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CREDERE IN UN’IMPRESA È POSSIBILE<br />

Il coraggio di <strong>in</strong>traprendere per creare valore<br />

Atti <strong>del</strong> Convegno <strong>del</strong>l’<strong>Associazione</strong> <strong>San</strong> Michele Valore Impresa<br />

Rapallo, 27 settembre 2008<br />

Moderatrice Cesara Bonamici


In collaborazione con<br />

_________________________________________________________________________________________________________<br />

<strong>Associazione</strong> <strong>San</strong> Michele Valore Impresa - Via Brigida Morello, 14/a - 16035 <strong>San</strong> Michele di Pagana (Rapallo) - C.F. 91040950106<br />

Segreteria organizzativa 02 96877728 - Segreteria tesoriere 010 315615 – segreteria@asmvi.org - www.valoreimpresa.asmvi.org<br />

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Il manifesto sui valori di impresa<br />

Indice<br />

Saluto <strong>del</strong> s<strong>in</strong>daco di Rapallo Mentore Campodonico<br />

Messaggio <strong>del</strong>l’arcivescovo di Genova card. Angelo Bagnasco<br />

Saluto <strong>del</strong> vescovo di Chiavari mons. Alberto Tanas<strong>in</strong>i<br />

Piero Micossi<br />

Presentazione <strong>del</strong> manifesto sui valori di impresa<br />

Ettore Gotti Tedeschi<br />

Le radici cristiane <strong>del</strong> capitalismo <strong>in</strong> Europa<br />

Giovanni Marseguerra<br />

La piccola impresa nel panorama economico italiano<br />

Carlo Stagnaro<br />

Liberalizzare: una scelta morale<br />

Pierluigi Stefan<strong>in</strong>i<br />

Creare valore e partire dai valori: l’esperienza cooperativa<br />

Mario Preve<br />

Fami<strong>gli</strong>a e impresa: il passaggio generazionale<br />

Roberto Mazzotta<br />

Il ruolo <strong>del</strong> sistema bancario nel sostegno alla nascita e alla crescita <strong>del</strong>la nuova impresa<br />

Raffaello Vignali<br />

Con-correre per competere<br />

Alessandro Azzi<br />

Ruolo <strong>del</strong>le Banche di Credito Cooperativo nel sostegno alla nascita e alla crescita <strong>del</strong>la<br />

piccola impresa<br />

Adriano De Maio<br />

Riproporre i valori di impresa nella scuola e nelle università italiane<br />

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Armando Persico<br />

Fare scuola per far crescere persone ricche di capacità critica e di responsabilità creativa<br />

Oscar Giann<strong>in</strong>o<br />

Prima <strong>del</strong>l’impresa c’è l’imprenditore<br />

Matteo Colan<strong>in</strong>no<br />

Come e perché fare impresa <strong>in</strong> Italia<br />

Davide Viziano<br />

Presentazione <strong>del</strong> Premio Scuola e Impresa<br />

Giampiero Cantoni<br />

Conclusioni<br />

Profili dei relatori<br />

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Il manifesto sui valori di impresa<br />

I proponenti:<br />

Benedetto Bruzzo<br />

Giancarlo Dughera<br />

Rodolfo Lercari<br />

Stefano Mess<strong>in</strong>a<br />

Piero Micossi<br />

Ernesto Pellegr<strong>in</strong>i<br />

Mario Preve<br />

Adolfo Valsecchi<br />

Raffaello Vignali<br />

Davide Viziano<br />

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Fare impresa <strong>in</strong> Italia è difficile per molte ragioni, prima fra tutte che l’idea di impresa non ha una<br />

rappresentazione collettiva positiva.<br />

Fare impresa implica coraggio, rischio, creatività, capacità di giudizio, desiderio di avere successo,<br />

ambizione, fiducia <strong>in</strong> se stessi, amore <strong>del</strong>la propria libertà e <strong>del</strong>la propria <strong>in</strong>dipendenza, cioè un complesso di<br />

doti e di <strong>atti</strong>tud<strong>in</strong>i che sono state progressivamente considerate non appartenenti o non alla portata di un<br />

grande numero di persone.<br />

Si è sviluppata nella società una concezione <strong>del</strong>la persona per cui è considerato nobile ciò che è<br />

immediatamente e direttamente dest<strong>in</strong>ato alla collettività. Le opzioni espresse da molti giovani <strong>in</strong><br />

relazione al proprio futuro vedono prevalere il desiderio di appartenere a istituzioni pubbliche, di<br />

lavorare <strong>in</strong> organizzazioni senza scopo di lucro, di trovare collocazione sicure <strong>in</strong> grandi aziende<br />

privilegiando il «posto» di lavoro rispetto al contenuto <strong>del</strong> proprio lavoro.<br />

In molti si è sviluppata anche un’idea negativa <strong>del</strong> lavoro, per cui scopo <strong>del</strong> lavorare è procurarsi risorse<br />

economiche da utilizzare nel tempo libero o <strong>in</strong> altre <strong>atti</strong>vità considerate il luogo reale per la realizzazione<br />

<strong>del</strong>la propria personalità e dei propri desideri. L’impossibilità di trovare soddisfazione a queste aspettative ha<br />

prodotto <strong>in</strong> parte rilevante <strong>del</strong> mondo giovanile distacco, quando non ostilità, rispetto all’idea di<br />

appartenenza a questa società.<br />

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Partiti e istituzioni, ma anche mondo accademico e op<strong>in</strong>ion leader, contribuiscono alla crescita di<br />

questo modo di pensare, accreditando l’idea che la soluzione dei problemi <strong>del</strong>la crescita economica, <strong>del</strong><br />

lavoro, <strong>del</strong>la coesione sociale debbano essere affidati a politiche pubbliche (<strong>in</strong>centivi, sussidi,<br />

redistribuzione di ricchezza) o ad approcci macroeconomici.<br />

Questo ha ne<strong>gli</strong> anni sviluppato un <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito contenzioso corporativo fra gruppi sociali e istituzioni,<br />

all’<strong>in</strong>terno <strong>del</strong> quale ciascuno cerca di ottenere per sé benefici trasferendo ad altri <strong>gli</strong> oneri e le<br />

responsabilità. Non si vuole qui negare la rilevanza <strong>del</strong> ruolo <strong>del</strong>le istituzioni, dei partiti o <strong>del</strong>le politiche<br />

economiche, quanto rilevare che assistiamo a un rovesciamento dei ruoli per cui la società, i cittad<strong>in</strong>i<br />

chiedono alla politica e allo Stato ciò che essi stessi dovrebbero assumere la responsabilità di fare, mentre<br />

partiti e istituzioni pubbliche si caricano impropriamente di compiti che dovrebbero appartenere alla società<br />

civile, anzi me<strong>gli</strong>o a<strong>gli</strong> <strong>in</strong>dividui. Il fallimento storico dei sistemi politici di tipo collettivistico e alcune<br />

distorsioni egualitaristiche generate all’<strong>in</strong>terno <strong>del</strong> mondo cattolico ne<strong>gli</strong> anni 60’ e 70’ ci hanno lasciato <strong>in</strong><br />

eredità alcuni pregiudizi verso le libertà <strong>in</strong>dividuali, particolarmente quella di <strong>in</strong>iziativa economica, che<br />

vengono percepite come dannose per una non me<strong>gli</strong>o precisata «collettività».<br />

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Inoltre persiste nella cultura politica <strong>del</strong> nostro paese la nozione per cui nello Stato risiederebbe la<br />

tutela <strong>del</strong>l’<strong>in</strong>teresse generale, mentre tutto ciò che nasce dall’<strong>in</strong>iziativa dei s<strong>in</strong>goli va misurato,<br />

<strong>del</strong>imitato e regolato per evitare che possa danneggiare <strong>in</strong>teressi collettivi. Ciò produce anche una<br />

gerarchia <strong>del</strong> giudizio e <strong>del</strong>la legittimità morale dei soggetti, all’<strong>in</strong>terno <strong>del</strong>la quale ciò che è pubblico,<br />

volontario, senza scopo di lucro, rappresenta il bene e corrisponde all’<strong>in</strong>teresse generale, mentre ciò<br />

che è frutto di aspettative e speranze <strong>in</strong>dividuali, di <strong>in</strong>iziativa personale, di <strong>in</strong>trapresa è visto con<br />

sospetto e rappresenta comunque qualche cosa di moralmente meno nobile.<br />

Sulla base di questa riflessione, qui espressa <strong>in</strong> grande s<strong>in</strong>tesi, un gruppo di imprenditori ha<br />

com<strong>in</strong>ciato a riunirsi e a discutere trovando nella terra di Liguria a <strong>San</strong> Michele di Pagana, attorno<br />

alla sua bellissima chiesa barocca, il luogo fisico di questo <strong>in</strong>contro e di questa riflessione.<br />

Ciò non è casuale, perché <strong>in</strong> questa terra e <strong>in</strong> altre vic<strong>in</strong>e sono nati il capitalismo mercantile e f<strong>in</strong>anziario,<br />

basati sulla <strong>in</strong>iziativa e sulla responsabilità de<strong>gli</strong> <strong>in</strong>dividui e <strong>del</strong>le proprie fami<strong>gli</strong>e, a costituire il motore<br />

fondamentale <strong>del</strong>la crescita civile ed economica ed anche <strong>del</strong>la rilevanza militare e <strong>del</strong>la espansione culturale<br />

e commerciale.<br />

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Il proposito di questo gruppo di amici è di richiamare i valori <strong>del</strong>l’impresa e <strong>del</strong>la sussidiarietà quali<br />

valori fondanti il rilancio <strong>del</strong>la nostra società e <strong>del</strong>la sua coesione civile, riproponendo il tema <strong>del</strong><br />

lavoro, <strong>del</strong>la fami<strong>gli</strong>a e <strong>del</strong>la responsabilità personale quali fondamenti possibili di tale percorso.<br />

La storia <strong>del</strong> progresso <strong>del</strong>le società europee de<strong>gli</strong> ultimi secoli è segnata dal successo di <strong>in</strong>traprese<br />

operate da <strong>in</strong>dividui che hanno assunto rischi, si sono assegnati obiettivi spesso molto ambiziosi, li<br />

hanno perseguiti con tenacia e conseguiti con fatica.<br />

Ogni volta che uno di tali ambiziosi disegni ha avuto successo, questo ha prodotto cambiamenti importanti<br />

nella vita <strong>del</strong>le popolazioni europee (e talora anche non europee), ne ha modificato la cultura,<br />

l’organizzazione sociale, le condizioni di lavoro, le abitud<strong>in</strong>i al consumo, talora anche <strong>in</strong> maniera traumatica.<br />

Nel secolo scorso, la storia prima di tipo <strong>in</strong>dustriale e poi <strong>del</strong>lo sviluppo <strong>del</strong>le società <strong>del</strong>la conoscenza e<br />

dei servizi ci fornisce una rappresentazione molto chiara di questo concetto. L’<strong>in</strong>tuizione di Ford <strong>del</strong>la<br />

possibilità di produrre una automobile per la grande massa dei cittad<strong>in</strong>i, la ripetizione <strong>in</strong> Italia di questa<br />

esperienza con la nascita e lo sviluppo di Fiat, la straord<strong>in</strong>aria esperienza imprenditoriale e civile di Adriano<br />

Olivetti e <strong>del</strong> movimento di Comunità, lo sviluppo <strong>del</strong>le istituzioni f<strong>in</strong>anziarie e dei mercati dei capitali, la<br />

nascita <strong>del</strong>l’<strong>in</strong>formatica e lo sviluppo <strong>del</strong>la società <strong>del</strong>le conoscenze e di Internet che hanno portato nelle<br />

case di milioni di cittad<strong>in</strong>i <strong>in</strong>formazioni prima riservate alle elite o a<strong>gli</strong> specialisti, lo sviluppo <strong>del</strong>le<br />

telecomunicazioni e dei media, la possibilità di viaggiare a basso costo che ha aperto nuove opportunità di<br />

mobilità a masse sterm<strong>in</strong>ate di uom<strong>in</strong>i, l’entrata sul mercato di operatori come Zara o come e-Bay che hanno<br />

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completamente tras<strong>formato</strong> il modo di comperare e consumare e reso possibile l’accesso a beni prima non<br />

accessibili (addirittura secondo alcuni elim<strong>in</strong>ando le esistenti dist<strong>in</strong>zioni fra ceti e classi sociali): tutto ciò è<br />

stato frutto di impresa, cioè di <strong>in</strong>iziativa di <strong>in</strong>dividui che sono stati capaci di proporre nuove idee e che hanno<br />

avuto l’<strong>in</strong>telligenza e l’energia di dar loro corpo e di farle diventare realtà. Certamente l’impatto<br />

<strong>del</strong>l’<strong>in</strong>novazione sulla organizzazione sociale è stato rilevante, spesso ha comportato disadattamento e<br />

perdita di punti di riferimento per milioni di uom<strong>in</strong>i.<br />

La civiltà europea si è affermata come punto di riferimento nel mondo proprio per la sua capacità di<br />

temperare <strong>gli</strong> effetti sociali <strong>del</strong>le grandi trasformazioni <strong>del</strong> commercio e dei modi di produzione.<br />

A ciò hanno contribuito <strong>in</strong> maniera decisiva le organizzazioni <strong>del</strong> mondo <strong>del</strong> lavoro e <strong>gli</strong> Stati con le<br />

proprie politiche di previdenza e di protezione sociale e sanitaria. Tuttavia questi ruoli di difesa di <strong>in</strong>teressi<br />

collettivi si sono gradualmente dilatati f<strong>in</strong>o a costituire ostacolo e v<strong>in</strong>colo alla crescita economica <strong>del</strong>la<br />

società, alla produzione di nuova ricchezza e di nuovo lavoro e alla soddisfazione <strong>del</strong>le aspirazioni dei<br />

s<strong>in</strong>goli.<br />

È conv<strong>in</strong>zione dei proponenti di questo manifesto che occorra riproporre i valori di impresa alla<br />

società italiana come mo<strong>del</strong>lo di responsabilità personale ma anche come di impegno di servizio.<br />

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1. Fare impresa significa impegnare la propria responsabilità, le proprie energie e la propria<br />

creatività per sviluppare progetti, creare realtà produttive nel campo dei beni e dei servizi di cui la società<br />

ha bisogno.<br />

2. Il successo di ogni impresa dipende dalla bontà <strong>del</strong>l’<strong>in</strong>tuizione da cui si è partiti, dalla tenacia e<br />

dalla capacità di lavoro di coloro che ne portano la responsabilità, dal contesto f<strong>in</strong>anziario e sociale <strong>in</strong><br />

cui l’<strong>in</strong>iziativa si colloca.<br />

3. Occorre creare un nuovo clima di fiducia perché i giovani che desiderano conquistare la propria<br />

autonomia e formarsi una fami<strong>gli</strong>a consider<strong>in</strong>o la possibilità di avviare una propria <strong>atti</strong>vità di impresa<br />

come scelta possibile e mi<strong>gli</strong>ore rispetto ad altre scelte. A questo potrebbe contribuire il mondo<br />

<strong>del</strong>l’<strong>in</strong>formazione comunicando e rendendo più visibili i molti successi <strong>del</strong>le storie imprenditoriali italiane.<br />

4. La scuola e l’università che hanno spesso nel recente passato guardato all’impresa con diffidenza,<br />

preferendo sottol<strong>in</strong>eare la necessità di lontananza e di separatezza, dovrebbero <strong>in</strong>vece contribuire a<br />

riproporre i valori <strong>del</strong>la <strong>in</strong>trapresa <strong>in</strong>dividuale proponendo le esperienze di successo come materiale<br />

did<strong>atti</strong>co all’<strong>in</strong>terno dei programmi formativi. Il tema <strong>del</strong>la centralità <strong>del</strong> lavoro va riproposto all’<strong>in</strong>terno<br />

<strong>del</strong> nostro sistema di formazione come valore centrale di servizio alla propria fami<strong>gli</strong>a e alla società e<br />

riproposto come centro <strong>del</strong> percorso di educazione e di formazione.<br />

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5. Il più importante problema per chi vuole fare impresa è quello <strong>del</strong> credito, cioè <strong>del</strong>la possibilità di<br />

trovare supporto f<strong>in</strong>anziario nelle istituzioni f<strong>in</strong>anziarie e bancarie. La capacità <strong>del</strong> nostro sistema bancario di<br />

valutare il merito dei progetti che vengono sottoposti, pur mi<strong>gli</strong>orata ne<strong>gli</strong> ultimi anni, rimane ancora<br />

<strong>in</strong>feriore a quanto occorrerebbe per favorire lo sviluppo di nuove <strong>in</strong>iziative e per rendere accessibile il<br />

credito a più soggetti non dotati <strong>in</strong>izialmente di risorse proprie.<br />

6. Il ruolo <strong>del</strong>lo Stato nel favorire la nascita di nuove imprese dovrebbe svilupparsi rispetto a quanto<br />

accade ora ed essere caratterizzato da trasparenza, dalla riduzione <strong>del</strong>la discrezionalità nelle decisioni, dalla<br />

r<strong>in</strong>uncia a utilizzare <strong>in</strong>centivi per sostenere la crescita di <strong>in</strong>iziative clientelari e senza capacità di<br />

creare valore.<br />

7. È <strong>in</strong>dispensabile dare subito concretezza alle reiterate promesse di semplificazione <strong>del</strong> processo<br />

burocratico e amm<strong>in</strong>istrativo necessario per far nascere una nuova impresa, sia rendendo disponibili forme<br />

di «sportello unificato» sia costituendo uffici di supporto a coloro che desiderano avviare una propria <strong>atti</strong>vità<br />

commerciale, <strong>in</strong>dustriale o di servizio. Particolare rilievo dovrebbero avere istituzioni ed enti locali <strong>in</strong> questo<br />

processo di facilitazione e di accompagnamento per chi vuole creare nuove <strong>atti</strong>vità.<br />

8. Occorre determ<strong>in</strong>are una situazione di marcato alleggerimento <strong>del</strong>la pressione fiscale per chi avvia<br />

nuove <strong>atti</strong>vità imprenditoriali e mantenere tale regime per un tempo sufficientemente lungo, <strong>in</strong> modo da<br />

consentirne il consolidamento.<br />

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Cesara Bonamici<br />

Come avete ben visto dall'<strong>in</strong>vito è un momento importante perché oggi l'<strong>Associazione</strong> <strong>San</strong><br />

Michele Valore Impresa, un’associazione di imprenditori di ispirazione cattolica, lancia questo<br />

suo manifesto per i valori di impresa e questo è il <strong>convegno</strong> ufficiale <strong>del</strong>la fondazione, qu<strong>in</strong>di un<br />

momento di sicuro importante e da ricordare e che è stato reso possibile grazie all'aiuto di tanti<br />

sponsor. Non sto a ricordarli tutti, ma sono tutti di grande importanza e li trovate citati nei vostri<br />

<strong>in</strong>viti. Naturalmente, tra i primi sostenitori c’è il comune di Rapallo. Qu<strong>in</strong>di vorrei subito <strong>in</strong>vitare<br />

qui il s<strong>in</strong>daco Mentore Campodonico, per rivolgere un saluto a tutti voi.<br />

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Saluto <strong>del</strong> s<strong>in</strong>daco di Rapallo<br />

Mentore Campodonico<br />

Oggi ho l'onore e il piacere di portare il saluto <strong>del</strong>la città di Rapallo a voi che siete convenuti qui per un<br />

<strong>convegno</strong> che auspichiamo possa essere il primo di una lunga serie.<br />

È tradizione e ambizione <strong>del</strong> nostro territorio, proprio <strong>in</strong> virtù <strong>del</strong>la sua vocazione turistica e all'ospitalità,<br />

catalizzare numerosi eventi legati alla cultura, all'arte, a<strong>gli</strong> <strong>in</strong>trattenimenti di alto livello, ma anche <strong>in</strong>contri<br />

legati all'economia e alla politica <strong>in</strong>tesa nel suo significato più positivo.<br />

Anche per queste tradizioni l'amm<strong>in</strong>istrazione comunale di Rapallo ha seguito con <strong>in</strong>teresse e attenzione la<br />

nascita <strong>del</strong>l’<strong>Associazione</strong> <strong>San</strong> Michele Valore Impresa, <strong>in</strong>tuendone le potenzialità e apprezzandone le<br />

f<strong>in</strong>alità. Pensiamo <strong>in</strong>f<strong>atti</strong> che l'impegno nella cosa pubblica non sia solo legato al buon espletamento<br />

<strong>del</strong>l'amm<strong>in</strong>istrazione <strong>del</strong> territorio, compito peraltro prioritario ed essenziale, ma debba estendersi al<br />

confronto con le d<strong>in</strong>amiche sociali ed economiche che sempre più ci condizionano.<br />

In quest'ottica e <strong>in</strong> considerazione de<strong>gli</strong> eventi economici drammatici che attraversa l'economia mondiale<br />

globalizzata, ritengo essenziale <strong>in</strong>terrogarsi e riflettere su quanto sta accadendo.<br />

Tutti, e <strong>in</strong> particolare chi ha responsabilità pubbliche, i s<strong>in</strong>daci <strong>in</strong> primis quale prima l<strong>in</strong>ea <strong>del</strong> rapporto<br />

politica-cittad<strong>in</strong>o, abbiamo il dovere di cercare di comprendere le cause e soprattutto <strong>gli</strong> effetti <strong>del</strong>lo scenario<br />

economico <strong>in</strong> cui stiamo vivendo.<br />

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Certamente si impone una riflessione, che rispecchia anche lo stato d'animo di tanti cittad<strong>in</strong>i preoccupati<br />

per il proprio futuro e quello dei propri fi<strong>gli</strong>, e sicuramente dovremo chiarirci, quando, come ci auguriamo,<br />

questa tempesta avrà compiuto il suo percorso, i rapporti fra uomo ed economia, fra f<strong>in</strong>anza e lavoro.<br />

In queste considerazioni stanno le ragioni <strong>del</strong> sostegno che il comune di Rapallo ha ritenuto di dare a tale<br />

<strong>in</strong>iziativa. Un'<strong>in</strong>iziativa che, ricercando un equilibrio più equo e più collegato ai valori umani nel mondo<br />

<strong>del</strong>la produzione, può suggerire una strada da percorrere nel segno <strong>del</strong> bene comune per formare, sostenere,<br />

promuovere un'imprenditorialità consapevole.<br />

Concedetemi <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, come s<strong>in</strong>daco di questa città, una notazione più locale.<br />

Tanti di voi conoscono Rapallo e la Riviera, per altri è un'occasione per conoscerla e apprezzarla.<br />

A tutti dico: tornate a Rapallo. Sia <strong>in</strong> occasione di questo appuntamento, che auspichiamo si ripeta<br />

periodicamente, sia come ospiti graditi per godere <strong>del</strong> clima e <strong>del</strong>le bellezze che la nostra terra offre <strong>in</strong> tutte<br />

le stagioni a chi vuole visitarla, conoscerla e amarla come merita.<br />

Grazie e buon lavoro.<br />

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Cesara Bonamici<br />

Grazie al s<strong>in</strong>daco di Rapallo. Vo<strong>gli</strong>o leggervi ora un messaggio <strong>del</strong>l'arcivescovo di Genova, sua em<strong>in</strong>enza<br />

card<strong>in</strong>al Angelo Bagnasco.<br />

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Messaggio <strong>del</strong>l’arcivescovo di Genova<br />

card. Angelo Bagnasco<br />

Stimati partecipanti al <strong>convegno</strong> Credere <strong>in</strong> un'impresa è possibile, rivolgo un cordiale saluto <strong>in</strong> questa<br />

occasione che ci vede riuniti per approfondire i temi salienti <strong>del</strong>l'impresa oggi.<br />

Come è stato opportunamente sottol<strong>in</strong>eato nel manifesto redatto dall'<strong>Associazione</strong> <strong>San</strong> Michele Valore<br />

Impresa, è necessaria una r<strong>in</strong>novata attenzione e una concreta cura verso l'<strong>in</strong>iziativa privata aff<strong>in</strong>ché possa<br />

essere una possibilità per molti giovani che si affacciano sul mondo <strong>del</strong> lavoro e che non di rado si trovano <strong>in</strong><br />

difficoltà.<br />

Accanto a questo si pone la necessità per ogni idea imprenditoriale di essere il più possibile condivisa<br />

aff<strong>in</strong>ché ognuno possa sentirsi <strong>in</strong> qualche misura responsabile e l'impresa diventi una comunità di <strong>in</strong>tenti.<br />

Ciò implica la chiarezza di obiettivi, di tempi, di strumenti e di metodi, ma anche la cura dei rapporti<br />

<strong>in</strong>terpersonali a tutti i livelli.<br />

Nell'orizzonte virtuoso <strong>in</strong>dispensabile <strong>del</strong>la sussidiarietà, per cui tutti i soggetti pubblici e privati si<br />

relazionano tra di loro <strong>in</strong> modo rispettoso e responsabile, l'impresa acquista un valore irr<strong>in</strong>unciabile e diventa<br />

un bene per l'<strong>in</strong>tera comunità civile.<br />

Con sentimenti di stima e di apprezzamento rivolgo a tutti il mio fervido augurio di proficuo lavoro<br />

<strong>in</strong>sieme al mio cordiale saluto.<br />

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Cesara Bonamici<br />

Invito sul palco per un saluto il vescovo di Chiavari, monsignor Alberto Tanas<strong>in</strong>i. Prego monsignore.<br />

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Saluto dal vescovo di Chiavari<br />

mons. Alberto Tanas<strong>in</strong>i<br />

Volentieri porto questo saluto. Dal momento che non solo questo <strong>in</strong>contro si svolge nella nostra diocesi,<br />

perché se è nella città di Rapallo però è nella diocesi di Chiavari, nella diocesi <strong>del</strong> Tigullio, ma anche perché<br />

mi pare di aver capito che le radici di questo <strong>in</strong>contro hanno un legame con la realtà di <strong>San</strong> Michele, cioè<br />

non solo una localizzazione ma anche una parrocchia che ha la capacità di muovere, muovere persone,<br />

provocarle, chiedendo e dando, ed è una mia parrocchia. Ecco, questo mi pare che giustifichi la<br />

soddisfazione di essere qui. Tra l'altro, fra parentesi, siamo nelle feste di <strong>San</strong> Michele.<br />

Non credo che sia soltanto una co<strong>in</strong>cidenza questa, che nelle feste di <strong>San</strong> Michele Arcangelo, cui è<br />

<strong>in</strong>titolata la parrocchia di <strong>San</strong> Michele di Pagana, si svolga tale evento. Ecco, qui verrebbe vo<strong>gli</strong>a al vescovo<br />

di fare un <strong>in</strong>tervento che rischierebbe però di diventare un'omelia e non lo faccio, cioè il legame con <strong>San</strong><br />

Michele, quello che nell'iconografia viene messo <strong>in</strong> evidenza come colui che uccide il drago, che v<strong>in</strong>ce<br />

satana. Qu<strong>in</strong>di potrebbero esserci tanti richiami a questo proposito.<br />

Invece io brevemente, proprio per il saluto, parto dall'affermazione «credere <strong>in</strong> un'impresa è possibile».<br />

La Chiesa lo crede, crede che non solo è possibile ma è doveroso.<br />

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Nella dottr<strong>in</strong>a sociale <strong>del</strong>la Chiesa dove al riguardo <strong>del</strong>l'impresa si dice che essa è basata sulla libertà<br />

<strong>del</strong>la persona <strong>in</strong> campo economico, pr<strong>in</strong>cipio che viene ritenuto, affermato me<strong>gli</strong>o, come un valore<br />

fondamentale e un diritto <strong>in</strong>alienabile da promuovere e tutelare.<br />

Questo è il fondamento <strong>del</strong>la conv<strong>in</strong>zione <strong>del</strong>la Chiesa: essa dice che la libera e responsabile <strong>in</strong>iziativa <strong>in</strong><br />

campo economico può essere anche def<strong>in</strong>ita come un atto che rivela l'umanità <strong>del</strong>l'uomo <strong>in</strong> quanto soggetto<br />

creativo e relazionale. Qu<strong>in</strong>di necessario perché l'uomo manifesti se stesso.<br />

Ecco, penso di avere dato alcuni spunti essenziali per dire che la Chiesa è conv<strong>in</strong>ta che bisogna credere<br />

nell'impresa e, direi, ancora di più nell'imprenditore.<br />

Alla base <strong>del</strong>l'impresa c'è <strong>in</strong>f<strong>atti</strong> l'imprenditore. Ho visto che nel <strong>convegno</strong> c'è una relazione dal titolo<br />

Prima <strong>del</strong>l'impresa c’è l'imprenditore. Io sono conv<strong>in</strong>to di questa centralità <strong>del</strong>l'imprenditore, proprio perché<br />

l'imprenditore è l'uomo, è l'uomo che muove l'impresa, che la promuove. Anche qui ci sarebbero a mio<br />

avviso molte riflessioni da fare, che penso farete voi stessi <strong>in</strong> questo <strong>in</strong>contro.<br />

Mi sono fatto una conv<strong>in</strong>zione: non è facile trovare veri imprenditori. E questa mia conv<strong>in</strong>zione nasce<br />

anche da un colloquio con un vecchio imprenditore che <strong>in</strong>contrai quattro anni fa a Genova, durante <strong>gli</strong> auguri<br />

di Natale che si fanno tradizionalmente <strong>in</strong> vescovado, quando io ero amm<strong>in</strong>istratore diocesano di Genova.<br />

Questa persona si fermò a parlami - non ne faccio il nome ma è molto conosciuta - e mi disse: «Io mi sento<br />

un imprenditore, non <strong>in</strong>seguo la f<strong>in</strong>anza, re<strong>in</strong>vesto nelle imprese e rischio a questo proposito».<br />

Perché imprenditore vuol dire passione, vuol dire senso di responsabilità, vuol dire capacità di impegnare<br />

risorse, avere una dimensione creativa <strong>del</strong>la vita e avere il senso <strong>del</strong>l'uomo, <strong>del</strong> valore di se stesso e <strong>del</strong><br />

valore di que<strong>gli</strong> uom<strong>in</strong>i senza i quali non c'è l'impresa.<br />

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Ecco, io spero che la mia riflessione sia utile, proprio perché vuole essere una riflessione che guarda<br />

all'impresa dal punto di vista dei cattolici, perché <strong>gli</strong> imprenditori che partecipano a questo <strong>convegno</strong> si sono<br />

qualificati apertamente come persone che vo<strong>gli</strong>ono <strong>in</strong>tervenire <strong>in</strong> quanto cattolici <strong>in</strong> un impegno che credo<br />

ambizioso e possibile, quello di un manifesto da offrire a tutti, a tutto il mondo che deve guardare<br />

all'impresa, un manifesto che dica che chi è credente non è ai marg<strong>in</strong>i di questa esperienza, ma vi si pone al<br />

centro, al cuore. Perciò cui vi auguro che tutto questo sia frutto <strong>del</strong> vostro <strong>in</strong>contro.<br />

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Cesara Bonamici<br />

Grazie a monsignor Tanas<strong>in</strong>i per il suo saluto e il suo messaggio.<br />

Questi sono giorni nei quali si è dibattuto molto, forse non tanto <strong>del</strong>l'impresa quanto piuttosto<br />

<strong>del</strong>l'ambiente nel quale l'impresa debba e possa vivere; basti pensare alle recenti <strong>in</strong>terviste, a<strong>gli</strong> <strong>in</strong>terventi<br />

<strong>del</strong> m<strong>in</strong>istro <strong>del</strong> Tesoro sui limiti <strong>del</strong> capitalismo e sulla necessità di più regole, per non parlare poi<br />

<strong>del</strong>l'<strong>in</strong>terventismo statale ne<strong>gli</strong> Stati Uniti da parte di un governo che si è sempre dichiarato liberista e che<br />

però nel momento di difficoltà non ha esitato a nazionalizzare dei pezzi importanti <strong>del</strong>la f<strong>in</strong>anza americana. .<br />

Questo significa che c'è di sicuro una necessità di dib<strong>atti</strong>to per capire dove si colloca oggi l'impresa, con<br />

quali regole, con quali pr<strong>in</strong>cipi, con quali responsabilità e di sicuro questa appare l'occasione giusta per<br />

mettere <strong>in</strong> risalto qualità, obiettivi, contesti proprio <strong>del</strong> fare impresa.<br />

Qu<strong>in</strong>di lascio subito la parola al presidente <strong>del</strong>la <strong>Associazione</strong> <strong>San</strong> Michele Valore Impresa, Piero<br />

Micossi.<br />

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Piero Micossi<br />

Presentazione <strong>del</strong> manifesto sui valori di impresa<br />

Questa <strong>in</strong>iziativa nasce da un gruppo di amici, come ha detto Sua Eccellenza il Vescovo, che si trovano a<br />

<strong>San</strong> Michele anche per far vacanza, ma che sono sollecitati a fare di più da un parroco che vede nel suo<br />

ruolo anche una funzione di promozione culturale cont<strong>in</strong>ua.<br />

Questo gruppo di amici, il cui elenco sta <strong>in</strong> tutti i manifesti <strong>del</strong> <strong>convegno</strong>, si riunisce da un anno per<br />

riflettere sul proprio ruolo di imprenditore e sulla responsabilità di impresa, <strong>del</strong> fare impresa, essendo<br />

cattolici.<br />

Di qui è nata l'idea di proporre questo tema <strong>del</strong>l'impresa alla società italiana, <strong>in</strong> una riflessione che sia<br />

capace di ripensare a quello che non funziona ma anche di valorizzare quello che funziona e che è<br />

<strong>in</strong>dispensabile per la nostra società.<br />

Fare impresa <strong>in</strong> Italia è difficile, su questo non c'è dubbio. Siamo al sessantac<strong>in</strong>quesimo posto nella<br />

graduatoria dei paesi per la facilità di svolgere <strong>atti</strong>vità di impresa e veniamo dopo paesi come Hong Kong,<br />

Thailandia, Georgia.<br />

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L’Italia nella graduatoria dei Paesi per la facilità di svolgere <strong>atti</strong>vità d’impresa<br />

2008 2009<br />

S<strong>in</strong>gapore 1 1<br />

Nuova Zelanda 2 2<br />

Stati Uniti 3 3<br />

Hong-Kong C<strong>in</strong>a 4 4<br />

Thailandia 19 13<br />

Georgia 21 15<br />

Belgio 16 19<br />

Italia 59 65<br />

Fonte: Banca Mondiale, Do<strong>in</strong>g Bus<strong>in</strong>ess, 2009.<br />

Le ragioni <strong>del</strong>la difficoltà di fare impresa: posto <strong>in</strong> classifica <strong>del</strong>l’Italia<br />

Avviare un'<strong>atti</strong>vità<br />

Gestione permessi edili<br />

Rapporti di lavoro<br />

Registro di una proprietà<br />

Prelievo fiscale<br />

Chiudere un'<strong>atti</strong>vità<br />

53<br />

83<br />

75<br />

58<br />

128<br />

27<br />

Fonte: Banca Mondiale, Do<strong>in</strong>g Bus<strong>in</strong>ess, 2009.<br />

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Quando ero giovane il tema <strong>del</strong> lavoro e <strong>del</strong> fare impresa, il tema dei cavalieri <strong>del</strong> lavoro - mi ricordo<br />

Fumagalli, la Candi - erano cont<strong>in</strong>uamente all'attenzione dei media. Oggi di lavoro e di impresa nei media si<br />

parla pochissimo. E l'obiettivo che noi ci siamo dati è di portare questa riflessione <strong>in</strong> tre mondi.<br />

Quello dei media <strong>in</strong>nanzitutto, per riproporre il tema <strong>del</strong> valore, <strong>del</strong>la responsabilità di un <strong>in</strong>dividuo che<br />

col proprio lavoro crea valore, crea ricchezza.<br />

Il mondo <strong>del</strong>la scuola, dove non si parla più di lavoro; a scuola bisogna fare un mucchio di cose:<br />

laboratori, computer, <strong>in</strong>glese, g<strong>in</strong>nastica, tennis, ma il sistema di valore che fonda un uomo nella sua<br />

responsabilità verso la società non è un tema forte, oggi. Però voi vedrete che esistono dei casi dove questo<br />

accade. Oggi parleremo di scuola con il professor Persico, che ha <strong>in</strong>ventato dei progetti nella sua scuola che<br />

credo ci debbano fare molto riflettere.<br />

Il terzo mondo è quello <strong>del</strong> credito, che non fa molta fatica a prestare dei soldi a chi li ha, ma che non fa<br />

moltissimo per aiutare i giovani a credere nella possibilità di fare impresa e a sostenerli. Anche se noi<br />

abbiamo <strong>in</strong>vitato alcune persone che forse fanno di più.<br />

Qu<strong>in</strong>di il tema da cui siamo partiti è che si è sviluppata nella società italiana una concezione <strong>del</strong>la<br />

persona per cui è considerato nobile ciò che è immediatamente e direttamente dest<strong>in</strong>ato alla collettività. Nei<br />

giovani, <strong>in</strong> relazione al proprio futuro, emerge il desiderio di appartenere a istituzioni pubbliche, di trovare<br />

collocazione <strong>in</strong> organizzazioni senza scopo di lucro, spesso privilegiando il posto di lavoro e non il contenuto<br />

<strong>del</strong> proprio lavoro; e anche <strong>in</strong> partiti, istituzioni, mondo accademico, economisti cresce l'idea che la<br />

soluzione dei problemi <strong>del</strong>la crescita <strong>del</strong> paese, <strong>del</strong>la produzione di ricchezza, <strong>del</strong>la coesione sociale siano o<br />

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debbano essere affidati a istituzioni pubbliche, a <strong>in</strong>centivi, a sussidi e redistribuzione di ricchezza, ad<br />

approcci macro-economici.<br />

È questo il tema che ha affrontato il nostro vescovo, a cui io sono molto grato perché ogni tanto trova il<br />

tempo di seguire le <strong>in</strong>iziative che sviluppiamo, il tema <strong>del</strong>la sussidiarietà, cioè <strong>del</strong> rapporto corretto fra<br />

responsabilità <strong>del</strong>la società e responsabilità <strong>del</strong>le istituzioni.<br />

Esiste nella cultura <strong>del</strong> nostro paese l'idea che ciò che nasce dall'<strong>in</strong>iziativa dei s<strong>in</strong>goli va misurato,<br />

