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156<br />

L’INDICE <strong>PENALE</strong>, 1/2011<br />

La norma recepisce il concetto di ‘‘morte cerebrale’’ di cui alla legge n.<br />

578/1993, secondo cui «La morte si identifica con la cessazione irreversibile<br />

di tutte le funzioni dell’encefalo» (art. 1)( 99 ). La conseguenza è che<br />

va riconosciuta la liceità del trapianto di organi ‘‘a cuore battente’’, purché<br />

sia stata accertata la morte encefalica.<br />

Se, allo stesso modo, si giungesse a stabilire che l’embrione cessa di<br />

esistere con la cd. ‘‘morte organismica’’ – identificata con la cessazione irreversibile<br />

del suo sviluppo cellulare – e se si pervenisse a una disciplina<br />

legale dell’utilizzazione delle cellule degli embrioni che si trovino in tale<br />

status, risulterebbero salvaguardati sia il diritto alla vita degli embrioni<br />

sia la libertà della ricerca scientifica.<br />

Tuttavia, una definizione legislativa del concetto di ‘‘morte organismica’’<br />

risulta difficilmente ipotizzabile in un contesto normativo che rinuncia<br />

a determinare non soltanto il momento della morte, ma persino<br />

la soglia cronologica iniziale della vita dell’embrione, a causa dei contrasti<br />

ideologici riscontrabili sul terreno politico e scientifico.<br />

In tal senso, basti constatare come già all’interno del C.N.B. si sia potuto<br />

registrare un consistente contrasto di opinioni tra coloro che hanno propugnato<br />

la già esaminata analogia tra l’utilizzo di cellule di embrioni ‘‘non vitali’’<br />

e la donazione di organi da cadavere, e coloro che, invece, l’hanno rifiutata:<br />

questi ultimi, infatti, sostengono che l’accertamento della ‘‘morte organismica’’<br />

«farebbe uso, in ogni caso, di segni ‘‘probabilistici’’ e non di certezze,<br />

che finiscono per pesare nella decisione di voler utilizzare l’embrione<br />

per scopi diversi da quelli del trasferimento a fini procreativi»( 100 ).<br />

Già con riferimento alla definizione di ‘‘morte encefalica’’, il filosofo<br />

Hans Jonas – muovendo la sua invettiva contro il testo della Commissione<br />

scientifica di Harvard, a cui poi si è ispirata la legge italiana del 1993 – aveva<br />

evidenziato gli intenti utilitaristi che stavano alla base di un tale intervento<br />

normativo, rilevando che «una delle principali molle dello sforzo di definire<br />

la morte»( 101 ) fosse stato l’interesse a legittimare i trapianti degli organi e dei<br />

tessuti che si trovavano nelle condizioni fisiologiche ottimali date dall’ancora<br />

presente irrorazione sanguigna prodotta dal cuore pulsante( 102 ).<br />

( 99 ) Legge 29 dicembre 1993, n. 578, ‘‘Norme per l’accertamento e la certificazione di<br />

morte’’, in www.scienzemedicolegali.it<br />

( 100 ) Comitato Nazionale per la Bioetica, Parere sul destino degli embrioni derivanti da<br />

pma e non più impiantabili, cit., p. 8. Sui contrasti sorti all’interno del C.N.B. sulla questione,<br />

si veda L. D’Avack, Comitato di bioetica al lavoro tra scienza, diritto e morale, inIl Messaggero,<br />

30 ottobre 2007, p. 24.<br />

( 101 ) H. Jonas, Technik, Medizin und Ethic. Zur Praxis des Prinzips Verantwortung,<br />

Frankfurt 1985, trad. it. a cura di P. Becchi, Tecnica, medicina ed etica: Prassi del principio<br />

responsabilità, Einaudi, Torino 1997, p. 172.<br />

( 102 ) Cfr. H. Jonas, Tecnica, medicina ed etica, op. cit., p. 169, che definisce di «vivisezione»<br />

le condizioni ideali degli organi in presenza delle quali attingere ad essi.

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