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2.Dante Maffia, Prefazione, in Fenicia, sogno di - Giuseppe Limone

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icorre a lei, proprio nel giorno dei morti, il due novembre, ma<br />

semplicemente per <strong>di</strong>rle che il pulc<strong>in</strong>o “rannicchiato” è <strong>di</strong>ventato<br />

“sgusciato”.<br />

Mi rendo conto che sto seguendo un it<strong>in</strong>erario <strong>di</strong> lettura che fa<br />

sembrare questo libro un piccolo romanzo. In realtà è proprio un romanzo<br />

questo avvicendarsi <strong>di</strong> ricor<strong>di</strong>, <strong>di</strong> <strong>in</strong>contri, <strong>di</strong> richieste, <strong>di</strong> attese, <strong>di</strong><br />

promesse, ed Etna è il punto nodale <strong>di</strong> un <strong>in</strong>termezzo vissuto come una<br />

rivelazione. Diceva Borges che per capirci meglio, per ritrovare noi stessi a<br />

volte basta soffermare lo sguardo sulle cose e rifletterci proiettando il nostro<br />

doppio e colloquiando. In qualche modo <strong>Limone</strong> attua questo pr<strong>in</strong>cipio e ne<br />

ricava riflessi abbaglianti che illum<strong>in</strong>ano lo stato d’animo <strong>in</strong> cui si trova, le<br />

atmosfere vissute <strong>in</strong> un travaglio che comunque sa sempre sfociare <strong>in</strong> rivoli<br />

che sgusciano dalle tenaglie dell’esasperazione e della <strong>di</strong>sperazione. In<br />

<strong>Limone</strong> non c’è lo smarrimento del deserto a cui per esempio ricorsero nella<br />

<strong>di</strong>sperazione Mar<strong>in</strong>a Cvetaeva e Josif Brodskij, neanche quando descrive,<br />

con lucida consapevolezza, “la sforza del cosmo che non passa, / come<br />

l’istante che mai si consuma: / come una chiesa vuota / <strong>in</strong> cui nessuno crede<br />

più, / <strong>in</strong> cui ramarri sonnecchiano annoiati”.<br />

<strong>Limone</strong> <strong>in</strong>treccia, nella sua confessione, momenti <strong>di</strong> riflessione e<br />

momenti lirici puri, momenti squisitamente narrativi e scavi nel proprio io.<br />

Lo fa con naturalezza, <strong>in</strong>curante degli effetti psicologici, delle onde sonore<br />

che produrrà, dello strazio che farà nascere nel lettore. Egli vuole il lettore<br />

suo complice autentico e non come un viandante che lo sfiora e perciò non<br />

esita a farci assistere a un colloquio col padre – 2 febbraio, per un<br />

anniversario. A mio padre – <strong>in</strong> cui le vite s’<strong>in</strong>trecciano e <strong>in</strong> cui appare<br />

evidente una visione <strong>di</strong> mondo tra<strong>di</strong>to. <strong>Limone</strong> parla ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong> cilicio e<br />

la parola ci fa comprendere che cosa passa nella sua anima lacerata, nel<br />

subbuglio del suo essere crocifisso all’altare dell’amore e dell’onore. In<br />

Porto <strong>in</strong>vece c’è quasi una nota elegiaca, con accenti civili che spesso<br />

entrano ed escono dalla poesia <strong>di</strong> questo autore così ricco <strong>di</strong> sorprese, al<br />

punto che nella successiva poesia ci parla <strong>di</strong> Dio che è solo a domandarsi<br />

come svegliare i dormienti “domani <strong>di</strong>versi da come li creò”. Dio non è<br />

forse simile a lui nella solitud<strong>in</strong>e? Anche Dio! E qui la universalità della<br />

poesia <strong>di</strong> <strong>Limone</strong> appare <strong>in</strong> tutto il suo fulgore, <strong>in</strong> tutta la sua ampiezza, f<strong>in</strong>o

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