<strong>del</strong>imitato, regolato, ed esiste anche una gerarchia <strong>del</strong> giudizio <strong>del</strong>la legittimità morale dei soggetti che<br />

operano nella società, per cui ciò che è pubblico, volontario, senza scopo di lucro rappresenta un bene,<br />

mentre ciò che è frutto di aspettative e di speranze di <strong>in</strong>dividui, di <strong>in</strong>iziativa personale, di responsabilità<br />

personale di <strong>in</strong>trapresa è talora visto con un maggiore sospetto, come meno nobile.<br />

Qu<strong>in</strong>di questo gruppo di amici vi ripropone il valore <strong>del</strong>l'impresa e <strong>del</strong>la sussidiarietà quali due<br />

fondamenti per il rilancio <strong>del</strong>la nostra società e <strong>del</strong>la sua coesione civile. Certo, perché l'impresa sia collante<br />

<strong>del</strong>la coesione civile deve esserlo anche dal punto di vista dei pr<strong>in</strong>cipi morali e <strong>del</strong>la responsabilità che<br />

nell'impresa si esercitano.<br />

Però, se pensiamo alla storia de<strong>gli</strong> ultimi secoli, è dall'impresa che sono venuti i grandi cambiamenti <strong>del</strong>la<br />

cultura e <strong>del</strong> costume. Guardiamo alle grandi imprese dei navigatori, allo sviluppo <strong>del</strong>le l<strong>in</strong>ee commerciali,<br />

alla nascita <strong>del</strong>la Ford T che ha cambiato le abitud<strong>in</strong>i di consumo de<strong>gli</strong> americani, alla Fiat 500, all'effetto<br />

che ha avuto l'<strong>in</strong>formatica, Steve Jobs piuttosto che Microsoft, nella nostra vita quotidiana, a come Zara ha<br />

cambiato le abitud<strong>in</strong>i di consumo, a come Ryanair ha consentito a grandi masse di girare il mondo.<br />

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Questo ha cambiato il costume e la cultura. Certamente il ruolo <strong>del</strong>le istituzioni pubbliche è di<br />

riequilibrare, di proteggere le fragilità, di dare ord<strong>in</strong>e, ma non c'è dubbio che dove manca questa capacità di<br />

creare, di proporre mo<strong>del</strong>li di consumo, di sviluppo, di valore, la società decl<strong>in</strong>a e qu<strong>in</strong>di noi facciamo<br />

riferimento proprio al fatto che la società europea nel suo fondamento cristiano - di questo ci parlerà poi<br />

Ettore Gotti Tedeschi - ha avuto una grande capacità di temperare <strong>gli</strong> effetti sociali <strong>del</strong>le grandi<br />

trasformazioni <strong>del</strong> commercio e <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>dustria e oggi forse si com<strong>in</strong>cia a capire che il mo<strong>del</strong>lo culturale<br />

europeo ha un grande valore, anche nei confronti <strong>del</strong> mo<strong>del</strong>lo culturale americano da questo punto di vista, e<br />

qu<strong>in</strong>di noi ci siamo proposti di rilanciare questo tema <strong>del</strong>la responsabilità.<br />

Questo gruppo di imprenditori ha avuto qualche ragionevole successo e ha raccontato storie anche, come<br />

diceva Sua Eccellenza mons. Tanas<strong>in</strong>i, di responsabilità verso i propri collaboratori, che hanno trovato<br />

nell'impresa <strong>in</strong> cui lavorano anche elementi di sviluppo personale, di felicità.<br />

Certo, questo è uno dei temi forti <strong>del</strong> fare impresa. Non sembra essere uno dei temi forti <strong>del</strong> fare f<strong>in</strong>anza,<br />

ma è uno dei temi forti <strong>del</strong> fare impresa.<br />

E qu<strong>in</strong>di noi ci proponiamo di parlare a questi tre mondi: i media perché ascolt<strong>in</strong>o di più questo tema, la<br />

scuola perché ricom<strong>in</strong>ci a parlare di valore e di impresa, il credito perché trovi forme <strong>in</strong>novative. Voi sapete<br />

che ad esempio il premio Nobel Yunus ha <strong>in</strong>ventato un modo di fare credito nei paesi <strong>in</strong> via di sviluppo, nei<br />

paesi poverissimi, che ha cambiato la possibilità di vita di moltissime persone, un modo fondato sul credere e<br />

dare fiducia alle persone senza mezzi che vo<strong>gli</strong>ono conquistarsi <strong>in</strong> futuro. Credo che Yunus oggi rappresenti<br />

un mo<strong>del</strong>lo anche per il credito nei paesi occidentali e qu<strong>in</strong>di dobbiamo r<strong>in</strong>unciare a uno Stato che agisce<br />

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come attore primario attraverso l'erogazione diretta di denaro; l'esperienza <strong>del</strong> Mezzogiorno de<strong>gli</strong> ultimi<br />

trent'anni ci dice che questo non aiuta granché.<br />

Dobbiamo pensare <strong>in</strong>vece a una società che ritorni a puntare sull'uomo.<br />

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Cesara Bonamici<br />

Bene, con Piero Micossi avete avuto dunque la presentazione <strong>del</strong> manifesto sui valori di impresa.<br />

C'è stato un luogo comune di cui si è tanto dibattuto <strong>in</strong> Italia: si è detto tante volte che <strong>in</strong> Italia mancava<br />

la cultura <strong>del</strong> capitalismo, mancava lo spirito capitalistico e l'etica protestante. Adesso scopriremo se questo<br />

è vero e, se mai sia stato vero, se questo poi sia un bene o un male, perché andiamo alle radici cristiane <strong>del</strong><br />

capitalismo <strong>in</strong> Europa con Ettore Gotti Tedeschi che è il presidente di <strong>San</strong>tander <strong>in</strong> Italia.<br />

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Ettore Gotti Tedeschi<br />

Le radici cristiane <strong>del</strong> capitalismo <strong>in</strong> Europa<br />

Ieri sera parlando con Cesara Bonamici mi è venuta la tentazione di cambiare totalmente l'<strong>in</strong>tervento e<br />

spiegare perché le radici <strong>del</strong> capitalismo cattolico non sono più osservate, commentando il fallimento <strong>del</strong>la<br />

f<strong>in</strong>anza di questi ultimi tempi e spiegando perché il governo americano è stato costretto a <strong>in</strong>tervenire. Per una<br />

ragione molto semplice: che è corresponsabile <strong>in</strong> prima persona di tutto quello che è successo, anzi forse lo<br />

ha voluto quasi lui, permettendo al sistema f<strong>in</strong>anziario di creare una crescita <strong>del</strong> PIL americano artificiale che<br />

non sarebbe mai nata se non ci fosse stato lo strumento f<strong>in</strong>anziario. Non si può f<strong>in</strong>anziare quello che non è<br />

f<strong>in</strong>anziabile e quello che non è garantito, conseguentemente se io dico che il PIL deve passare dall'1% al 4%<br />

e il 3% lo <strong>in</strong>vento, qualcosa non succede.<br />

Se una società occidentale non cresce con una crescita organica ed equilibrata <strong>del</strong>la popolazione, non può<br />

<strong>in</strong>ventarsi la crescita attraverso lo sviluppo f<strong>in</strong>anziario. O c'è sviluppo reale oppure bisogna <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciare a<br />

pensare che diventeremo tutti più poveri, più sobri e avremo bisogno di Yunus, non di Roberto Mazzotta che<br />

ci venga a fare il credito tra un po'. Diventeremo tutti più poveri e non compreremo più le case a Rapallo tra<br />

un po'. Voi direte cosa centrano le radici cattoliche con il fare impresa. Ve lo dico leggendo l'<strong>in</strong>tervento <strong>del</strong><br />

papa Benedetto XVI a Parigi.<br />

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Ci sono due passaggi che vo<strong>gli</strong>o citare, e mi spiace che sia andato via il vescovo. In un monastero<br />

cistercense – parliamo di san Bernardo di Chiaravalle che nella seconda metà <strong>del</strong> 1200 rilancia l'ord<strong>in</strong>e<br />

benedett<strong>in</strong>o con un ord<strong>in</strong>e nuovo – il papa dice: «La creazione non è ancora f<strong>in</strong>ita». Già questo è illum<strong>in</strong>ante.<br />

«Dio lavora. Così il lavoro de<strong>gli</strong> uom<strong>in</strong>i deve apparire come l'espressione particolare <strong>del</strong>la somi<strong>gli</strong>anza con<br />

Dio e l'uomo partecipa alla creazione». Questo è il fare impresa. Questo spiega perché l'impresa è qualcosa<br />

che viene affidato all'uomo perché l'uomo sia creativo, perché l'uomo produca qualche cosa. Le radici<br />

cristiane sono molto semplici: l'uomo è stato creato perché operasse. L’uomo nel paradiso terrestre doveva<br />

lavorare. Dopo il paradiso terrestre l'unica cosa che è cambiata è che lavora con fatica, ma f<strong>in</strong> dal primo<br />

momento è stato creato perché lavorasse. Il lavoro non è una maledizione biblica e poi prendo l'occasione per<br />

dare un po' di simpatia al mio amico Stagnaro che ne parlerà dopo. Lo Stato non deve fare queste cose, non<br />

se ne deve occupare, è aberrante perché tutte le volte che se ne occupa non solo le fa male ma costa al<br />

cittad<strong>in</strong>o c<strong>in</strong>que volte di più che se le avesse fatte male lui. E siccome <strong>in</strong> Italia i grandi problemi <strong>del</strong> nostro<br />

paese, ancora oggi, nella <strong>in</strong>capacità o nella difficoltà a riprendere una posizione competitiva <strong>in</strong> Europa e nel<br />

mondo, sono dovuti a c<strong>in</strong>quant'anni di statalismo <strong>in</strong>efficiente e mal gestito, quando ho l'occasione di dirlo lo<br />

dico volentieri. Perché il capitalismo cristiano? Vi dirò rapidamente perché anzitutto è cristiano, perché non<br />

si vuole che sia cristiano, perché dà fastidio che si pensi o si ricordi che le orig<strong>in</strong>i <strong>del</strong> capitalismo sono<br />

cristiane, perché <strong>in</strong>vece lo è e perché <strong>in</strong>vece ne<strong>gli</strong> ultimi c<strong>in</strong>quecento anni c'è stato un processo cont<strong>in</strong>uo di<br />

corruzione di questo spirito <strong>del</strong> capitalismo.<br />

Il capitalismo, come sapete tutti, è proprietà privata dei mezzi di produzione, qu<strong>in</strong>di vuol dire che è il<br />

frutto <strong>del</strong> lavoro di un <strong>in</strong>dividuo che col suo lavoro e il suo impegno crea questo. I pr<strong>in</strong>cipi si trovano nella<br />

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Genesi, come ho già detto. F<strong>in</strong> dai primi secoli <strong>del</strong> cristianesimo si parlò <strong>del</strong>l'importanza di creare un sistema<br />

operativo che permettesse a<strong>gli</strong> uom<strong>in</strong>i di crescere nel benessere attraverso il loro lavoro, come testimonia<br />

Clemente Alessandr<strong>in</strong>o, che è stato il maestro di orig<strong>in</strong>e già nel III-IV secolo; l'esempio più straord<strong>in</strong>ario <strong>del</strong><br />

lavoro operativo è quello dei monasteri benedett<strong>in</strong>i <strong>del</strong> IV-V secolo. I monasteri benedett<strong>in</strong>i erano <strong>del</strong>le<br />

Silicon Valley, <strong>in</strong>torno ai monasteri benedett<strong>in</strong>i nascevano la ricchezza, l'artigianato, i commerci. Il primo<br />

trattato di arti meccaniche nasce <strong>in</strong> un monastero benedett<strong>in</strong>o, ora et labora. Ecco lo spirito cattolico<br />

<strong>del</strong>l'economia <strong>del</strong> mercato e qu<strong>in</strong>di <strong>del</strong> capitalismo, essendo il capitalismo proprietà privata dei mezzi di<br />

produzione: è nella pratica operatività, nell'operatività a cui si dà un senso, operatività che è soltanto un<br />

mezzo, che deve avere necessariamente un f<strong>in</strong>e e questo f<strong>in</strong>e evidentemente non ha nulla a che vedere con il<br />

mezzo.<br />

Questo fu lo spirito orig<strong>in</strong>ale dei monasteri benedett<strong>in</strong>i. Avendo il tempo, mi piacerebbe raccontarvi che<br />

cos'è la scuola di Salamanca. Vedete, io non so quanti siano conv<strong>in</strong>ti che l'orig<strong>in</strong>e <strong>del</strong> capitalismo e <strong>del</strong><br />

mercato, <strong>del</strong>l'economia abbiano qualcosa a che vedere con lo spirito cristiano. Io credo che chi non è<br />

cattolico non ci crede per def<strong>in</strong>izione, crede a quello che dice, mal dice, Weber nell’Etica protestante. Ai<br />

cattolici o non importa niente o non lo sanno e si dis<strong>in</strong>teressano totalmente di questi temi.<br />

Invece un po’ di apologetica ogni tanto fa bene per ridestare le nostre attenzioni.<br />

Perché non si vuole che i pr<strong>in</strong>cipi cattolici siano l'orig<strong>in</strong>e <strong>del</strong> capitalismo? Viene negato cont<strong>in</strong>uamente,<br />

<strong>in</strong> tutti i consessi, pers<strong>in</strong>o nei consessi f<strong>atti</strong> da<strong>gli</strong> stessi cattolici, i quali preferiscono distaccarsi<br />

completamente dal concetto di capitalismo di mercato.<br />

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Perché questo? Perché se si dovesse riconoscere che i pr<strong>in</strong>cipi sono cattolici, qualcuno dovrebbe<br />

stimolare la loro applicazione e non si vuole avere uno, due o tre capitalismi, soprattutto nel mondo globale,<br />

perché si teme che questi si contrappongano.<br />

Siamo <strong>in</strong> una pag<strong>in</strong>a che è fondamentale secondo me.. Qui ci spenderei proprio qualche m<strong>in</strong>uto.<br />

Quando ci sentiamo dire che i pr<strong>in</strong>cipi, che probabilmente ci sono, si trovano nella Genesi, si trovano f<strong>in</strong>o<br />

al tardo Medioevo applicati <strong>in</strong>torno ai monasteri prima benedett<strong>in</strong>i poi cistercensi, poi ci dicono sempre che<br />

però oggi non sono più applicati. Ecco io vorrei, <strong>in</strong> pochi m<strong>in</strong>uti, darvi un excursus <strong>del</strong>la mia <strong>in</strong>terpretazione<br />

<strong>del</strong> perché non sono applicati, che è la storia <strong>del</strong> distacco tra la morale e l’applicazione pratica dei concetti di<br />

economia. Ma questo può valere anche per l'applicazione pratica dei concetti di politica e dei concetti<br />

scientifici. La morale si allontana nella sua capacità di <strong>in</strong>terloquire, di <strong>in</strong>fluenzare l'applicazione di quelli che<br />

sono <strong>gli</strong> strumenti che le varie civiltà nelle varie fasi hanno a loro disposizione. I quali non sono <strong>gli</strong> strumenti<br />

di oggi, sono strumenti che ci sono sempre stati: la medic<strong>in</strong>a, l'economia, la politica, la biologia, l'agricoltura,<br />

la tecnica, che <strong>in</strong> ogni epoca hanno avuto una loro importanza e una loro <strong>in</strong>fluenza sullo sviluppo di una<br />

civiltà.<br />

Quanto tenessero conto <strong>del</strong>l'aspetto morale, vi darò una mia <strong>in</strong>terpretazione adesso, ma ciò che vo<strong>gli</strong>o dire<br />

è che ognuno di questi strumenti sono dei mezzi <strong>in</strong> mano <strong>del</strong>l’uomo. Il bene o il male che producono sono <strong>in</strong><br />

funzione di come sono usati, qu<strong>in</strong>di <strong>del</strong> senso che l'uomo dà a questi strumenti. Il senso che il politico dà alla<br />

politica, alla democrazia, non spiega se è bene o male la democrazia, spiega che uso sa farne <strong>in</strong> quel<br />

momento quell’uomo <strong>del</strong> sistema democratico. La stessa cosa vale per la biologia, per la medic<strong>in</strong>a, per la<br />

f<strong>in</strong>anza.<br />

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Il mo<strong>del</strong>lo cattolico <strong>in</strong>com<strong>in</strong>cia con il pr<strong>in</strong>cipio cattolico, qu<strong>in</strong>di la pratica operatività a servizio <strong>del</strong>l'uomo<br />

per il bene comune, e attraversa una serie di fasi che progressivamente lo corrompono. La prima è la<br />

corruzione <strong>del</strong>l'eresia protestante. Tutti, quando pensano al protestantesimo, pensano all'attacco di Lutero, di<br />

Calv<strong>in</strong>o nei confronti <strong>del</strong>la Chiesa romana accentratrice. In realtà, oltre le famose tesi attaccate al duomo di<br />

Wittenberg, c'è un punto fondamentale che spiega il diverso comportamento <strong>del</strong> mondo protestante, sia<br />

europeo sia successivamente americano, soprattutto nell'area economica, che è il concetto di fede senza<br />

opere: pecca, pecca f<strong>in</strong>ché vuoi e pentiti fortemente.<br />

Da un punto di vista di pratica realizzabilità che cosa vuol dire? Il cattolico di fronte a una decisione<br />

economica dice: «sarà bene o sarà male?» e passa dei mesi <strong>in</strong>teri a porsi un problema di scrupolo: «e se poi<br />

faccio il male?» e non fa niente. Oppure ci mette <strong>del</strong> tempo, si consulta, si confessa.<br />

Cosa fa il protestante? Fa, e poi semmai crea una fondazione per <strong>gli</strong> orfani e per le vedove.<br />

Perché il cattolico non ha la stessa visione <strong>del</strong>la moralità <strong>del</strong> comportamento <strong>del</strong> protestante. Il protestante<br />

dice che, poiché la natura <strong>del</strong>l'uomo è corrotta, è <strong>in</strong>utile <strong>in</strong>terrogarsi tanto dicendo «sarà bene, sarà male»,<br />

perché l'uomo non può fare il bene. Non può farlo. Qu<strong>in</strong>di è <strong>in</strong>utile che stia a porsi il problema. Faccia, poi si<br />

penta e metta a posto le cose.<br />

Questo è il vero perno su cui il mondo si è spaccato. Il mondo americano, il protestante americano,<br />

ragionano totalmente così, come quelli <strong>in</strong> parte ancora adesso <strong>del</strong> Nord Europa..<br />

Questa è la vera differenza di comportamento nel mo<strong>del</strong>lo economico, nel processo di decisione<br />

economico, che ha creato la vera grande differenza.<br />

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Perché i processi nei confronti <strong>del</strong>le decisioni, dei meccanismi economici presi <strong>in</strong> un mondo che nasce da<br />

radici protestanti è totalmente differente da quello di un mondo che nasce su radici cattoliche e si domanda<br />

sempre: «è bene o è male?». Perché noi, dopo l'<strong>in</strong>carnazione di Cristo, abbiamo capito, o ci hanno <strong>in</strong>segnato<br />

- magari non l’abbiamo capito però qualcuno ce l'ha detto - che si può acquisire il bene con merito,<br />

esercitando le virtù. Il mondo protestante non ci pensa neanche. Per esso esercitare la virtù vuol dire<br />

diventare ricco, risolvere un problema, magari fare anche una guerra.<br />

A seguito di questo passaggio ce ne è un altro estremamente importante. Scusatemi, è una piccola lezione<br />

ma sono sicuro che pochi di voi l'hanno affrontato.<br />

Dopo la corruzione <strong>del</strong> mo<strong>del</strong>lo economico, <strong>del</strong>la visione morale economica <strong>del</strong>l'economia <strong>del</strong> mondo<br />

protestante, prima <strong>del</strong>la rivoluzione <strong>in</strong>dustriale, qu<strong>in</strong>di tra la f<strong>in</strong>e <strong>del</strong> '600 e i primi decenni <strong>del</strong> '700, nasce un<br />

mo<strong>del</strong>lo di pensiero che si chiama fisiocratico.<br />

Fisiocrazia significa governo buono <strong>del</strong>la natura. Questo è un altro tassello che spacca le radici morali<br />

<strong>del</strong>l'economia. Se il mo<strong>del</strong>lo buono <strong>del</strong>la natura è quello che anticipa il cosiddetto laissez faire, lasciate fare.<br />

L'uomo lavorando per sé, anche egoisticamente, produce il bene per tutti. Perché era necessario? Si stava<br />

preparando una nuova epoca, un’epoca legata ai grandi sviluppi <strong>in</strong>dustriali, qu<strong>in</strong>di bisognava aver fiducia<br />

nell'uomo, fiducia totale.<br />

Questo secondo passaggio è molto importante perché è seguito poi da quello illum<strong>in</strong>istico che non solo<br />

dice di aver fiducia nell'uomo scienziato, ma soltanto nell'uomo scienziato. Il mo<strong>del</strong>lo illum<strong>in</strong>istico, che è<br />

quello che ci troviamo ancora oggi a dover fronteggiare, dice che l'uomo è un animale <strong>in</strong>telligente e non è un<br />

animale spirituale. Qu<strong>in</strong>di è <strong>in</strong>utile perseguire scopi che si occup<strong>in</strong>o <strong>del</strong>lo spirito.<br />

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Forse qualcuno avrà letto il libro tanto discusso di Tremonti, che è un po' il libro <strong>del</strong>l'ideologia di alcuni<br />

punti fondamentali <strong>del</strong> suo governo. Tremonti si pone un problema e si chiede: «Ma il politico, l'economista,<br />

quando si preoccupano tanto di soddisfare l'uomo dal punto di vista materiale, facendolo guadagnare,<br />

facendolo mangiare, facendolo vestire, facendolo viaggiare <strong>in</strong> quel momento lo stanno servendo?» e<br />

commenta: «A me non pare». L'uomo ha altri bisogni. «Io - dice Tremonti - che non sono credente mi rendo<br />

conto che ha dei bisogni di spiritualità, non li percepisco, dallo spirito non passo all'anima, però mi rendo<br />

conto che il mo<strong>del</strong>lo con cui noi serviamo l'uomo politicamente ed economicamente è un mo<strong>del</strong>lo<br />

<strong>in</strong>soddisfacente».<br />

Questo è il mo<strong>del</strong>lo illum<strong>in</strong>istico.<br />

Poi c'è stato il marxismo. Però vo<strong>gli</strong>o ricordarvi una cosa: la rivoluzione marxista, che si sca<strong>gli</strong>a contro il<br />

capitalismo, non si sca<strong>gli</strong>a contro il capitalismo cattolico, si sca<strong>gli</strong>a contro <strong>gli</strong> eccessi egoistici <strong>del</strong><br />

capitalismo protestante.<br />

Questo è un punto fondamentale. Se non ci fosse stata l'eresia protestante, non ci sarebbe stato<br />

probabilmente il marxismo. È un punto su cui vale la pena riflettere, perché non ci sarebbero stati que<strong>gli</strong><br />

eccessi di accumulazione di ricchezza un po' avventati che hanno prodotto disegua<strong>gli</strong>anza, maggiori<br />

disegua<strong>gli</strong>anze, e che hanno prodotto pers<strong>in</strong>o le guerre, il colonialismo.<br />

Ma non è f<strong>in</strong>ita lì. Perché, dopo il marxismo, la grande reazione economico-politica si chiama utilitarismo.<br />

L'utilitarismo è quello che dice, <strong>in</strong> contrapposizione alla logica marxista di valore legato al lavoro <strong>del</strong>l'uomo,<br />

che il valore di una cosa è <strong>in</strong> funzione <strong>del</strong>l'utilità che ha..<br />

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In quel momento nascono i grandi patrimoni, le grandi ricchezze monopolistiche, nascono i Vanderbilt, i<br />

Morgan, i Rockefeller, i Rothschild, nascono le grandi fami<strong>gli</strong>e e creano una situazione di controllo<br />

<strong>del</strong>l'economia.<br />

Sapete cos'è lo Sherman Act? Stagnaro, cos'è lo Sherman Act?<br />

Fu una legge che <strong>gli</strong> Stati Uniti d'America emanarono nel 1890 contro i grandi monopoli, contro i trust,<br />

perché si resero conto che limitavano il mercato. Bene, pochi di voi sanno che fu ispirata, questa Sherman<br />

Act, dalla Rerum novarum di Leone XIII. Leone XIII si preoccupa nella Rerum novarum <strong>del</strong>la esagerata<br />

concentrazione di potere e di ricchezza <strong>in</strong> mani di poche fami<strong>gli</strong>e che condizionavano lo sviluppo equilibrato<br />

<strong>del</strong> resto <strong>del</strong> mondo. La Rerum novarum non attacca il capitalismo, non critica il mercato, il capitalismo,<br />

come molti esegeti, come molti economisti teologi per corrispondenza scrivono ogni tanto e pensano. Essa<br />

affronta il problema <strong>del</strong>la concentrazione <strong>del</strong>la ricchezza nelle mani di pochi. Bisogna elim<strong>in</strong>are <strong>gli</strong><br />

economisti per corrispondenza.<br />

Perché molti ritengono però che la stessa Bibbia sia anticapitalistica? Signori, dopo che abbiamo sentito il<br />

nostro vescovo Tanas<strong>in</strong>i, non ci crede più nessuno. È il problema di qualche scemo che va sul pulpito e non<br />

sa quello che dice.<br />

Se fosse vero sarebbe una contraddizione drammatica. Qual è il demerito <strong>del</strong> ricco? Nel Vangelo, qual è il<br />

ricco che viene duramente colpito? Il ricco Epulone, ma non viene colpito perché è ricco, ma perché è<br />

egoista e non tiene conto <strong>del</strong> povero Lazzaro.<br />

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Nella Bibbia, nei Vangeli, i ricchi vengono pers<strong>in</strong>o esaltati nel senso che si dà un senso alla loro<br />

ricchezza. Gesù Cristo si faceva aiutare dai ricchi e si faceva sostenere dai ricchi e dalle donne e pers<strong>in</strong>o dai<br />

discepoli al mo<strong>del</strong>lo di Zaccheo o Giuseppe di Arimatea.<br />

Qu<strong>in</strong>di attenzione, il ricco di per sé non è condannabile.<br />

I teologi per corrispondenza che conosco tirano sempre fuori la famosa parabola <strong>del</strong>la cruna <strong>del</strong>l'ago.<br />

Dovrebbero sapere chi è il povero <strong>in</strong> spirito: è colui il quale ha ricchezze ma non le idolatra, né è distaccato.<br />

Perché la ricchezza è uno strumento, non è il f<strong>in</strong>e. Tutto lì, molto semplice, non credo che valga la pena di<br />

commentarlo.<br />

Poi c'è soltanto una considerazione da fare, visto che siamo qui a parlare di impresa: l'imprenditore non<br />

solo va <strong>in</strong>coraggiato, va santificato; bisognerebbe fare la beatificazione de<strong>gli</strong> imprenditori, anziché metterli<br />

<strong>in</strong> condizione di pensare che non sono morali perché fanno impresa.<br />

Insomma, vo<strong>gli</strong>o dire, che merito ha essere povero? Essere povero non è un merito. Comunque sia, c'è un<br />

concetto fondamentale che vi prego di non dimenticare mai., che è quello che la Chiesa e mons. Tanas<strong>in</strong>i<br />

oggi stesso ha ricordato: per poter distribuire ricchezza qualcuno deve averla creata e non la crea lo Stato di<br />

sicuro. Lo Stato la distrugge.<br />

La Chiesa dal 1500 <strong>in</strong> poi, già dall'eresia protestante, si è sempre preoccupata - e questo ve lo dice uno<br />

che i testi li ha letti, e non li ha letti sui big<strong>in</strong>i – de<strong>gli</strong> eccessi <strong>del</strong> capitalismo <strong>in</strong> un sistema di mercato che si<br />

stava deteriorando, che si stava corrompendo. Per questo la Chiesa dava illustrazioni, <strong>in</strong>dicazioni e<br />

suggerimenti per quanto poteva riguardare il comportamento de<strong>gli</strong> imprenditori, consapevole che esso era<br />

ormai totalmente sfuggito al rapporto con la morale cattolica.<br />

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Giovanni Paolo II nella Centesimus annus prima di tutto riscoprì il mercato, riscoprì la bontà <strong>del</strong><br />

capitalismo, ma soprattutto capì una cosa fondamentale: che non c'è alternativa. Giovanni Paolo II capì<br />

perfettamente che non esisteva una vera alternativa al mercato e al capitalismo, perché sarebbe stata una<br />

truffa ai danni dei consumatori.<br />

Cito anche la Sollicitudo rei socialis, perché la trovo straord<strong>in</strong>aria. Andrebbe riletta totalmente <strong>in</strong> questi<br />

giorni. Nella Sollicitudo, Giovanni Paolo II è profeta. Che cosa profetizza? Profetizza che all'uomo <strong>del</strong><br />

ventunesimo secolo, molto tecnologico, molto scientifico ma poco sapiente, poco saggio, poco cresciuto<br />

nella maturità spirituale, sarebbero potuti sfuggire di mano <strong>gli</strong> strumenti che aveva a disposizione, come è<br />

successo <strong>in</strong> questi giorni proprio nella f<strong>in</strong>anza, come sta succedendo forse nella medic<strong>in</strong>a.<br />

Per tornare al tema che mi è più caro e di cui ho maggior consapevolezza, ritengo che siano sfuggiti <strong>gli</strong><br />

strumenti e questo Giovanni Paolo II lo previde nella Sollicitudo rei socialis. E qui concludo soltanto<br />

dicendo perché il capitalismo cristiano è mi<strong>gli</strong>ore di tutti.<br />

Sono due le ragioni fondamentali che lo dist<strong>in</strong>guono da qualsiasi altra morale di qualsiasi altra religione<br />

(qu<strong>in</strong>di protestante, buddista, pur non essendo questa una religione bensì un comportamento, quasi un<br />

tra<strong>in</strong><strong>in</strong>g autogeno ecc.). La prima è che il cattolicesimo dist<strong>in</strong>gue tra f<strong>in</strong>i e mezzi; la seconda è che ha la<br />

prospettiva soprannaturale <strong>del</strong>la vita eterna. Insomma, diciamo, all'<strong>in</strong>terno <strong>del</strong>le grandi religioni, esclusa<br />

quella ebraica, con la quale il cattolicesimo si trova perfettamente, con un'unica sfumatura, con un'unica<br />

differenza che è quanto su questa terra e quanto <strong>in</strong> una prospettiva soprannaturale di una vita successiva è<br />

l'unica vera differenza, l'unica vera, con le altre morali religiose che sia l'Islam, che siano queste morali<br />

chiamiamole <strong>del</strong>le religioni orientali, che peraltro stanno <strong>in</strong>vadendo l'Europa più di quello che non<br />

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pensavamo, perché sono <strong>del</strong>le etiche sociali molto più facilmente utilizzabili nel mondo globale, perché<br />

hanno una serie di caratteri di discipl<strong>in</strong>a <strong>del</strong> personale <strong>del</strong>l'uomo senza dogmi, perché l'importante sono i<br />

dogmi, che presuppongono qu<strong>in</strong>di un problema di scontro che viene superato solo con la relativizzazione dei<br />

dogmi. E come faccio a relativizzare l'<strong>in</strong>carnazione di Cristo, s'è <strong>in</strong>carnato a metà? Capite, è un po' difficile<br />

per un cattolico relativizzare i propri pr<strong>in</strong>cipi. La risurrezione cos'è stata, parziale, temporanea? Non è una<br />

cosa semplice.<br />

Inf<strong>atti</strong> Hunt<strong>in</strong>gton nel suo scontro fra le civiltà fa emergere proprio questi temi.<br />

Allora il cattolicesimo dist<strong>in</strong>gue fra f<strong>in</strong>i e mezzi, il primo punto fondamentale. Le altre, <strong>gli</strong> altri mo<strong>del</strong>li di<br />

comportamento fondati su altre morali religiose non lo fanno. Non lo fanno i protestanti per le ragioni che ho<br />

citato prima, ma pensiamo soltanto all'Islam; se voi leggeste i testi di economia islamici, sono i testi di<br />

economia medioevali <strong>del</strong> cattolicesimo; con un'unica differenza, unica ma fondamentale: che se non li<br />

applicate vi ta<strong>gli</strong>ano le mani.<br />

L'applicazione <strong>del</strong>la morale islamica, e questo è il punto fondamentale di rottura con tutte le altre, non è <strong>in</strong><br />

quello che c'è scritto nei testi che spiegano la morale, ma come e perché si devono applicare.<br />

Un famoso imam, <strong>in</strong> una discussione che tenemmo <strong>in</strong> Bocconi a F<strong>in</strong>etica, su questo punto diede un pugno al<br />

tavolo mentre io cercavo di <strong>in</strong>calzarlo su questo punto e mi disse: «il peccato è reato, il reato è peccato».<br />

Perché, dice l'imam, noi non vo<strong>gli</strong>amo che la gente pecchi e non vo<strong>gli</strong>amo che la gente vada all'<strong>in</strong>ferno, così<br />

<strong>gli</strong> imponiamo il comportamento etico. Allora lo private <strong>del</strong>la libertà di peccare; si, perchè non deve peccare.<br />

Ma se uno non deve peccare, con che merito non pecca? Io non pecco perché non vo<strong>gli</strong>o peccare, <strong>in</strong> modo<br />

tale che acquisisco un merito.<br />

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Esercito le virtù. Se io non pecco perché me lo ord<strong>in</strong>a la legge, non ho nessun merito. E' come se Dio<br />

apparisse e venisse qua, allora che merito abbiamo a credere, è la stessa cosa.<br />

Ecco il problema <strong>del</strong>l'economia e qu<strong>in</strong>di quello con cui mi sono cimentato <strong>in</strong> questi 15 m<strong>in</strong>uti è uno solo.<br />

L'economia, come peraltro qualsiasi altra discipl<strong>in</strong>a, sia la medic<strong>in</strong>a, le scienze, la tecnologia, non può e non<br />

deve avere una sua autonomia morale.<br />

Se qualcuno è <strong>in</strong> grado di affermare il contrario, sono pronto a fare qualsiasi dib<strong>atti</strong>to.<br />

L'autonomia morale di una discipl<strong>in</strong>a scientifica è contro l'uomo, distrugge l'uomo.<br />

Basta pensare alla medic<strong>in</strong>a. Grazie.<br />

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Cesara Bonamici<br />

R<strong>in</strong>graziamo molto Ettore Gotti Tedeschi per questa <strong>in</strong>teressantissima relazione: sono sicura che<br />

torneremo su molti di questi spunti e temi che ci ha così bene illustrato.<br />

Adesso passiamo a un altro tema fondamentale: siamo nella serie santifichiamo <strong>gli</strong> imprenditori e<br />

dobbiamo santificare la piccola impresa naturalmente, nel panorama economico italiano.<br />

Nell’<strong>in</strong>trodurre l'<strong>in</strong>tervento di Giovanni Marseguerra che è professore straord<strong>in</strong>ario di Economia politica<br />

alla Cattolica di Milano, io vorrei lanciar<strong>gli</strong> anche un quesito, che forse poi alla f<strong>in</strong>e è un po’ sempre<br />

quello: se le imprese italiane che, come ben sappiamo, sono soprattutto piccole, sono tali perché <strong>in</strong> qualche<br />

maniera viene impedito loro di crescere oppure perché non c'è sempre la vocazione a re<strong>in</strong>vestire il più<br />

possibile nelle imprese e qu<strong>in</strong>di si preferisce trasformare <strong>gli</strong> utili <strong>in</strong> altre forme di <strong>in</strong>vestimento?<br />

Sentiamo Giovanni Marseguerra.<br />

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Giovanni Marseguerra<br />

La piccola impresa nel panorama<br />

economico italiano<br />

Mi sembra che i temi <strong>del</strong> nostro <strong>in</strong>contro odierno, il valore di impresa, il gusto di rischiare il talento,<br />

l'importanza <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>iziativa <strong>in</strong>dividuale, siano non solo di straord<strong>in</strong>ario <strong>in</strong>teresse culturale ma anche di grande<br />

rilevanza economica. Perché <strong>in</strong> questi giorni il nostro sistema imprenditoriale, essenzialmente basato sulla<br />

piccola impresa a carattere familiare, si trova a dover fronteggiare una serie di difficoltà impressionanti.<br />

Penso al riesplodere <strong>del</strong>la crisi f<strong>in</strong>anziaria ne<strong>gli</strong> Stati Uniti, che è un fatto americano, ma le cui<br />

conseguenze si ripercuotono anche da noi. Penso al forte rallentamento congiunturale che di fatto ci colloca<br />

già <strong>in</strong> una situazione di recessione o quasi recessione nel mi<strong>gli</strong>ore dei casi, penso all'alto prezzo <strong>del</strong>l'energia,<br />

che non aiuta la nostra competitività. Penso all'euro forte, che non facilita le nostre esportazioni al di fuori<br />

<strong>del</strong>l'Unione europea. Eppure, nonostante queste difficoltà, le nostre piccole imprese hanno dato ne<strong>gli</strong> ultimi<br />

anni una straord<strong>in</strong>aria prova di forza. È dimostrata dal fatto che la nostra bilancia commerciale, al netto<br />

<strong>del</strong>l'energia, cont<strong>in</strong>ua a presentare formidabili <strong>atti</strong>vi. Se noi ci fermiamo soltanto al saldo commerciale <strong>del</strong>le<br />

cosiddette quattro A <strong>del</strong> made <strong>in</strong> Italy, qu<strong>in</strong>di faccio riferimento a<strong>gli</strong> alimentari-bevande, abbi<strong>gli</strong>amento-<br />

moda, arredo casa, automazione meccanica, ebbene questo settore ha portato nel 2006 un surplus che è stato<br />

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valutato <strong>in</strong> 92 miliardi di euro e nel 2007 un surplus di 113 miliardi di euro. Grazie a questi risultati la nostra<br />

bilancia commerciale è <strong>in</strong> un modesto, complessivamente modesto, deficit.<br />

