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L’INDICE <strong>PENALE</strong>, 1/2011<br />

alle parti ma non acquisita nel corso del precedente giudizio) alla classe di<br />

conoscenze a suo tempo acquisite ‘‘ma non valutate neanche implicitamente’’<br />

(prova noviter cognita)( 10 ). Si rifletta come per le prime due categorie<br />

il carattere di novità richiesto dall’art. 630 lett. c c.p.p. s’ individui<br />

grazie al raffronto tra il fascicolo sottoposto al giudice chiamato ad applicare<br />

la pena concordata e il risultato desumibile dall’elemento probatorio<br />

addotto a sostegno dell’istanza di revisione: se non compare tra gli atti inclusi<br />

nel fascicolo, la conoscenza può dirsi senz’altro nuova( 11 ). In questi<br />

casi, la motivazione serve a misurare l’influenza del novum nell’economia<br />

del discorso giustificativo del giudice, ma non è utile per apprezzare la novità<br />

della conoscenza. Sicché, nelle ipotesi descritte, non sorgono ostacoli –<br />

né logici né operativi – ad una verifica sull’esistenza dei presupposti ex art.<br />

630 lett. c c.p.p. qualora la domanda di revisione investa una sentenza applicativa<br />

di una pena concordata.<br />

Un diverso parametro vale per la prova noviter cognita, ossia per la conoscenza<br />

acquisita illo tempore ma non valutata dal giudice. Qui il carattere<br />

della novità si desume dalla motivazione, indice dello sfasamento tra le<br />

prove acquisite e quelle esibite a sostegno della sentenza( 12 ). Nel rito ex<br />

artt. 444 e ss c.p.p. le difficoltà nascono dal modello di motivazione adottato<br />

che, nella sua estrema sinteticità, non serve affatto ad individuare le<br />

prove poste a base della decisione né, tantomeno, i motivi per cui il giudice<br />

ha creduto di disattendere le prove contrarie( 13 ). Quest’ultima omissione,<br />

in particolare, sembra aprire una falla nel sistema: l’imputato potrebbe<br />

sempre presentare una richiesta di revisione della sentenza di patteggiamento,<br />

fondandola sul mancato esame delle prove a discarico presenti<br />

nel fascicolo processuale, ma ignorate nella parte motiva della pronuncia<br />

ex art. 445 c.p.p. Ne deriverebbe un’esagerata estensione della fattispecie<br />

disciplinata all’art. 630 lett. c c.p.p., perché il criterio di ammissibilità ivi<br />

previsto diventerebbe incapace di fungere da filtro alla richieste aventi<br />

ad oggetto la sentenza di patteggiamento.<br />

( 10 ) Cfr. Cass., Sez. un., 26 settembre 2001, Pisano, cit., p. 194.<br />

( 11 ) Chiarisce il profilo: M. D’Orazi, La revisione del giudicato penale. Percorsi costituzionali<br />

e requisiti di ammissibilità, cit., p. 462.<br />

( 12 ) Cfr., sul punto, A. Scalfati, Patteggiamento e revisione: tra recupero del giudizio e<br />

attriti di sistema, inPatteggiamento ‘‘allargato’’ e giustizia penale, a cura di F. Peroni, Torino,<br />

2004, p. 60.<br />

( 13 ) Nell’ambito del patteggiamento l’obbligo di motivare si risolve nella mera enunciazione<br />

dell’inesistenza ex actis dei presupposti per la declaratoria ex art. 129 c.p.p. Peraltro, la<br />

motivazione sul punto può essere pure implicita, salvo risultino ‘‘elementi concreti’’ che dimostrino<br />

l’esistenza dei presupposti in discorso: cfr. Cass., Sez. un., 27 marzo 1992, Di Benedetto,<br />

in Cass. pen., 1992, p. 2060. Si tratta di un indirizzo indiscusso anche alla luce della<br />

disciplina sul c.d. patteggiamento allargato: cfr., Cass., sez. VI, 24 maggio 2004, Ansah, in<br />

Guida dir., 2004, n. 47, p. 89.

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