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STUDI E RASSEGNE<br />

115<br />

condanna a pena più lieve e, poi, divenuta definitiva la sentenza ex art. 444<br />

c.p.p., invocare il rimedio della revisione, per beneficiare in quella sede di<br />

un proscioglimento in virtù del canone ex art. 530 comma 2 c.p.p.<br />

Il rischio prospettato è, per la verità, piuttosto remoto: ci si chiede<br />

perché mai l’imputato che, di fronte ad un quadro accusatorio lacunoso<br />

o contraddittorio, può legittimamente ambire ad un esito favorevole dinanzi<br />

al giudice del dibattimento o del rito abbreviato, debba, invece, scegliere<br />

di assoggettarsi sin da subito ad una pena certa, sia pure scontata( 35 ).<br />

Si consideri, inoltre, come il pericolo di scelte strumentali dell’imputato<br />

sorga solo rispetto ad istanze di revisione fondate su elementi già prodotti<br />

dalle parti ma non valutati dal giudice. Solo in tal caso l’imputato<br />

potrà scientemente sfruttare a proprio vantaggio la divaricazione delle regole<br />

di giudizio esistente tra il rito speciale e quello ordinario, mentre il fenomeno<br />

non può riguardare le situazioni di prova scoperta o sopravvenuta,<br />

sfuggenti in quanto tali al dominio della parte. Come si è visto, però, la<br />

Cassazione esclude che la prova non valutata integri i requisiti richiesti dall’art.<br />

630 lett. c c.p.p. allorché la revisione investa la sentenza di patteggiamento.<br />

Si dissolve così il presupposto stesso dei comportamenti fraudolenti<br />

prospettati dalla dottrina ed, insieme, un argomento a sostegno del prevalente<br />

indirizzo giurisprudenziale.<br />

Sul tappeto restano le istanze riconducibili al generale canone del pacta<br />

sunt servanda. Secondo la giurisprudenza, non si deve fornire all’imputato<br />

uno strumento ‘‘per revocare in dubbio una decisione da lui stesso richiesta’’<br />

e così riaprire una fase di accertamento sul tema storico, neppure<br />

–èimportante sottolinearlo – quando, scoperta o sopravvenuta una nuova<br />

prova, mutino le condizioni dell’originaria decisione. Si badi, infatti, come,<br />

rispetto alla regola di giudizio desumibile dall’art. 129 comma 1 c.p.p., l’intangibilità<br />

dell’accordo sia intesa in senso assoluto. Non importa che elementi<br />

nuovi sovvertano lo stato degli atti cristallizzato al momento del<br />

patto: il giudice della revisione, quale che sia il presupposto dell’istanza,<br />

sarà vincolato ai medesimi parametri cui si attenne il suo omologo richiesto<br />

di applicare la pena concordata. In tal modo, la scelta a favore del rito assume<br />

il significato di una rinuncia irreversibile alla presunzione di innocenza.<br />

Si è evidentemente convinti che la scelta per un modello di processo<br />

acognitivo comporti una traslazione definitiva del rischio dell’errore giudiziario<br />

dall’ordinamento all’imputato. Così si attribuisce all’accordo a suo<br />

tempo intercorso un’efficacia immutabile nel tempo, destinata a proiettarsi,<br />

perfino, oltre il definitivo epilogo del processo.<br />

( 35 ) Il rischio processuale non giustifica la scelta di una pena da parte dell’innocente:<br />

cfr., in tal senso, M. D’Orazi, La revisione del giudicato penale. Percorsi costituzionali e requisiti<br />

di ammissibilità, cit., p. 532.

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