Questo dimostra che le difficoltà di crescita <strong>del</strong> nostro paese non vanno certo a dipendere da un sistema<br />

imprenditoriale che è <strong>in</strong>vece sano e competitivo.<br />

Ma, come è stato già ricordato, quando si parla di imprenditorialità, capacità di rischiare i propri talenti,<br />

non si parla soltanto di imprese che vanno, che funzionano, che creano ricchezza, si parla anche di valori, di<br />

pr<strong>in</strong>cipi, ideali, che devono guidare l'<strong>atti</strong>vità imprenditoriale.<br />

In questo senso ritengo che il manifesto che è stato presentato oggi rappresenti un grandissimo valore e<br />

vorrei decl<strong>in</strong>are il tema attraverso i canoni a me cari <strong>del</strong>la dottr<strong>in</strong>a sociale <strong>del</strong>la Chiesa con la term<strong>in</strong>ologia<br />

«spirito di <strong>in</strong>trapresa», <strong>in</strong>tendendo con questa espressione una cultura di impresa che significa capacità di<br />

assunzione <strong>del</strong> rischio non disgiunta però dalla responsabilità verso chi partecipa all'impresa stessa.<br />

Qu<strong>in</strong>di imprenditorialità, libertà e responsabilità. Si tratta di tre term<strong>in</strong>i concetto, tra loro assolutamente<br />

<strong>in</strong>sc<strong>in</strong>dibili perché l'imprenditorialità ha bisogno di libertà e d'altronde non c'è vera imprenditorialità senza<br />

responsabilità.<br />

Tre term<strong>in</strong>i poi che, come tutti noi sappiamo, non sono altro che un diverso nome <strong>del</strong>la sussidiarietà.<br />

Decl<strong>in</strong>ati i pr<strong>in</strong>cipi, passiamo ai f<strong>atti</strong>. La prima riflessione che faccio si riferisce all'importanza dei valori<br />

europei <strong>del</strong>l'impresa nella costruzione europea. Cito un'affermazione di pochi mesi or sono, esattamente<br />

<strong>del</strong>l'aprile 2008, mentre <strong>in</strong> Italia <strong>in</strong>furiava la campagna elettorale, <strong>del</strong> presidente francese Nicolas Sarkozy,<br />

che assieme al primo m<strong>in</strong>istro britannico Brown affermava: «Le piccole-medie imprese costituiscono un<br />

settore vitale <strong>del</strong> sistema economico e si collocano spesso sul fronte <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>novazione; nel garantire cont<strong>in</strong>uità<br />

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a questo successo risiede la chiave <strong>del</strong>la futura prosperità <strong>del</strong>l'economia europea». Mi sembra che siano<br />

parole chiare, impegnative, e che noi qui presenti penso condividiamo tutti, ma che mostrano anche<br />

chiaramente come quello dei valori di impresa possa e debba diventare un tema fondamentale per far<br />

riemergere le comuni radici europee e cont<strong>in</strong>uare il processo di costruzione ora parecchio <strong>in</strong> difficoltà. Sono<br />

pr<strong>in</strong>cipi sui quali si fonda la costruzione europea e bisogna tornare a dire che sono importanti.<br />

L’impresa e i suoi valori possono a mio giudizio rilanciare un'Europa oggi ferma. Anche perché l'Europa,<br />

oltre che di una moneta forte, è oggi dotata anche di un assai robusto sistema manifatturiero, articolato<br />

settorialmente, fondato sul contributo essenziale <strong>del</strong>la Germania, <strong>del</strong>la Francia e <strong>del</strong>l'Italia. L'Italia poi è <strong>in</strong><br />

particolare il paese che più di tutti si basa sulla piccola impresa.<br />

Quali sono i fattori chiave <strong>del</strong> nostro sistema produttivo? Li ho qui brevemente riepilogati ma tutti quanti<br />

noi li conosciamo bene.<br />

Alla base <strong>del</strong> nostro mo<strong>del</strong>lo di sviluppo <strong>in</strong>dustriale vi è una straord<strong>in</strong>aria e vitale capacità<br />

imprenditoriale, diffusa, creativa, capacità di creare nuove forme di <strong>atti</strong>vità economica, di far nascere nuovi<br />

imprenditori.<br />

Questa d<strong>in</strong>amicità imprenditoriale ha poi trovato concretezza <strong>in</strong> un diffuso sistema di piccole e<br />

piccolissime imprese, un numero estremamente ridotto di grandi imprese, un numero crescente ma ancora<br />

esiguo di medie imprese. Quanto ai distretti <strong>in</strong>dustriali, che rappresentano un fenomeno ovviamente di<br />

grande successo, caratterizzato dalla realizzazione sul territorio di una fortissima coesione tra apparato<br />

produttivo e tessuto sociale e istituzionale, e per quanto riguarda il mo<strong>del</strong>lo di specializzazione, ho già fatto<br />

riferimento alle quattro A <strong>del</strong> made <strong>in</strong> Italy.<br />

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Se guardiamo alla dimensione di impresa, ebbene, la dimensione media <strong>del</strong>le nostre imprese <strong>atti</strong>ve<br />

nell'<strong>in</strong>dustria e nei servizi è di circa 3,9 addetti per impresa; ma se guardiamo alle cosiddette microimprese,<br />

cioè quelle che hanno meno di 10 addetti, queste rappresentano circa il 95% <strong>del</strong> totale e danno<br />

un'occupazione al 47% complessivo. Ora, <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i di comparazione ad esempio nell'Unione europea, le<br />

microimprese sono il 91,5% ma danno un'occupazione complessiva <strong>del</strong> 29,8%, qu<strong>in</strong>di da noi è quasi il 50%,<br />

mentre a livello europeo non si arriva al 30%.<br />

12%<br />

Indicatori imprese Italia, anno 2006. Distribuzione <strong>del</strong>l’occupazione per classi di addetti<br />

10%<br />

20%<br />

11%<br />

Fonte: Istat, 2008.<br />

Si tratta di dati che non dovrebbero lasciare dubbi sull'importanza quantitativa di questa peculiare<br />

tipologia imprenditoriale, ma, anche dal punto di vista dei valori ideali, queste piccole e piccolissime imprese<br />

rappresentano una ricchezza senza pari per la nostra economia, perché <strong>in</strong> esse trovano concretezza quei<br />

15%<br />

32%<br />

1 addetto<br />

2-9 addetti<br />

10-19 addetti<br />

20-49 addetti<br />

50-249 addetti<br />

250 e più addetti<br />

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valori <strong>del</strong>l'imprenditorialità e <strong>del</strong>lo spirito di <strong>in</strong>trapresa a cui ho fatto riferimento prima quando ho parlato <strong>del</strong><br />

tr<strong>in</strong>omio imprenditorialità, libertà e responsabilità.<br />

Accanto a un grande valore economico c'è n'è dunque anche uno naturale altrettanto importante.<br />

È un fatto difficilmente controvertibile che lo straord<strong>in</strong>ario cambiamento <strong>in</strong> atto nei paesi emergenti sta a<br />

sua volta cambiando profondamente la natura <strong>del</strong>le relazioni economiche tra l'Europa, e l'Italia <strong>in</strong> particolare,<br />

e il resto <strong>del</strong> mondo.<br />

I processi di trasformazione <strong>del</strong>l'economia mondiale, caratterizzati da una marcata accentuazione <strong>del</strong>la<br />

sfida competitiva che avviene <strong>in</strong> mercati sempre più globali, impongono una riflessione approfondita sia sul<br />

nostro peculiare sistema produttivo territoriale sia più <strong>in</strong> generale sulla sostenibilità di un mo<strong>del</strong>lo di<br />

sviluppo locale <strong>in</strong> un'economia globale.<br />

Se si volesse trovare però un elemento di reale cont<strong>in</strong>uità <strong>del</strong>la rapida evoluzione che ha contraddist<strong>in</strong>to il<br />

sistema economico, il nostro sistema economico produttivo de<strong>gli</strong> ultimi 25 anni, questo andrebbe a mio<br />

avviso r<strong>in</strong>tracciato nel carattere familiare <strong>del</strong> sistema imprenditoriale.<br />

La maggior parte <strong>del</strong>le nostre <strong>atti</strong>vità imprenditoriali è <strong>in</strong>f<strong>atti</strong> caratterizzata da una sostanziale co<strong>in</strong>cidenza<br />

tra proprietà e controllo; una stessa fami<strong>gli</strong>a è al contempo co<strong>in</strong>volta direttamente <strong>in</strong> maniera significativa<br />

nella gestione e detiene una rilevante quota di proprietà.<br />

Con una term<strong>in</strong>ologia molto usata, perché assai evocativa, si parla di capitalismo familiare, il quale non è<br />

altro che la versione moderna <strong>del</strong> cosiddetto capitalismo personale e ha una lunghissima tradizione <strong>in</strong> Italia,<br />

specialmente nel mondo artigianale, e che è costituito da tutte quelle <strong>atti</strong>vità imprenditoriali <strong>in</strong> cui impresa e<br />

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imprenditore si sovrappongono; il nome stesso <strong>del</strong>la società per esempio è quello <strong>del</strong>l'imprenditore, il<br />

marchio sul prodotto riproduce il cognome <strong>del</strong>l'imprenditore.<br />

L'azienda è il modo <strong>in</strong> cui la persona mette <strong>in</strong> gioco le sue idee, la sua vo<strong>gli</strong>a, la sua capacità di rischiare e<br />

di <strong>in</strong>traprendere e d'altra parte il vantaggio competitivo <strong>del</strong>l'azienda è dato soprattutto dalla capacità e dalla<br />

reputazione <strong>del</strong>la persona che la guida e che si identifica con essa.<br />

Nel capitalismo familiare, la funzione imprenditoriale non è più svolta da una sola persona ma da una o<br />

più persone a nome di una fami<strong>gli</strong>a, ma i pr<strong>in</strong>cipi e lo spirito rimangono tuttavia i medesimi.<br />

Ma quali sono i rischi <strong>del</strong> nostro sistema di piccole imprenditorialità familiare e <strong>in</strong> che modo la<br />

sussidiarietà può contribuire ad affrontarli?<br />

Innanzitutto l'accentramento <strong>del</strong>le funzioni di direzione-controllo <strong>in</strong> una sola persona, l'imprenditore e<br />

fondatore, o <strong>in</strong> un ridotto nucleo di persone, fami<strong>gli</strong>ari <strong>del</strong> fondatore, rischia di condurre a una forte<br />

deresponsabilizzazione <strong>del</strong>le altre figure presenti <strong>in</strong> azienda, <strong>in</strong> primo luogo quelli dirigenziali.<br />

Quando l'imprenditore fatica a separare l'azienda da se stesso e dalla propria fami<strong>gli</strong>a ed è riluttante a<br />

perdere porzioni di controllo di gestione, il dirigente manager esterno alla fami<strong>gli</strong>a rischia di diventare più un<br />

esecutore <strong>del</strong>la volontà <strong>del</strong> fondatore proprietario piuttosto che un soggetto dotato di propria autonomia e<br />

responsabilità.<br />

Si genera così un circolo vizioso <strong>in</strong> cui da un lato l'impresa non riesce a co<strong>gli</strong>ere le opportunità di crescita<br />

per <strong>in</strong>sufficienza di competenze, professionalità, motivazioni e dall'altro non crescendo comprime sempre<br />

più le professionalità che sono <strong>in</strong>vece presenti demotivando i più <strong>in</strong>traprendenti.<br />

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Ci sono essenzialmente tre problemi che le imprese a carattere familiare si trovano a dover affrontare e <strong>in</strong><br />

tutti e tre i casi si tratta di problemi di scarsità. Questi sono tanto più rilevanti quanto più è ridotta la<br />

dimensione <strong>del</strong>l'impresa.<br />

È <strong>in</strong>nanzitutto la scarsità di risorse umane, da <strong>in</strong>tendersi non solo <strong>in</strong> riferimento al limitato numero di<br />

addetti e alla loro generalmente limitata qualificazione, ma anche alle difficoltà ad attrarre personale<br />

qualificato da <strong>in</strong>serire <strong>in</strong> azienda.<br />

Vi è poi la scarsità di risorse f<strong>in</strong>anziarie, anche qui <strong>in</strong> riferimento sia alle limitate disponibilità <strong>in</strong>terne per<br />

<strong>gli</strong> <strong>in</strong>vestimenti sia alla difficoltà di racco<strong>gli</strong>ere capitale esterno di debito o di rischio e poi probabilmente<br />

alla più importante scarsità che è quella di cultura imprenditoriale, vale a dire di quella cultura d'impresa, di<br />

riferimento sia pure <strong>in</strong> diversa misura all'imprenditore, al dirigente e al semplice dipendente.<br />

Ebbene, ciascuna di queste tre grandi scarsità che caratterizza una piccola impresa fami<strong>gli</strong>are può essere<br />

efficacemente affrontata facendo ricorso al pr<strong>in</strong>cipio di sussidiarietà.<br />

Per quanto riguarda la scarsità di risorse umane diventa essenziale l'<strong>in</strong>vestimento <strong>in</strong> formazione che<br />

permette di valorizzare le persone e la loro professionalità e di responsabilizzare <strong>in</strong> particolare le figure<br />

dirigenziali ed è dunque il mezzo essenziale per promuovere la vera sussidiarietà.<br />

Per quanto <strong>atti</strong>ene la scarsità di risorse f<strong>in</strong>anziarie lo strumento essenziale è quello <strong>del</strong>l'<strong>atti</strong>vità bancaria<br />

fortemente radicata sul territorio, la vic<strong>in</strong>anza a<strong>gli</strong> operatori e ai mercati locali, l'<strong>in</strong>cl<strong>in</strong>azione a <strong>in</strong>staurare<br />

relazioni di lungo periodo: sono tutte caratteristiche che costituiscono un fattore di vantaggio competitivo e<br />

che consentono di ridurre drasticamente i costi derivanti dalla valutazione <strong>del</strong> merito di credito, permettendo<br />

altresì l'accesso ai f<strong>in</strong>anziamenti bancari da parte di categorie di clientela che altrimenti ne resterebbero<br />

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escluse. È questa <strong>del</strong> resto la grande lezione <strong>del</strong> mondo cooperativo e popolare <strong>del</strong>l'<strong>atti</strong>vità creditizia che ha<br />

sostenuto lo sviluppo italiano de<strong>gli</strong> ultimi c<strong>in</strong>quant'anni.<br />

Per quanto <strong>atti</strong>ene alla scarsità di cultura imprenditoriale, <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, lo strumento essenziale <strong>del</strong>la<br />

sussidiarietà è rappresentato dall'associazionismo che, nelle sue varie forme soggetti, rappresenta la strada<br />

per consentire alle piccole imprese di esprimere tutte le loro potenzialità. La sussidiarietà sta agendo anche<br />

oggi nel <strong>convegno</strong> <strong>del</strong>la nostra associazione.<br />

Attraverso le associazioni imprenditoriali le imprese imparano a ragionare <strong>in</strong> un'ottica di rete, <strong>in</strong> un'ottica<br />

di sistema, per sfruttare al me<strong>gli</strong>o le economie di agglomerazione, perché una microimpresa <strong>in</strong>serita <strong>in</strong> un<br />

sistema a rete ha maggiori possibilità di <strong>in</strong>novare, esportare e consolidare i propri risultati imprenditoriali. È<br />

questa <strong>del</strong> resto la grande lezione dei nostri distretti.<br />

Abbiamo <strong>in</strong>iziato parlando <strong>del</strong>la quasi recessione, <strong>del</strong>la crisi <strong>del</strong> sistema f<strong>in</strong>anziario. Quali sono state le<br />

risposte <strong>del</strong> nostro sistema produttivo alla crisi? Le nostre imprese sono state capaci ne<strong>gli</strong> ultimi c<strong>in</strong>que anni<br />

di conseguire un doppio riposizionamento strategico geografico e qualitativo, nel senso che sono riuscite sia<br />

ad ampliare considerevolmente i mercati di sbocco <strong>del</strong>le nostre merci, con un consistente aumento, per<br />

esempio, <strong>del</strong>la nostra presenza sul mercato russo e sul mercato c<strong>in</strong>ese, sia a far crescere la qualità <strong>del</strong>le<br />

nostre esportazioni, che si posizionano oggi su segmenti di mercato di fascia alta o medio-alta.<br />

Dunque, <strong>in</strong> s<strong>in</strong>tesi, <strong>in</strong>novazione e <strong>in</strong>ternazionalizzazione. Quello che molti cont<strong>in</strong>uano a <strong>in</strong>terpretare come<br />

un limite <strong>del</strong> mo<strong>del</strong>lo di sviluppo <strong>del</strong> nostro sistema <strong>in</strong>dustriale, vale a dire la specializzazione <strong>in</strong> settori<br />

produttivi tradizionali e la piccola dimensione <strong>del</strong>le imprese, anziché un v<strong>in</strong>colo si è rivelato nei f<strong>atti</strong> uno<br />

straord<strong>in</strong>ario stimolo a ripensare <strong>in</strong> modo <strong>in</strong>novativo l'organizzazione <strong>del</strong>la catena verticale <strong>del</strong>la produzione.<br />

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L'Italia possiede un sistema manifatturiero forte, radicato nel territorio, composto da una rete di piccole-<br />

medie imprese connesse da uno straord<strong>in</strong>ario capitale sociale e da un ricchissimo capitale umano. Un sistema<br />

costruito a partire da un'imprenditorialità capace di generare una cont<strong>in</strong>ua <strong>in</strong>novazione di prodotto e di<br />

processo, e la sottovalutazione <strong>del</strong>la capacità <strong>del</strong>le nostre imprese fa purtroppo spesso parte di una micidiale<br />

filosofia <strong>del</strong> decl<strong>in</strong>o che tende sempre a riemergere nei momenti di difficoltà.<br />

Ma i risultati conseguiti grazie alla capacità di <strong>in</strong>novazione e di <strong>in</strong>ternazionalizzazione dei nostri<br />

imprenditori dovrebbero oggi far capire che <strong>gli</strong> elementi <strong>del</strong>la nostra debolezza sono altri e vanno ricercati<br />

tra i seguenti:<br />

1. Il debito pubblico, un gigantesco debito pubblico il cui servizio assorbirà nel 2008 tra il 4% e il 5% <strong>del</strong><br />

Pil e che comporta un carico di debito su ogni italiano di circa 27.000 euro, con un corrispondente<br />

pagamento di circa 1.200 euro di <strong>in</strong>teressi annui. Il dover pagare <strong>in</strong>teressi così alti comporta ogni anno la<br />

sottrazione di una consistente fetta di risorse che potrebbero viceversa essere utilizzate per <strong>gli</strong> <strong>in</strong>vestimenti e<br />

per mi<strong>gli</strong>orare le nostre <strong>in</strong>frastrutture.<br />

2. Una bolletta energetica pesantissima. Fatto 100 il prezzo <strong>del</strong>l'energia per usi <strong>in</strong>dustriali per la piccola<br />

impresa italiana, la media dei paesi <strong>del</strong>l'unione monetaria paga meno di 72 e la Francia paga meno di 46.<br />

3. Un persistente e per molti versi crescente differenziale di sviluppo economico e sociale tra Nord e Sud..<br />

In Italia vi sono ben 17 milioni di persone, il 29% <strong>del</strong> totale, sostanzialmente <strong>gli</strong> abitanti di quattro regioni -<br />

Campania, Pu<strong>gli</strong>a, Calabria e Sicilia - che hanno un reddito pro capite <strong>in</strong>feriore <strong>del</strong> 25% rispetto alla media<br />

<strong>del</strong>l'Unione europea. In Francia e Spagna a essere così poveri, cioè ad avere un reddito pro capite <strong>in</strong>feriore<br />

<strong>del</strong> 25% <strong>del</strong>la media europea, sono <strong>in</strong> tutto il 3%. In Germania e <strong>in</strong> Gran Bretagna nessuno.<br />

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A questi tre grandi freni bisogna poi aggiungere l’<strong>in</strong>sufficiente sviluppo <strong>del</strong>le <strong>in</strong>frastrutture, l'eccessiva<br />

imposizione fiscale, le carenze <strong>del</strong> sistema <strong>in</strong>formativo e si potrebbe cont<strong>in</strong>uare.<br />

Le tante sfide portate dalle d<strong>in</strong>amiche <strong>del</strong>l'economia globale vanno oggi affrontate con mentalità nuova,<br />

mettendo a frutto le grandi potenzialità offerte dall'impresa basata sulla persona e sulla fami<strong>gli</strong>a, legata al<br />

territorio e al tessuto sociale.<br />

È necessario però che il nostro capitalismo impari a non essere autoreferenziale: deve essere capace <strong>in</strong>vece<br />

di aprirsi alla condivisione <strong>del</strong>le idee e dei progetti, valorizzando le persone per le loro capacità e per le loro<br />

competenze.<br />

In altri term<strong>in</strong>i è necessario un modo di fare impresa attento alla valorizzazione dei talenti. Bisogna che si<br />

faccia funzionare di più la sussidiarietà concreta, che significa privilegiare una modalità di gestione<br />

<strong>del</strong>l'azienda nella quale ognuno, nel suo ruolo, è responsabilizzato e reso partecipe <strong>del</strong>la propria crescita<br />

personale. Bisogna soprattutto <strong>in</strong>vestire nell'uomo, perché un'impresa può crescere solo se cresce il suo<br />

capitale umano. Si tratta, <strong>in</strong> altri term<strong>in</strong>i, di aver sempre ben presente quanto ci ricorda l'enciclica Centesimus<br />

annus (n. 32): «In effetti la pr<strong>in</strong>cipale risorsa <strong>del</strong>l'uomo, <strong>in</strong>sieme con la terra, è l'uomo stesso. È la sua<br />

<strong>in</strong>telligenza che fa scoprire le potenzialità produttive <strong>del</strong>la terra e le multiformi modalità con cui i bisogni<br />

umani possono essere soddisf<strong>atti</strong>».<br />

Nel momento <strong>in</strong> cui le risorse naturali e il capitale fisico, un tempo solidi e decisivi vantaggi competitivi,<br />

perdono importanza rispetto alla conoscenza, all'<strong>in</strong>formazione, al know-how tecnologico, la capacità<br />

competitiva di un'impresa, così come anche la sua capacità di crescere e di espandersi, è determ<strong>in</strong>ata <strong>in</strong><br />

maniera sempre più decisiva dal suo <strong>in</strong>vestimento <strong>in</strong> capitale umano.<br />

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Oggi un'impresa non è grande tanto per il fatturato o per il numero di dipendenti quanto per la ricchezza<br />

<strong>del</strong> suo capitale umano, per la sua capacità di creare ed aggregare conoscenze e competenze. In altri term<strong>in</strong>i,<br />

sempre di più sono le persone la fonte primaria <strong>del</strong> vantaggio competitivo e il talento è ormai di gran lunga<br />

più importante <strong>del</strong> capitale e <strong>del</strong>le strategie.<br />

Le nostre imprese devono crescere <strong>in</strong> un sistema a rete basato sulla sussidiarietà, che valorizzi lo spirito di<br />

<strong>in</strong>trapresa dei s<strong>in</strong>goli <strong>in</strong> un contesto di cooperazione e fiducia reciproca. Se avremo il coraggio, come sembra<br />

stia accadendo ne<strong>gli</strong> ultimi mesi, di fare quelle riforme <strong>in</strong>dispensabili per far correre il paese sui b<strong>in</strong>ari <strong>del</strong>la<br />

sussidiarietà, <strong>del</strong>la responsabilizzazione e <strong>del</strong>la valorizzazione <strong>del</strong> merito, allora le nostre imprese faranno<br />

certamente la loro parte, anzi saranno messe <strong>in</strong> condizione di fare di più e me<strong>gli</strong>o, e il nostro sistema di<br />

piccola impresa saprà cont<strong>in</strong>uare a essere motore <strong>del</strong>lo sviluppo <strong>del</strong>l'Italia e <strong>del</strong>l'Europa <strong>in</strong>tera e saranno <strong>gli</strong><br />

imprenditori a consentire all'Italia di diventare davvero europea.<br />

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Cesara Bonamici<br />

Salutiamo Giovanni Marseguerra, che vi ricordo è professore di Economia politica alla Cattolica di<br />

Milano. Saluto e do il benvenuto al senatore Giampiero Cantoni che ci ha raggiunto. Questo è il momento<br />

<strong>del</strong> coffee break. Dieci m<strong>in</strong>uti e poi ci ritroviamo tutti qui puntuali perché ci sono un sacco di cose<br />

<strong>in</strong>teressanti da ascoltare e di cui parlare. Tra dieci m<strong>in</strong>uti, grazie.<br />

Cesara Bonamici<br />

Bene, riprendiamo da dove eravamo rimasti. Come vi dicevo, ci sono ancora molti <strong>in</strong>terventi di grande<br />

<strong>in</strong>teresse. Si parlerà <strong>del</strong>le liberalizzazioni, parleremo <strong>del</strong>le esperienze cooperative, sentiremo il racconto di<br />

una grande fami<strong>gli</strong>a, di un grande esempio di capitalismo fami<strong>gli</strong>are e ancora parleremo <strong>in</strong>vece d i un<br />

altro settore vitale, che è quello <strong>del</strong> sistema bancario.<br />

Allora riprendiamo con Carlo Stagnaro, direttore Ricerche e Studi <strong>del</strong>l'Istituto Bruno Leoni per il tema<br />

«Liberalizzare: una scelta morale».<br />

Ecco, si ha un poch<strong>in</strong>o l'impressione che le liberalizzazioni siano come certi impianti, che so, i<br />

termovalorizzatori o quant'altro. Siamo tutti d'accordo che debbano essere f<strong>atti</strong>, sì, però magari da un'altra<br />

parte. Siamo davvero sicuri, Stagnaro, che il mondo <strong>del</strong>l'impresa sia comunque favorevole alle<br />

liberalizzazioni? Io lancio il suo <strong>in</strong>tervento anche con questa domanda.<br />

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Carlo Stagnaro<br />

Liberalizzare: una scelta morale<br />

Il tema di cui vorrei parlare è «perché liberalizzare è un dovere morale» e cercherò di farlo andando a<br />

ritroso. Vorrei partire da una ricerca che il nostro Istituto ha fatto e che ha cercato di misurare quanto è<br />

liberalizzata l'economia italiana; proseguirò def<strong>in</strong>endo o cercando di def<strong>in</strong>ire che cosa si possa e si debba<br />

<strong>in</strong>tendere per liberalizzazioni; e cercherò <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e di conv<strong>in</strong>cervi che liberalizzare non è soltanto utile ma è<br />

anche giusto. Anche se andare a ritroso può apparire strano, <strong>in</strong> realtà è qualcosa che tutti nella vita quotidiana<br />

facciamo; <strong>in</strong> f<strong>in</strong> dei conti misurare la liberalizzazione è come misurare qualunque altra cosa. Quando<br />

misurate voi fate un confronto. Quando dite che qualcosa è lungo 2 metri non state dicendo che quel<br />

qualcosa è lungo due volte lo spazio percorso dalla luce <strong>in</strong> un 300 milionesimo di secondo, che è la<br />

def<strong>in</strong>izione scientifica di metro. Voi state dicendo che quel qualcosa è lungo due volte un oggetto che voi<br />

sapete essere il metro e a voi <strong>in</strong>teressa sapere, per esempio, che un tavolo è lungo 2 metri perché vi chiedete<br />

se possa entrare nel vostro salotto oppure no.<br />

Ecco, <strong>in</strong> questo senso secondo me è utile partire prima da un tentativo di misura, cioè di confronto,<br />

<strong>del</strong>l'economia italiana e <strong>del</strong>le condizioni <strong>in</strong> cui l'economia italiana opera con altre realtà, per poi cercare di<br />

andare a fondo.<br />

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Noi tale confronto l'abbiamo eseguito <strong>in</strong> questi term<strong>in</strong>i. Abbiamo scelto un certo numero di settori<br />

economici - se ne potrebbero aggiungere altri e altri ne aggiungeremo. Potete vedere <strong>in</strong> questa tabella la<br />

lista: per ogni settore economico abbiamo guardato <strong>in</strong>torno quello che c'era <strong>in</strong> Europa e abbiamo cercato di<br />

<strong>in</strong>dividuare quale fosse il paese più liberalizzato d'Europa.<br />

I Paesi più liberalizzati <strong>in</strong> Europa per settore economico<br />

Settore Benchmark Indice di liberalizzazione (%) Indice 2007 (%) Differenza (%)<br />

Elettricità Regno Unito 74 72 +2<br />

Gas Regno Unito 56 58 -2<br />

Telecomunicazioni Regno Unito 35 40 -5<br />

Servizi idrici Regno Unito 27 27 =<br />

Trasporto<br />

ferroviario<br />

Regno Unito -<br />

Svezia<br />

49 49 =<br />

Trasporto aereo Irlanda 70 66 +4<br />

Trasporto pubblico<br />

locale<br />

Regno Unito 46 45 +1<br />

Poste Svezia 39 38 +1<br />

Professioni<br />

<strong>in</strong>tellettuali<br />

Regno Unito 46 46 =<br />

Lavoro Regno Unito 35 50 -15<br />

Fisco Regno Unito 52 51 +1<br />

Pubblica<br />

amm<strong>in</strong>istrazione<br />

Regno Unito 39 39 =<br />

Indice <strong>del</strong>le liberalizzazioni 47 48 -1<br />

Fonte: Istituto Bruno Leoni, 2008.<br />

Non sorprendentemente, nella maggior parte dei casi il paese più liberalizzato d'Europa s'è rivelato essere<br />

il Regno Unito con alcune eccezioni. Sul trasporto ferroviario il Regno Unito può contendere il titolo di<br />

paese più liberalizzato <strong>in</strong> Europa alla Svezia. Sul trasporto aereo abbiamo scelto l'Irlanda, che non a caso ha<br />

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Ryanair, mentre noi abbiamo Alitalia e <strong>in</strong> questi giorni credo che il paragone sia molto di attualità. Sui<br />

servizi postali abbiamo osservato un elevato grado di liberalizzazione <strong>in</strong> Svezia e così via.<br />

Allora, nel tentativo di confrontare l'Italia con queste realtà, siamo arrivati alla conclusione che il nostro<br />

paese complessivamente è liberalizzato a un livello pari alla metà circa, al 48%, al 47%, rispetto a<strong>gli</strong> altri<br />

paesi europei.<br />

Cosa vuol dire questo? Vuol dire che, ta<strong>gli</strong>ando col coltello la realtà, <strong>in</strong> altre parole abbiamo la metà <strong>del</strong>le<br />

opportunità che esistono <strong>in</strong> altri paesi, ed è una realtà molto concreta e molto misurabile, come si vede da<br />

un'altra rilevazione che non abbiamo fatto noi: è un'<strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e <strong>del</strong>la Banca mondiale che misura la facilità di<br />

fare affari, la stessa mostrata prima dal professor Micossi.<br />

Il nostro paese, secondo la somma di tutti <strong>gli</strong> <strong>in</strong>dicatori scelti da<strong>gli</strong> economisti <strong>del</strong>la Banca mondiale, è il<br />

sessantac<strong>in</strong>quesimo nel mondo. Ci sono però alcuni <strong>in</strong>dicatori su cui noi stiamo molto peggio di altri.<br />

Per quel che riguarda la facilità di pagare tasse - non stiamo parlando di entità <strong>del</strong> prelievo fiscale, stiamo<br />

parlando <strong>del</strong>la facilità con cui si possono pagare le tasse - siamo centoventottesimi al mondo; vuol dire che ci<br />

sono 127 paesi <strong>in</strong> cui è più facile pagare tasse che da noi, nel senso che il sistema fiscale è meno complicato,<br />

<strong>gli</strong> obblighi sono m<strong>in</strong>ori e meno pressanti.<br />

Per quanto riguarda il rispetto dei contr<strong>atti</strong> - che è un <strong>in</strong>dicatore fondamentale per chi fa impresa, perché<br />

<strong>in</strong>dica la possibilità e la facilità con cui un accordo che voi fate con una controparte può essere fatto<br />

rispettare nel caso <strong>in</strong> cui uno dei due vo<strong>gli</strong>a sgarrare - siamo centoc<strong>in</strong>quantaseiesimi; vuol dire che sono 155<br />

i paesi al mondo <strong>in</strong> cui se fate lo stesso contratto è più facile vederlo rispettato.<br />

C'è una sola cosa <strong>in</strong> cui siamo relativamente bravi: chiudere un'<strong>atti</strong>vità; siamo ventisettesimi.<br />

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Uno può dire: cosa c'entrano queste cose con le liberalizzazioni? In effetti, quando si parla di<br />

liberalizzazioni normalmente, lo abbiamo fatto anche noi, ci si riferisce a s<strong>in</strong>goli settori: l'energia, le<br />

telecomunicazioni, eccetera. Io credo <strong>in</strong>vece che parlare di liberalizzazioni vo<strong>gli</strong>a dire avere un'ottica più<br />

ampia. Liberalizzare significa essenzialmente rimuovere v<strong>in</strong>coli, consentire l'<strong>atti</strong>vità imprenditoriale <strong>in</strong> senso<br />

profondo, consentire a chiunque abbia qualcosa, <strong>in</strong> primo luogo la volontà di rischiare, di seguire le sue idee<br />

imprenditoriali, e qu<strong>in</strong>di ha a che fare non solo con le regole di un settore specifico ma anche con le regole<br />

<strong>del</strong> contesto generale. Le conseguenze per l’Italia <strong>del</strong>le mancate liberalizzazioni emergono chiaramente da<br />

questa tabella, che mostra le posizioni <strong>del</strong>l’Italia rispetto a<strong>gli</strong> altri paesi nello sviluppo di <strong>atti</strong>vità connesse<br />

all’<strong>atti</strong>vazione di impresa. L'Italia fa fatica a muoversi, lo si vede benissimo dai dati sulla sua crescita<br />

economica. Al netto <strong>del</strong>la crisi di questi giorni, l'Italia è il paese europeo che sistematicamente cresce meno<br />

de<strong>gli</strong> altri quando l'Europa cresce e che sistematicamente decresce più de<strong>gli</strong> altri quando l'Europa si ferma.<br />

Posizione <strong>del</strong>l’Italia fra i paesi <strong>del</strong> mondo per <strong>atti</strong>vità facilitanti la creazione d’impresa<br />

Fare affari 65<br />

Avviare un’<strong>atti</strong>vità 53<br />

Permessi urbanistici 83<br />

Assumere dipendenti 75<br />

Registrare proprietà 58<br />

Accesso al credito 84<br />

Protezione <strong>in</strong>vestimenti 53<br />

Pagare tasse 128<br />

Scambi con l’estero 60<br />

Rispetto contr<strong>atti</strong> 156<br />

Chiudere un’<strong>atti</strong>vità 27<br />

Fonte: Banca Mondiale, Do<strong>in</strong>g Bus<strong>in</strong>ess, 2008.<br />

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Questo accade perché a parità di contesto globale, a parità di concorrenza c<strong>in</strong>ese, a parità di crisi di<br />

subprime, l'Italia ha un carico sulle spalle molto più pesante di quello che hanno altri paesi. Un carico che<br />

significa, come ricordava prima il professor Marseguerra, costi <strong>del</strong>l'energia, <strong>in</strong>efficienza <strong>del</strong>la pubblica<br />

amm<strong>in</strong>istrazione, ma anche mole di obblighi fiscali, ripeto ancora una volta non tanto e non solo per l'entità<br />

<strong>del</strong> prelievo quanto per il numero di obblighi fiscali con cui ciascuno di voi e di noi si trova a che fare.<br />

Ammetto una mia colpa <strong>in</strong> relazione a quello che diceva il professor Micossi <strong>in</strong> apertura: io lavoro per una<br />

non-profit, qu<strong>in</strong>di <strong>in</strong> qualche maniera abbiamo una vita più facile, anche se <strong>in</strong> realtà devo dire che molto<br />

spesso la cultura <strong>del</strong> non-profit <strong>in</strong> Italia è for-perdit, nel senso che, nel rapporto con il settore pubblico e nella<br />

misura <strong>in</strong> cui una realtà non-profit si appoggia ai f<strong>in</strong>anziamenti pubblici, normalmente viene premiata <strong>in</strong><br />

funzione di quanto perde (disclosure: noi non abbiamo f<strong>in</strong>anziamenti pubblici), qu<strong>in</strong>di non era una cosa<br />

particolarmente polemica, era una mera constatazione.<br />

Liberalizzare, dicevo, vuol dire to<strong>gli</strong>ere quel peso dalle spalle <strong>del</strong>l'economia italiana. Per questo allora è<br />

importante liberalizzare. Io credo che ci siano sei differenti ragioni.<br />

La prima, ovvia, sono le ragioni di efficienza. Un sistema liberalizzato è più efficiente, lo dice l'esperienza,<br />

lo dice perf<strong>in</strong>o l'esperienza italiana: i settori che sono stati liberalizzati nella seconda metà de<strong>gli</strong> anni '90, non<br />

tanto per virtù e volontà, ma pr<strong>in</strong>cipalmente dietro pressione <strong>del</strong>le direttive europee e <strong>del</strong>la politica<br />

comunitaria, i settori che sono stati almeno parzialmente liberalizzati sono più efficienti e funzionano<br />

me<strong>gli</strong>o. Si parlava prima dei costi <strong>del</strong>l'energia, <strong>in</strong> particolare nel settore elettrico dove la liberalizzazione è<br />

andata più avanti, al netto <strong>del</strong>l'aumento dei costi dovuti all'aumento dei prezzi di combustibile, che dipende<br />

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dai mercati <strong>in</strong>ternazionali: l'efficienza <strong>del</strong> sistema è mi<strong>gli</strong>orata e se non avessimo liberalizzato alla f<strong>in</strong>e de<strong>gli</strong><br />

anni '90 oggi l'energia, l'elettricità <strong>in</strong> particolare, costerebbe ancora di più, molto di più.<br />

In secondo luogo liberalizzare è importante perché serve a ridurre le rendite, a ridurre posizioni di rendita.<br />

