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L’INDICE <strong>PENALE</strong>, 1/2011<br />

certo favorito dalla pervasività della logica negoziale in un sistema afflitto<br />

da croniche inefficienze.<br />

La giustificazione politica tende, dunque, a sostituirsi al fondamento<br />

giuridico. Deve essere però chiaro che il modello negoziale di accertamento,<br />

se soddisfa scopi di efficienza processuale, mal risponde alle aspirazioni<br />

liberali in esso riposte, rivelandosi nella prassi inadeguato a contemperare<br />

gli interessi della parte con quelli propri dell’ordinamento.<br />

Si guardi ai rapporti tra revisione e sentenza applicativa della pena<br />

concordata: in ciascuno dei provvedimenti considerati, espressione dell’indirizzo<br />

maggioritario( 54 ), l’inammissibilità dell’istanza presentata dall’imputato<br />

discende dal filtro predisposto in via generale dagli artt. 629 e ss<br />

c.p.p. e non già dai presunti e speciali limiti riconducibili al sinallagma sotteso<br />

al patteggiamento.<br />

Nella sentenza Tambaro, ad esempio, i giudici di legittimità, dopo aver<br />

ristretto, nei limiti sopra precisati, il diritto alla revisione per l’imputato che<br />

abbia concordato la pena, rigettano il ricorso avverso la decisione della<br />

Corte di appello, sulla base di un argomento avulso dalle premesse. La<br />

prova, asseritamente nuova, consisteva, in realtà, in una semplice rivalutazione<br />

in chiave difensiva del quadro di conoscenze posto a fondamento<br />

della pronuncia ex art. 444 c.p.p. La pretesa del condannato, dunque,<br />

non meritava di essere accolta, non già perché avanzata in violazione degli<br />

speciali limiti posti alla revisione della sentenza a pena concordata, ma in<br />

quanto irrispettosa della più classica tra le condizioni di ammissibilità dell’istanza<br />

ex art. 630 c.p.p., rappresentata dal carattere di novità degli elementi<br />

addotti.<br />

Talora, inoltre, è la prassi applicativa a smentire l’idea che a monte del<br />

patteggiamento vi siano sempre scelte individuali consapevoli e, perciò, libere.<br />

In queste ipotesi accade che sia la stessa giurisprudenza a fare un<br />

passo indietro, disconoscendo l’indirizzo maggioritario in nome di esigenze<br />

di giustizia sostanziale. Così, di fronte ad una pena applicata su richiesta ad<br />

un imputato che altra pronuncia, di poco successiva, aveva assolto, tenendo<br />

conto del grave stato di infermità psichica risalente nel tempo ed accertato<br />

con apposita perizia, i giudici di legittimità non esitano ad ammettere<br />

la revisione della sentenza ex art. 444 c.p.p. benché l’istanza si fondasse<br />

su dati probatori conosciuti – la manifesta patologia da cui era afflitta<br />

la parte – ma non valutati neppure implicitamente( 55 ).<br />

Come si vede, alla resa dei conti, il modello di processo negoziale non<br />

riesce a fornire un equilibrio accettabile dei valori in gioco. Se applicato<br />

integralmente condurrebbe a risultati opposti a quelli d’ispirazione liberal<br />

( 54 ) Cfr. supra, note 1 e 2.<br />

( 55 ) V. Cass., sez. VI, 28 maggio 2007, Cortese, cit., p. 661.

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