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254<br />

L’INDICE <strong>PENALE</strong>, 1/2011<br />

nire dei crimini che sono espressione di una politica di Stato o comunque<br />

organizzata, nell’ambito della quale un individuo ritiene di contribuire alla<br />

realizzazione dei legittimi scopi del proprio Stato o di legittimi interessi (affiora<br />

una sorta di responsabilità collettiva, nel senso che ogni individuo<br />

contribuisce come parte di un tutto)( 2 ). Si tratta di quelle tragiche forme<br />

di violazione dei diritti umani rappresentate dai crimini di guerra, i crimini<br />

contro l’umanità, i genocidi, come quelli che hanno insanguinato la storia<br />

degli ultimi anni del secolo scorso nell’ex Yugoslavia e in Ruanda, e che<br />

continuano a mietere vittime in paesi come la Repubblica Democratica<br />

del Congo, l’Uganda o il Dafur: le più gravi aggressioni contro i diritti<br />

umani, che provengono da autorità riconosciute e in situazioni di conflitto<br />

sia internazionale, sia interno( 3 ).<br />

In tale contesto in relazione ai leader, a coloro che assumono una posizione<br />

di comando o, comunque, di potere nell’ambito delle organizzazione<br />

militari o statali, si è assistito, a partire dal secolo scorso, all’emergere<br />

di due fenomeni antagonisti: da una parte ad una graduale affermazione<br />

del principio della responsabilità penale personale, quale reazione contro<br />

l’impunità deresponsabilizzante garantita dalla teoria dell’atto di Stato; dall’altra,<br />

all’emergere di meccanismi di imputazione soggettiva elastici ed evanescenti,<br />

connotati in senso simbolico–espressivo e lontani da un rimprovero<br />

individualizzato nei confronti dell’agente, nell’ambito di un sistema<br />

penale internazionale orientato in senso general-preventivo, nella componente<br />

intimidatorio-dissuasiva( 4 ), se non addirittura volto a soddisfare le<br />

esigenze di catarsi collettiva dinanzi allo spettacolo delle atrocità commesse.<br />

Nel presente lavoro si cercherà di tracciare – seppur in maniera parziale<br />

e senza alcuna pretesa di esaustività – questa duplice e contraddittoria<br />

evoluzione del principio della responsabilità personale nel diritto internazionale<br />

penale( 5 ), alla luce della giurisprudenza internazionale in materia.<br />

Non sarà oggetto di specifica analisi l’istituto della responsabilità dei comandanti<br />

o dei superiori per non aver impedito la consumazione di crimini<br />

( 2 ) O. Triffterer, The Preventive and the Repressive Function of the International<br />

Criminal Court, M.Politi-G. Nesi (a cura di), in The Rome Statute of the International Criminal<br />

Court. A challenge to impunity, Aldershot, 2001, p. 153.<br />

( 3 ) G.R. Vetter, Command Responsibility of Non-Military Superiors in the International<br />

Criminal Court, inYale Journ. of Intern. Law, vol. 25, 2000, p. 89.<br />

( 4 ) S. Manacorda, Imputazione collettiva e responsabilità personale. Uno studio sui<br />

paradigmi ascrittivi nel diritto penale internazionale, Torino, 2008, p. 133.<br />

( 5 ) In materia tra gli altri A.M. Maugeri, La responsabilità da comando nello Statuto<br />

della Corte Penale Internazionale, Milano, 2007 (nel prosieguo: A.M. Maugeri, op. cit.); S.<br />

Manacorda, op. cit.; A.Viviani, Crimini internazionali e responsabilità dei leader politici e<br />

militari, Milano, 2005. Cfr. su un’interessante sentenza della Suprema Corte <strong>Italia</strong>na - Cass.,<br />

26 febbraio 2009, n. 11811, A.A.I., - E. Maculan, Crimini di massa e modelli di attribuzione<br />

della responsabilità: riflessioni a margine della sentenza sul caso ‘‘Astiz’’, inCass. pen., 2010, p.<br />

1441.

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