Se liberalizzare significa consentire la competizione, il non liberalizzare significa assenza di competizione;<br />

significa che chi si trova a svolgere una determ<strong>in</strong>ata funzione può svolgerla senza particolari pressioni e<br />

qu<strong>in</strong>di può farla male, <strong>in</strong> modo meno efficiente, può farla <strong>in</strong> maniera tale che, come dire, non è e<strong>gli</strong> che si<br />

mette al servizio <strong>del</strong> prossimo, nel dare al prossimo qualcosa che l'altro vuole e che <strong>gli</strong> paga, ma concede<br />

graziosamente un favore.<br />

Provate a prendere un taxi a Roma o a Milano e un taxi a Madrid. A Madrid voi mettete il braccio fuori e<br />

tra uno e dieci secondi arriva un taxi. A Roma e a Milano voi dovete cercare il taxi. Questa è una differenza<br />

molto pratica, molto empirica se volete, tra un sistema liberalizzato e uno no. In un sistema liberalizzato è<br />

l'offerta che viene a cercare la domanda, è il produttore che vuole darvi quello di cui avete bisogno, vuol<br />

farvi vedere che ha qualcosa da offrirvi. In un sistema non liberalizzato accade il contrario. Siete voi che<br />

dovete pregare il tassista di portarvi <strong>in</strong> un certo posto se a lui non garba. Credo che tutti abbiamo fatto<br />

un'esperienza <strong>del</strong> genere. Io una volta mi sono trovato un mercoledì sera a Roma ad aspettare – pioveva - 45<br />

m<strong>in</strong>uti un taxi; erano le nove e sono arrivato <strong>in</strong> ritardo a cena.<br />

Terza ragione per cui è importante liberalizzare è che liberalizzare, cioè rimuovere i v<strong>in</strong>coli, cioè<br />

consentire la competizione, significa creare opportunità. In questo senso la liberalizzazione è una forma di<br />

«redistribuzione»: vengono ridistribuite opportunità da chi fa parte <strong>del</strong>lo status quo a<strong>gli</strong> outsiders, a chi ne<br />

sta fuori. Viene data l'opportunità a chi sta dall’altra parte, a chi compra i servizi, di poter disporre di<br />

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un'offerta più ampia, di un'offerta più variegata, di un'offerta più efficiente, di un'offerta, <strong>in</strong> ultima analisi,<br />

mi<strong>gli</strong>ore.<br />

Ancora una volta non servono dati o analisi particolarmente profonde, basta andare <strong>in</strong> paesi che hanno<br />

tassi di liberalizzazione superiori al nostro e osservare come funzionano le cose là, nei settori che <strong>in</strong> questi<br />

paesi sono liberalizzati, ovviamente.<br />

Una conseguenza di questa creazione di opportunità – e questa è la mia quarta ragione - è che le<br />

liberalizzazioni consentono una maggiore mobilità sociale, e questo per tutti, ma per dei cattolici <strong>in</strong><br />

particolare credo debba essere visto come un valore, perché significa che tu non sei costretto a fare il<br />

mestiere di tuo padre o a fare il mestiere che qualcun altro ha scelto per te. Puoi sce<strong>gli</strong>ere il tuo futuro. Puoi<br />

sce<strong>gli</strong>erlo, e questa è la qu<strong>in</strong>ta ragione, nell'ambito di una sistema di premi e sanzioni. Il che significa che se<br />

fai bene diventi straord<strong>in</strong>ariamente ricco e se fai male diventi straord<strong>in</strong>ariamente povero, a presc<strong>in</strong>dere dalle<br />

condizioni di partenza.<br />

Però credo che questo sia un grande <strong>in</strong>centivo anzitutto a fare bene, perché nessuno vuol diventare<br />

straord<strong>in</strong>ariamente povero senza disporre, come dire, di una rete di salvataggio che <strong>gli</strong> consenta di mantenere<br />

un tenore di vita non troppo dissimile da quello che aveva precedentemente e <strong>in</strong> secondo luogo crea una<br />

corsa al mi<strong>gli</strong>oramento, una corsa a cercare di diventare straord<strong>in</strong>ariamente ricchi.<br />

Ultima ragione, che è un po' una conseguenza di questa, è che un sistema liberalizzato è un sistema dove<br />

tutti <strong>gli</strong> attori vengono responsabilizzati e la responsabilità - e questo è importante e si collega a quello che<br />

diceva prima Gotti Tedeschi su un altro livello - è solo e non può essere altro che <strong>in</strong>dividuale. La<br />

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esponsabilità non può essere collettiva; <strong>in</strong> un sistema che sia autenticamente liberalizzato, qualunque cosa<br />

facciate, voi ne traete beneficio se fate bene e ne pagate il prezzo se fate male.<br />

La questione <strong>del</strong>la responsabilità mi ricorda una battuta che fa sempre un caro amico. Sapete che<br />

normalmente chi scrive libri o paper scientifici riporta sempre una nota <strong>in</strong> prima pag<strong>in</strong>a <strong>in</strong> cui r<strong>in</strong>grazia chi<br />

l'ha aiutato e ai r<strong>in</strong>graziamenti segue tipicamente un disclaimer che recita qualcosa <strong>del</strong> tipo «naturalmente<br />

tutti <strong>gli</strong> errori e le imperfezioni contenuti <strong>in</strong> questo libro sono di esclusiva responsabilità <strong>del</strong>l'autore». Ebbene<br />

questo amico, che è uno molto <strong>in</strong>telligente e qu<strong>in</strong>di molto autoironico, tipicamente scrive: «R<strong>in</strong>grazio tizio,<br />

caio e sempronio. Naturalmente resta <strong>in</strong>teso che ogni errore o imperfezione contenuti <strong>in</strong> questo libro è colpa<br />

<strong>del</strong>la società». Credo che questo disclaimer più di tante parole racconti cosa accade <strong>in</strong> un sistema non<br />

liberalizzato, <strong>in</strong> un sistema qu<strong>in</strong>di dove esistono <strong>del</strong>le rugg<strong>in</strong>i, de<strong>gli</strong> attriti, <strong>del</strong>le difficoltà a evolvere e qu<strong>in</strong>di<br />

a sanzionare o a premiare chi fa male o bene.<br />

Liberalizzare <strong>in</strong> questo senso ha sì una dimensione molto specifica dei s<strong>in</strong>goli settori che si liberalizzano.<br />

Quello che occorre fare per liberalizzare elettricità, gas, telecomunicazioni eccetera è diverso da quello che<br />

occorre fare per liberalizzare il credito piuttosto che i taxi o i panifici o qualunque altra <strong>atti</strong>vità.<br />

Però liberalizzare ha anche una dimensione generale, una dimensione di contesto, che è quella appunto<br />

<strong>del</strong>la responsabilità <strong>in</strong>dividuale: quella, come dire, <strong>del</strong>la creazione di condizioni <strong>in</strong> cui chi vuole fare fa, ha<br />

l'opportunità di fare, ha l'occasione di fare e sarà chiamato eventualmente a pagare. Ciò chiama <strong>in</strong> causa tutta<br />

una serie di politiche che sono generali, non sono specifiche dei settori, le quali ostacolano un reale processo<br />

di liberalizzazione: <strong>in</strong> primo luogo la burocrazia.<br />

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Avere una burocrazia <strong>in</strong>efficiente fa due volte male. In primo luogo perché una burocrazia <strong>in</strong>efficiente è<br />

normalmente una burocrazia più numerosa e qu<strong>in</strong>di costa e richiede un maggiore carico fiscale;<br />

secondariamente perché una burocrazia <strong>in</strong>efficiente crea anche difficoltà che vanno al di là <strong>del</strong>l'aggravio<br />

fiscale aggiuntivo. Chiunque di noi abbia avuto a che fare, a maggior ragione se per ragioni di lavoro nella<br />

veste di imprenditore, con la pubblica amm<strong>in</strong>istrazione sa cosa vuol dire questo, sa che essere rimpallati<br />

cont<strong>in</strong>uamente da un ufficio all'altro senza avere mai risposte certe, perché poi alla f<strong>in</strong>e questo si chiede,<br />

certezza da un sistema giuridico, rappresenta un costo molto più concreto e molto più sostanziale di quello<br />

che non sia il costo, come dire, monetario <strong>del</strong>la burocrazia.<br />

Liberalizzare significa anche rimuovere protezioni, significa ancora una volta lasciar cadere chi sba<strong>gli</strong>a,<br />

lasciar fallire chi fa male, e l'altra faccia <strong>del</strong>le protezioni è la rimozione dei sussidi. I sussidi sono un modo di<br />

creare <strong>del</strong>le rendite artificiali, di premiare chi non è <strong>in</strong> grado di farsi premiare dal mercato.<br />

Liberalizzare significa <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e avere un fisco «equo». A me non piace usare la parola «equità» sul fisco<br />

perché sono un liberista selvaggio e qu<strong>in</strong>di il fisco non è mai equo per def<strong>in</strong>izione, come dice Grover<br />

Norquist: «Il nostro sogno non è uccidere lo Stato ma trasformarlo <strong>in</strong> una cosa talmente piccola da poterla<br />

affogare nella vasca da bagno». Però liberalizzare vuol dire avere un sistema fiscale che sia il meno pesante<br />

possibile e il più semplice possibile.<br />

Ancora una volta torno ai dati <strong>del</strong>la Banca mondiale: ci sono più di cento paesi <strong>in</strong> cui è più facile pagare<br />

le tasse, non costano meno, è più facile pagarle: bisogna compilare meno moduli, fare meno versamenti,<br />

rapportarsi con meno uffici pubblici.<br />

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Purtroppo nella maggior parte dei casi <strong>in</strong> Italia nessuna di queste cose è stata fatta o perlomeno nessuna<br />

è stata fatta f<strong>in</strong>o <strong>in</strong> fondo e questo ci ha portato, nel compilare il nostro lavoro sull'<strong>in</strong>dice <strong>del</strong>le<br />

liberalizzazioni, a <strong>in</strong>dividuare due mali.<br />

Il primo è l'artrosi. L'artrosi è una mal<strong>atti</strong>a degenerativa che, come sapete - poi il professor Micossi mi<br />

tirerà le orecchie perché non lo descriverò con l<strong>in</strong>guaggio medico appropriato -, sostanzialmente aumenta <strong>gli</strong><br />

attriti nei movimenti, vi impedisce di muovervi <strong>in</strong> maniera efficiente e, man mano che passano <strong>gli</strong> anni, se<br />

non si trova il modo di oliare e di lubrificare le giunture, cont<strong>in</strong>ua a peggiorare.<br />

Non tanto la fotografia <strong>del</strong>lo stato <strong>del</strong>le liberalizzazioni nel paese quanto il film de<strong>gli</strong> ultimi anni mostra<br />

che, passata la sp<strong>in</strong>ta di metà anni ‘90, ci siamo <strong>in</strong> qualche maniera seduti su un risultato che talvolta è stato<br />

ragionevolmente buono, altre volte è stato <strong>del</strong>udente, ma il fatto di essersi seduti e di non aver più messo<br />

mano, di non aver più lubrificato il sistema ha fatto sì che il paese prendesse l'artrosi e faticasse sempre più a<br />

fare cose che già erano faticose.<br />

E liberalizzare è un lubrificante <strong>in</strong> questo senso.<br />

Ma l'altra cosa che abbiamo voluto evidenziare è che l'Italia, di fronte alla liberalizzazione nel suo<br />

complesso, sembra <strong>in</strong> questo – e rispondo alla domanda di Cesara - un paese spaventato, nel senso che tutte<br />

le liberalizzazioni vanno bene <strong>in</strong> casa de<strong>gli</strong> altri. È una sorta di s<strong>in</strong>drome Nimby <strong>del</strong>le riforme. Questo è<br />

comprensibile da parte di chi è titolare di una rendita, perché liberalizzare vuol dire perdere quella rendita,<br />

meno comprensibile da parte <strong>del</strong>la società nel suo complesso.<br />

Io mi sono sempre stupito di due cose, se si confronta, come dire, la sensibilità politica <strong>del</strong>la pancia<br />

italiana con la sensibilità politica <strong>del</strong>la pancia americana. In Italia non esistono associazioni dei contribuenti,<br />

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non esiste nessuna realtà che difenda i diritti dei contribuenti a pagare poco e a pagare bene, e a vedere spesi<br />

bene i propri soldi, né esiste una associazione di consumatori che tuteli i consumatori e non tuteli<br />

l'associazione dei consumatori stessa.<br />

L'assenza di questi due oggetti è frutto anche <strong>del</strong>l'assenza o <strong>del</strong>la scarsità <strong>del</strong>la domanda di cose <strong>del</strong><br />

genere. Siete imprenditori, sapete che se non c'è domanda smettete di produrre o fate qualcos'altro, non<br />

cont<strong>in</strong>uate imperterriti a fare qualcosa che nessuno vuole comprare e questo è probabilmente segno di una<br />

tara culturale, che deriva, forse, <strong>in</strong> parte, dal fatto che ci siamo abituati a vivere <strong>in</strong> un certo modo e dal fatto<br />

che il procedere <strong>del</strong>l'artrosi di anno <strong>in</strong> anno è stato lento; non è che noi ogni anno ci sentiamo peggio<br />

<strong>del</strong>l'anno prima, a volte è addirittura difficile dire se ci sentiamo me<strong>gli</strong>o o peggio. Nel caso dei servizi idrici<br />

abbiamo scoperto che i dati non esistono, qu<strong>in</strong>di compilare un <strong>in</strong>dice di liberalizzazione sui servizi idrici<br />

significa affidarsi a dati frammentari, <strong>in</strong>ventarsene qualcuno sulla base di <strong>in</strong>formazioni parziali che vengono<br />

concesse grazie a relazioni di amicizia.<br />

Alcuni anni fa, faccio un altro esempio, abbiamo fatto una ricerca sulle maggiori partecipazioni di alcuni<br />

comuni italiani, che dovrebbero essere un dato pubblico. Uno non crede che un centro di studi <strong>in</strong>dipendente<br />

debba <strong>in</strong>dagare e pagare un pool di sei persone che lavorano per due mesi per capire quali siano le maggiori<br />

società partecipate dai sei, sette più grandi comuni italiani. Uno di questi comuni, dopo due mesi di<br />

telefonate quotidiane a vari uffici, ci ha mandato come prospetto <strong>del</strong>le sue partecipazioni un fo<strong>gli</strong>o <strong>in</strong><br />

<strong>formato</strong> A4, dove c'era il valore aggregato di tutte le partecipazioni, il valore dei dividendi, e f<strong>in</strong>e. Abbiamo<br />

dovuto cancellare il comune <strong>del</strong>la nostra <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e perché avremmo pubblicato una pag<strong>in</strong>a bianca sul nostro<br />

libro.<br />

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Terzo e ultimo esempio: noi come istituto stiamo f<strong>in</strong>anziando un progetto triennale di una ragazza che fa<br />

un dottorato all'Università di Modena e Reggio Emilia <strong>in</strong> diritto <strong>del</strong> lavoro. Il progetto triennale di questa<br />

ragazza è fare un censimento <strong>del</strong>le leggi sul lavoro per proporne la riorganizzazione <strong>in</strong> una legge quadro.<br />

Oggi nessuno sa quali e quante siano le leggi sul lavoro, e qu<strong>in</strong>di tutti nelle vostre aziende state violando<br />

qualche legge senza saperlo. Questo è un dis<strong>in</strong>centivo a <strong>in</strong>vestire ovviamente, perché se voi sapete che state<br />

violando qualche legge ma non sapete quale, come dire, tendete a riflettere un <strong>atti</strong>mo prima di scommettere i<br />

vostri soldi.<br />

Liberalizzare vuol dire anche rispondere a questo tipo di paura, creare un contesto normativo che come il<br />

contesto fiscale sia chiaro, semplice, diciamo equo con il caveat di cui sopra, e che consenta la creazione di<br />

opportunità, la creazione di ricchezza che va evidentemente a favore di chi ne è protagonista ma va anche a<br />

favore <strong>del</strong>la società tutta, perché creare ricchezza sul mercato <strong>in</strong> un contesto competitivo vuol dire essere <strong>in</strong><br />

grado di soddisfare me<strong>gli</strong>o l'esigenza <strong>del</strong> prossimo di quanto facciano i competitori.<br />

Dopo le citazioni colte <strong>del</strong> professor Gotti Tedeschi io vorrei concludere con una citazione assolutamente<br />

non colta, che è frutto <strong>del</strong> fatto che sono nato ne<strong>gli</strong> anni '70, e qu<strong>in</strong>di sono fi<strong>gli</strong>o <strong>del</strong>la cultura di Star Wars. Il<br />

maestro Yoda, quando addestra Luke Skywalker, <strong>gli</strong> spiega che la paura porta ira, l'ira porta odio e l'odio è la<br />

via che conduce al lato oscuro <strong>del</strong>la Forza. La mia sensazione è che il nostro paese sia già drammaticamente<br />

sbilanciato verso il lato oscuro <strong>del</strong>la Forza e qu<strong>in</strong>di il fatto di vedere qualche cavaliere jedi <strong>in</strong> un <strong>convegno</strong><br />

come questo non può che fare grande piacere.<br />

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Cesara Bonamici<br />

Grazie, grazie mille a Carlo Stagnaro, davvero <strong>in</strong>teressante e anche divertente. Tra l'altro mi ha fatto<br />

tornare <strong>in</strong> mente una immag<strong>in</strong>e che non è mia ma <strong>del</strong> m<strong>in</strong>istro Tremonti di qualche tempo fa, quando diceva<br />

che l'imprenditore è uno che corre con uno za<strong>in</strong>o pieno di sassi sulle spalle, qu<strong>in</strong>di ancor più da santificare.<br />

E poi mi sono anche ricordata che il nostro professor Gotti Tedeschi si è dimenticato la parabola dei talenti,<br />

ci ha fatto tante citazioni ma...<br />

Ettore Gotti Tedeschi<br />

Sto riscrivendo il Vangelo, sostanzialmente. Dopo lo scandalo, diciamo così, dei subprime e dei derivati<br />

ho riscritto la parabola dei talenti.<br />

I tre personaggi a cui il Signore dà il talento, uno lo moltiplica, l'altro lo moltiplica un po' meno, uno lo<br />

sotterra e Lui s'arrabbia con quello che l'ha sotterrato. In realtà c'è un quarto personaggio, quello che ha<br />

<strong>in</strong>vestito <strong>in</strong> futures e ha perso tutto. Era una battuta giusto per concludere.<br />

Cesara Bonamici<br />

Entriamo ancora <strong>in</strong> un altro settore, quello <strong>del</strong>l'esperienza cooperativa. Creare valore a partire dai<br />

valori, qu<strong>in</strong>di l'esperienza cooperativa..<br />

Ce ne parlerà Pierluigi Stefan<strong>in</strong>i che è il presidente di Unipol Gruppo F<strong>in</strong>anziario. E anche <strong>in</strong> questo<br />

caso vorrei lanciare il suo <strong>in</strong>tervento con una piccola domanda. C'è sempre una polemica nei confronti<br />

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<strong>del</strong>l'impresa cooperativa che, si sa, è considerata favorita dalle norme rispetto all'impresa capitalistica<br />

classica. Allora l'impresa cooperativa, specialmente quella grande, chiedo a Stefan<strong>in</strong>i, è ancora<br />

cooperativa? E sono giustificate le critiche?<br />

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Pierluigi Stefan<strong>in</strong>i<br />

Creare valore a partire dai valori:<br />

l’esperienza cooperativa<br />

È davvero un grande piacere partecipare a questo <strong>in</strong>contro e soprattutto ascoltare riflessioni e relazioni<br />

tanto <strong>in</strong>teressanti e stimolanti. Spero di essere non dico all'altezza, ma almeno <strong>in</strong> s<strong>in</strong>tonia, perché penso che,<br />

come è già stato detto opportunamente prima di me, mai come oggi abbiamo bisogno come cittad<strong>in</strong>i, come<br />

paese - e forse il discorso riguarda anche altri paesi <strong>in</strong> questo momento -, di responsabilità, di impegno<br />

diretto <strong>del</strong>le persone e anche di convergenza e di condivisione. Anzi, vorrei sottol<strong>in</strong>eare quest'ultimo punto,<br />

perché credo che mai come oggi, trovandoci <strong>in</strong> un'epoca nella quale l'antagonismo, l'egoismo, il c<strong>in</strong>ismo<br />

tendono a prevalere, lavorare per convergere, per collaborare, per cooperare sia una sfida difficile ma<br />

importante da tentare.<br />

Perché appunto credo che condividere e lavorare <strong>in</strong>sieme, prospettare progetti comuni - certo anche da<br />

punti di vista e di partenza diversi, ma che possano lavorare per il bene comune - sia un dovere che ognuno<br />

di noi deve cercare, per quanto nelle sue possibilità, di portare avanti.<br />

Questo significa naturalmente valorizzare il merito, la competizione, la libertà di impresa, il pluralismo<br />

dei diversi soggetti che operano sul mercato. Significa anche cercare di <strong>in</strong>trodurre o rafforzare quel concetto<br />

di altruismo che credo sia un elemento essenziale se vo<strong>gli</strong>amo dare un futuro serio e sereno al nostro paese.<br />

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Allora parlare di cooperazione <strong>in</strong> questo contesto, mi permetto di dire, rientra bene, perché mai come oggi<br />

l'esperienza cooperativa nel nostro paese <strong>in</strong>teressa molto il discorso che <strong>in</strong> questo <strong>convegno</strong> si sta facendo;<br />

dalle cose che ho sentito mi rafforzo <strong>in</strong> una conv<strong>in</strong>zione: che mai come oggi abbiamo bisogno di valori, mai<br />

come oggi abbiamo bisogno di lavorare con molta umiltà, con molta responsabilità e realismo per cercare di<br />

essere coerenti tra i valori e i comportamenti. Cosa difficilissima - e parlo per me -, che tuttavia credo sia la<br />

sfida più bella per le persone, per <strong>gli</strong> uom<strong>in</strong>i e per le donne. Cioè cercare appunto di avvic<strong>in</strong>are questi due<br />

aspetti, fare <strong>in</strong> modo che siano credibili i valori ai quali ci ispiriamo e siano qu<strong>in</strong>di praticabili; che sia<br />

dimostrabile che con l'esempio è possibile fare bene, è possibile lavorare per il benessere comune.<br />

La cooperazione <strong>in</strong> questi anni, fatta da imprese che hanno come base fondamentale l'organizzazione di<br />

persone, ha attraversato un periodo di successo, di sacrifici e anche di errori: tuttavia è cresciuta nell'ultimo<br />

qu<strong>in</strong>dicennio <strong>in</strong> modo significativo nel nostro paese.<br />

Oggi nel suo <strong>in</strong>sieme la cooperazione racco<strong>gli</strong>e 12 milioni di soci aderenti, ha un milione di persone che<br />

vi lavorano, rappresenta - anche se il dato <strong>del</strong> Pil non è mai un dato sufficiente per <strong>in</strong>dicare il benessere di un<br />

paese, questo sarebbe un capitolo a parte, ma non c'è il tempo per affrontarlo adesso - l'8% <strong>del</strong> Pil e qu<strong>in</strong>di<br />

un contributo alla ricchezza. Peraltro, e aggiungo un aspetto che credo sia giusto sottol<strong>in</strong>eare, con un<br />

<strong>in</strong>cremento occupazionale che ha visto quasi il raddoppio dei posti di lavoro <strong>in</strong> 15 anni.<br />

Come sapete, nel mondo ci sono 800 milioni di soci aderenti a cooperative nei diversi paesi. Ci sono<br />

milioni di persone organizzate <strong>in</strong> cooperative che, per esempio, gestiscono l'utilizzo <strong>del</strong>l'energia e<br />

<strong>in</strong>tervengono sulla parte f<strong>in</strong>ale <strong>del</strong>la domanda per cercare di essere più attrezzati a rispondere all'offerta.<br />

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Nella stessa India, c’è una formidabile presenza cooperativa, esistono 200 milioni di soci organizzati <strong>in</strong><br />

forma cooperativa.<br />

La cooperazione <strong>in</strong> Italia è presente <strong>in</strong> vari settori, dalla grande distribuzione alle costruzioni,<br />

all'agroalimentare, ai servizi. Opera <strong>in</strong> un campo <strong>del</strong>icatissimo che è quello <strong>del</strong>la cooperazione sociale, per<br />

cercare di dare, soprattutto alle persone più svantaggiate che hanno disagio sociale o fisico o psichico, un<br />

aiuto, un sostegno, una possibilità di avere una dignità da esercitare nella loro vita quotidiana e collettiva.<br />

La cooperazione opera anche nel credito e nelle assicurazioni. Se mi permettete una piccola polemica, che<br />

non è rivolta all’oggi, ma a tre anni fa, quando ci fu il famoso tentativo Unipol-BNL, che ha riempito le<br />

pag<strong>in</strong>e dei giornali per tanto tempo, si disse che «le cooperative non possono occuparsi di f<strong>in</strong>anza»: piccolo<br />

errore. La cooperazione, le banche di credito cooperativo - e oggi sentiremo il presidente <strong>del</strong>l'associazione -<br />

hanno il 10% <strong>del</strong> mercato, un piccolo detta<strong>gli</strong>o. Le popolari - e qui abbiamo un autorevole rappresentante di<br />

quel mondo - rappresentano una fetta altrettanto importante <strong>del</strong> mercato bancario e f<strong>in</strong>anziario <strong>del</strong> nostro<br />

paese.<br />

Con ciò si vuol dire che, <strong>in</strong> realtà, quanto è successo e sta succedendo nel mondo <strong>del</strong>la cooperazione <strong>in</strong><br />

senso più lato dimostra che c'è vitalità e c'è forza.<br />

Naturalmente non mancano i problemi e le difficoltà. Perché allora dire «lavoriamo sui valori per creare<br />

valore»?<br />

Vo<strong>gli</strong>o fare tre esempi. Il primo è quello che credo renda me<strong>gli</strong>o la storia e la natura cooperativa. Essendo<br />

organizzazioni di persone, che <strong>in</strong>sieme si organizzano per cercare di dare risposte a bisogni materiali e a<br />

volte anche culturali, educativi, formativi, sociali, c'è un punto che per noi è essenziale: noi siamo un<br />

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soggetto <strong>in</strong>tergenerazionale. La cooperativa oggi è gestita da chi ne ha la proprietà pro-tempore ma ha il<br />

dovere di trasmetterla a chi verrà dopo, ai soci che verranno nel futuro. E qui, guardate, c'è un elemento che<br />

ho ascoltato con molto piacere nella relazione <strong>del</strong> professor Gotti Tedeschi, anche da punti di vista diversi di<br />

ispirazione ideale, culturale: questo elemento di pensare al prossimo, a chi verrà dopo, di cercare di essere<br />

attenti a questo aspetto, che è certo molto faticoso, molto difficile, ma estremamente importante, vitale per le<br />

imprese perché permette di avere un'ottica <strong>del</strong>lo sviluppo che sia sostenibile nel tempo, un'ottica nella quale<br />

il medio e lungo periodo, e non il breve, sia l'orizzonte con cui si traguardano <strong>gli</strong> obiettivi, si misurano le<br />

capacità imprenditoriali e si adeguano le risorse <strong>del</strong>le imprese.<br />

Siamo tutti condannati ormai a ragionare <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i di trimestrale e ad avere l'assillo di trovare <strong>in</strong> qualche<br />

modo la soluzione che sia adeguata al mercato, anche a scapito <strong>del</strong>la durata nel tempo <strong>del</strong>la solidità<br />

<strong>del</strong>l'impresa.<br />

Qu<strong>in</strong>di, tradotto il concetto, partire dai valori per creare valore significa essere consapevoli di quello che<br />

produciamo <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i di ricchezza e <strong>in</strong> prospettiva per le imprese e avere qu<strong>in</strong>di quest'orizzonte temporale<br />

davanti, di lungo periodo.<br />

Secondo: responsabilità e reputazione. L'impresa <strong>in</strong> generale è un organismo sociale aperto per<br />

def<strong>in</strong>izione, che svolge un ruolo sociale e cerca di gestire diversi <strong>in</strong>terlocutori nello stesso momento e ha il<br />

dovere di tenerne conto contemporaneamente: i lavoratori, i clienti, i fornitori e le comunità. Qu<strong>in</strong>di, <strong>in</strong><br />

questo senso, costruire un profilo di responsabilità e di reputazione è un elemento essenziale di successo per<br />

il futuro di un'impresa, sia essa privata, cooperativa o anche pubblica. Nel senso, appunto, di costruire un<br />

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percorso che misuri questo grado di reputazione, di responsabilità, sulla base di quello che coerentemente, da<br />

una parte, si dice di voler fare e dall'altra poi si fa sul mercato, nei confronti dei clienti.<br />

Ultimo esempio: il lavoro. È già stato detto molto bene da Micossi <strong>in</strong>troducendo questo <strong>convegno</strong>: si<br />

parla poco, si parla male <strong>del</strong> lavoro; se ne parla quando c'è un <strong>in</strong>cidente sul lavoro, per altro fenomeno<br />

drammatico, <strong>in</strong>tollerabile per un paese che vuol essere civile ed europeo. Ma questo sarebbe un altro capitolo<br />

ancora.<br />

Credo che tutti <strong>in</strong>sieme possiamo cercare di operare per dare un contributo a creare lavoro buono, lavoro<br />

dignitoso, lavoro nel quale la persona, donna, uomo, giovane, possa riconoscersi, identificarsi, costruire il<br />

proprio futuro, essere soggetto <strong>atti</strong>vo che <strong>in</strong>sieme a<strong>gli</strong> altri costruisce una prospettiva.<br />

Allora guardate - lo dico <strong>in</strong> modo autocritico - molte volte nelle imprese, quando si parla di formazione,<br />

si pensa che sia tempo perso, o che ci sia bisogno di fare altro: occorre guardare al risultato, essere efficienti.<br />

È un errore drammatico. La formazione è un elemento essenziale per aiutare le persone ad apprendere, a<br />

conoscere, ad avere <strong>gli</strong> strumenti, ad essere motivate all'<strong>in</strong>terno <strong>del</strong>le imprese.<br />

Molte volte le cooperative non riescono a farlo, però, come dire, c'è un tentativo, una ricerca per cercare<br />

di essere attrezzate a tale scopo, il che significa poi, <strong>in</strong> s<strong>in</strong>tesi, esaltare le <strong>in</strong>dividualità, che sono essenziali,<br />

non mortificarle e al tempo stesso però rafforzare la collaborazione, perché penso che ognuno di noi sia<br />

importante ma nessuno di noi sia essenziale.<br />

Inf<strong>in</strong>e, non volevo sfuggire alla domanda, che mi rendo conto sia <strong>in</strong>evitabile che venga posta ed è giusto<br />

che venga posta. Ci sono dei limiti di questo mondo <strong>del</strong> quale vi sto parlando, che non sempre racconta<br />

quello che fa, non sempre si apre, non sempre è trasparente, non sempre ha l'orgo<strong>gli</strong>o di dire le cose<br />

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importanti che fa. Certo, vanno riconosciuti anche <strong>gli</strong> errori per cercare di correggerli, ma anche questa è<br />

apertura.<br />

Sappiate, è vero che ci sono ancora dei cosiddetti vantaggi fiscali, ma sono basati su un presupposto che<br />

ritengo essenziale per il futuro <strong>del</strong>le imprese, tutte le imprese, e cioè che coloro che re<strong>in</strong>vestono ciò che<br />

producono <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i di ricchezza nell'impresa devono avere un riconoscimento dallo Stato, perché stanno<br />

creando futuro, stanno guardando alla prospettiva, stanno re<strong>in</strong>vestendo nell'impresa risorse, <strong>in</strong>vestimenti,<br />

<strong>in</strong>novazione, tecnologia, ricerca per far crescere le imprese e dare benessere alla società.<br />

Peraltro questi vantaggi con l'ultima misura presa dal governo si sono ulteriormente ridotti, qu<strong>in</strong>di <strong>in</strong><br />

realtà parliamo ormai di aspetti s<strong>in</strong>ceramente marg<strong>in</strong>ali rispetto all'assetto fiscale. Comunque, lo dico<br />

avendolo anche messo <strong>in</strong> un libretto, superiamo questo elemento, andiamo oltre, creiamo un assetto fiscale<br />

armonizzato, che sia omogeneo.<br />

Non c'è nessuna remora ad aprirsi ad assetti più evoluti e più aperti. Però, attenzione, come veniva detto<br />

prima, c'è un'idea nel nostro paese che co<strong>in</strong>volge il centro, la destra e la s<strong>in</strong>istra, che usa la leva fiscale come<br />

arma; c'è sempre un nemico dall'altra parte da combattere, che poi <strong>in</strong> realtà sono i cittad<strong>in</strong>i, le imprese, i<br />

soggetti che costituiscono poi l'<strong>in</strong>teresse <strong>del</strong>lo Stato, l'<strong>in</strong>teresse comune.<br />

Bisogna rapidamente uscire da questa logica, sbarazzare il campo da questa dimensione. C'è sempre il<br />

nemico di turno, una volta possono essere <strong>gli</strong> artigiani, le cooperative, le banche, le assicurazioni, i cittad<strong>in</strong>i<br />

sempre. Come si fa a costruire un rapporto virtuoso, proficuo, collaborativo tra i cittad<strong>in</strong>i e lo Stato se c'è<br />

questa cultura che prevale? In questo senso c'è da augurarsi che le cose possano cambiare.<br />

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Inf<strong>in</strong>e, come dicevo all'<strong>in</strong>izio, bisogna che noi ci apriamo di più - e r<strong>in</strong>grazio davvero <strong>del</strong>l'opportunità di<br />

oggi - e costruiamo alleanze, collaborazioni, relazioni che possano far crescere l'esperienza e renderci più<br />

forti. E <strong>in</strong>oltre la cooperazione deve fare <strong>del</strong>le cose importanti, <strong>in</strong> tutti i settori. Deve mi<strong>gli</strong>orarsi nella<br />

gestione, nella governance, avere un assetto di maggiore trasparenza, di maggiore apertura, di maggiore<br />

capacità di coniugare la democrazia, che è un valore importantissimo alla base <strong>del</strong>la storia cooperativa, con<br />

la capacità di decidere di essere adeguati, efficienti, efficaci nell'azione che sul mercato si deve svolgere.<br />

È una sfida difficile ma, credo, molto bella e appassionante.<br />

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Cesara Bonamici<br />

Grazie al presidente di UNIPOL Gruppo F<strong>in</strong>anziario, Pierluigi Stefan<strong>in</strong>i.<br />

Si è già parlato, ascoltando l'<strong>in</strong>tervento di Giovanni Marseguerra, <strong>del</strong>l'esempio positivo dei valori<br />

<strong>del</strong>l'impresa capitalistica fami<strong>gli</strong>are e anche però dei rischi che essa corre. E tra queste difficoltà c'è<br />

probabilmente quella di conv<strong>in</strong>cere nuove generazioni a una vita di imprenditore tuttofare. Non so se<br />

questo sia un problema passeggero, un problema strutturale, ma ci piacerà ascoltare quello che appunto ci<br />

dirà sull'impresa capitalistica fami<strong>gli</strong>are Mario Preve che è il presidente di Riso Gallo.<br />

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Mario Preve<br />

Fami<strong>gli</strong>a e impresa: il passaggio generazionale<br />

Parlare <strong>del</strong>le aziende fami<strong>gli</strong>ari mi fa particolarmente piacere, perché rappresento un'azienda che ha 150<br />

anni, oltre 150 anni e sei generazioni, la settima c'è, per ora mangia riso e fa il suo dovere, qu<strong>in</strong>di va bene<br />

così.<br />

Da una ricerca che ha fatto Harvard anni fa, il 30% <strong>del</strong>le venti maggiori imprese quotate <strong>in</strong> 27 paesi sono<br />

fami<strong>gli</strong>ari e questo dice già qualche cosa. Fra l'80% e il 90% <strong>del</strong>le <strong>atti</strong>vità imprenditoriali <strong>in</strong> Nordamerica e<br />

nel Regno Unito, il 75% appartengono ad aziende fami<strong>gli</strong>ari. In Italia il 93% <strong>del</strong>le aziende è fami<strong>gli</strong>are, il<br />

45% <strong>del</strong>le 150 più grandi aziende italiane appartiene al capitalismo fami<strong>gli</strong>are: Barilla, Benetton, Fiat,<br />

Lavazza, Ferrero, qu<strong>in</strong>di veramente tante. Il punto di forza <strong>del</strong>le aziende fami<strong>gli</strong>ari è <strong>in</strong>dubbiamente il fatto<br />

che hanno una performance più elevata rispetto alle altre. Il valore aggiunto economico supera <strong>del</strong> 5,5%<br />

quello <strong>del</strong>le non fami<strong>gli</strong>ari ne<strong>gli</strong> Stati Uniti e il return on assets è più elevato <strong>del</strong> 6,65%.<br />

Le imprese fami<strong>gli</strong>ari, dunque, durano più a lungo <strong>del</strong>le altre. Noi siamo solo uno dei tantissimi esempi<br />

che ci sono <strong>in</strong> questo campo. Indubbiamente la chiave <strong>del</strong> successo, una <strong>del</strong>le chiavi, è il fatto che le aziende<br />

familiari pensano lungo.<br />

Io ricordo che una volta era venuto un americano da noi <strong>in</strong> azienda: mi chiedeva di un prodotto, i nostri<br />

risotti pronti, quanto tempo ci avevamo messo per lanciarlo, perché si affermasse sul mercato, e io <strong>gli</strong> avevo<br />

detto: «Non tanto, tutto sommato, sette anni»; lui mi ha risposto: «Ma noi ragioniamo a quarters».<br />

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Ecco no, noi ragioniamo a generazioni e questo ci permette di fare <strong>del</strong>le cose che altre aziende, non<br />

fami<strong>gli</strong>ari, non possono fare.<br />

Certamente le risorse umane sono la base. Le aziende fami<strong>gli</strong>ari hanno l'obbligo di curare le persone che<br />

lavorano <strong>in</strong> azienda. Ci sono tanti modi per farlo, ma certamente, diciamo, il fatto di curarli, di seguirli, di<br />

dare loro qualcosa di più di quello che danno le altre aziende. Io dico sempre che noi chiediamo alle persone<br />

che lavorano <strong>in</strong> azienda più di quello che chiede un'azienda non fami<strong>gli</strong>are. Il fatto qu<strong>in</strong>di di chiedere<br />

significa che bisogna anche dare. Ecco, come si fa a dare? Ci sono tanti sistemi: certamente c’è quello di fare<br />

<strong>del</strong>le cose fuori dal normale. Noi abbiamo diverse <strong>atti</strong>vità: abbiamo per esempio un'<strong>atti</strong>vità che si chiama<br />

