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L’INDICE <strong>PENALE</strong>, 1/2011<br />

siglio d’Europa ha formulato una teoria secondo la quale si sarebbe potuto<br />

parlare di embrione soltanto in seguito all’annidamento di esso nell’utero<br />

– circa quattordici giorni dopo la fecondazione dell’ovulo –,<br />

mentre nel periodo di tempo compreso tra il concepimento e l’impianto<br />

si sarebbe potuto, semmai, parlare di ‘‘pre-embrione’’, quale entità<br />

estranea al processo di vita umana e, pertanto, non tutelabile alla stregua<br />

dell’embrione( 29 ).<br />

Anche il Comitato Nazionale per la Bioetica (C.N.B.), in un suo Parere<br />

del 1994, ha preso, per la prima volta, in considerazione il concetto di ‘‘preembrione’’,<br />

evidenziando, tuttavia, come la validità di tale nozione sia stata<br />

molto discussa all’interno del Comitato, «non essendovi consenso tra chi<br />

adotta il solo termine ‘‘embrione’’ e chi ricorre alla dizione ‘‘pre-embrione’’<br />

per indicare il prodotto del concepimento nello stadio precedente il completamento<br />

dell’impianto nell’utero»( 30 ).<br />

Qualche anno dopo, il C.N.B. si è, poi, decisamente schierato a favore<br />

dell’interpretazione restrittiva della nozione di ‘‘embrione’’: esso, infatti,<br />

con riferimento ad un Progetto di Protocollo sulla protezione dell’embrione<br />

e del feto umani del Comitato di Bioetica del Consiglio d’Europa,<br />

secondo cui «il termine ‘‘embrione’’ si applica allo zigote e a tutti gli stadi<br />

successivi al suo sviluppo, fino al completamento dell’impianto», ha<br />

emesso un Parere in cui ha definito «accettabile»( 31 ) la definizione di embrione<br />

ivi formulata.<br />

Tuttavia, in seno al Comitato Nazionale di Bioetica e nel tessuto politico<br />

italiano, la componente eticamente orientata si è opposta strenuamente<br />

alla nozione di ‘‘preembrione’’, sostenendo che il termine costituirebbe un<br />

espediente semantico per aggirare i divieti posti dalla legge n. 40/2004: accogliendo<br />

un’interpretazione restrittiva del concetto di ‘‘embrione’’, infatti,<br />

si avrebbe un consequenziale restringimento dell’ambito di applicazione<br />

della normativa, le cui disposizioni non verrebbero applicate al prodotto<br />

del concepimento nella fase preembrionale.<br />

Qualora i contrasti interpretativi in ambito politico fossero stati meno<br />

aspri, sarebbe stata possibile l’emanazione di una norma che avesse proceduto<br />

a fissare il momento iniziale a partire dal quale si sarebbe potuto individuare<br />

l’inizio dell’esistenza embrionale. Tale tecnica – peraltro già utilizzata<br />

con riferimento alla determinazione del concetto di ‘‘morte’’, da intendersi<br />

come ‘‘cessazione irreversibile delle funzioni cerebrali’’ ai sensi<br />

( 29 ) Cfr. C. Flamigni, Il libro della procreazione, Mondadori, Milano 2003, p. 485.<br />

( 30 ) Comitato Nazionale per la Bioetica, Parere sulle tecniche di procreazione assistita,<br />

punto 2, 17 giugno 1994, in www.governo.it/bioetica.<br />

( 31 ) Comitato Nazionale per la Bioetica, Protezione dell’embrione e del feto umani: parere<br />

del C.N.B. sul progetto di protocollo del Comitato di bioetica del consiglio d’Europa, 31<br />

marzo 2000, in www.governo.it/bioetica.

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