamdan Case and Conspiracy as a War Crime, A New Beginning<br />

for International Law in the US, inJourn. of Inter. Crim. Just., 2006, p. 442, in cui si<br />

commenta la sentenza Hamdan, con cui la Corte Suprema ha affermato che la conspiracy non<br />

rappresenta un crimine di guerra; G. Mettraux, op. cit., p. 291.<br />

( 163 ) TPY, Ojdanić’s Decision, Appeals Chamber, cit., par. 23-25. Cfr. A. Bogdan, op.<br />

cit., p. 112 ss., il quale evidenzia le similitudini tra la joint criminal enterprise elaborata dal<br />

TPY e la U.S. Conspiracy Law.<br />

( 164 ) TPY, Brdjanin, Appeals Chamber, cit., par. 426.<br />

( 165 ) TPY, Kvôcka, Trial Chamber, cit., par. 310.<br />

( 166 ) L. Cavicchioli, op. cit., pp. 1064-1065; C. Lombois, Droit pénal international,

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