Parnaso. Il Parnaso è un club dove le persone che guidano l'azienda, e qu<strong>in</strong>di circa 25 persone, qualche volta<br />

vanno a vedere per esempio dei musei, <strong>del</strong>le mostre, <strong>del</strong>le cose particolari con una nostra guida, che è sempre<br />

la stessa, e si va <strong>in</strong> giro per l'Italia a vedere queste cose.<br />

Abbiamo un'altra <strong>atti</strong>vità che si chiama «Parliamo d'altro», sempre per le persone che conducono e che<br />

sono responsabili <strong>del</strong>l'azienda: andiamo <strong>in</strong> un albergo e ci stiamo due giorni dentro; lì chiamiamo a parlare<br />

persone che sono de<strong>gli</strong> esperti <strong>in</strong> un settore, chi <strong>in</strong> economia, chi <strong>in</strong> cultura, pittura, politica, religione, e<br />

stiamo chiusi lì due giorni e parliamo di tutto fuorché di riso. Ecco, questa è una cosa che certamente motiva<br />

la gente, la quale qu<strong>in</strong>di sa che da noi riceve qualche cosa di più di quello che può ricevere <strong>in</strong> un'azienda<br />

normale o non fami<strong>gli</strong>are.<br />

Abbiamo certamente una fe<strong>del</strong>tà <strong>in</strong> azienda notevole e, tanto per citare un esempio, la mia segretaria che è<br />

qui presente, è la terza generazione che lavora nell'azienda. Questo per noi è un valore enorme, molto<br />

importante.<br />

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È chiaro che abbiamo meno livelli di un'azienda non fami<strong>gli</strong>are, questo è ovvio, e abbiamo qu<strong>in</strong>di anche<br />

un turn-over molto basso.<br />

Noi facciamo molti <strong>in</strong>vestimenti <strong>in</strong> ricerca; ci sono i tecnici che fanno ricerca, però la ricerca è condotta<br />

praticamente dalla fami<strong>gli</strong>a: è la fami<strong>gli</strong>a che decide che cosa si ricerca, quali sono i prodotti che bisogna<br />

fare, e sono qu<strong>in</strong>di scelte che vanno certamente al di là <strong>del</strong> tempo, non vanno certo a quarters, tanto per<br />

essere chiari.<br />

Qu<strong>in</strong>di noi andiamo a ricercare dei prodotti che magari saranno pronti da qui a x anni o che andranno sul<br />

mercato da qui a x anni, però è un <strong>in</strong>vestimento che facciamo perché sappiamo che va fatto e che è per il<br />

bene <strong>del</strong>la azienda, anche se nel conto economico va a pesare senza un risultato immediato.<br />

Nuovi prodotti noi ne facciamo tanti e attualmente sono soprattutto imperniati sull’obiettivo, per noi e per<br />

il nostro problema particolare, di accorciare il tempo di cottura. Il nostro prodotto è un prodotto che per<br />

essere pronto ha bisogno di 20 m<strong>in</strong>uti di cottura; s<strong>in</strong>o a 10 anni fa le persone passavano <strong>in</strong> cuc<strong>in</strong>a circa 2 ore,<br />

oggi ci passano 20 m<strong>in</strong>uti, a fare un risotto ce ne vo<strong>gli</strong>ono 18 e qu<strong>in</strong>di se non ci muoviamo un po’ rischiamo<br />

molto. Qu<strong>in</strong>di la nostra ricerca verte su questo. Siamo arrivati ad accorciare i tempi di cottura a 12 m<strong>in</strong>uti,<br />

poi recentemente li abbiamo ridotti a 2 e qu<strong>in</strong>di direi che adesso siamo un po' più tranquilli rispetto ai 10 che<br />

richiede il mercato, e voi potete star tranquilli. Sì, perché è fondamentale anche che un prodotto sia buono, se<br />

non è buono non funziona.<br />

Certamente una <strong>del</strong>le basi <strong>del</strong>le aziende fami<strong>gli</strong>ari sono anche i nuovi mercati. Noi personalmente siamo<br />

presenti <strong>in</strong> 63 mercati <strong>in</strong> giro per il mondo, <strong>in</strong> 63 paesi. L'<strong>in</strong>venzione e la creatività che hanno le aziende<br />

fami<strong>gli</strong>ari nel fare queste cose sono fantastiche. Una volta mi è stato raccontato di un signore che sapeva solo<br />

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parlare l'italiano e il dialetto <strong>del</strong> suo posto, e questo signore esportava <strong>in</strong> tutto il mondo; allora <strong>gli</strong> è stato<br />

chiesto: «Ma lei come fa, ha sempre l'<strong>in</strong>terprete?». «No, no, io non mi fido de<strong>gli</strong> <strong>in</strong>terpreti; quando vado <strong>in</strong><br />

un paese che non conosco vado <strong>in</strong> un ristorante italiano e cerco il cameriere più sve<strong>gli</strong>o; allora lo chiamo e<br />

<strong>gli</strong> dico: " Vuoi guadagnare qualcosa <strong>in</strong> più? Vieni a farmi da <strong>in</strong>terprete". Quello sono sicuro che mi è fe<strong>del</strong>e,<br />

che non mi <strong>in</strong>ganna, che mi dice tutto, che mi fa <strong>del</strong>le traduzioni perfette». Ecco, per me queste sono cose<br />

geniali; questo evidentemente una mult<strong>in</strong>azionale non lo può fare.<br />

Le relazioni: le aziende fami<strong>gli</strong>ari hanno un altro vantaggio. Noi siamo, non posso dire collegati, ma<br />

abbiamo de<strong>gli</strong> ottimi rapporti con altre aziende fami<strong>gli</strong>ari <strong>in</strong> altri paesi. Questo fa sì che ci si scambi idee, ci<br />

si aiuti, nel senso che i problemi sono più o meno <strong>gli</strong> stessi. Posso raccontare di un'esperienza che ho fatto<br />

personalmente: esiste <strong>in</strong> Spagna una pasta che si chiama Gallo; la pasta è nella stessa categoria <strong>del</strong> riso e<br />

qu<strong>in</strong>di noi per anni siamo andati per avvocati perché <strong>in</strong> ogni paese dove andavamo noi litigavamo con questi<br />

signori <strong>del</strong>la pasta Gallo. A un certo punto <strong>in</strong>terpello il mio avvocato e <strong>gli</strong> dico: «Vediamo un po' chi sono<br />

questi signori»; lui mi risponde: «Guardi, è una fami<strong>gli</strong>a molto importante di Barcellona, si chiamano<br />

Espona». Allora <strong>gli</strong> dico: «Gli faccia sapere che li vo<strong>gli</strong>o vedere» . «Ma diranno di no». Difendeva il suo<br />

evidentemente. Dopo un po' mi chiama e mi dice: «Ma lo sa che hanno detto di sì e vengono <strong>in</strong> Italia?».<br />

Benissimo. Allora ho <strong>in</strong>contrato questo signor Espona, non me lo dimenticherò più; alto il doppio di me, mi<br />

guarda e mi dice: «Io mi chiamo Espona e non farò mai riso» e io <strong>gli</strong> dico: «Io mi chiamo Preve e non farò<br />

mai pasta». Allora mi risponde: «Diciamo due parole a questi avvocati che scrivano qualcosa e noi andiamo<br />

a mangiare». Dopo due anni di liti feroci sono nate un'amicizia, una collaborazione e una stima fantastica:<br />

aziende fami<strong>gli</strong>ari, ecco questo è il punto.<br />

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Questo è semplicemente un aneddoto per dire che le aziende fami<strong>gli</strong>ari, <strong>in</strong> sostanza, guardano più al<br />

passato e al futuro, mentre le aziende e le imprese non fami<strong>gli</strong>ari guardano di più al presente: progettare il<br />

futuro ispirandosi al passato.<br />

Però non sono tutte rose e fiori e su questo vorrei essere molto chiaro. Ci sono de<strong>gli</strong> aspetti critici per le<br />

aziende fami<strong>gli</strong>ari e uno di questi è certamente il cambio generazionale. Il cambio generazionale è una cosa<br />

veramente molto difficile, spesso è una cosa anche dolorosa, diciamo così, e qui cito una frase di J. A.<br />

Schumpeter: «La funzione imprenditoriale non può essere ereditata, ovvero si può ereditare la proprietà ma<br />

non la capacità di gestire con successo la d<strong>in</strong>amica aziendale». Ecco, questo è vero, uno può ereditare <strong>del</strong>le<br />

azioni ma non è detto che sia anche capace di fare l'imprenditore. E questa è una cosa difficile soprattutto da<br />

far capire.<br />

Però la base di questi problemi generazionali - e l'85% <strong>del</strong>le imprese fami<strong>gli</strong>ari <strong>in</strong> Italia ha problemi<br />

generazionali - non è niente di straord<strong>in</strong>ario: bisogna metterli <strong>in</strong> conto. Anche se molto spesso si dice:<br />

«Questo a noi non può accadere, no, no, nella nostra fami<strong>gli</strong>a questo non può accadere»; mentre <strong>in</strong>vece<br />

accade nell'85% <strong>del</strong>le aziende fami<strong>gli</strong>ari. Qu<strong>in</strong>di ci sarà una ragione per la quale questo succede. La base di<br />

tutto è che non esistono buoni e c<strong>atti</strong>vi, esistono semplicemente de<strong>gli</strong> <strong>in</strong>teressi diversi, esistono <strong>del</strong>le<br />

questioni emotive che fanno sì che si confonda il ruolo dalla fami<strong>gli</strong>a con il ruolo <strong>del</strong>l'azienda. Se andiamo a<br />

vedere cosa succede <strong>in</strong> una fami<strong>gli</strong>a, questo è quanto accade, <strong>in</strong> sostanza, nelle aziende fami<strong>gli</strong>ari: c'è un<br />

padre e ci sono uno o più fi<strong>gli</strong> e fi<strong>gli</strong>e. Evidentemente il problema non si pone quando c’è un fi<strong>gli</strong>o solo; ma<br />

quando ce n'è più di uno lo schema <strong>in</strong>iziale è tranquillo, perché il padre possiede sia le azioni sia, diciamo,<br />

l'autorità per controllare l’azienda, e f<strong>in</strong> lì va tutto bene. Poi, a un certo momento, i genitori non ci sono più<br />

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e allora la prima cosa che si nota è che rimane la struttura orizzontale: qu<strong>in</strong>di non c'è più un capo, sia perché<br />

non ha le azioni per essere il capo sia perché forse non ha l'autorevolezza per essere il capo. Supponiamo che<br />

i fi<strong>gli</strong> vadano d'accordo, come spesso succede. A un certo momento accade che qualcuno si sposi e allora<br />

entrano le mo<strong>gli</strong> o i mariti. Dapprima non cambia niente; ammettiamo pure che le mo<strong>gli</strong> siano fantastiche<br />

cognate, splendide, va tutto benissimo, sono tutti d’accordo. Poi arrivano dei fi<strong>gli</strong>; ecco allora, quando c'è un<br />

fi<strong>gli</strong>o è più importante il fratello, come lo era prima, o è più importante il fi<strong>gli</strong>o? È più importante il fi<strong>gli</strong>o. E<br />

allora il fi<strong>gli</strong>o di un altro fratello o sorella diventa quasi un concorrente <strong>del</strong> proprio fi<strong>gli</strong>o, o può diventarlo, e<br />

qu<strong>in</strong>di si crea, piano piano, una situazione nella quale si cade dentro senza accorgersi di dove si sta andando.<br />

Qu<strong>in</strong>di, ancora una volta, non si tratta di c<strong>atti</strong>va volontà, semplicemente nascono dei problemi che vanno<br />

risolti, ma vanno risolti dai genitori, dalla generazione vecchia: non si può lasciare il problema ai giovani,<br />

perché se lo si lascia ai giovani si è già nel conflitto. Per cui la decisione va presa dalla generazione vecchia,<br />

va presa soprattutto con un consulente, perché il consulente ha un'esperienza. Questi casi sono tutti<br />

assolutamente uguali. Così ho fatto io con la mia fami<strong>gli</strong>a: il consulente e noi ci siamo riuniti tutti assieme,<br />

mo<strong>gli</strong> e tutti quanti presenti. A un certo momento il consulente com<strong>in</strong>cia a guardarmi e mi dice: «Ci sarebbe<br />

una cosa da decidere perché, sa, tutti <strong>in</strong>vecchiamo e quando uno <strong>in</strong>vecchia poi a un certo momento non è più<br />

tanto capace come prima… Guardi, bisogna che a un certo momento vada <strong>in</strong> pensione, ecco questa è la<br />

verità». Allora io chiedo: «E l'età, più o meno?». Mi risponde: «Guardi, 70». Allora davanti a tutti i fi<strong>gli</strong> ho<br />

negoziato: «Facciamo 72, dai». Allora mi ha detto: «Va bene, va bene 72». E, beh, me ne mancano 5 e io sto<br />

facendo il conteggio ogni anno e capisco che a un certo momento me ne dovrò andare. Però sono cose che<br />

vanno affrontate, perché se non si affrontano è un guaio.<br />

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Ecco, il messaggio alle vecchie generazioni è questo: secondo un detto di Lao-Tze, «per guidare <strong>gli</strong> altri<br />

camm<strong>in</strong>a alle loro spalle».<br />

Trovo che effettivamente questo passaggio generazionale vada fatto curando i giovani, stando loro vic<strong>in</strong>i:<br />

è un mestiere anche questo, è proprio veramente un mestiere, e non bisogna opprimerli, bisogna dar loro un<br />

po' di libertà, ma evitando che sba<strong>gli</strong>no troppo; <strong>in</strong>somma, è un mestiere che va fatto con cura.<br />

Il messaggio per le nuove generazioni, per le nuove generazioni che vo<strong>gli</strong>ono fare impresa, il che è una<br />

cosa magnifica ed è il motivo per cui facciamo questo <strong>convegno</strong>, è questo per me: che tipo di impresa? Beh,<br />

identifica un problema e troverai un mercato. Ecco, io credo che questa sia la cosa fondamentale e credo sia<br />

una cosa che deve guidare tutti i giovani. Qui vo<strong>gli</strong>o citare l'esempio di un socio <strong>del</strong>la nostra associazione,<br />

che è Giancarlo Dughera e che è qui <strong>in</strong> giro. Dughera ha fatto un'azienda che per me è semplicemente<br />

geniale. Ha scoperto che le navi sono composte di tantissimi elementi e qu<strong>in</strong>di hanno bisogno sempre di<br />

pezzi, di attrezzature che magari il cantiere non fa più, o pezzi di motori difficili da reperire, eccetera. Lui va<br />

e risolve il problema, <strong>gli</strong> fa qualsiasi tipo di cosa.<br />

Questa la trovo una cosa geniale: lui risolve problemi, la sua azienda vuol dire risolvere problemi.<br />

F<strong>in</strong>isco con un messaggio di uno che se ne <strong>in</strong>tendeva e che diceva: «Tutti sanno che una cosa è<br />

impossibile da realizzare, f<strong>in</strong>ché arriva uno sprovveduto che non lo sa e la <strong>in</strong>venta».<br />

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Cesara Bonamici<br />

Grazie a Mario Preve, presidente di Riso Gallo, che abbiamo ascoltato davvero con grande <strong>in</strong>teresse.<br />

Gotti Tedeschi, volevi dire qualcosa?<br />

Ettore Gotti Tedeschi<br />

Velocissimo. Mario, volevo fare un commento a tutto quello cha hai detto. C'è un rischio enorme nella<br />

perdita <strong>del</strong> riferimento <strong>del</strong>la fami<strong>gli</strong>a imprenditoriale; è un rischio che sarà probabilmente l'orig<strong>in</strong>e d i uno<br />

dei prossimi problemi <strong>del</strong> nostro mondo cosiddetto globale.<br />

La f<strong>in</strong>e <strong>del</strong>l'imprenditore: sostituito da chi? È sostituito normalmente dai fondi di <strong>in</strong>vestimento, cioè da<br />

una f<strong>in</strong>anza, è ovvio che le grandi concentrazioni necessarie espellano l'imprenditore che non è <strong>in</strong> grado<br />

di gestire i bus<strong>in</strong>ess che diventano globali. Chi sostituisce l'imprenditore? Normalmente sono i fondi, che<br />

rappresentano un capitalismo neutrale di cui non si sa esattamente che cosa vo<strong>gli</strong>a.<br />

Primo punto fondamentale: la deresponsabilizzazione <strong>del</strong>la guida <strong>del</strong>l'impresa. Perché l'uomo che<br />

lavora ha tre anime: è lavoratore <strong>in</strong> un'impresa, è <strong>in</strong>vestitore dei suoi risparmi <strong>in</strong> un'altra impresa, è<br />

compratore dei beni più <strong>in</strong>teressanti. Qu<strong>in</strong>di nell'uomo economico ci sono tre anime e si vede quando manca<br />

l'anima <strong>del</strong>l'imprenditore nell'impresa.<br />

Ma il secondo punto, che secondo me sta <strong>in</strong>nestando una d<strong>in</strong>amica perversa, è la logica dei fondi. Perché<br />

il fondo che cosa fa? Il fondo sostituisce l'imprenditore con il manager, il famoso manager <strong>del</strong>le stock<br />

options. È il fondo che dice al manager che cosa vuole, quali obiettivi vuole. Il fondo, se ha de<strong>gli</strong> obiettivi<br />

a breve, chiede al manager obiettivi a breve, ma questo è fondamentale perché questo è il paradosso, la<br />

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spirale perversa verso la quale stiamo andando, <strong>in</strong>cluse le banche, banche d'affari ma anche non d'affari,<br />

di credito ord<strong>in</strong>ario e grandi imprese.<br />

Cesara Bonamici<br />

Bene, tr<strong>atti</strong>amo un altro dei pilastri <strong>in</strong>dicati da Piero Micossi nel suo manifesto: il credito. Lo facciamo<br />

con il presidente <strong>del</strong>la Banca Popolare di Milano, Roberto Mazzotta, che ci parla appunto <strong>del</strong> ruolo <strong>del</strong><br />

sistema bancario nel sostegno alla nascita e alla crescita <strong>del</strong>la nuova impresa, e io <strong>gli</strong> domando subito:<br />

perché, Mazzotta, a parte i banchieri, solo pochi parlano bene <strong>del</strong> ruolo <strong>del</strong>la banca, ci sarà un motivo?<br />

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Roberto Mazzotta<br />

Il ruolo <strong>del</strong> sistema bancario nel sostegno<br />

alla nascita e alla crescita <strong>del</strong>la nuova impresa<br />

Devo dire che <strong>in</strong> genere da sempre, poi anche con esiti spesso drammatici, chi ha commerciato <strong>in</strong> danaro<br />

non ha goduto di rilevante popolarità. Vediamo un po', a me piacerebbe fare come Mario Preve, che ha detto<br />

<strong>del</strong>le cose di grande serietà senza stancare troppo <strong>gli</strong> ascoltatori, però parlando di banche la cosa è<br />

oggettivamente più complicata.<br />

Venendo qui ed esam<strong>in</strong>ando il titolo <strong>del</strong>l'argomento - e r<strong>in</strong>grazio tra l'altro il professor Micossi e tutti <strong>gli</strong><br />

amici presenti per la cortesia di avermi <strong>in</strong>vitato -, io mi sono chiesto se, avendo dovuto trattare questo<br />

argomento un anno fa, sarei riuscito a stare nel tema. Oggi è impossibile. Allora, siccome oggi è impossibile<br />

per le ragioni note, io parto facendo due premesse; le quali nascono anche dalle cose che abbiamo ascoltato<br />

stam<strong>atti</strong>na.<br />

Intanto, prima premessa:, le banche, come tutti <strong>gli</strong> altri, si muovono nel sistema generale, ormai penso si<br />

sia capito, però poi dopo averlo capito bisogna anche lavorarci su; la grande conv<strong>in</strong>zione che ha regolato<br />

molti comportamenti è che il mercato è alla base di un sistema economico libero, però che il mercato sappia<br />

autoregolarsi nel tempo, producendo successivamente equilibri d<strong>in</strong>amici, non è vero.<br />

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Questo apre <strong>in</strong>terrogativi molto grossi perché, quando il mercato fallisce, spuntano subito, con isterie<br />

variabili, tutti coloro che la sapevano già lunga da tempo e ti <strong>in</strong>segnano cose perverse che prevalentemente<br />

sono idee vecchie e sba<strong>gli</strong>ate.<br />

Però è vero che il problema esiste.<br />

Secondo dato che risulta evidentissimo, perf<strong>in</strong>o troppo evidente - e anche qui è una svolta notevole, perché<br />

noi la pensiamo <strong>in</strong> un certo modo ma siamo diventati ne<strong>gli</strong> ultimi tempi largamente marg<strong>in</strong>ali -, è venuto<br />

fuori <strong>in</strong> maniera evidentissima che non è affatto vero che la logica economica sia neutrale e che qu<strong>in</strong>di sia<br />

autosufficiente. Tutte le nostre società sono andate avanti nella perfetta conv<strong>in</strong>zione, manifestata, affermata,<br />

che la logica economica avesse la sua doverosa neutralità rispetto a elementi extraeconomici, come pr<strong>in</strong>cipi<br />

di carattere etico, politico, sociale. Naturalmente la presa di coscienza di questo fatto ha dei pericoli<br />

gravissimi, perché arriveranno evidentemente <strong>gli</strong> <strong>in</strong>terventisti di tutti generi pretendendo di sostituirsi alla<br />

logica economica. Però è emerso anche questo secondo fatto.<br />

E questa è la prima premessa, perché anche le banche sono imprese e come tutte le imprese si muovono <strong>in</strong><br />

un sistema che è def<strong>in</strong>ito da regole, da pr<strong>in</strong>cipi, da culture, e non soltanto da <strong>in</strong>teressi; è def<strong>in</strong>ito <strong>in</strong> maniera<br />

molto importante da <strong>in</strong>teressi, ma non solo.<br />

Seconda premessa: io credo non abbia senso non impegnarsi per fare <strong>in</strong> modo che possano mantenersi<br />

mercati aperti, perché il sistema capitalistico, ha ragione Gotti, è fondato sulla proprietà dei mezzi di<br />

produzione, ma è fondato anche su un altro pilastro, la concorrenza, e tante volte io credo che la qualità <strong>del</strong>la<br />

concorrenza sia forse ancora più importante <strong>del</strong>la forma giuridica <strong>del</strong>la proprietà <strong>del</strong> capitale.<br />

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Il sistema capitalistico, il sistema economico moderno, che si sviluppa e cresce, è fondato sulla<br />

concorrenza e sulla dimensione dei mercati. Qu<strong>in</strong>di, volendo cont<strong>in</strong>uare a restare <strong>in</strong> un sistema che ha questa<br />

come componente - poi la dimensione dei mercati è storicamente def<strong>in</strong>ita da tante cose, da tante variabili,<br />

adesso non vo<strong>gli</strong>o farvi perdere tempo -, io credo, ed è la seconda premessa, e poi chiudo con le premesse,<br />

che anche qui noi abbiamo bisogno assolutamente che chi di dovere, qu<strong>in</strong>di i responsabili <strong>del</strong>le istituzioni,<br />

tenga conto che quello che sta capitando di enorme <strong>in</strong> America è l'<strong>in</strong>izio di una fase di medio-lungo term<strong>in</strong>e<br />

diversa da quella che abbiamo conosciuto, e avrà certamente bisogno di alcune cose. Io sento evocare spesso<br />

Bretton Woods; ricordo che, a parte il fatto che rifare cose vecchie è sempre complicatissimo, <strong>gli</strong> elementi di<br />

fondo pr<strong>in</strong>cipali sono questi. Due cose certe che avranno implicazioni enormi anche per noi, che dovremo<br />

regolare anche noi. Primo: non è pensabile che i flussi f<strong>in</strong>anziari nel medio-lungo term<strong>in</strong>e possano<br />

sopportare di mantenere <strong>in</strong> equilibrio squilibri commerciali di medio-lungo periodo. Noi abbiamo creato una<br />

fase di benessere e di crescita formidabile con la f<strong>in</strong>anza che compensava squilibri commerciali di medio-<br />

lungo periodo; questo non è mantenibile, perché comporta per le s<strong>in</strong>gole realtà nazionali o le grandi aree<br />

economiche problemi formidabili, anche per noi. Per esempio, noi un argomento <strong>del</strong> genere - lo squilibrio<br />

commerciale - possiamo cont<strong>in</strong>uare ad affrontarlo con le statistiche nazionali domestiche e non con quelle<br />

cont<strong>in</strong>entali? Problema colossale. Se lo facciamo con le statistiche domestiche siamo fregati <strong>in</strong> partenza e<br />

questo crea un problema molto grosso.<br />

Secondo elemento importantissimo: non è pensabile una stabilità nel medio-lungo term<strong>in</strong>e senza un<br />

regime <strong>in</strong>ternazionale di cambi fissi o perlomeno di cambi stabilizzati. Il problema più enorme che noi<br />

abbiamo davanti adesso, e che l'isteria generale da tutte le parti e <strong>gli</strong> squilibri f<strong>in</strong>anziari che si sono creati<br />

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mettono <strong>in</strong> grave repenta<strong>gli</strong>o, è quello <strong>del</strong>la stabilità dei rapporti di cambio. Se questo succede è difficile<br />

pensare che si esca da questa crisi.<br />

Qu<strong>in</strong>di, a seconda di come verranno regolate queste cose, funzionano anche le bancone, le banche, le<br />

banch<strong>in</strong>e; io parlerò prevalentemente di banch<strong>in</strong>e, che hanno problemi connessi e difficoltà più piccole.<br />

Oggi la banca, qualsiasi, ovunque, ha tre problemi, i quali non rimangono problemi <strong>del</strong>la banca, ma<br />

diventano problemi dei clienti: ha problemi di liquidità, ha problemi di capitale, ha problemi di fiducia. Sono<br />

i tre problemi di oggi, che ci tireremo avanti per un po'. Naturalmente la capacità di dare una risposta decente<br />

a questi tre problemi - il terzo evidentemente muovendosi rende maggiori o m<strong>in</strong>ori i primi due - genererà la<br />

possibilità che nei prossimi mesi, nei prossimi 2 o 3 anni, - andare più <strong>in</strong> là è un po’ complicato - il sistema<br />

bancario ovunque - noi parliamo <strong>del</strong> nostro, qu<strong>in</strong>di <strong>del</strong>l'Italia - potrà avere un'offerta di credito compatibile<br />

con il fabbisogno di credito o <strong>in</strong>feriore al fabbisogno di credito a seconda che le due questioni <strong>del</strong>la liquidità<br />

e <strong>del</strong> costo <strong>del</strong>la liquidità, <strong>del</strong> capitale e <strong>del</strong>la dimensione <strong>del</strong> costo di capitale, siano facilmente risolubili o<br />

meno. In una situazione come quella di oggi è chiaro che, con i mercati fermi, è <strong>in</strong>evitabile che con le regole<br />

esistenti o ci sarà un'<strong>in</strong>terpretazione un po' meno rigida <strong>del</strong>le regole medesime, senza però calarsi le braghe<br />

da parte <strong>del</strong>le autorità regolamentatrici, oppure evidentemente il rapporto tra il totale de<strong>gli</strong> <strong>atti</strong>vi e i requisiti<br />

patrimoniali m<strong>in</strong>imi com<strong>in</strong>cerà a farsi valere e obiettivamente porterà a una riduzione <strong>del</strong> volume<br />

complessivo <strong>del</strong>l'<strong>atti</strong>vità di impiego, il che evidentemente non va bene e su questo bisogna lavorare.<br />

Ora apro una parentesi: noi parliamo sempre d'Italia; non c'è l'Italia, ci sono le Italie. Dire questa cosa, e<br />

io ho passato un pezzett<strong>in</strong>o <strong>del</strong>la mia vita a occuparmi di cose non soltanto private ma anche di <strong>in</strong>teresse<br />

generale, almeno questa era l'ambizione, dire oggi che bisogna parlare di Italie genera <strong>in</strong> me un rammarico<br />

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<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito. Però teniamo presente che io ho il privilegio di occuparmi di una banca che lavora <strong>in</strong> Lombardia;<br />

non def<strong>in</strong>irei privilegio il fatto di dovermi occupare di una banca che opera <strong>in</strong> altre parti d'Italia; non è la<br />

stessa cosa, è una realtà totalmente diversa, con problemi professionali totalmente diversi, con domande e<br />

risposte assolutamente diverse, e questo è un dramma. Evidentemente è impossibile fare banca dove non c'è<br />

legalità sul territorio ed è impossibile fare banca anche quando non c'è un sistema bancario che abbia<br />

autonomia sul proprio territorio. Noi abbiamo un pezzo d'Italia dove non c'è legalità e dove il sistema<br />

bancario locale è sparito. Questo rappresenta una questione per cui, quando diciamo parliamo <strong>del</strong> sistema<br />

italiano, io dico parliamo <strong>del</strong> sistema, adesso siamo a Rapallo, parliamo <strong>del</strong> sistema dove lavoriamo noi.<br />

Dopo aver ampiamente r<strong>in</strong>graziato il Signore, parliamo <strong>del</strong> sistema dove lavoriamo noi.<br />

Io sento <strong>in</strong> questi tempi alcune cose che ritengo non siano totalmente condivisibili, per esempio che il<br />

sistema bancario italiano è meno esposto a tutte le tempeste che stanno travolgendo di qui e di là perché<br />

fortunatamente <strong>in</strong> questo periodo siamo più arretrati. Questo è stato sostenuto da autorevoli sedi e cioè che<br />

siamo più tranquilli perché siamo rimasti un po' <strong>in</strong>dietro; quelli che sono andati troppo avanti sono tutti stesi<br />

per terra, noi fortunatamente, grazie alla nostra ignoranza, grazie alla nostra arretratezza, grazie al fatto che<br />

facciamo la banca ancora come la facevamo due secoli fa, noi, grazie a Dio, siamo fuori dei mercati...<br />

capito?... che bello. Chi dice una cosa <strong>del</strong> genere pensa di essere spiritoso ma è oggettivamente ignorante.<br />

Non totalmente, un poch<strong>in</strong>o ha ragione, però dicendo questa cosa sottace <strong>in</strong>vece alcuni elementi che noi<br />

dovremmo considerare per capire che su queste cose dobbiamo <strong>in</strong>sistere, non è una disputa teorica.<br />

Quali sono le cose sulle quali noi dobbiamo <strong>in</strong>sistere? Primo: il sistema europeo è più solido di quello<br />

americano perché ha avuto una regolamentazione prudenziale, che <strong>gli</strong> americani non hanno, e che sta<br />

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obiettivamente difendendo il sistema europeo. E non avendo istituzioni di mercato sufficienti, <strong>gli</strong> americani è<br />

la seconda volta che fanno un patatrac, perché la prima volta l'hanno fatto nella grande crisi di malaugurata<br />

memoria e sempre anche per situazioni di <strong>in</strong>sufficienza <strong>del</strong>le istituzioni, che non si è risolta <strong>in</strong> questo<br />

periodo, e per una <strong>in</strong>sufficiente regolamentazione. I mercati non sono <strong>del</strong>le concezioni astratte, il mercato è<br />

def<strong>in</strong>ito dal sistema di regole che lo fanno funzionare. Il loro sistema di regole è troppo lasco, troppo aperto.<br />

Avere un sistema di regole totalmente compatibili con i meccanismi di concorrenza e con i meccanismi di<br />

libertà di impresa, ma più str<strong>in</strong>genti, sottoporre a discipl<strong>in</strong>a e a controllo tutti <strong>gli</strong> <strong>in</strong>termediari, non soltanto<br />

quelli più tradizionali, avere un sistema lobbistico meno forte, altro elemento non secondario, e qu<strong>in</strong>di avere<br />

un sistema istituzionale più autorevole, evidentemente dà vita a una realtà di <strong>in</strong>termediari bancari e f<strong>in</strong>anziari<br />

più stabile. E questo è un elemento importantissimo su cui noi dobbiamo lavorare. Sapendo che la realtà<br />

europea è ancora a mezza strada, nel senso che ha fatto due scelte decisive, la moneta unica e la Banca<br />

Centrale, l'<strong>in</strong>sieme <strong>del</strong>le banche centrali dei paesi europei, ma adesso bisogna andare avanti su quella strada e<br />

capire il che sistema f<strong>in</strong>anziario deve proseguire e avere regole di mercato, istituzioni regolamentatrici e<br />

totale libertà di movimento e di stabilimento all'<strong>in</strong>terno <strong>del</strong>l'area <strong>del</strong>la moneta unica.<br />

Questa è la lezione che ci viene dai f<strong>atti</strong>, per cui non è vero che noi siamo più tranquilli perché siamo più<br />

scemi, siamo più tranquilli perché abbiamo un sistema che ha dimostrato di essere più evoluto, più evoluto<br />

rispetto alla logica di mercato; e questo è, io credo, un elemento da considerare come elemento importante.<br />

Poi si sentono ancora altre cose che io credo non vadano bene nel nostro mestiere: la f<strong>in</strong>anza è il luogo<br />

<strong>del</strong>la <strong>del</strong><strong>in</strong>quenza organizzata. Questa è un'altra manifestazione di barbarie mentale e di colossale stupidità.<br />

Non c'è banca senza f<strong>in</strong>anza, non c'è impresa senza f<strong>in</strong>anza; poi ci può essere la f<strong>in</strong>anza senza impresa? no.<br />

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La f<strong>in</strong>anza è uno strumento <strong>in</strong>dispensabile per def<strong>in</strong>ire il rapporto tra l'<strong>in</strong>termediario e l'impresa cliente. La<br />

f<strong>in</strong>anza è uno strumento per diversificare il rischio, è uno strumento centrale che consente di fare me<strong>gli</strong>o il<br />

credito e di avere maggiore capacità di provvista, non si può farne a meno. Si può pensare, parafrasando un<br />

vecchio signore molto saggio, che si possa creare una situazione nella quale c'è la creazione di moneta<br />

attraverso la moneta? no.<br />

Qu<strong>in</strong>di la f<strong>in</strong>anza deve essere uno strumento complementare di un'operazione diretta di credito tra<br />

l'erogatore <strong>del</strong> credito e il percettore che lo usa per <strong>atti</strong>vità di economia reale. Ma questo è un secondo errore<br />

molto grave, dal quale evidentemente non bisogna lasciarsi prendere.<br />

Adesso vengo più propriamente all'argomento. Tra l'altro l'<strong>in</strong>tervento precedente mi aiuta parecchio,<br />

perché ovviamente il problema nostro qual è? Il lavoro bancario che dobbiamo fare oggi è molto importante<br />

per cercare di essere un partner accettabile, un partner utile al sistema <strong>del</strong>le imprese. Intanto, <strong>in</strong> una realtà<br />

come l'Italia di oggi, l'operatore imprese è il punto di forza <strong>del</strong> paese. Parlando trent'anni fa uno avrebbe<br />

detto che l'operatore fami<strong>gli</strong>e è il punto di forza <strong>del</strong> paese. Adesso, bisogna dire, c'è <strong>del</strong> bene e c'è <strong>del</strong> male,<br />

l'operatore imprese è il punto di forza <strong>del</strong> paese, perché il sistema <strong>del</strong>le imprese italiano, così com'è, ha fatto<br />

dei progressi fantastici ne<strong>gli</strong> ultimi anni: la media <strong>del</strong>le imprese italiane ha mostrato capacità di <strong>in</strong>novazione,<br />

capacità di competizione. Dovrei dire che anche equilibri f<strong>in</strong>anziari accettabili sono importanti.<br />

Sostanzialmente il sistema <strong>del</strong>le imprese è un punto di forza, con tanti problemi <strong>in</strong> prospettiva, ma è un<br />

punto di forza. E questo è un elemento positivo, mentre il sistema fami<strong>gli</strong>e è diventato un elemento di<br />

robusta precarietà; per esempio, le perdite che <strong>in</strong> genere le banche stanno facendo <strong>in</strong> questo periodo vengono<br />

più dalle fami<strong>gli</strong>e che dalle imprese. Le banche che hanno messo l'acceleratore sul credito al consumo, per<br />

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esempio, problemi ne hanno tanti. Chi ha erogato mutui, <strong>in</strong> Italia non si sono f<strong>atti</strong> subprime <strong>in</strong> genere, però<br />

c'è stato anche qualcuno che è stato più legger<strong>in</strong>o di altri, diciamo così, più <strong>in</strong>novatore, e i problemi stanno<br />

venendo da lì. Questo apre un ragionamento enorme: è vero che la fami<strong>gli</strong>a di trent'anni fa era forte e la<br />

fami<strong>gli</strong>a di oggi è debole perché sono cambiate le logiche economiche? Io dico perché è cambiata la fami<strong>gli</strong>a<br />

e questo, <strong>in</strong> un luogo dove la gente non si occupa soltanto di questioni ragionieristiche, secondo me dovrebbe<br />

dare qualche spunto; quanto è difficile parlare di economia evoluta quando la società si <strong>in</strong>volve! Oggi il<br />

problema è che la fami<strong>gli</strong>a è un c<strong>atti</strong>vo <strong>in</strong>terlocutore e che la fami<strong>gli</strong>a nucleare, accidenti, non funziona<br />

tanto bene. Il meccanismo familiare tradizionale era la struttura di accumulazione <strong>del</strong> risparmio <strong>in</strong> grado di<br />

diventare capitale che ha fatto lo sviluppo e la trasformazione <strong>in</strong>dustriale italiana.<br />

Chi ha fatto la trasformazione <strong>in</strong>dustriale italiana? Gli imprenditori con i soldi <strong>del</strong>le fami<strong>gli</strong>e e con le<br />

banche <strong>in</strong> mezzo.<br />

Adesso le banche cont<strong>in</strong>uano a stare <strong>in</strong> mezzo, ma stanno anche al centro di una realtà che si è fortemente<br />

squilibrata.<br />

Detto questo, è <strong>in</strong>dubbio che noi abbiamo, nel nostro paese, una ricchezza sulla quale dobbiamo <strong>in</strong>vestire<br />

per servire le imprese, che sono il nostro perno fondamentale, fortunatamente un perno solido,<br />

effettivamente solido. Peraltro, qualche volta dico <strong>del</strong>le cose non condivisibili: una <strong>del</strong>le ragioni pr<strong>in</strong>cipali<br />

per cui il sistema <strong>del</strong>le imprese ha avuto questa sp<strong>in</strong>ta è stato il cambio forte. Per <strong>in</strong>ciso, dicendo sempre cose<br />

stravaganti, che non sono condivisibili, noi sentiremo affermare nei prossimi tempi: «i tassi devono andare<br />

giù... il cambio ci disturba...». Ecco io credo che <strong>gli</strong> operatori, chi fa l'<strong>in</strong>dustriale, chi fa il bancario, chi fa<br />

l'operatore di mercato nei prossimi mesi e nei prossimi anni dovrà chiedere alle autorità le seguenti cose.<br />

