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condo, di carattere sistematico, risiede nella naturale tendenza alla conferma delle precedenti<br />

decisioni, che (pur non avendo, in questa sede, lo stesso rilievo assunto in tema<br />

di incompatibilità a giudicare) rischierebbe di vanificarne l’efficacia.<br />

Si consideri, inoltre, che il corrispondente rimedio previsto dall’art. 448 c.p.p.<br />

consente al giudice, all’esito del dibattimento di primo grado o nel giudizio di impugnazione,<br />

di applicare la pena richiesta dall’imputato quando ritiene ingiustificato il dissenso<br />

del p.m. o il rigetto della richiesta.<br />

Orbene con riferimento a tale ultima ipotesi – sebbene la possibilità di una nuova<br />

e diversa valutazione dei motivi del ‘‘rigetto’’ della richiesta appaia naturalmente destinata<br />

e riferita al giudice del grado successivo – la lettera della norma, a ben vedere, non<br />

vieta allo stesso giudice dibattimentale di riconsiderare il proprio precedente diniego.<br />

De iure condito, in mancanza di una espressa soluzione al problema e sussistendo,<br />

ad avviso di chi scrive, valide ragioni ostative all’estensione in via analogica dei meccanismi<br />

riparatori innanzi esaminati, rimane sempre la possibilità di impugnare, unitamente<br />

alla sentenza che definisce il relativo grado di giudizio, l’ordinanza reiettiva della<br />

richiesta ‘‘condizionata’’ di abbreviato, proposta in virtù del disposto della sentenza in<br />

esame.<br />

Nulla esclude, peraltro, che lo stesso giudice dibattimentale, re melius perpensa,<br />

possa riconsiderare la propria precedente decisione ed applicare ugualmente la riduzione<br />

di pena( 60 ).<br />

5. Conclusioni.<br />

L’INDICE <strong>PENALE</strong>, 1/2011<br />

La decisione in commento può complessivamente essere accolta con favore, anche<br />

se, come si è visto, non mancano risvolti problematici e profili di perplessità, riconducibili,<br />

a ben vedere, ad un vincolo esterno col quale la stessa decisone si è dovuta misurare.<br />

Ci si riferisce alla possibilità di procedere a contestazioni ‘‘tardive’’, già ammessa<br />

da Corte cost. n. 265/94 e confermata dalla Corte di cassazione a sezioni unite( 61 ).<br />

Se, infatti, secondo il disegno codicistico, l’adeguamento dell’addebito alle emergenze<br />

dibattimentali rappresenta certamente un’eventualità fisiologica e, come tale,<br />

astrattamente prevedibile, parimenti, ineccepibile avrebbe dovuto essere la preclusione<br />

dei riti speciali non richiesti tempestivamente. Il punto di rottura di tale equilibrio si<br />

individua agevolmente nell’ammissione della possibilità di contestare tardivamente fatti<br />

non già fisiologicamente emersi nel corso del dibattimento, ma patologicamente trascurati<br />

nell’atto di esercizio dell’azione penale. L’introduzione, per via giurisprudenziale, di<br />

tale elemento di imprevedibilità ha compromesso la stabilità ‘‘allo stato degli atti’’ dell’addebito,<br />

imponendo a sua volta i menzionati interventi correttivi della Corte costituzionale,<br />

sulla cui linearità ed efficacia possono esprimersi, ad avviso di chi scrive, fondate<br />

riserve.<br />

Senza ripetere quanto già detto, a fronte dell’attivazione dei meccanismi di cui agli<br />

artt. 516 e 517 c.p.p., lascia alquanto perplessi dover constatare una regolamentazione a<br />

pag. 477. Per la tesi favorevole, cfr. Maffeo, Il giudizio abbreviato, inNormando, a cura<br />

di, Le recenti modifiche al codice di procedura penale, Milano, 2003, III, pag. 45.<br />

( 60 ) Cass. pen., Sez. un., 27 ottobre 2004, n. 44711, cit.<br />

( 61 ) Cass. pen., Sez. un., 28 ottobre 1998, n. 4, cit.

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