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STUDI E RASSEGNE<br />

117<br />

facto fondata su dati gnoseologici già acquisiti, ma anche ipoteticamente acquisibili,<br />

se solo si fosse optato per il contraddittorio dibattimentale.<br />

Non basta: gli effetti abdicativi del pactum si spingono fino ad incidere<br />

sui limiti alla revisione ex art. 631 c.p.p. Resterebbe altrimenti irrisolto il<br />

profilo della ‘‘corrispondenza’’ (sic!) tra le peculiari caratteristiche dell’iter<br />

negoziale e ‘‘il tipo di accertamento da effettuare in sede di giudizio di revisione’’.<br />

La strada indicata consiste nel modellare i poteri del giudice dell’impugnazione<br />

a quelli del suo omologo chiamato ad applicare la pena<br />

concordata. L’ammissibilità dell’istanza ex art. 630 c.p.p. non potrebbe essere<br />

decisa sulla base degli ordinari parametri dettati dal codice, bensì in<br />

virtù di quelli – desumibili dall’art. 129 c.p.p. – operanti in sede di verifica<br />

dell’accordo negoziale.<br />

Quei medesimi parametri finiscono, altresì, per condizionare il giudizio<br />

sul merito destinato a svolgersi dinanzi alla Corte di appello. Si consideri,<br />

infatti, che la capacità del novum di determinare il proscioglimento,<br />

come richiesto dall’art. 631 c.p.p., rappresenti, oltre ad un requisito di ammissibilità,<br />

anche un vincolo per il giudice del merito. Basti pensare all’ipotesi<br />

in cui l’iter innescato da una domanda di revisione ammissibile – ex<br />

ante appariva non improbabile il proscioglimento – si indirizzi verso un<br />

esito diverso: qui la conclusione sarà una pronuncia di rigetto( 36 ).<br />

Allo stesso modo, a seguire l’indirizzo giurisprudenziale in discorso,<br />

qualora l’istanza investa una sentenza applicativa della pena concordata, l’ipotesi<br />

di proscioglimento per insufficienza o contraddittorietà della prova,<br />

bandita dai requisiti di ammissibilità, non è neppure in grado di determinare<br />

una decisione positiva sul merito.<br />

In un simile quadro, la revisione si configura come un segmento post<br />

iudicatum del processo di cognizione, dove le parti s’intendono decadute<br />

dai poteri non esercitati a tempo debito. Ma si tratta di un modello avulso<br />

dal sistema: il dato normativo e la stessa giurisprudenza intendono la revisione<br />

alla stregua di un fenomeno esoprocessuale( 37 ) in quanto diretto, non<br />

già a proseguire, in un’ideale continuità, bensì a risolvere il precedente accertamento<br />

giudiziario. L’istituto risponde, infatti, ad un’autonoma ratio di<br />

giustizia sostanziale che lo affranca dall’iter pregresso al giudicato. In<br />

questa prospettiva, il giudizio che origina dall’istanza ex art. 630 c.p.p.<br />

non può e non deve essere condizionato dal modo in cui le parti abbiano<br />

esercitato le prerogative loro riconosciute nell’ambito del processo di cognizione.<br />

Così, non è ostativa al rimedio straordinario la scelta, a suo tempo<br />

( 36 ) Lo chiarisce M. D’Orazi, La revisione del giudicato penale. Percorsi costituzionali e<br />

requisiti di ammissibilità, cit., p. 344.<br />

( 37 ) Se l’appello e il ricorso in cassazione, ‘‘sono fenomeni endoprocessuali da cui dipende<br />

l’irrevocabilità; la revisione implica un giudicato e mira a risolverlo’’ (F. Cordero,<br />

Procedura penale, Milano, 2006, p. 1235).

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