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Prima cosa: avere un cambio solido che riduca le tensioni <strong>in</strong>flazionistiche. Seconda cosa: avere autorità<br />

centrali che soprattutto bad<strong>in</strong>o alla stabilità dei prezzi. Perché queste sono le premesse per costruire <strong>del</strong>le<br />

ipotesi di crescita. Quando si è presi dalla tentazione di risolvere il problem<strong>in</strong>o subito e si chiedono tassi<br />

bassi di <strong>in</strong>flazione, si genera il meccanismo de<strong>gli</strong> anni '70, e dura dieci anni la stagnazione con l'<strong>in</strong>flazione,<br />

ed è la morte <strong>del</strong>le imprese.<br />

Allora noi dobbiamo vivere <strong>in</strong> una situazione di questo genere e qu<strong>in</strong>di abbiamo banche che devono<br />

lavorare per le imprese auspicabilmente <strong>in</strong> un quadro ambientale che non sia troppo contraddittorio con<br />

questa logica. Siamo favoriti dal fatto che <strong>in</strong> Italia, come <strong>in</strong> tante altre parti d'Europa - non nei paesi<br />

anglosassoni, il paese anglosassone che abbiamo <strong>in</strong> Europa lo conosciamo: è quello che ha fatto la<br />

desertificazione <strong>in</strong>dustriale, la concentrazione <strong>del</strong>la f<strong>in</strong>anza su una grande area metropolitana e le mega<br />

banche -, noi, grazie a Dio, non abbiamo le mega banche, abbiamo <strong>del</strong>le grandi banche, si sono fatte,<br />

abbiamo una di queste grandi banche che sta rifacendo le banche regionali saggiamente - a questo punto<br />

potevano anche fare meno fusioni secondo me ma questa è una mia op<strong>in</strong>ione personale -, che sta facendo<br />

saggiamente questo percorso, e poi abbiamo il sistema <strong>del</strong>le banche regionali e <strong>in</strong>terregionali e il credito<br />

cooperativo.<br />

Questo è un tessuto bancario formidabile per la morfologia <strong>del</strong> nostro sistema d'impresa, formidabile. Noi<br />

<strong>in</strong> Italia abbiamo un sistema bancario che è strutturato <strong>in</strong> maniera adatta alla morfologia <strong>del</strong> nostro sistema di<br />

imprese; se avessimo 3000 imprese mult<strong>in</strong>azionali difficilmente avremmo un sistema bancario adatto. Con il<br />

nostro sistema di impresa abbiamo un sistema bancario adatto, pronto a fare il suo mestiere, sì e no, adatto<br />

dal punto di vista strutturale, sì.<br />

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Che cosa bisogna fare di importante, dove bisogna concentrare <strong>gli</strong> sforzi nei prossimi mesi, anni?<br />

Su due cose: la qualità dei nostri uom<strong>in</strong>i che parlano con le imprese; noi abbiamo uom<strong>in</strong>i <strong>in</strong> rete che sono<br />

bravissimi quando parlano con il funzionario, con l'impiegato, col dirigente <strong>del</strong>l'azienda media, medio-<br />

piccola che si occupa di rapporti con le banche; non abbiamo gente che è <strong>in</strong> grado di andare a parlare con<br />

l'imprenditore. La banca deve <strong>in</strong>vestire sulla formazione, sulla preparazione, sulla selezione <strong>del</strong> proprio<br />

personale d'area - non solo quello di sede centrale -, d'area, che studia l'impresa cliente, vede i suoi problemi,<br />

cerca di trovare le soluzioni, va a trovare l'imprenditore, parla con lui e <strong>in</strong>sieme con lui trova la soluzione.<br />

Rispetto al suo fabbisogno f<strong>in</strong>anziario plurimo, avendo le nostre banche la piena disponibilità per fare<br />

prodotti <strong>in</strong> base a queste esigenze. Ci manca il ponte. Cioè la banca oggi è <strong>in</strong> grado di fare credito di tutti i<br />

vari tipi possibili e immag<strong>in</strong>abili, partecipazioni al capitale, salvo problemi patrimoniali; la strumentazione<br />

tecnica la conosciamo tutta, al centro. Ci manca nella fase <strong>in</strong>termedia di periferia: la gente pronta a parlare<br />

con l’imprenditore, a farsi capire e farlo affezionare. Sapendo che peraltro, con i meccanismi di quella roba<br />

stranissima che si chiama Basilea2, il rat<strong>in</strong>g eccetera, noi navighiamo sempre di più verso la dim<strong>in</strong>uzione <strong>del</strong><br />

rapporto pluribanca e verso la necessità per l'imprenditore di sce<strong>gli</strong>ere la banca amica. Qu<strong>in</strong>di se tu vuoi<br />

diventare banca amica di questo qui che ha bisogno <strong>del</strong>la banca amica, l'amicizia si crea su queste cose.<br />

E questa è la prima cosa. La seconda è che noi siamo <strong>in</strong>dietrissimo su questo: come facciamo ad<br />

accompagnare all'estero i nostri imprenditori? E qui c'è un'idea sulla quale io spendo una battuta sola:<br />

accompagnare all'estero i nostri imprenditori può farlo la grande Banca mondiale, ma noi non ce l'abbiamo,<br />

ne abbiamo una che è molto <strong>in</strong>ternazionalizzata, però non basta, non avremo mai un sistema bancario così.<br />

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Ecco, io credo che c'è una scommessa da giocare, per il sistema operativo certamente, come per il<br />

sistema <strong>del</strong>le banche regionali e <strong>in</strong>terregionali; <strong>in</strong> tutta l'area <strong>del</strong>la moneta unica i vari sistemi bancari<br />

domestici sono tutti f<strong>atti</strong> di banche regionali e <strong>in</strong>terregionali che affrontano lo stesso problema, e qu<strong>in</strong>di va<br />

creata una rete tra queste banche, perché la rete tra queste crea assistenza, nei vari mercati, alla clientela di<br />

quei paesi sui mercati di esportazione.<br />

Queste sono cose che sarebbe bello fare, speriamo di riuscire a farle.<br />

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Cesara Bonamici<br />

prego.<br />

Grazie a Roberto Mazzotta, presidente <strong>del</strong>la Banca Popolare di Milano. Stagnaro voleva dire una cosa,<br />

Carlo Stagnaro<br />

Volevo fare una domanda a Mazzotta. Lei ha detto che complessivamente il sistema europeo d i regole<br />

si è dimostrato più solido di quello americano, la cosa è abbastanza evidente; la mia domanda è questa: a<br />

suo avviso ha <strong>in</strong>fluito, e nel caso quanto, il fatto che la mission <strong>del</strong>la Banca centrale europea sia<br />

unicamente di controllare l'<strong>in</strong>flazione, mentre la mission <strong>del</strong>la FED è anche quella di sostenere<br />

l'occupazione?<br />

Roberto Mazzotta<br />

Sì, se posso dire, questo è uno de<strong>gli</strong> elementi centrali. Io ne vedo alcuni che sono tutti <strong>in</strong>teressanti da<br />

considerare, <strong>in</strong>tanto questo: lo ripeto, le banche centrali devono fare un mestiere che è tutelare la stabilità<br />

dei prezzi. Quando si assegna alle banche centrali una pluralità di mestieri, perché la politica è debole e<br />

ipocrita e <strong>gli</strong> imprenditori sono tremebondi, allora sono portate a fare errori, anche contro i loro <strong>in</strong>teressi.<br />

Poi c’è un altro aspetto, che <strong>gli</strong> americani hanno escluso da ogni forma di controllo, di discipl<strong>in</strong>a e di<br />

regolamentazione: le banche di <strong>in</strong>vestimento. Le banche di <strong>in</strong>vestimento non erano sottoposte ai controlli<br />

<strong>del</strong> sistema <strong>del</strong>la banca federale, erano sottoposti alla regolarizzazione <strong>del</strong> controllo SEC che era un<br />

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controllo di correttezza comportamentale; sostanzialmente, non c'erano regole formali, e questo è stato un<br />

grosso errore. Errore fatto anche da<strong>gli</strong> europei e qui anche perché <strong>in</strong> Europa c'era un marg<strong>in</strong>e di lobby.<br />

Molte <strong>atti</strong>vità sono state consentite come <strong>atti</strong>vità fuori bilancio e le banche centrali, anche <strong>in</strong> Europa, hanno<br />

avuto all'<strong>in</strong>izio <strong>del</strong>l'apertura <strong>del</strong>la crisi la conoscenza di quello che c'era nelle strutture fuori bilancio, ed è<br />

stato uno de<strong>gli</strong> elementi <strong>del</strong>la paura e <strong>del</strong> panico <strong>in</strong>iziali che ha creato la crisi di liquidità nella prima fase.<br />

Questo è stato un elemento grave, che si è determ<strong>in</strong>ato perché i governatori centrali non conoscono il loro<br />

mestiere o per la pressione de<strong>gli</strong> <strong>in</strong>teressi <strong>del</strong>le lobby f<strong>in</strong>anziarie, certamente non italiane - da questo punto<br />

di vista possiamo stare tranquilli? Indubbiamente ha generato quell'elemento. Però io, ripeto, la relativa<br />

tranquillità <strong>del</strong> nostro sistema è determ<strong>in</strong>ata anche da una maggiore forza istituzionale <strong>del</strong> nostro sistema<br />

f<strong>in</strong>anziario.<br />

Dopo una breve pausa per il lunch, il <strong>convegno</strong> riprende alle 14,30.<br />

Cesara Bonamici<br />

Chiedo a Raffaello Vignali, Alessandro Azzi, Adriano De Maio, Armando Persico, Oscar Giann<strong>in</strong>o, che<br />

non ho visto ancora, Matteo Colan<strong>in</strong>no, Davide Viziano e Giampiero Cantoni di accomodarsi qui sul palco.<br />

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Bene, riprendiamo da dove ci eravamo <strong>in</strong>terrotti. Ripartiamo parlando <strong>del</strong>le imprese e ascolteremo<br />

Raffaello Vignali, che è ora il vicepresidente <strong>del</strong>la Commissione per le <strong>atti</strong>vità produttive alla Camera dei<br />

deputati. Il suo tema è con-correre per competere.<br />

L'Italia <strong>del</strong>le piccole imprese una volta aveva sviluppato il mo<strong>del</strong>lo dei distretti che tutti ben conosciamo;<br />

il futuro <strong>del</strong>la competizione e <strong>del</strong>la cooperazione è ancora lì oppure la piccola impresa deve immag<strong>in</strong>are un<br />

futuro diverso? Questo ce lo dirà Raffaello Vignali.<br />

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Raffaello Vignali<br />

Con-correre per competere<br />

Grazie per questo bel momento che credo sia anche di grande attualità, perché appunto, com'è stato<br />

richiamato anche questa m<strong>atti</strong>na, una certa situazione che si è creata a livello globale quantomeno costr<strong>in</strong>ge<br />

tutti a tornare a parlare di economia reale. Per esempio, a tornare a parlare di banche e di f<strong>in</strong>anza come<br />

strumenti per lo sviluppo e non come f<strong>in</strong>i.<br />

Io vorrei richiamarmi a qualche anno fa, velocemente, quando tanti professori, consulenti, giornalisti ci<br />

dicevano che quella italiana è un'anomalia, e lo dicevano <strong>in</strong> senso negativo. Questa miriade di piccole<br />

imprese, di piccole banche, che sono un segno, com'è stato giustamente detto stam<strong>atti</strong>na da Roberto<br />

Mazzotta, di arretratezza. Non solo. Veniva dato anche un giudizio di valore, quando si diceva - ci sono<br />

alcuni libri <strong>in</strong> cui questo è scritto, non ci <strong>gli</strong> autori che oggi parlano d'altro - che la colpa è il fatto che l'Italia<br />

è un paese cattolico e, si diceva, se fossimo tutti calv<strong>in</strong>isti sarebbe me<strong>gli</strong>o, perché saremmo più attenti<br />

all'etica. Non solo. Ma se aprissimo le imprese italiane, che appunto sono retrograde eccetera, al grande<br />

capitale straniero, questo porterebbe etica nell'impresa.<br />

Oggi ovviamente questi guru parlano d'altro; cont<strong>in</strong>uano a parlare, però parlano d'altro. E quello che ci<br />

salva, probabilmente, è quest'anomalia italiana, nel senso che non è arretrata, come diceva giustamente<br />

appunto questa m<strong>atti</strong>na Roberto Mazzotta, forse è stata più attenta a stare sul mercato reale per quello che è,<br />

senza andar dietro alle mode, senza andar dietro a una retorica <strong>del</strong> decl<strong>in</strong>ismo che abbiamo avuto ne<strong>gli</strong> anni<br />

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passati. Tra l'altro, faccio solo una parentesi per stare al tema di oggi, questi stessi op<strong>in</strong>ionisti, anche<br />

operatori e manager, ci dicevano che creare valore significa per l'impresa creare valore per <strong>gli</strong> azionisti,<br />

dimenticando che poi con le stock options loro stessi <strong>in</strong> qualche modo diventavano azionisti e dimenticando<br />

che c'è anche però una creazione di valore connaturata alla stessa idea di impresa, che è valore per i<br />

dipendenti, che è valore per il territorio, per i fornitori. Ci sono altre dimensioni <strong>del</strong> valore; quando si riduce<br />

il valore solo a un aspetto, poi si comb<strong>in</strong>ano dei disastri di solito, perché si riduce la realtà.<br />

Ci sono state <strong>in</strong>oltre anche altre affermazioni, visto che stam<strong>atti</strong>na abbiamo parlato di imprese familiari,<br />

sulle responsabilità <strong>del</strong>le nostre università, è bene dirselo. Per anni nelle nostre facoltà, soprattutto di<br />

economia, si è <strong>in</strong>segnato che i nostri distretti sarebbero morti, che le nostre piccole imprese non avrebbero<br />

avuto un futuro, e poi giustamente ci chiediamo perché i nostri ragazzi non vo<strong>gli</strong>ono fare l'impresa dei padri.<br />

Sabato scorso ero a un <strong>convegno</strong> organizzato da Giampio Bracchi e facevo questo esempio: mettetevi nei<br />

panni di un ragazzo di Premana, un distretto <strong>in</strong> Valsass<strong>in</strong>a, forbici e coltelli, uno di quelli che, avevano detto,<br />

morirà, e che <strong>in</strong> questi anni ha sempre fatto +10%.<br />

Ma pensate a un ragazzo, magari fi<strong>gli</strong>o di un imprenditore, che si è sentito dire <strong>in</strong> università che Premana<br />

era morta e che l'azienda di suo padre non avrebbe potuto cont<strong>in</strong>uare, mentre <strong>in</strong>vece i mo<strong>del</strong>li erano la<br />

f<strong>in</strong>anza, la mult<strong>in</strong>azionale e la consulenza. Perché questo è successo <strong>in</strong> questi anni nelle nostre università.<br />

Una piccola nota a tale proposito: come abbiamo sentito giustamente questa m<strong>atti</strong>na, c'è una dimensione<br />

<strong>del</strong>l'impresa che riguarda l'educazione dei fi<strong>gli</strong>; ma ditemi se avete mai trovato un manuale di economia<br />

aziendale che dice che l'educazione dei fi<strong>gli</strong> <strong>del</strong>l'imprenditore è fondamentale per la vita <strong>del</strong>l'impresa nel<br />

lungo periodo. Non ce n'è uno.<br />

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Io non sono uno di quelli che pensano che piccolo è bello, però dico anche che piccolo è quello che c'è. In<br />

Italia le imprese sono piccole, ne abbiamo tante di piccole e dobbiamo partire da questo; allora, quando si<br />

dice che le imprese italiane dovrebbero fondersi, poi non è che succede automaticamente, perché <strong>gli</strong><br />

imprenditori sono imprenditori e non manager e qu<strong>in</strong>di magari non vo<strong>gli</strong>ono fondersi.<br />

Peraltro questo è un tessuto vivo, perché dopo quello che successo, <strong>in</strong>torno al 2000, qu<strong>in</strong>di la<br />

globalizzazione, l'apprezzamento <strong>del</strong>l'euro sul dollaro, passato un primo momento di disorientamento, i<br />

nostri imprenditori si sono riconcentrati sull'impresa, hanno <strong>in</strong>novato, sono andati all'estero. Il rapporto di<br />

Unioncamere sull'economia <strong>del</strong> 2007 - molto bello, consi<strong>gli</strong>o di leggerlo - dice che le imprese italiane che si<br />

sono <strong>in</strong>ternazionalizzate nel 2007 sono passate dal 30% al 34% e non è un dato di poco conto <strong>in</strong> un sistema<br />

che ha milioni di imprese.<br />

Partiamo però dalla realtà e da quello che c'è. Ci sono milioni di persone che tutte le m<strong>atti</strong>ne si<br />

impegnano a fare impresa.<br />

Secondo me è la prima questione che, soprattutto <strong>in</strong> un contesto come questo, io penso che valga la pena<br />

di ribadire. Anche qui di solito andiamo a mode, per cui si dice che lo scopo <strong>del</strong>le imprese è il profitto. Chi<br />

l'ha detto? Il profitto penso che sia una condizione necessaria, perché altrimenti l'impresa chiude. Vale anche<br />

per le imprese non-profit. Come dice sempre Pippo Garofano, il non-profit viene dopo che <strong>gli</strong> utili li hai f<strong>atti</strong>,<br />

non prima, perché sennò poi bisogna ripianare, e ha ragione. Ma non è il profitto il motivo per cui un<br />

imprenditore fa l'impresa. Io penso ce ne sia un altro, come stam<strong>atti</strong>na ha detto benissimo Ettore Gotti<br />

Tedeschi quando, citando il papa, diceva che «la creazione non è ancora f<strong>in</strong>ita». C'è una tensione<br />

<strong>in</strong>elim<strong>in</strong>abile nell'uomo a voler essere protagonista <strong>del</strong>la realtà, a voler lasciare una traccia di sé, a mettere le<br />

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mani nella realtà per cercare il significato <strong>del</strong>la vita, perché ultimamente si <strong>in</strong>traprende per questo. Si<br />

<strong>in</strong>traprende per questo non per un'altra cosa, <strong>in</strong>f<strong>atti</strong> non solo anch'io sono <strong>del</strong>l'idea che bisogna canonizzare<br />

<strong>gli</strong> imprenditori, ma credo anche che bisognerebbe dar<strong>gli</strong> una meda<strong>gli</strong>a perché sono l'antidoto all'ideologia<br />

<strong>del</strong> nostro tempo, che è il nichilismo. Perché un imprenditore, quello vero, non può permettersi il lusso di<br />

essere nichilista, perché se l’impresa è rischio, si può rischiare solo se si ammette che una risposta c'è, che un<br />

senso c'è, anche se uno non lo sa, anche se uno non l'ha razionalizzato, se non ne è consapevole, ma il<br />

significato c'è.<br />

Il nichilismo e il relativismo, che sono fratelli, partono <strong>in</strong>vece dall'idea che il significato <strong>del</strong>la vita non c'è,<br />

che il significato <strong>del</strong>la realtà non c'è. I nostri giovani sono nichilisti, sono relativisti, e poi ci meravi<strong>gli</strong>amo<br />

che non vo<strong>gli</strong>ano fare impresa.<br />

È una conseguenza diretta. Per <strong>in</strong>traprendere, per mettere le mani nella realtà, per cercare il significato<br />

non <strong>del</strong>l'impresa ma <strong>del</strong>la vita, bisogna ammettere che questo significato ci sia e non lo si raggiunge stando<br />

<strong>in</strong> poltrona a pensare, lo si raggiunge lavorando, cioè mettendo le mani nella realtà.<br />

Questa è stata anche la fortuna <strong>del</strong>l'Italia. Dopo la guerra, se c'è stato il miracolo italiano non è stato<br />

perché c'era la fame, anche questa è una riduzione <strong>del</strong>l'uomo a materia; certo, c'era anche quella, però questo<br />

non spiega perché i nostri genitori e i nostri nonni hanno fatto anche altri sacrifici dopo quelli che avevano<br />

fatto durante la guerra: hanno fatto altri due buchi nella c<strong>in</strong>tura e si sono messi a costruire.<br />

Io credo che l'abbiano fatto ultimamente per uno spirito di gratuità, perché noi non avessimo a vivere<br />

quello che avevano vissuto loro, perché avessimo un futuro diverso dal loro, perché la molla <strong>del</strong>lo sviluppo,<br />

può sembrare un paradosso, è sempre la gratuità, che c'è anche nel far impresa. Inf<strong>atti</strong> io dico sempre che se<br />

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un imprenditore facesse il conto di quello che guadagna per le ore che lavora, <strong>gli</strong> converrebbe andare a fare il<br />

dipendente molte volte.<br />

Bene, ma <strong>in</strong> questo miracolo c'è stato un altro miracolo: nel fatto di passare da paese distrutto a uno dei<br />

paesi più <strong>in</strong>dustrializzati <strong>del</strong> mondo c'è stato un altro miracolo, è il fatto di averlo fatto con imprese che<br />

hanno mediamente meno di 10 addetti. Questo è stato il miracolo nel miracolo economico, perché non erano<br />

imprese isolate, erano distretti. C'è una def<strong>in</strong>izione molto bella che dà Carlo Maria Cipolla di distretti e <strong>del</strong><br />

miracolo italiano di cui dice: «Il segreto <strong>del</strong> miracolo italiano è stata la capacità di produrre all'ombra dei<br />

campanili cose belle, utili che piacciono al mondo», dove la parola centrale però è la parola campanile,<br />

perché sul banco <strong>del</strong>la chiesa, la domenica, c'erano l'imprenditore, il dipendente, e c'era anche il direttore<br />

<strong>del</strong>la banca che <strong>gli</strong> dava credito. Poi <strong>gli</strong> dava anche il credito, ma <strong>in</strong>nanzitutto <strong>gli</strong> dava credito, perché questo<br />

era l’ambiente, e ciò vale anche per la cultura socialista. C'era un punto che richiamava <strong>gli</strong> uom<strong>in</strong>i al fatto<br />

che il senso <strong>del</strong> vivere è più grande di quello che uno possiede o può realizzare: è che c’era una meta da<br />

raggiungere, c'era un oltre a cui tendere, per cui da una parte erano compagni e dall'altra erano fratelli, per<br />

cui uno non poteva trattarli nello stesso modo.<br />

E questo è quello che poi si è perso: non il distretto ma la cultura <strong>del</strong> distretto, che è una cultura<br />

collaborativa, perché il segreto è stato questo fatto. Io def<strong>in</strong>isco il distretto una sorta di cooperativa tra<br />

imprenditori, ma non faccio ideologia nemmeno dei distretti. Ci sono oggi nuovi distretti, nuove forme di<br />

rete, potrei citare tantissimi esempi. Ho presente per esempio alcuni mobilieri <strong>del</strong>la Brianza, anche con belle<br />

aziende, che si sono messi <strong>in</strong>sieme perché hanno capito che <strong>in</strong>sieme potevano farcela <strong>in</strong> una competizione<br />

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globale; da soli erano morti e dicevano: «F<strong>in</strong>o a due giorni fa se l'altro moriva io ero contento; adesso no,<br />

perché solo <strong>in</strong>sieme ce la possiamo fare».<br />

Uno di questi imprenditori, che ha una bella aziend<strong>in</strong>a di mobili, un giorno mi ha sentito che raccontavo<br />

come è nato il distretto di Robbiano <strong>del</strong> mobile <strong>del</strong>la Brianza: era è nato da un prete, il parroco di Robbiano,<br />

che ne<strong>gli</strong> anni '50 chiamò i suoi parrocchiani e disse loro: «Voi siete bravi, lavorate per l'unica azienda di<br />

mobili che c'è qua», che era la Molteni, la quale esiste ancora, «ma perché non vi mettete <strong>in</strong> proprio, perché<br />

non rischiate?». Piccola parentesi: questo avveniva quando la Chiesa educava un po' di più di oggi, educava a<br />

un rischio. Questi dicevano: «Non abbiamo i soldi, poi siamo bravi a fare ma non sappiamo come fare a<br />

vendere». Il parroco <strong>gli</strong> fece avere soldi dalle banche locali, <strong>gli</strong> organizzò le prime mostre mercato attraverso<br />

la rete dei suoi amici preti. Così sono nate la FEG, la Fratelli Elli: il distretto <strong>del</strong> mobile è nato così.<br />

La fi<strong>gli</strong>a di uno di questi imprenditori, alla f<strong>in</strong>e <strong>del</strong>l’assemblea, mi ha preso da parte e mi ha detto: «Ma<br />

lei come fa saperlo?». Le ho risposto: «Me l'ha raccontato un amico». «Ma sa che vero, ma sa qual è il<br />

dramma? È che noi questo ce lo siamo dimenticato».<br />

Questa è la questione. Perché ci si sia una cultura <strong>del</strong> distretto - potrei citare tantissimi esempi su questo<br />

tema - ci vuole una dimensione alla base <strong>del</strong>l'economia che si chiama fiducia; il mercato senza fiducia non<br />

esiste. Un rapporto di fiducia tra fornitore e cliente fra l'altro fa anche abbassare i costi, qu<strong>in</strong>di permette di<br />

essere più competitivi. Ma la fiducia, che è il fondamento <strong>del</strong>la cultura <strong>del</strong> distretto - cioè io mi fido di te,<br />

non ti guardo con sospetto - non nasce da sola, nasce da un'educazione. Inf<strong>atti</strong> ha ragione il papa quando dice<br />

che l'emergenza <strong>del</strong> nostro paese non è economica ma è educativa, perché solo se un uomo è certo che nella<br />

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vita c'è un senso, se ha un volto che può <strong>in</strong>contrare <strong>gli</strong> altri, può non aver paura. Ha paura <strong>del</strong>la vita chi non<br />

ha un senso e chi non lo cerca.<br />

Questo punto è fondamentale e qu<strong>in</strong>di io penso che, perché ci si siano forme nuove di rete - tante ne<br />

stanno venendo su - guardate sempre il rapporto di Unioncamere che dice quali sono le imprese che stanno<br />

<strong>in</strong>novando e che stanno andando all'estero: sono le piccole imprese che hanno ripreso la forma <strong>del</strong>la rete, che<br />

hanno <strong>in</strong>iziato a pensare appunto che l'altro non è un competitor ma è un con-corrente, cioè uno con cui si<br />

può correre <strong>in</strong>sieme verso una meta.<br />

Questa è la questione per cui io penso ci siano due necessità, che costituiscono un compito per tutti, anche<br />

<strong>in</strong> un luogo come questo. Primo, il fatto che non venga meno un impegno <strong>del</strong>la libertà, perché tenere su<br />

questa posizione, cioè cont<strong>in</strong>uare a fare impresa pensando che lo scopo non è il profitto personale di breve<br />

periodo, richiede un senso ideale forte perché tutti <strong>in</strong>evitabilmente cadiamo. Io, quando è successa la<br />

questione Parmalat, a qualcuno scandalizzato ho chiesto: «Perché vi scandalizzate?»; quello che è successo a<br />

Tanzi, senza voler giudicare nessuno perché tutti abbiamo il peccato orig<strong>in</strong>ale, può succedere a chiunque<br />

perché non credo che Tanzi abbia <strong>in</strong>iziato a fare impresa pensando di arricchirsi: l'ha fatta per costruire, per<br />

creare ricchezza per il suo territorio, per il suo paese. Poi a un certo punto questa tensione ideale<br />

<strong>in</strong>evitabilmente <strong>in</strong> ciascuno di noi viene meno. Per questo ci vuole un contesto, una compagnia, un ambito di<br />

amicizia che tenga desto l'ideale per cui si fanno le cose. Questo secondo me è uno dei valori forti di quel<br />

momento come di oggi, proprio il fatto di aiutarci a tener desto ciò da cui discende tutto, perché solo da<br />

un'educazione cont<strong>in</strong>ua, che tiene desto il senso <strong>del</strong> fare impresa, si può guardare l'altro con simpatia, con<br />

fiducia, si può costruire.<br />

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Ultimo aspetto, e chiudo, il compito <strong>del</strong>la politica. Io da qualche mese ho cambiato casacca: f<strong>in</strong>o a qualche<br />

mese fa facevo il presidente <strong>del</strong>la Compagnia <strong>del</strong>le Opere, poi mi è stato proposto di impegnarmi <strong>in</strong> politica<br />

e ho accettato di farlo. Qualcuno ha detto che ero pazzo: nel momento <strong>in</strong> cui tutti parlano male <strong>del</strong>la politica<br />

e bene <strong>del</strong>la società civile, lei che è un leader <strong>del</strong>la società civile va <strong>in</strong> politica, ma è matto?<br />

Io non penso di essere matto. Penso <strong>in</strong>tanto che non si può sempre parlar male <strong>del</strong>le cose e non impegnarsi<br />

<strong>in</strong> prima persona. Non si può sempre dire «bisogna che» e poi non impegnarsi. E poi perché oggettivamente<br />

bisogna stare alla realtà; se arriva una proposta è me<strong>gli</strong>o prenderla sul serio che non prenderla. E io penso<br />

che il compito <strong>del</strong>la politica, <strong>in</strong> s<strong>in</strong>tesi, sia questo: servire quello che c'è, servire il positivo che c'è nella<br />

realtà. Vedo con preoccupazione il fatto che, a partire da questa vicenda <strong>del</strong>la crisi f<strong>in</strong>anziaria, da più parti si<br />

torni a <strong>in</strong>vocare lo Stato: è tremendo. Perché lo si fa <strong>in</strong>vocando le regole; poche regole sono utili, poche e<br />

fatte bene, troppe no. Anche perché comunque non sono le regole che rendono l'uomo mi<strong>gli</strong>ore. Faccio un<br />

esempio: se noi avessimo la legislazione <strong>del</strong>la scuola mi<strong>gli</strong>ore <strong>del</strong> mondo, questo garantirebbe che <strong>gli</strong><br />

<strong>in</strong>segnanti dei nostri fi<strong>gli</strong> avrebbero una passione educativa, che è il motivo per cui si può veramente<br />

<strong>in</strong>segnare? No, perché, grazie a Dio, è di una questione di libertà e nessuno Stato può imporre la libertà. Non<br />

lo fa neanche Dio, non si capisce perché debba farlo lo Stato. Dio, fra l'altro, è il primo sussidiario, punta<br />

sulla libertà <strong>del</strong>l'altro.<br />

Qu<strong>in</strong>di le regole non sono una risposta, possono servire. Io faccio sempre un esempio su tale questione<br />

<strong>del</strong>le regole, <strong>del</strong>la sussidiarietà, che secondo me rende l'idea. È una metafora sul traffico, sulla viabilità: c'è il<br />

semaforo, che è la regola rigida e che normalmente crea la coda; c'è il vigile urbano, che è l'esempio <strong>del</strong>la<br />

discrezionalità e normalmente si crea la coda; poi c'è l'Italia che è <strong>in</strong>sieme il semaforo e il vigile urbano ed è<br />

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un disastro, non si parte proprio. Poi c'è un'altra modalità, che è la rotonda, che è il simbolo <strong>del</strong>la<br />

sussidiarietà; ci sono due norme: precedenza e senso di marcia e il traffico scorre. Si punta sulla<br />

responsabilità de<strong>gli</strong> automobilisti. È una metafora semplice, però io penso che renda l'idea. Non serve<br />

<strong>in</strong>vocare le regole, perché ciò che rende l'uomo buono è l'educazione, non è la regola.<br />

E allora, se è l'educazione, io credo che il primo compito <strong>del</strong>la politica sia veramente, <strong>in</strong>nanzitutto, quello<br />

di sostenere chi <strong>in</strong> questo paese educa, non educare, perché la risposta a quella domanda che veniva ricordata<br />

questa m<strong>atti</strong>na e che c'è anche nel libro di Giulio Tremonti non la può dare lo Stato, perché lo Stato non può<br />

rispondere alla domanda di senso che ha l'uomo, e quando pretende di farlo è bene guardarsi, perché fa più<br />

disastri. Però lo Stato può sostenere chi educa, può valorizzare chi educa.<br />

Leggevo prima un'agenzia <strong>in</strong> cui si è tornati sulla questione <strong>del</strong>la scuola annunciando mobilitazione di<br />

piazza da parte di un s<strong>in</strong>dacato. Ma perché non entriamo nel merito di questi provvedimenti che ha fatto il<br />

m<strong>in</strong>istro? Non lo faccio per fare un elogio a Mariastella Gelm<strong>in</strong>i, che peraltro stimo come è noto. La più<br />

grande mobilitazione sarà quella sulla questione <strong>del</strong> maestro unico. Per la prima volta, dopo tanti anni,<br />

abbiamo un m<strong>in</strong>istro che porta nella scuola la questione educativa, perché un bamb<strong>in</strong>o <strong>del</strong>le elementari lo si<br />

educa se c'è un riferimento, non tre, perché se ci sono tre riferimenti sono tre proposte che si equivalgono e<br />

qu<strong>in</strong>di li alleviamo relativisti f<strong>in</strong> da piccoli, una vale l'altra. Invece non è vero, perché il bamb<strong>in</strong>o cresce<br />

davanti a un'unità di proposta, <strong>in</strong>f<strong>atti</strong> anche <strong>in</strong> fami<strong>gli</strong>a quello che vale è l'unità dei genitori, è l'unità che<br />

educa.<br />

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Però nessuno entra <strong>in</strong> merito a questo. Per la prima volta si parla di un provvedimento piccolo, perché non<br />

è quello che risolve il problema <strong>del</strong>la scuola se volete, però entra nel merito <strong>del</strong> rapporto educativo,<br />

<strong>del</strong>l'alleanza tra fami<strong>gli</strong>a e scuola. Ma di questo non si parla.<br />

Per la prima volta si fa un provvedimento che non parte dai posti di lavoro de<strong>gli</strong> <strong>in</strong>segnanti o dei bi<strong>del</strong>li,<br />

grazie a Dio, perché se vo<strong>gli</strong>amo fare una riforma giusta <strong>del</strong>la scuola dobbiamo farla a partire dal bene dei<br />

nostri ragazzi, non dal posto di lavoro dei bi<strong>del</strong>li, che hanno tutto il diritto d'avere un lavoro, ma non è detto<br />

che debba essere sempre quello.<br />

Ma, prima di tutto, la scuola per cosa esiste? Allora questo è partire dalla realtà, da un pr<strong>in</strong>cipio di realtà<br />

che è fondamentale nella politica, che significa appunto servire quello che c'è - servire il bene dei ragazzi -, e<br />

da un pr<strong>in</strong>cipio di responsabilità.<br />

Questo va fatto perché altrimenti, e chiudo, se ognuno non si riprende s<strong>in</strong>o <strong>in</strong> fondo la propria<br />

responsabilità di dov'è, questo paese non potrà venirne fuori, ne verrà fuori che ognuno, ripeto, andrà s<strong>in</strong>o <strong>in</strong><br />

fondo a quello che deve essere lì dov'è.<br />

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Cesara Bonamici<br />

Grazie a Raffaello Vignali. Colgo l'occasione per dare il benvenuto anche al sottosegretario alla<br />

Giustizia, Giacomo Caliendo, che vediamo qui <strong>in</strong> prima fila. Proseguiamo ne<strong>gli</strong> <strong>in</strong>terventi secondo il filo<br />

conduttore che ci ha dato Piero Micossi nel manifesto, nelle l<strong>in</strong>ee guida di questo <strong>in</strong>contro: il lavoro, la<br />

formazione, la scuola, il credito.<br />

Torniamo a parlare <strong>del</strong>le banche, <strong>del</strong> ruolo <strong>del</strong>le banche di credito cooperativo nel sostegno alla nascita<br />

e alla crescita <strong>del</strong>la piccola impresa.<br />

Ce ne parla il presidente <strong>del</strong>l'associazione <strong>del</strong>le BCC Alessandro Azzi, al quale chiediamo, anche per<br />

dare un po' il via a questo <strong>in</strong>tervento: il mondo <strong>del</strong>le banche è sempre più dom<strong>in</strong>ato da giganti, si sa, da<br />

acquisizioni, da imprese <strong>in</strong>ternazionali; e allora che cosa resta alla banca locale e alla cooperazione?<br />

Ce lo dirà Alessandro Azzi.<br />

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Alessandro Azzi<br />

Ruolo <strong>del</strong>le Banche di Credito Cooperativo<br />

nel sostegno alla nascita e alla crescita<br />

<strong>del</strong>la piccola impresa<br />

Sono lieto di essere qui e spero di poter dare un piccolo contributo.<br />

Vorrei partire anzitutto da una <strong>del</strong>le tante sollecitazioni di Raffaello Vignali, ovvero quella <strong>del</strong>l'impegno<br />

contro la retorica e le suggestioni <strong>del</strong> decl<strong>in</strong>ismo. Mi sembra che già il titolo e <strong>gli</strong> obiettivi <strong>del</strong> <strong>convegno</strong> e <strong>gli</strong><br />

<strong>in</strong>terventi dei relatori siano <strong>in</strong> questo segno e diano un apporto importante a una riflessione su questo filo di<br />

ragionamento.<br />

Vorrei partire una volta tanto dalla riconsiderazione dei talenti <strong>del</strong> nostro paese. Penso che fra le tante<br />

ricchezze <strong>del</strong>l'Italia certamente vada <strong>in</strong> primo luogo censita l'alta dotazione di imprese e il loro alto <strong>in</strong>dice di<br />

natalità.<br />

Qualcuno l'ha chiamato il «capitalismo personale». Tutti sappiamo che fare impresa non significa soltanto<br />

creare ricchezza - e ricchezza si può distribuire soltanto se prima viene prodotta -, promuovere sviluppo e<br />

occupazione, costruire una dotazione di <strong>in</strong>frastrutture per potersi misurare anche nel confronto<br />

