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226<br />

L’INDICE <strong>PENALE</strong>, 1/2011<br />

Non sussistendo più ostacoli tecnici alla trasformazione del dibattimento in giudizio<br />

abbreviato, dunque, non poteva più trovare razionale giustificazione la compressione<br />

del diritto di difesa derivante dalla preclusione di tale rito speciale rispetto alle<br />

mutazioni dell’addebito originario. È pacifico, infatti, che la facoltà di scelta dei riti alternativi,<br />

e di fruire, se del caso, dei relativi benefici, costituisce «una delle più incisive<br />

forme di ‘‘intervento’’ dell’imputato»( 33 ) alle vicende processuali, la cui indebita menomazione<br />

si traduce, ovviamente, in «un’ingiustificata compressione del diritto di difesa»(<br />

34 ).<br />

Le medesime considerazioni costituiscono, del resto, il nucleo portante comune<br />

dei precedenti interventi additivi sugli artt. 516 e 517 c.p.p., operati dalle note sentenze<br />

n. 265/94 e n. 530/95, in conseguenza dei quali, tuttavia, è derivata una differenza di<br />

regime, in tema di recupero della facoltà di accesso ai riti alternativi, che, come giustamente<br />

rilevato dalla Corte, «si rivela essa stessa fonte d’una discrasia rilevante sul piano<br />

del rispetto dell’art. 3 Cost.», e ciò –èimportante evidenziarlo, anche se la motivazione<br />

lo dice incidentalmente – «a prescindere dalla disciplina valevole per l’oblazione», a<br />

mente della sentenza n. 530/1995, «in rapporto alla quale il tema presenta aspetti peculiari».<br />

La precisazione appare necessaria, ove si consideri che, una volta riconosciuta l’irragionevole<br />

lesione del diritto di difesa derivante dalla preclusione della facoltà di<br />

oblare i reati contestati in via suppletiva, non sussistevano impedimenti di ordine tecnico<br />

– sistematico ad ammettere l’esercizio di tale facoltà nel corso del dibattimento,<br />

considerato, tra l’altro, che lo stesso art. 162 bis c.p., in caso di rigetto della domanda<br />

tempestivamente avanzata, già ne consentiva la riproposizione sino all’inizio della discussione<br />

finale del dibattimento di primo grado.<br />

3. Rapporti tra nuove contestazioni dibattimentali e procedimenti speciali: una questione<br />

non del tutto risolta.<br />

La sostanziale condivisibilità delle motivazioni che le sorreggono conduce ad affermare<br />

che le conclusioni cui perviene la sentenza in commento appaiono inevitabili,<br />

anche se scontano il ritardo di una lunga gestazione. Ciò nonostante, la pronuncia<br />

non è priva di risvolti problematici.<br />

In primo luogo, può osservarsi che la questione della differente regolamentazione<br />

della facoltà di accesso ai riti speciali in relazione alle nuove contestazioni dibattimentali,<br />

giustamente definita dalla pronuncia che si annota «essa stessa fonte d’una discrasia<br />

rilevante sul piano del rispetto dell’art. 3 Cost.», non pare, ad avviso di chi scrive, completamente<br />

risolta.<br />

Da un lato, infatti, ovvie esigenze di uniformità di trattamento hanno ‘‘imposto’’<br />

l’estensione anche al giudizio abbreviato della disciplina già coniata dalla Corte con riferimento<br />

al patteggiamento, mantenendo la discutibile( 35 ) delimitazione dei presupposti<br />

per il recupero del rito speciale, cioè ancorandolo alla sopravvenienza di una ‘‘pa-<br />

( 33 ) Corte cost., sent. 9 luglio 2004, n. 219, in Giur. cost., 2004, pag. 2304.<br />

( 34 ) Corte cost., 19 marzo 1993, n. 101, cit.<br />

( 35 ) Rispetto alla quale possono riproporsi i medesimi rilievi critici già svolti con riferimento<br />

al decisum di Corte cost. n. 265/94.

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