<strong>in</strong>ternazionale. Dobbiamo pensare anche alle imprese come alle aziende, come le autostrade, le ferrovie, i<br />

porti; anche le imprese sono veicolo di connessione.<br />

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Fare impresa significa anche stimolare l'<strong>in</strong>traprendenza e il protagonismo. È importante promuovere<br />

<strong>in</strong>novazione, è importante valorizzare il territorio, <strong>in</strong> particolare il territorio <strong>del</strong> nostro paese, con le sue<br />

produzioni tipiche, i saperi e i sapori che lo rendono unico.<br />

Diceva Chesterton che una cosa costruita si ama dopo che è costruita, una cosa creata da prima che sia<br />

creata. Un'impresa, così come la vo<strong>gli</strong>amo <strong>in</strong>tendere noi, è una creazione più che una costruzione e lo spirito<br />

generativo <strong>del</strong>l'imprenditore è una ricchezza e un bene non solo <strong>in</strong>dividuale ma anche un bene collettivo.<br />

Allora il patrimonio rappresentato dai 6 milioni di imprese italiane è un valore prezioso, da salvaguardare<br />

anche nella sua pluralità, nella sua biodiversità, se vo<strong>gli</strong>amo usare un concetto di attualità. Il problema può<br />

essere anche quello <strong>del</strong>la dimensione, ma io credo che il quesito debba porsi soprattutto <strong>in</strong> una logica di<br />

dimensione efficiente e qu<strong>in</strong>di l'unica soluzione, <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i di dimensione e efficienze, non è l'aggregazione o<br />

la grande dimensione.<br />

Qualche tempo fa sul Sole-24 Ore Franco Locatelli parlava di un mo<strong>del</strong>lo imprenditoriale che funziona<br />

bene perché si è saputo r<strong>in</strong>novare unendo le competenze artigianali, <strong>in</strong>dustriali, agricole a quelle immateriali<br />

proprie <strong>del</strong>la modernità e parlava essenzialmente di piccole e medie imprese che però possono rappresentare<br />

un laboratorio di <strong>in</strong>novazione e di creatività imprenditoriale. Di queste, chiamate mult<strong>in</strong>azionali tascabili,<br />

suggeriva quattro fattori di successo: la ricerca cont<strong>in</strong>ua <strong>del</strong>la qualità come valore aggiunto anche per<br />

riaffermare produzioni tradizionali, l'adozione di un mo<strong>del</strong>lo ispirato alla costante <strong>in</strong>novazione,<br />

l'ampliamento <strong>del</strong>le dimensioni di mercato oltre i propri conf<strong>in</strong>i anche nazionali, e questo ormai viene fatto<br />

frequentissimamente mentre anche dalle piccole imprese, e la conv<strong>in</strong>ta adesione, non solo necessitata, alle<br />

logiche <strong>del</strong>la soddisfazione <strong>del</strong> cliente.<br />

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Allora, a mio giudizio, emerge una considerazione: che la dimensione <strong>del</strong>le imprese è certamente un<br />

fattore molto importante ma non deve essere l'unico e probabilmente non è nemmeno quello determ<strong>in</strong>ante,<br />

perché il discrim<strong>in</strong>e deve stare nella qualità più che nella dimensione e la dimensione, o me<strong>gli</strong>o ciò che la<br />

dimensione rappresenta <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i di economie di scala e di scopo, può essere raggiunta non soltanto<br />

attraverso processi di concentrazione ma anche attraverso lo strumento <strong>del</strong>la rete, qu<strong>in</strong>di creando sistemi<br />

efficienti di imprese.<br />

Non farò la retorica <strong>del</strong> piccolo livello e tuttavia credo che sia importante avere consapevolezza che<br />

nell'economia <strong>in</strong> generale e anche nell'economia bancaria non dobbiamo rassegnarci al pensiero unico<br />

<strong>del</strong>l'omologazione, al pensiero che si possa e si potrà fare banca solamente <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i di grande dimensione<br />

<strong>in</strong> una logica necessaria di allontanamento dei territori e qu<strong>in</strong>di r<strong>in</strong>unciando a un pr<strong>in</strong>cipio di fondamentale<br />

importanza, quello su cui noi abbiamo fatto i primi passi: la democrazia economica e l'impegno <strong>del</strong>la gente<br />

anche nella gestione <strong>del</strong>le risorse f<strong>in</strong>anziarie.<br />

La f<strong>in</strong>anza, così come noi la <strong>in</strong>tendiamo, non può essere un santuario riservato a pochi, grandi, lontani,<br />

anonimi, ma può essere anche qualcosa che viene gestito dai territori, nell'<strong>in</strong>teresse dei territori, <strong>in</strong> una logica<br />

che non è solamente quella <strong>del</strong>la remunerazione <strong>del</strong> dividendo <strong>del</strong>l'azionista, ma di crescita complessiva non<br />

solamente economica. In più, sempre <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i di motivazione e di pr<strong>in</strong>cipio, è bello pensare al pluralismo,<br />

pensare che si possa fare banca <strong>in</strong> forma di società per azioni ma anche <strong>in</strong> forma cooperativa. Non c'è il<br />

mo<strong>del</strong>lo mi<strong>gli</strong>ore, ci possono essere, ci devono essere mo<strong>del</strong>li differenti, perché l'uomo si può esprimere <strong>in</strong><br />

modalità, secondo logiche con criteri differenti.<br />

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Ma che cosa chiedono le imprese al sistema bancario? Abbiamo tante, tantissime ricerche al riguardo. Io<br />

mi rifaccio a una recentissima che è stata presentata dall'Università di Pescara la settimana scorsa e che<br />

diceva che la scelta <strong>del</strong>la banca <strong>in</strong> senso lato come partner avviene da parte <strong>del</strong>l'imprenditore, soprattutto <strong>del</strong><br />

piccolo imprenditore che è quello a cui vorrei riferirmi, sulla base di un misto di motivazioni tangibili,<br />

materiali e immateriali. E dal punto di vista economico, ovviamente, i criteri fondamentali sono la<br />

disponibilità <strong>del</strong> credito, la rapidità di risposta e il costo. Ma non meno importanti sono i valori immateriali,<br />

quelli che def<strong>in</strong>irei di relazione, e qu<strong>in</strong>di la conoscenza, la possibilità e la consapevolezza di essere<br />

conosciuti e magari anche di conoscere chi eroga il credito, la fiducia, che è l’elemento fondamentale di<br />

un'economia sana e tanto più di un'economia bancaria, e, per quanto riguarda le nostre realtà, anche la<br />

condizione di socio. L'imprenditore che sa di essere non solo un soggetto cui viene dato il credito ma <strong>in</strong><br />

qualche modo un soggetto che può partecipare alla direzione strategica <strong>del</strong>l'azienda bancaria, si sente più<br />

co<strong>in</strong>volto e qualche volta è disposto anche a fare qualche sacrificio <strong>in</strong> più <strong>in</strong> una logica di breve periodo<br />

nell'attesa di un accompagnamento di medio-lungo periodo.<br />

Dunque mi pare che le imprese chiedano relazione, flessibilità e ovviamente convenienza. Ma una<br />

convenienza complessivamente <strong>in</strong>tesa, valutata non tanto o non soltanto <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i puntuali, ma <strong>in</strong> una logica<br />

più ampia di relazione di lungo periodo, qu<strong>in</strong>di di capacità di sentire a fianco <strong>del</strong>l'impresa il soggetto<br />

f<strong>in</strong>anziario, anche quando il ciclo economico scatena un fuggi fuggi <strong>del</strong>le banche tradizionali rispetto alle<br />

richieste di affidamento che, <strong>in</strong> certi momenti, diventano più rare.<br />

Sulla situazione dei mercati f<strong>in</strong>anziari <strong>in</strong>ternazionali altri questa m<strong>atti</strong>na hanno riferito <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i<br />

sicuramente molto più autorevoli di quanto potrei avere fatto io. È evidente che quello che sta capitando<br />

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comporta un ridimensionamento <strong>del</strong>la f<strong>in</strong>anza, ovvero una ridef<strong>in</strong>izione <strong>del</strong>le f<strong>in</strong>alità <strong>del</strong>la f<strong>in</strong>anza, perché la<br />

f<strong>in</strong>anza può essere per la f<strong>in</strong>anza oppure può essere per lo sviluppo complessivo, può essere dedicata,<br />

f<strong>in</strong>alizzata alla crescita <strong>del</strong>l'economia reale. Il governatore <strong>del</strong>la Banca d'Italia, dall'assemblea <strong>del</strong>l'ABI<br />

<strong>in</strong>iziata il 9 lu<strong>gli</strong>o, più volte ha espresso considerazioni e valutazioni su quanto sta capitando sui mercati, ha<br />

fatto riferimento alla carenza di regole, ha fatto riferimento a<strong>gli</strong> <strong>in</strong>centivi perversi che hanno alimentato la<br />

crescita tumultuosa <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>dustria f<strong>in</strong>anziaria, ha fatto riferimento alla opacità ovvero alla <strong>in</strong>disponibilità, da<br />

parte dei soggetti f<strong>in</strong>anziari, di rendere noti al pubblico i rischi <strong>in</strong> maniera adeguata e comprensibile.<br />

E certamente non si può non ritrovarsi <strong>in</strong> tutto questo. È rarissimo che un fenomeno di tale portata abbia<br />

una ragione sola, varie sono le cause scatenanti e concorrenti. Ma a mio giudizio un altro elemento di fondo è<br />

quello di una ubriacatura f<strong>in</strong>anziaria che si è sviluppata perché è cresciuta a dismisura una conv<strong>in</strong>zione che la<br />

f<strong>in</strong>anza potesse avere una logica di per sé, che si potessero costruire castelli di carta f<strong>in</strong>alizzati ad arricchire<br />

chissà chi dimenticandosi che la f<strong>in</strong>anza deve essere al servizio <strong>del</strong>l'economia che a sua volta deve essere al<br />

servizio, o lo è <strong>in</strong>evitabilmente, <strong>del</strong>la società e <strong>del</strong>la crescita complessiva <strong>del</strong>la persona.<br />

Noi non vo<strong>gli</strong>amo co<strong>gli</strong>ere quest'occasione per dire «avevamo ragione», perché siamo consapevoli dei<br />

nostri limiti, che magari sono un po’ cresciuti rispetto al passato, ma tuttavia non abbiamo la pretesa di<br />

<strong>in</strong>segnare a<strong>gli</strong> altri ciò che si deve fare.<br />

Io credo che, ancora una volta, dalle parole recentissime <strong>del</strong> governatore all'assemblea <strong>del</strong>l'associazione<br />

bancaria, possiamo anzitutto avere consapevolezza - che talvolta da parte di molti, soprattutto da parte dei<br />

mass media è misconosciuta - che nel sistema creditizio italiano è significativo, sono parole <strong>del</strong> governatore<br />

<strong>del</strong>la Banca d'Italia, il peso <strong>del</strong>le banche locali costituite <strong>in</strong> forma cooperativa perché, ha detto Draghi meno<br />

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di tre mesi fa, ne<strong>gli</strong> ultimi anni una rete costituita da oltre 400 banche di credito cooperativo, <strong>in</strong>dipendenti<br />

ma legate <strong>in</strong> rete fra di loro, ha ampliato <strong>gli</strong> spazi operativi nel mercato <strong>del</strong> credito, soprattutto nei confronti<br />

<strong>del</strong>le imprese, facendo leva su una capillare presenza dei propri sportelli e su un mo<strong>del</strong>lo di <strong>in</strong>termediazione<br />

<strong>in</strong>centrato sulla cont<strong>in</strong>uità <strong>del</strong>le relazioni con la clientela.<br />

Perché, proprio su questo vorrei tornare rapidamente, io credo che sia fondamentale nella impostazione<br />

<strong>del</strong>l'approccio e qu<strong>in</strong>di nella capacità di comunicazione verso il cliente, sapere o capire che la banca ha <strong>del</strong>le<br />

f<strong>in</strong>alità che si proiettano nel lungo periodo e qu<strong>in</strong>di non è <strong>in</strong>teressata a un vantaggio di breve durata, a una<br />

massimizzazione <strong>del</strong> profitto magari un po' rapace. Se poi la banca è gestita da persone <strong>del</strong> territorio, che lì<br />

risiedono e che qu<strong>in</strong>di ne rispondono perché se le cose non funzionano o non si comportano onestamente i<br />

clienti e i depositanti sanno dove abitano e qu<strong>in</strong>di <strong>in</strong> qualche modo dove andare a reclamare, tutto ciò è una<br />

grande forma di garanzia, di capacità di controllo e di sollecitazione alla trasparenza.<br />

Tuttavia la piccola dimensione può essere certamente anche un limite che occorre superare e si supera<br />

anche facendo rete, o sollecitando, dando esempi nel fare rete. Certamente uno strumento di superamento<br />

<strong>del</strong>la piccola dimensione <strong>del</strong>le imprese, oltre allo sviluppo dei distretti già richiamato, è quello <strong>del</strong>la crescita<br />

dei consorzi fidi, i consorzi fidi di categoria come strumento di garanzia reciproca e qu<strong>in</strong>di di crescita<br />

comune per il superamento <strong>del</strong>le problematiche e <strong>del</strong>le esigenze <strong>del</strong> momento <strong>in</strong> una logica di solidarietà<br />

complessiva che non fa r<strong>in</strong>unciare tuttavia all'autonomia imprenditoriale.<br />

Le banche di credito cooperativo sono, <strong>in</strong> fondo, le PMI <strong>del</strong> sistema bancario e per riuscire a superare le<br />

profezie di sventura che nel 1993, quando entrava <strong>in</strong> vigore il testo unico bancario che tra l'altro ci cambiava<br />

la denom<strong>in</strong>azione da casse rurali e artigiane a banche di credito cooperativo, dicevano che non saremmo<br />

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arrivati al 2000, mentre <strong>in</strong> realtà dal 2000 <strong>in</strong> avanti abbiamo quasi raddoppiato le quote di mercato; ma per<br />

far questo e non r<strong>in</strong>unciare alle autonomie, perché sarebbe stata una r<strong>in</strong>uncia alla nostra identità, abbiamo<br />

dovuto legarci <strong>in</strong>sieme, creare una rete che consenta, <strong>in</strong> una logica di solidarietà, di superare i limiti o le<br />

cadute necessarie <strong>in</strong> un contesto di pluralità di soggetti.<br />

Poche considerazioni di s<strong>in</strong>tesi. In un contesto globalizzato, f<strong>in</strong>anziario avanzato è importante che ci siano<br />

grandi banche, che abbiano sede <strong>in</strong> Italia e che si proiett<strong>in</strong>o, oltre che nel nostro paese, verso il cont<strong>in</strong>ente,<br />

verso tutto il mondo. È importante che ci siano <strong>del</strong>le banche a dimensione regionale, per <strong>del</strong>le logiche di<br />

economie di scala che si concil<strong>in</strong>o anche con le relazioni dei territori, ed è importante che ci siano banche<br />

locali, purché siano efficienti e pratich<strong>in</strong>o veramente la democrazia economica e la partecipazione <strong>del</strong>la<br />

gente.<br />

È importante qu<strong>in</strong>di che ci siano <strong>in</strong>termediari che possano svolgere anche un ruolo anticiclico all'<strong>in</strong>terno<br />

<strong>del</strong> mercato, ovvero che cont<strong>in</strong>u<strong>in</strong>o a dare credito e fiducia all'economia reale anche nei momenti <strong>in</strong> cui<br />

sembra che tutti corrano verso la f<strong>in</strong>anza. È importante che ci siano <strong>in</strong>termediari che svolgano un ruolo<br />

<strong>in</strong>clusivo nel nostro paese. Questo è un paese che porta frequentemente all'esclusione, all'esclusione de<strong>gli</strong><br />

anziani, all'esclusione dei poveri, all'esclusione ovviamente de<strong>gli</strong> extracomunitari. E allora, a determ<strong>in</strong>ate<br />

condizioni, avere soggetti bancari che siano fortemente impegnati nell'<strong>in</strong>clusione è prezioso, perché consente<br />

di r<strong>in</strong>saldare quel tessuto che altrimenti tende a lacerarsi.<br />

È importante, l'abbiamo detto, che ci siano <strong>in</strong>termediari che cont<strong>in</strong>u<strong>in</strong>o a considerare la f<strong>in</strong>anza <strong>in</strong> un ruolo<br />

di ancella necessaria all'economia reale, ma soprattutto che consider<strong>in</strong>o la f<strong>in</strong>anza come un'<strong>atti</strong>vità che deve<br />

dare utilità, non creare castelli di carta.<br />

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È importante, <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, che esistano <strong>in</strong>termediari che valorizz<strong>in</strong>o la prossimità, l'appartenenza dei territori<br />

come elemento capace di qualificare la relazione, di arricchirne il contenuto, qu<strong>in</strong>di banche <strong>del</strong> territorio e<br />

non banche di territorio.<br />

Io credo che <strong>in</strong> una fiducia complessiva che ha perso il futuro, anche se certamente è un futuro pieno di<br />

<strong>in</strong>cognite, credo che ci siano motivi di fiducia anche per riscontri che recentemente abbiamo avuto dal<br />

Parlamento di Strasburgo. Il 5 giugno 2008 il Parlamento europeo ha adottato <strong>del</strong>le importanti risoluzioni <strong>in</strong><br />

tema di cooperazione bancaria e si è riconosciuto <strong>in</strong> Europa quanto importanti siano, per le s<strong>in</strong>gole regioni<br />

<strong>del</strong> nostro cont<strong>in</strong>ente, le reti decentrate di banche cooperative e quanto la loro esistenza sia condizione<br />

fondamentale per un mercato veramente concorrenziale.<br />

Allora penso, e con ciò concludo, che la vitalità e la preziosità di fare banca <strong>in</strong> forma cooperativa dipenda<br />

certamente molto dalla capacità <strong>del</strong>le banche cooperative di promuovere partecipazione, di suscitare<br />

partnership tra tutti i soggetti che abitano un territorio.<br />

È questa a mio avviso una chiave strategica per lo sviluppo <strong>del</strong> nostro paese, la potremmo chiamare una<br />

co-economy tra enti locali, imprese, banche, associazioni; capacità di fare rete e tessere reti.<br />

Tutto questo è estremamente importante anche perché consente di creare fiducia, di creare coesione; e <strong>in</strong><br />

un momento così difficile nel quale la fiducia è un bene sempre più raro, è necessario che ci siano elementi,<br />

istituzioni, <strong>in</strong>iziative che cre<strong>in</strong>o fiducia dal basso, e questa fiducia non deve essere limitata solamente al<br />

settore economico bancario, ma si deve sviluppare oltre. Il senso e la capacità <strong>del</strong>la partecipazione sono<br />

fondamentali perché la gente ritrovi la fiducia nelle istituzioni, e con la fiducia nelle istituzioni si torni a dare<br />

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fiducia anche alla politica, sviluppando un percorso positivo che oggi mi sembra purtroppo piuttosto<br />

attenuato.<br />

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Cesara Bonamici<br />

Grazie ad Alessandro Azzi, presidente <strong>del</strong>l'<strong>Associazione</strong> <strong>del</strong>le Banche di Credito Cooperativo.<br />

L'altro pilastro, dicevamo, è la scuola, la formazione. Adesso noi <strong>in</strong>contriamo Adriano De Maio, per<br />

molti anni rettore al Politecnico, rettore alla LUISS, attualmente presidente <strong>del</strong>l'Istituto regionale di ricerca<br />

<strong>in</strong> Lombardia, sul tema «Riproporre i valori di impresa nella scuola e nell'università italiana». Ma i valori,<br />

professor De Maio, si possono semplicemente <strong>in</strong>segnare oppure sono molto più efficaci l'esempio e<br />

l'emulazione?<br />

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Adriano De Maio<br />

Riproporre i valori di impresa nella scuola<br />

e nella università italiana<br />

Grazie per la domanda, <strong>in</strong>nanzitutto, che è molto centrata e molto bella, come tutto f<strong>in</strong>ora, ma io posso<br />

parlare di me e, riguardo a me, è centratissima. R<strong>in</strong>grazio <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>vito, che penso sia legato non più tanto a<br />

una posizione cont<strong>in</strong>gente, attuale - tutto è transitorio, ahimè -, quanto alla mia lunga storia. Ahimè nel senso<br />

di lunga.<br />

È <strong>in</strong>teressante perché si passa, io almeno sono passato, pressoché d’un tratto, dall'essere <strong>in</strong> molte riunioni<br />

importanti, da essere il più giovane a essere improvvisamente il più vecchio. Questa transizione è arrivata<br />

con una discont<strong>in</strong>uità totale, per cui penso di essere stato qui <strong>in</strong>vitato per la mia storia, perché ne ho fatte<br />

tante. Ho lavorato nell’<strong>in</strong>dustria, sono ritornato all'università, ho fatto una società di consulenza che ho<br />

gestito per molti anni, qu<strong>in</strong>di sono stato imprenditore. Ho saputo anch'io cosa vuol dire dar da mangiare a 40<br />

persone con le loro fami<strong>gli</strong>e, qu<strong>in</strong>di con tutto il rischio e la responsabilità che uno ha; sono stato il<br />

responsabile, il capo, di una <strong>del</strong>le imprese più belle che è il Politecnico di Milano, un'impresa <strong>in</strong> cui ho<br />

trascorso <strong>gli</strong> anni più affasc<strong>in</strong>anti <strong>del</strong>la mia vita professionale; ho fatto tante altre cose, il commissario al<br />

CNR, nella pubblica amm<strong>in</strong>istrazione centrale locale, per cui l'ho vista da dentro, sempre come tecnico, e<br />

ahimè ho visto <strong>gli</strong> elementi positivi e i tantissimi elementi negativi.<br />

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Allora, rispetto a questa mia storia, mi permetto di fare <strong>del</strong>le osservazioni che riguardano il tema e che<br />

spero di riuscire a tradurre, a trasmettere: quello che dirò è strettamente legato al tema, anche se talvolta può<br />

apparire il contrario.<br />

Prima di tutto sono totalmente d'accordo con chi ha detto autorevolmente, molto più autorevolmente di<br />

me, sia stamane sia questo pomeriggio, che è un problema di educazione, di crisi educazionale, di crisi<br />

culturale generale, di crisi dei sistemi di comunicazione di massa.<br />

Io mi ricordo quando ero studente al Politecnico, quando facevo il terzo o quarto anno: <strong>in</strong> quell'anno venne<br />

dato il premio Nobel a Giulio Natta; tutti <strong>gli</strong> studenti avevano come mira di diventare premio Nobel... e<br />

adesso?<br />

Tutti noi avevamo davanti l'esempio di chi lavorava, di chi metteva <strong>in</strong> piedi le <strong>in</strong>dustrie, di chi aveva<br />

successo <strong>in</strong>dustriale, di chi era uno scienziato, di chi operava, di chi era un grande medico... e adesso?<br />

Adesso non possiamo pensare che i ragazzi non vivano nel mondo <strong>in</strong> cui operano, che siano asettici<br />

rispetto a queste tonnellate di <strong>in</strong>formazioni che arrivano loro, tonnellate di esempi. Io sono rimasto scioccato<br />

- non faccio nomi ma ciascuno capirà altrimenti vado sotto processo - quando autorevoli giornali quotidiani<br />

hanno proposto come esempio <strong>del</strong>l'italiano giovane e di successo un signore che era stato preso con la<br />

signor<strong>in</strong>a Patrizia; e io veramente ho dato fuori di matto. Non è giusto, non è giusto. Semplicemente perché<br />

di una grande fami<strong>gli</strong>a? Non è giusto. Ma no ho trovato questa rivolta popolare.<br />

Ecco, il primo elemento è questo fatto, che la scuola vive all'<strong>in</strong>terno di un contesto molto ampio che<br />

trasmette certi valori, certi messaggi, ahimè, ma da qualche parte bisogna partire, perché altrimenti è un<br />

circolo vizioso. E allora la scuola, a mio avviso, proprio perché prende il bamb<strong>in</strong>o, la bamb<strong>in</strong>a <strong>in</strong> età di<br />

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c<strong>in</strong>que-sei anni - non parliamo <strong>del</strong>la scuola materna -, è il punto forse da cui bisogna partire. Se da qualche<br />

parte bisogna ta<strong>gli</strong>are questo tremendo, pauroso circolo vizioso, forse la scuola, la scuola globale dalla prima<br />

elementare f<strong>in</strong>o ai livelli più elevati, va affrontata con rigore, con sagacia, con attenzione e qu<strong>in</strong>di questo è<br />

importante.<br />

Allora la domanda <strong>del</strong>la nostra coord<strong>in</strong>atrice, chairperson, chairwoman, è estremamente importante.<br />

Sì, io ritengo che la scuola sia quanto meno 50-50, anche se poi propendo per 40-60, ma comunque<br />

diciamo 50-50, per le conoscenze, perché guai se non dà conoscenze e purtroppo le conoscenze sono sempre<br />

più ridotte. Lo dico come utilizzatore di uno stadio f<strong>in</strong>ale, semif<strong>in</strong>ale, perché come Politecnico ci sono le<br />

valutazioni d'<strong>in</strong>gresso e, ahimè, ogni anno la valutazione d'<strong>in</strong>gresso è sempre peggiore, qu<strong>in</strong>di è una<br />

constatazione, siccome i ragazzi sono sempre uguali, non cambiano. Io ormai sono tantissimi anni, non dico<br />

quanti, che <strong>in</strong>segno, perché ho com<strong>in</strong>ciato molto giovane, ma sono uguali i ragazzi fondamentalmente.<br />

Allora vuol dire che, se sono sempre più ignoranti, più as<strong>in</strong>i, più somari, la colpa non è loro. Qu<strong>in</strong>di<br />

bisogna andare a queste radici: primo elemento sono ovviamente i contenuti, dicevo 50 e 50 sono i<br />

comportamenti, e i comportamenti non si <strong>in</strong>segnano.<br />

L'<strong>in</strong>segnamento dei comportamenti è fatto di poche leggi, ma che sono storiche, che sono millenarie e<br />

qu<strong>in</strong>di al di là di quelle non si va. Il comportamento, secondo me, ha alcuni elementi fondamentali per<br />

quanto riguarda poi il tema nostro, perché sono dei comportamenti che a mio avviso sono strettamente<br />

correlati al discorso <strong>del</strong>l’impresa, all'essere imprenditore o essere semplicemente, si fa per dire, <strong>del</strong>le persone<br />

che lavorano <strong>in</strong> impresa, che comunque pongono il lavoro come elemento fondamentale. Ne cito alcuni - è<br />

l'unica cosa che ho scritto perché così non perdo almeno i concetti: primo, il senso di responsabilità. Se io<br />

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non avessi avuto - chiedo scusa se cito una esperienza personale, perché io sono un <strong>in</strong>discipl<strong>in</strong>ato e una<br />

persona da non considerare come un esempio -, se non avessi avuto lo spettro <strong>del</strong> prendere un'<strong>in</strong>sufficienza,<br />

che poi sarebbe stata peggiorata ritornando a casa, <strong>in</strong> maniera violentissima, a me piaceva fare un sacco di<br />

cose. Mi piaceva giocare, mi piaceva andare a spasso, mi piaceva fare musica, suonavo, mi piaceva cercare,<br />

diventato più grande, di fare la corte a qualche ragazza e poi, ho detto, ma se faccio questo e non studio<br />

allora prendo un'<strong>in</strong>sufficienza e poi... Allora, il senso di responsabilità parte da questo elemento di<br />

valutazione, cioè tu puoi sce<strong>gli</strong>ere se andare a giocare a pallone o studiare, però sai che se giochi a pallone<br />

magari tenti di diventare Maradona, ma se viceversa non sei portato a essere Maradona, se non studi... e<br />

questo vuol dire responsabilità ed è importante.<br />

Un altro elemento che è collegato all'assunzione <strong>del</strong> rischio, che non è soltanto assunzione di<br />

responsabilità, è copiare. Sembrano cose piccole, ma sono importanti.<br />

La curiosità. Questa curiosità cont<strong>in</strong>ua. La curiosità... e cosa c'è dopo, cosa c'è sotto, cosa c'è a lato... e<br />

perché? Ecco, l'<strong>in</strong>segnamento <strong>del</strong>la scuola che ti dice: «Tu devi sempre domandarti il perché». Questo, a mio<br />

avviso, per un'impresa è fondamentale.<br />

La rigorosità, il rigore, il rigore logico, cioè il non pressappochismo, la non approssimazione, il rispetto<br />

che si confonde con il relativismo, mentre io dico che il rispetto parte dall'altissimo rispetto di se stesso. Uno<br />

può rispettare <strong>gli</strong> altri soltanto se rispetta, ma fortemente, se stesso, cioè i propri valori, le proprie idee, il<br />

proprio essere. Soltanto rispettando se stesso può rispettare <strong>gli</strong> altri. Rispettare non vuol dire, come dicevo,<br />

relativismo. È una cosa radicalmente diversa.<br />

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Il merito, che vuol dire anche, contemporaneamente, lavoro <strong>in</strong>sieme ed emulazione. Ritengo che uno dei<br />

vantaggi potenziali <strong>del</strong>la nostra università sia soprattutto che, a differenza <strong>del</strong>le università anglosassoni, dà<br />

dei valori, <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i di votazioni, «assoluti», nel senso che al limite tutti <strong>gli</strong> studenti di una classe di<br />

università possono prendere 30 e lode, cosa che per esempio nel sistema anglosassone un po’ non è: i primi<br />

x% hanno A, i secondi y% hanno B, i terzi C. Il che porta a un conflitto pauroso, perché, tremendamente, se<br />

tu sei A, io non posso più essere A. Da noi c'è una sp<strong>in</strong>ta a dire: «Signori, poi voi sarete valutati<br />

s<strong>in</strong>golarmente, ma se lavorate con altri c<strong>in</strong>que probabilmente mi<strong>gli</strong>orate tutti e c<strong>in</strong>que». Ma vi rendete conto<br />

che cosa vuol dire di bello questo potenziale che abbiamo senza rendercene conto?<br />

Tutti quanti si meravi<strong>gli</strong>ano quando per esempio <strong>in</strong> qualche <strong>in</strong>contro di varia natura trovo un assessore<br />

<strong>del</strong>la prov<strong>in</strong>cia di Milano, che è di Rifondazione comunista puro e duro, e ci abbracciamo e poi parliamo di<br />

amenità varie. Nessuno sa che eravamo compagni di banco alle elementari e che lui mi passava i disegni<br />

perché disegnava <strong>in</strong> maniera meravi<strong>gli</strong>osa, disegna tuttora <strong>in</strong> maniera meravi<strong>gli</strong>osa, mentre io <strong>gli</strong> passavo il<br />

compito di aritmetica. Da allora si è creato un rapporto di comunione <strong>in</strong>dividuale, di amicizia, che presc<strong>in</strong>de<br />

dai valori politici, ideologici; ci siamo scambiati <strong>del</strong>le competenze, abbiamo lavorato assieme. Ecco allora<br />

l'elemento di comunità, di comunione, di rapporti: è un altro elemento che dà la scuola e che è fondamentale<br />

per un'<strong>atti</strong>vità <strong>in</strong>dustriale di lavoro.<br />

La passione. Se uno durante la scuola non si appassiona… Anche qui chiedo scusa se faccio un esempio<br />

personale. Io ho avuto de<strong>gli</strong> ottimi, per fortuna ottimi, maestri; il maestro elementare mi ha <strong>in</strong>segnato a<br />

scrivere, a scrivere nel senso di fare i temi, la scaletta, le percentuali, le proporzioni <strong>del</strong>le varie parti. Me l'ha<br />

<strong>in</strong>segnato la signor<strong>in</strong>a Ester Pozzi, mia maestra alla scuola elementare Raiberti di Monza. Viceversa, ho<br />

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sempre odiato chimica perché purtroppo ho avuto un professore di chimica <strong>in</strong>adatto. Ho scoperto la chimica<br />

dieci anni fa e vi assicuro che, se avessi avuto un altro professore al liceo, probabilmente avrei fatto chimica.<br />

Non mi ha dato la passione quel professore. Me l'ha data la matematica, me l'ha data il greco, poi ho scelto<br />

<strong>in</strong>gegneria, ma avrei potuto sce<strong>gli</strong>ere anche materie classiche. La passione me l'hanno data altri professori.<br />

La passione è fondamentale, è la sp<strong>in</strong>ta cont<strong>in</strong>ua al mi<strong>gli</strong>oramento.<br />

Ho scritto questi punti, ma potrei citarne altri: questi sono <strong>gli</strong> elementi che dà al comportamento la scuola.<br />

Riprendendo qui alcuni elementi.<br />

La prima questione è il rigore. Io, essendo un quantitativo per storia mia di educazione nel senso<br />

americano di education, formazione, sono molto attento ai dati perché credo <strong>in</strong> una legge che ribadiva un<br />

mio grande maestro al Politecnico, cioè la legge <strong>del</strong>la tortura <strong>del</strong> dato: il dato torturato, purché torturato a<br />

sufficienza, dice esattamente quello che <strong>gli</strong> vuoi far dire. Qu<strong>in</strong>di, attenzione ai dati. Non c'è niente di più<br />

falso <strong>del</strong>la cosiddetta oggettività <strong>del</strong> dato. Perciò il primo elemento è l’attenzione ai dati.<br />

Secondo elemento: l’attenzione alla non generalizzazione. Roberto Mazzotta ci ha dato un esempio <strong>in</strong><br />

term<strong>in</strong>i di dizioni territoriali, ma ci sono anche tutte le <strong>in</strong>dicazioni che ci ha dato Mario Preve sulle fami<strong>gli</strong>e e<br />

sull'impresa fami<strong>gli</strong>are. Non è connaturato al fatto di essere fami<strong>gli</strong>are il comportamento che diceva lui, e<br />

alcune di quelle che lui ha <strong>in</strong>dicato come aziende fami<strong>gli</strong>ari non sono di quel tipo. Io ne conosco altre,<br />

ovviamente se ne potrebbero aggiungere altre ancora, ma attenzione alle generalizzazioni, ai fattori di moda<br />

e alle confusioni term<strong>in</strong>ologiche: questo è un altro elemento che <strong>in</strong>segna la scuola e guai se uno che entra<br />

nell’<strong>in</strong>dustria non ce l’ha. Per esempio la confusione che si fa tra liberalizzazione e concorrenza. A noi<br />

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<strong>in</strong>teressa la concorrenza, perché io non ho trovato mi<strong>gli</strong>oramento di qualità e dim<strong>in</strong>uzione dei costi sulle<br />

autostrade da quando sono state privatizzate. Potrei citare duemila altri casi.<br />

Grande confusione, grande term<strong>in</strong>ologia di moda. E <strong>in</strong>vece la rigorosità è il pr<strong>in</strong>cipio da affermare,<br />

andando al di là dei term<strong>in</strong>i di moda.<br />

Questo è il tema da riproporre tra i valori impresa; e il riproporlo io l'ho provato, qu<strong>in</strong>di un grazie a Piero<br />

Micossi perché ha scritto riproporre, perché è un ri-proporre, dato che un tempo tali valori c'erano.<br />

Faccio, per non rimanere nel vago, solo due citazioni. Nell'<strong>in</strong>augurazione <strong>del</strong> mio primo o secondo anno<br />

accademico al Politecnico ho fatto un’affermazione citando le mission <strong>del</strong> Politecnico, dicendo che esso<br />

aveva quattro obiettivi: il primo era quello di formare bene, il secondo era quello di approfondire, di far<br />

ricerca, il terzo era quello di trasferire le proprie competenze, il quarto era quello di creare nuove imprese.<br />

Non era mia: era una citazione <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>augurazione <strong>del</strong> primo anno di nascita <strong>del</strong> Politecnico nel 1863. Nel<br />

1863 <strong>del</strong>le quattro vocazioni <strong>del</strong> Politecnico l'ultima, ma non <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i di valore, era creare nuove imprese.<br />

Inf<strong>atti</strong> il primo sp<strong>in</strong>-off con venture capital <strong>del</strong> Politecnico fu una piccola azienda che si chiamava Pirelli. È<br />

stata uno sp<strong>in</strong>-off <strong>del</strong> Politecnico, forse pochi lo sanno, nel 1870.<br />

Questo è un elemento fondamentale, qu<strong>in</strong>di da riproporre.<br />

In secondo luogo, vorrei parlare di una cosa che abbiamo preso e buttato via. Questo è un mio pall<strong>in</strong>o,<br />

chiedo scusa ma lo ribadisco <strong>in</strong> tutti quanti <strong>gli</strong> <strong>in</strong>contri. Noi abbiamo preso e buttato via una <strong>del</strong>le scuole più<br />

belle, almeno a quanto diceva l'OCSE a f<strong>in</strong>e anni '60: l'esperienza meravi<strong>gli</strong>osa <strong>del</strong> sistema formativo<br />

italiano che erano <strong>gli</strong> istituti tecnici <strong>in</strong>dustriali. Noi li abbiamo presi e buttati via.<br />

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Io ne conoscevo uno <strong>in</strong> particolare <strong>in</strong> Brianza, faceva, fra le altre cose, oltre a produrre meravi<strong>gli</strong>osi periti,<br />

le misure per tutta la piccola e media <strong>in</strong>dustria <strong>del</strong>la Brianza e aveva il laboratorio metrologico più bello<br />

<strong>del</strong>la Brianza. Questo permetteva di pagare di più i tecnici, per cui venivano i mi<strong>gli</strong>ori tecnici come impiegati<br />

<strong>del</strong>l'istituto tecnico <strong>in</strong>dustriale; allora era un elemento di <strong>in</strong>dustrializzazione.<br />

Vorrei riproporre, e approfitto per fare uno spot pubblicitario per una mia idea che spero sia realizzabile,<br />

prima di term<strong>in</strong>are la mia vita professionale, la creazione di un biennio post diploma completamente privato.<br />

Però con una <strong>in</strong>dustria.<br />

Io cont<strong>in</strong>uo a proporla, tutti quanti dicono che bella idea, ma, porca miseria, non ho mai visto un'<strong>in</strong>dustria.<br />

Perché devono non soltanto mettere i sold<strong>in</strong>i, ma dare quello che è più prezioso: i mi<strong>gli</strong>ori professional<br />

<strong>del</strong>l'<strong>in</strong>dustria devono andare a <strong>in</strong>segnare lì.<br />

Due osservazioni ancora. Nell'ambito <strong>del</strong>la formazione, se noi andiamo dalla prima elementare all'ultimo<br />

grad<strong>in</strong>o <strong>del</strong>la formazione scolastica, se noi ragioniamo sull'università, non possiamo sottacere la ricerca.<br />

Dico soltanto una cosa, perché, se com<strong>in</strong>ciassi a parlare di ricerca, molte altre ne direi, ci ho lavorato per<br />

vent'anni. Lo sapete cos'ha fatto la Corea quando ha deciso di competere sulla <strong>in</strong>novazione? Ha fatto una<br />

cosa molto semplice. Oltre ad aver acquistato tutti brevetti <strong>del</strong> mondo, e qu<strong>in</strong>di aver avuto un bilancio<br />

negativo per molti anni <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i di acquisto di brevetti, ha <strong>in</strong>vestito l'ira di Dio e poi ha fatto una piccola<br />

cosa nel governo: ha fatto sì che il vice primo m<strong>in</strong>istro fosse il m<strong>in</strong>istro <strong>del</strong>la ricerca.<br />

Voi avete mai visto <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i di toto m<strong>in</strong>istri citare il M<strong>in</strong>istero <strong>del</strong>la ricerca? C'è qualcuno che si occupa<br />

<strong>del</strong>la ricerca <strong>in</strong> Italia? Non ho avuto nessuno che si è <strong>in</strong>dignato di questo fatto. Industriali, zitti. Non stiamo<br />

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più trattando la ricerca e <strong>in</strong>vece è uno de<strong>gli</strong> elementi su cui la strategia <strong>del</strong>la ricerca deve esser fatta a livello<br />

nazionale e non può essere fatta che a livello pubblico. La strategia <strong>del</strong>la ricerca sto dicendo, non la ricerca.<br />

Questo è un elemento. Altro elemento, e qui sono le ultime due cose che dico, <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i di valutazione.<br />

Noi non abbiamo, e qui la scuola lo deve dare, un elemento fondamentale, non abbiamo una cultura <strong>del</strong>la<br />

valutazione. Sto dicendo una cosa che può sembrare banale.<br />

Decidiamo di fare qualche cosa, un <strong>in</strong>tervento? Andiamo a vedere se i risultati effettivamente ottenuti<br />

corrispondono a quanto noi prevedevamo di fare e per cui abbiamo fatto l'<strong>in</strong>tervento. Questa è una cultura<br />

che ha tutta l'impresa, ovviamente, sempre ed è pronta cambiare. Ha fatto una cosa? Non va bene? Si cambia,<br />

si fa un nuovo prodotto, si fa un nuovo servizio, si modifica la d<strong>in</strong>amica.<br />

Ma la d<strong>in</strong>amica è legata soltanto a una valutazione e quando non c'è un processo valutativo all'<strong>in</strong>terno di<br />

un'<strong>in</strong>dustria l'<strong>in</strong>dustria va a picco.<br />

Io ho sempre proposto che, anziché <strong>in</strong>ventare nuove riforme, la prima cosa da fare è prendere le riforme<br />

vecchie e vedere se <strong>gli</strong> obiettivi che si proponevano di raggiungere sono stati ottenuti o no. Se non sono stati<br />

ottenuti, cancellare.<br />

Raffaello Vignali ha fatto l'esempio <strong>del</strong> maestro unico: è il primo passo o un'eccezione? Se è il primo<br />

passo, mi sta bene, se è un'eccezione mi sta bene perché è giusta ma è <strong>in</strong>soddisfacente.<br />

Prendiamo tutte le varie riforme che si sono fatte nei vari campi, andiamo a verificare che cos'è successo<br />

dopo, e abbiamo il coraggio di dire «è sba<strong>gli</strong>ato», e qu<strong>in</strong>di ne facciamo un'altra, partiamo da lì, partiamo da<br />

quell'elemento. La scuola deve <strong>in</strong>segnare questo elemento di base.<br />

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Term<strong>in</strong>o con una citazione, che non so se verrà accolta bene o male, di una persona che io stimo<br />

moltissimo e che è scarsamente letta, nonostante abbia scritto molto e sia scarsamente citata. Forse perché è<br />

anomala, totalmente anomala per una serie di f<strong>atti</strong>. Totalmente anomala perché era fi<strong>gli</strong>o di un padre ebreo e<br />

di una madre valdese e si convertì al cattolicesimo senza nessun mass media, ma che poi così impostò, oltre<br />

alla sua azione operativa, anche i suoi libri, i suoi scritti. Era anomala perché era un grande uomo di cultura,<br />

un grande <strong>in</strong>dustriale, un grande politico: Adriano Olivetti. Allora leggiamoci i suoi libri, vediamo che sono<br />

profetici, vediamo che si basa sulla comunità e che è perfettamente <strong>in</strong> l<strong>in</strong>ea con un concetto, secondo me, di<br />

sussidiarietà, perché lo Stato viene creato dal basso: comunità, regione, Stato; e <strong>in</strong>sieme alla comunità nel<br />

suo pensiero c’era la formazione, c’era l'<strong>in</strong>dustria, c’era la bellezza, c’era l'uomo.<br />

Allora è mio dovere, secondo me, perché mi ha dato molto nella mia cultura Adriano Olivetti, concludere<br />

con una sua citazione, che spero non sia troppo politically <strong>in</strong>correct. Lui lo diceva per i politici, secondo me<br />

vale non soltanto per i politici, ma anche per <strong>gli</strong> imprenditori, per chiunque abbia un ruolo dirigenziale<br />

nell'ambito <strong>del</strong>le nostre aziende. Diceva: «La disonestà politica si basa su due f<strong>atti</strong>: la corruzione e<br />

l'<strong>in</strong>competenza. Comb<strong>atti</strong>amole entrambe».<br />

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Cesara Bonamici<br />

Grazie molte al professor Adriano De Maio. E proprio riallacciandoci a quello che abbiamo sentito dal<br />

professor De Maio, vo<strong>gli</strong>amo toccare un altro aspetto. C’è un problema antico: la scuola deve formare a<br />

presc<strong>in</strong>dere dal lavoro futuro o deve essere <strong>in</strong>vece la base <strong>del</strong>le <strong>atti</strong>vità che <strong>gli</strong> studenti si sce<strong>gli</strong>eranno? Al<br />

proposito sentiamo un caso, un caso di successo, che ci viene proposto da Armando Persico, docente di<br />

scuola media superiore. È un caso che arriva dal Bergamasco; si tratta di IMIBERG, progetto <strong>in</strong>novazione,<br />

scuola e impresa. In che consiste, Armando Persico?<br />

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Armando Persico<br />

Fare scuola per far crescere persone ricche di<br />

capacità critica e di responsabilità creativa<br />

«Faccio questa esperienza perché penso che <strong>in</strong> un modo o nell’altro possa arricchirmi, non so precisamente<br />

dove mi porterà, ma so che ho <strong>in</strong>tenzione di tenere aperte tutte le porte anche solo per fare entrare quel<br />

qualcosa che magari riesce a dare un senso <strong>in</strong> più alla vita, al lavoro e a una posizione seria davanti alla<br />

realtà».<br />

Questo scriveva una mia studentessa tre anni fa, mentre era alle prese con l’esperienza <strong>del</strong>la «creazione di<br />

impresa». Non sono solo parole, ma consapevolezza di persone che stanno crescendo e vivendo un momento<br />

impegnativo e, allo stesso tempo, molto stimolante.<br />

Con i miei studenti abbiamo ritenuto di utilizzare il tempo che ci è stato concesso suddividendolo <strong>in</strong> tre<br />

momenti: 1. un’analisi da parte mia <strong>del</strong> rapporto scuola-società attuale e come alla scuola Imiberg di<br />

Bergamo tentiamo di rispondere; 2. la testimonianza de<strong>gli</strong> studenti-imprenditori <strong>del</strong>la YouVisit.it tramite un<br />

filmato di 5 m<strong>in</strong>uti con i momenti salienti <strong>del</strong>l’esperienza vissuta lo scorso anno scolastico; 3. la<br />

presentazione <strong>in</strong> diretta <strong>del</strong>la loro impresa.<br />

Prima questione: siamo <strong>in</strong> piena emergenza educativa!<br />

Sembra una frase fatta, eppure la società si accorge <strong>del</strong> problema educazione quando qualcosa di negativo<br />

accade nella scuola e ne viene dato risalto sui media. Gli imprenditori se ne accorgono quando assumono<br />

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neodiplomati e neolaureati che non hanno vo<strong>gli</strong>a di accettare nessuna sfida. Le fami<strong>gli</strong>e se ne accorgono<br />

quando il fi<strong>gli</strong>o non è promosso o addirittura manifesta comportamenti negativi capaci di compromettere la<br />

sua vita.<br />

Oserei dire, citando Péguy, che la crisi <strong>del</strong>l’<strong>in</strong>segnamento è prima di tutto crisi di vita.<br />

Si è perso il senso stesso <strong>del</strong>l’educazione, l’idea che sia un <strong>in</strong>contro col mondo, con la realtà. È il rapporto<br />

con la realtà che è diventato precario, avvolto <strong>in</strong> una nebbia scettica. Di qui la perdita di valore dei contenuti,<br />

che sono il modo <strong>in</strong> cui la scuola permette a<strong>gli</strong> studenti di confrontarsi con la realtà.<br />

Si è persa così l’idea che la responsabilità <strong>del</strong>la scuola sia accompagnare i ragazzi all’<strong>in</strong>contro con la realtà,<br />

e la si è ridotta a un’<strong>in</strong>tercaped<strong>in</strong>e, una barriera tra i ragazzi e la realtà, dove i giovani vengono tenuti a mollo<br />

<strong>in</strong> una lunga e irresponsabile «socializzazione». Ma anche la socializzazione - me<strong>gli</strong>o, il rapporto fra le<br />

persone - scatta solo dove <strong>in</strong>sieme si affronta la realtà, dove c’è un rapporto condiviso con il mondo.<br />

Un esempio è dato dai programmi m<strong>in</strong>isteriali per la scuola che sembrano essere f<strong>in</strong>i a se stessi,<br />

<strong>in</strong>dipendentemente dalle persone che si hanno davanti.<br />

La nostra esperienza è un tentativo di aiutare la persona a comprendere l’«unitarietà <strong>del</strong> sapere» così come<br />

è stata def<strong>in</strong>ita dal <strong>San</strong>to Padre <strong>in</strong> occasione <strong>del</strong>la sua Lectio magistralis all’Università di Regensburg: «Una<br />

volta <strong>in</strong> ogni semestre c'era un cosiddetto dies academicus, <strong>in</strong> cui professori di tutte le facoltà si presentavano<br />

davanti a<strong>gli</strong> studenti <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>tera università, rendendo così possibile un’esperienza di universitas, …<br />

l’esperienza cioè <strong>del</strong> fatto che noi, nonostante tutte le specializzazioni, … formiamo un tutto e lavoriamo nel<br />

tutto <strong>del</strong>l'unica ragione con le sue varie dimensioni, stando così <strong>in</strong>sieme anche nella comune responsabilità<br />

per il retto uso <strong>del</strong>la ragione : questo fatto diventava esperienza viva».<br />

–<br />

Seconda questione: il dis<strong>in</strong>teresse<br />

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Il professore, oggi, non si trova davanti a persone, a ragazzi tutti tesi e disponibili a studiare, qu<strong>in</strong>di con<br />

un <strong>in</strong>teresse per quello che devono imparare. La prima questione che un professore deve affrontare è destare<br />

un <strong>in</strong>teresse per quello che <strong>in</strong>segna.<br />

Per destare un <strong>in</strong>teresse, però, è necessario che lui stesso abbia passione per la propria discipl<strong>in</strong>a e per il<br />

destarsi! <strong>del</strong>l’<strong>in</strong>teresse nel giovane.<br />

Terza questione: tradizione e autorità<br />

Il ruolo <strong>del</strong>l’<strong>in</strong>segnante è totalmente svalutato, ridotto a un «facilitatore» senza più nessuna autorevolezza.<br />

Mentre, come osserva tra <strong>gli</strong> altri Hannah Arendt, la scuola non può che essere fondata su tradizione e<br />

autorità. Solo così i giovani possono diventare anche rivoluzionari, perché una rivoluzione nasce dalla<br />

conoscenza <strong>del</strong> passato, non dal nulla <strong>in</strong> cui la scuola è immersa oggi.<br />

Il tentativo <strong>in</strong> atto nella nostra scuola<br />

Quale è il tentativo <strong>in</strong> atto nella nostra scuola? Con il nostro «far scuola» <strong>in</strong>tendiamo far crescere persone<br />

vivaci per capacità critica, ricche di responsabilità creativa.<br />

Noi pensiamo che il soggetto di cui stiamo parlando è non una, ma la persona e la costruzione <strong>del</strong>la<br />

società dipende dalla formazione di persone consapevoli e non da un meccanismo.<br />

La nostra riflessione culturale parte sempre da un’esperienza <strong>in</strong> atto (cultura è coscienza critica e<br />

sistematica di un’esperienza <strong>in</strong> atto) e l’obiettivo è realizzare l’educazione come responsabilizzazione, cioè<br />

come crescita e realizzazione <strong>del</strong>la persona. Questo obiettivo comune è ciò che può garantire l’unità di tutti i<br />

nostri strumenti, a diversi livelli, senza il bisogno di perseguirla dal punto di vista organizzativo.<br />

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Partire dall’esperienza non significa partire da un’analisi, ma affermare il positivo di ciò che è <strong>in</strong> atto,<br />

senza aspettare il cambiamento <strong>del</strong>le strutture o l’esito di qualche riforma. Vo<strong>gli</strong>amo essere attenti a ciò che<br />

nasce di positivo e cerchiamo di renderlo una risposta generalizzabile.<br />

Il senso di ogni presenza nella scuola è quello di vivere un’esperienza che sia un <strong>in</strong>izio di risposta al<br />

problema educativo, tale per cui chi la vive, poco o tanto, com<strong>in</strong>cia una novità. Se viviamo un’esperienza di<br />

corrispondenza e novità possiamo comunicarla da subito, <strong>in</strong> qualunque condizione siamo o con qualunque<br />

strumento ci troviamo a utilizzare. Ciò significa accettare la grande sfida per cui l’esperienza elementare è<br />

qualcosa di oggettivo, <strong>in</strong> grado di dire che cos’è la verità nello specifico <strong>del</strong>le materie. Significa anche<br />

<strong>in</strong>dividuare il nesso tra i diversi saperi e non considerarli come chiusi <strong>in</strong> sé.<br />

L’esperienza imprenditoriale<br />

Come può la scuola rendere possibile la crescita di persone vivaci?<br />

«Intraprendere per imparare»: questo potrebbe essere lo slogan di questi anni. Esso comprende già <strong>in</strong> sé i<br />

contenuti <strong>del</strong>l'<strong>atti</strong>vità tipica <strong>del</strong> «fare impresa», ma anche la posizione corretta e i caratteri che si richiedono a<br />

un alunno impegnato nel suo compito pr<strong>in</strong>cipale di studente: un'azione <strong>atti</strong>va e non passiva o solo recettiva,<br />

uno studio efficace e produttivo, un racco<strong>gli</strong>ere tutto con giudizio e capacità di scelta, una conoscenza che<br />

man mano sa far diventar cosa propria tutto ciò che <strong>in</strong>contra, un uso personale e <strong>in</strong>telligente di contenuti e<br />

strumenti.<br />

La circostanza che ci ha <strong>in</strong>dotto a mettere a punto tale esperienza è stata la constatazione <strong>del</strong>l'esigenza di<br />

coniugare <strong>in</strong> modo armonico i caratteri propri <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>segnamento svolto dai docenti, e ritenuto <strong>in</strong>sostituibile,<br />

con la necessità di responsabilizzare <strong>in</strong> modo creativo l'azione de<strong>gli</strong> alunni.<br />

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Aiutare i ragazzi a diventare protagonisti attraverso l'esperienza di gesti che permettono loro di co<strong>gli</strong>ere <strong>in</strong><br />

azione conoscenze apprese e problemi da affrontare, soluzioni da <strong>in</strong>dividuare e scelte nelle quali giocare<br />

capacità e <strong>in</strong>ventiva.<br />

Percorrere <strong>in</strong>somma le diverse tappe <strong>del</strong>la vita e <strong>del</strong>la crescita attraverso la gestione di un'impresa, volendo<br />

imparare a reggere il confronto con tutti. Non è una presunzione, è la regola <strong>del</strong>la vita quando non è gioco o<br />

f<strong>in</strong>zione.<br />

In ogni caso nostro primario obiettivo è quello di cercare di mantenere sempre l'attenzione a che la<br />

preoccupazione nostra, far scuola, sia sempre al centro <strong>del</strong> nostro impegno. Il fare impresa per i giovani ha<br />

cont<strong>in</strong>uato ad essere l'occasione, lo strumento attraverso il quale mettere <strong>in</strong> azione le conoscenze apprese,<br />

utilizzare <strong>gli</strong> strumenti acquisiti, affrontare i problemi <strong>in</strong>contrati.<br />

Oggi più che mai sono evidenti <strong>gli</strong> aspetti positivi <strong>del</strong>l’esperienza <strong>in</strong>iziata: i prodotti e i servizi progettati e<br />

commercializzati hanno permesso di mettere a punto una serie di <strong>in</strong>terventi e di <strong>atti</strong>vità che spaziano dalla<br />

progettazione ai budget, dalla contrattazione di preventivi al market<strong>in</strong>g e alle tecniche di promozione.<br />

I risultati<br />

E i risultati? Come cambiano <strong>gli</strong> studenti?<br />

Per comprendere quali possono essere <strong>gli</strong> esiti di un lavoro come questo, mi sia consentito di ripercorrere<br />

le tappe <strong>del</strong>le imprese create ogni anno da<strong>gli</strong> studenti <strong>del</strong> mio Istituto.<br />

A.S. 2007-2008<br />

Non si poteva far di me<strong>gli</strong>o! YouVisit.it vuole<br />

promuovere il bellissimo territorio bergamasco<br />

proponendo vari it<strong>in</strong>erari con macch<strong>in</strong>e d’epoca.<br />

L’impresa di quest’anno v<strong>in</strong>ce tutto quello che c’era da<br />

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v<strong>in</strong>cere. Per la terza volta consecutiva Imiberg è «Best Overall Company» alla Fiera Europea <strong>del</strong>le Giovani<br />

Imprese di L<strong>in</strong>z <strong>in</strong> Austria (dal 4 al 6 aprile 2008). V<strong>in</strong>ce la Competizione Regionale per la Lombardia e poi<br />

è Best Company of the Year alla Competizione Nazionale Italiana. Inf<strong>in</strong>e rappresenta l’Italia alla<br />

Competizione Europea che si tiene a Stoccolma dal 24 al 27 lu<strong>gli</strong>o 2008. Abbiamo scritto «<strong>in</strong>f<strong>in</strong>e»? No,<br />

perché Imiberg è chiamato a portare la propria esperienza a un Convegno Nazionale sui Valori di Impresa e<br />

<strong>in</strong>f<strong>in</strong>e è lo stesso presidente <strong>del</strong>la Repubblica Giorgio Napolitano a ricevere <strong>gli</strong> studenti al Palazzo <strong>del</strong><br />

Quir<strong>in</strong>ale il 29 settembre 2008!<br />

A.S. 2006-2007<br />

Ancora un grande riconoscimento: iTeam v<strong>in</strong>ce il<br />

premio «Best Overall Company»(Mi<strong>gli</strong>or Impresa<br />

Europea) alla Fiera Internazionale <strong>del</strong>le Giovani<br />

Imprese di Bucarest (dal 29 marzo al 1° aprile 2007), <strong>in</strong><br />

Romania. 500 studenti provenienti da 30 paesi europei<br />

hanno applaudito l'idea imprenditoriale di quest'anno: la trendissima c<strong>in</strong>tura con fibbia porta iPod. Un<br />

prodotto <strong>in</strong>ventato da giovani per i giovani! Il «Best Stand» alla Competizione Nazionale <strong>del</strong>le Giovani<br />

Imprese di Milano <strong>del</strong> giugno 2007 è il degno coronamento di una impresa strepitosa. Anche la Hewlett-<br />

Packard (HP) ha voluto premiare la «Responsabilità Sociale di Impresa» (CSR, Corporate Social<br />

Responsibility) <strong>del</strong>la iTeam, <strong>in</strong>serendola tra le prime 10 «Best Practice» europee.<br />

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A.S. 2005-2006<br />

Con l'idea di promuovere un franchis<strong>in</strong>g di<br />

distributori automatici, la Enjoy (European Network<br />

of Joy) v<strong>in</strong>ce il «Best Overall Company» (Mi<strong>gli</strong>or<br />

Impresa Europea) alla Fiera Internazionale <strong>del</strong>le<br />

Giovani Imprese tenutasi a Zagabria dal 23 al 26<br />

marzo 2006. 22 paesi europei rappresentati da 75<br />

team, questi i numeri <strong>del</strong> nuovo successo de<strong>gli</strong><br />

studenti <strong>del</strong>la IV ITC Imiberg.<br />

E non è f<strong>in</strong>ita! Il 9 giugno 2006 Enjoy è stata<br />

proclamata «Company of the Year» alla<br />

Competizione Nazionale <strong>del</strong>le Giovani Imprese,<br />

bissando il successo <strong>del</strong>la Star Light di due anni fa. E<br />

come premio ha rappresentato l'Italia a Interlaken, <strong>in</strong><br />

Svizzera, dove dal 3 al 6 agosto si è tenuta la Competizione Europea <strong>del</strong>le Giovani Imprese!<br />

A.S. 2004-2005<br />

È la Team Time la protagonista di quest'anno. Un<br />

Team affiatato per gestire il Time che propone il<br />

TTPark, un comodissimo park<strong>in</strong>g timer/portachiavi<br />

che ricorda a <strong>in</strong>tervalli regolari la scadenza <strong>del</strong><br />

parchimetro o <strong>del</strong> disco orario.<br />

A Vienna il 5 marzo 2005 il primo riconoscimento:<br />

premio per il «Best Stand e Best Company<br />

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Organization» alla Fiera Internazionale organizzata dalla Junior austriaca.<br />

A Odense, <strong>in</strong> Danimarca, il 19 marzo 2005 il secondo riconoscimento: premio per il «Best Sales &<br />

Market<strong>in</strong>g Tecnique» alla Fiera Europea <strong>del</strong>le Giovani Imprese (107 team presenti su 20 paesi europei!).<br />

A Milano il 7 giugno 2005 il terzo riconoscimento: premio per la «Mi<strong>gli</strong>or Strategia di Comunicazione e<br />

Innovazione Tecnologica» alla Competizione Nazionale <strong>del</strong>le Giovani Imprese.<br />

A.S. 2003-2004<br />

di buio completo!<br />

La Star Light presenta Pegasus, una <strong>in</strong>novativa luce di<br />

cortesia nel vano baga<strong>gli</strong> per scooter con <strong>in</strong>terruttore<br />

crepuscolare. Questa lunga descrizione <strong>del</strong> prodotto<br />

racchiude le molteplici funzionalità che i ragazzi hanno<br />

pensato di <strong>in</strong>serire, partendo proprio da un bisogno da<br />

sempre presente <strong>in</strong> loro: quello di poter trovare <strong>gli</strong> oggetti<br />

depositati nel sottosella <strong>del</strong>lo scooter, anche <strong>in</strong> condizioni<br />

Sono stati protagonisti a Vienna (Austria) il 5, 6 e7 marzo 2004 per la Fiera Internazionale - Premio «Best<br />

Innovative Product»; a Milano il 7-8 giugno 2004 per la Competizione italiana - Premio «Best Company of<br />

the Year» e a La Valletta (Malta) dal 22 al 25 lu<strong>gli</strong>o 2004 per la Competizione Internazionale, dove hanno<br />

rappresentato l'Italia e dove l'idea imprenditoriale ha riscosso moltissimi consensi e attestati di simpatia!<br />

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A.S. 2002-2003<br />

Fruit of Peace, questo è il nome scelto da<strong>gli</strong> studenti di IV<br />

per la loro <strong>atti</strong>vità imprenditoriale. La mission è stata<br />

<strong>in</strong>dividuata nella commercializzazione dei prodotti<br />

artigianali costruiti a Betlemme. Si sono curati<br />

l'importazione, il sito di e-commerce, la partecipazione<br />

all'Artigiano <strong>in</strong> Fiera di Milano, la creazione di mercat<strong>in</strong>i<br />

ecc.<br />

L'<strong>in</strong>iziativa è stata presentata alla Fiera Internazionale <strong>del</strong>le<br />

Giovani Imprese, tenutasi a Lugano (Svizzera) dal 20 al 23<br />

marzo e organizzata dalla JA-Young Enterprise, e alla<br />

Competizione svizzera <strong>del</strong> 1° giugno organizzata dalla YES!<br />

Young Enterprise Switzerland.<br />

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A.S. 2001-2002<br />

«mi<strong>gli</strong>or profilo commerciale».<br />

A.S. 2000-2001<br />

Protagonista di questo anno scolastico è una impresa che ha fatto <strong>del</strong>lo sci<br />

il suo core bus<strong>in</strong>ess. Ski-bag ha <strong>in</strong>f<strong>atti</strong> <strong>in</strong>ventato, prodotto e<br />

commercializzato uno splendido porta-sci multifunzione.<br />

Per questo prodotto è risultata v<strong>in</strong>citrice <strong>del</strong> 1° premio come prodotto più<br />

<strong>in</strong>novativo alla Fiera organizzata dalla Young Enterprise Europe che si è<br />

tenuta a Newcastle, <strong>in</strong> Gran Bretagna, il 17 marzo 2002.<br />

Inf<strong>in</strong>e, ulteriore soddisfazione, a Desenzano <strong>del</strong> Garda, dove, alla<br />

Competizione Regionale, i giudici le hanno attribuito il premio per il<br />

Nuovi prodotti e nuovo nome <strong>del</strong>l’impresa Satis Fashion.<br />

I risultati ottenuti sono stati <strong>in</strong> l<strong>in</strong>ea con le precedenti esperienze:<br />

partecipazione alla Fiera Internazionale <strong>in</strong> Norvegia, dove un<br />

nostro studente è stato ricevuto dal pr<strong>in</strong>cipe di Norvegia;<br />

partecipazione alla Fiera Nazionale a Erbusco (BS), dove è stato<br />

ottenuto premio per il «mi<strong>gli</strong>or profilo commerciale» alla<br />

Competizione Regionale.<br />

A.S. 1999-2000<br />

L’<strong>atti</strong>vità si arricchisce con il lancio di un prodotto proprio,<br />

l’Autora<strong>in</strong>bow, il portaombrelli per auto, che riceve il 1° premio<br />

come «Mi<strong>gli</strong>ore profilo commerciale» alla Fiera Nazionale di<br />

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Ferrara <strong>del</strong>le imprese <strong>in</strong> laboratorio IGstudents (su 1420 imprese iscritte a livello nazionale).<br />

L’impresa è <strong>in</strong>oltre selezionata per la Fiera Internazionale di Malta organizzata dalla Young Enterprise<br />

Europe.<br />

Inf<strong>in</strong>e l’impresa è premiata alla Competizione regionale <strong>del</strong>la Lombardia e acquisisce il diritto a partecipare<br />

alla Competizione nazionale di Capri dal 26 al 29 giugno, giungendo terza assoluta (sempre su 1420 imprese<br />

iscritte) e ricevendo <strong>in</strong> premio un viaggio <strong>in</strong> una capitale europea.<br />

A.S. 1998-1999<br />

Nel 98-99 si partecipa al 1° concorso nazionale <strong>del</strong>le imprese <strong>in</strong> laboratorio organizzato dalla IG,<br />

rappresentando la Regione Lombardia alla Fiera Nazionale di Roma.<br />

A.S. 1997-1998<br />

L’anno 97-98 vede cont<strong>in</strong>uare l’esperienza imprenditoriale: alla fornitura di traduzioni, corsi di formazione<br />

su PC e organizzazione di data-base, si aggiunge la creazione di volant<strong>in</strong>i.<br />

A.S. 1996-1997<br />

Nell’ambito <strong>del</strong> «Progetto Qualità» nasce la Progamma, un’impresa gestita da<strong>gli</strong> studenti per fornire servizi a<br />

imprese e fami<strong>gli</strong>e.<br />

Si partecipa al premio Bergamo Impresa, organizzato dalla CCIAA di Bergamo per premiare i mi<strong>gli</strong>ori<br />

progetti rivolti all’imprenditorialità giovanile, ottenendo l’ammissione alla fase f<strong>in</strong>ale tra i mi<strong>gli</strong>ori 5<br />

progetti.<br />

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Cesara Bonamici<br />

Grazie ad Armando Persico che ci ha dato de<strong>gli</strong> esempi molto <strong>in</strong>teressanti e molto positivi.<br />

Allora, Oscar Giann<strong>in</strong>o lo conoscete tutti, è il direttore di Libero mercato e ci dice stasera che prima<br />

<strong>del</strong>l'impresa c’è l'imprenditore. Oscar, anche un po’ sentendo tante cose <strong>in</strong>teressanti che sono state dette<br />

stam<strong>atti</strong>na e poi via via nel corso <strong>del</strong>la giornata, io ti pongo questa domanda: un imprenditore è un<br />

prodotto culturale, una visione personale <strong>del</strong> mondo, un'ansia <strong>del</strong> fare, oppure una scelta di vita, o la<br />

speranza di guadagnare di più, o è tutte queste cose messe <strong>in</strong>sieme?<br />

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Oscar Giann<strong>in</strong>o<br />

Prima <strong>del</strong>l’impresa c’è l’imprenditore<br />

Tenterò di dare una risposta a questa domanda <strong>in</strong> tre punti. Prima di esporre questi tre punti, però, vi<br />

racconterò tre aneddoti perché il giornalista, com'è noto, è sempre chiamato, non essendo né un imprenditore<br />

né un banchiere né un tecnico, ad alleggerire <strong>in</strong> qualche maniera.<br />

Inizio così con i tre aneddoti, che hanno a che vedere con il tema <strong>del</strong>la domanda a cui devo rispondere.<br />

Primo aneddoto. Tre giorni fa vado a presiedere una commissione giudicante perché <strong>in</strong> una banca <strong>del</strong><br />

Nord-Est - non faccio il nome, però è una banca molto radicata sul territorio e che da decenni fa bus<strong>in</strong>ess<br />

transfrontaliero, qu<strong>in</strong>di <strong>in</strong> un'area molto <strong>atti</strong>va dal punto di vista <strong>del</strong>la piccola-media impresa e anche <strong>del</strong>la<br />

<strong>del</strong>ocalizzazione verso l’Est - l’amm<strong>in</strong>istratore <strong>del</strong>egato, che io conosco da molti anni, ha avuto l'idea e mi ha<br />

detto: «Io, come banca legata al territorio e all'impresa, vo<strong>gli</strong>o creare un premio», che si aggiunge alle<br />

<strong>atti</strong>vità che le università da qualche anno a questa parte possono realizzare <strong>in</strong> proprio per processi di start-up<br />

imprenditoriale. Di solito lo fanno soprattutto nelle facoltà di materie scientifiche: a Trieste c'è una grande<br />

tradizione, come sappiamo. Così questa banca ha quest'idea. L'amm<strong>in</strong>istratore <strong>del</strong>egato mi dice: «Prendiamo<br />

tutte le sei università <strong>del</strong> Nord-Est e io vo<strong>gli</strong>o te per presiedere la giuria». Al che <strong>gli</strong> chiedo: «Ma, scusa,<br />

chiami me, io sono un imbrattacarte, un somaro, non sono né un imprenditore né un banchiere». «Vedrai<br />

perché chiamo te». Prima riunione <strong>del</strong>la giuria, le sei università dicono, a str<strong>in</strong>gere: «Beh, il premio ha un<br />

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ammontare molto considerevole, caro amm<strong>in</strong>istratore <strong>del</strong>egato». L'amm<strong>in</strong>istratore <strong>del</strong>egato lo prende come<br />

un complimento e dice: «Beh, certo, perché noi ci crediamo». «Noi avremmo una proposta: perché <strong>in</strong>vece di<br />

dare il premio a un progetto, visto che noi abbiamo molti progetti <strong>del</strong>le nostre diverse cordate <strong>in</strong>terne che non<br />

riusciamo a promuovere, non lo dividiamo per sei e ne facciamo uno per uno?». Allora l’amm<strong>in</strong>istratore<br />

<strong>del</strong>egato mi manda un bi<strong>gli</strong>ett<strong>in</strong>o <strong>in</strong> cui mi dice: «Adesso capisci perché ho voluto te che sei un noto<br />

rompiscatole». Ecco, vi faccio questo esempio per dire che anche laddove vi è promozione a nuove idee<br />

d'impresa <strong>in</strong> Italia io vedo molto spesso questa impostazione mentale, alla quale sono strenuamente<br />

contrario.<br />

Perché l'Italia è un paese molto s<strong>in</strong>golare per chi studia quali sono le caratteristiche che creano<br />

l'imprenditore, che lo fanno moltiplicare, che <strong>gli</strong> fanno venire la vo<strong>gli</strong>a, che <strong>gli</strong> danno il talento. Ecco, l’Italia<br />

è un paese anomalo da questo punto di vista, perché tutto ciò che <strong>in</strong> altri paesi <strong>in</strong>nalza il talento<br />

imprenditoriale da noi l'abbassa. Cioè da noi non vale il capitale umano codificato, quello che si acquista<br />

nelle scuole, nelle università, nella post-università. No, da noi non vale, lo vedrete dati alla mano perché<br />

sono dati su cui io ogni volta, quando giro per le unioni <strong>in</strong>dustriali, <strong>in</strong>vito a riflettere <strong>in</strong>nanzitutto <strong>gli</strong><br />

<strong>in</strong>dustriali, <strong>gli</strong> imprenditori, dicendo loro: «Guardate che qui c'è qualcosa di cui vi dovreste occupare», al di<br />

là <strong>del</strong> dib<strong>atti</strong>to pubblico italiano.<br />

Secondo aneddoto. Quest'anno ho fatto una serie di <strong>in</strong>contri e lezioni a<strong>gli</strong> studenti alla f<strong>in</strong>e <strong>del</strong> triennio di<br />

specializzazione, che qu<strong>in</strong>di si stavano laureando dopo c<strong>in</strong>que anni <strong>in</strong> Cattolica, su un tema che mi sembrava<br />

di scottante attualità, visto quello che succede da più di un annetto sui mercati, cioè sulla crisi de<strong>gli</strong><br />

<strong>in</strong>termediari f<strong>in</strong>anziari. E ogni volta mi sforzavo nella lezione - cento studenti - di portare loro un esempio<br />

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concreto di <strong>in</strong>termediario f<strong>in</strong>anziario che o aveva problemi secondo me, anche se non si erano ancora<br />

manifestati, o che avrebbe avuto problemi. Sei mesi fa <strong>gli</strong> portai un carrellone di sei volumi, ciascuno di<br />

duemila pag<strong>in</strong>e, <strong>del</strong>la parte patrimoniale <strong>del</strong> bilancio di Lehman Brothers dicendo: «Questa banca dovrebbe<br />

fallire». Mi guardarono tutti come se fossi, al solito, pazzo.<br />

Questo secondo aneddoto si conclude quando quel giorno, dopo aver fatto un'esercitazione nella quale la<br />

mia domanda era «come è possibile fare lend<strong>in</strong>g con 30 di multiplo con questi <strong>atti</strong>vi patrimoniali?», feci<br />

girare come sempre un questionario anonimo, chiedendo loro quale fosse il mestiere che volevano fare una<br />

volta usciti dalla laurea o magari dopo un master post-laurea.<br />

Bene, su cento, cosa su cui <strong>gli</strong> imprenditori dovrebbero molto riflettere, a voler lavorare <strong>in</strong> un'impresa<br />

erano c<strong>in</strong>que. Settantac<strong>in</strong>que volevano fare i giovani banchieri d'affari, perché le fees sono molto più alte.<br />

Ecco questa è la mia esperienza con <strong>gli</strong> studenti <strong>del</strong>la Cattolica, sottol<strong>in</strong>eo tre volte Cattolica perché<br />

dovrebbe essere un'idea culturale tale per cui il mio slogan <strong>in</strong>iziale <strong>del</strong> corso «l'uomo per la banca e non la<br />

banca per l'uomo» mi sembrava che lì dovesse avere più ascolto. Eppure novantac<strong>in</strong>que su cento dicono<br />

«l'impresa no», forget about it.<br />

Terzo aneddoto. Questo <strong>in</strong>vece riguarda la chiusura di un corso, il Master <strong>in</strong> Corporate F<strong>in</strong>ance <strong>del</strong><br />

professor Dallocchio alla SDA Bocconi la settimana scorsa. Trenta studenti straord<strong>in</strong>ari provenienti da<br />

tutt'Europa, i professori <strong>del</strong>la Bocconi che naturalmente non erano molto d’accordo sul quello che dicevo su<br />

quanto stava succedendo nel mercato; io ho concluso l'<strong>in</strong>tervento dicendo rivolto a<strong>gli</strong> studenti: «Ricordate<br />

sempre quello che mi disse il giorno <strong>in</strong>iziale <strong>del</strong> mio Master a Chicago quello che dopo divenne Nobel, Bob<br />

Arrow, cioè che la dist<strong>in</strong>zione è che chi ha un titolo di studio <strong>in</strong>feriore può al massimo rubare sulle carrozze<br />

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dei treni ai viaggiatori, chi ha un Master può rubare un'<strong>in</strong>tera ferrovia, l'imprenditore è quello che si <strong>in</strong>venta<br />

ciò che verrà dopo la ferrovia. Ecco, voi che vi candidate a essere manager - perché <strong>in</strong> quel caso loro si<br />

candidano a essere manager, non imprenditori - vi supplico, tentate di non rubare le ferrovie se non nel caso<br />

<strong>in</strong> cui lo Stato è proprietario, cosa che secondo me <strong>in</strong> quel caso è sempre legittimo tentare di fare, altrimenti<br />

sappiate che dovrete avere a che fare con un imprenditore capace di mandarvi a casa se <strong>gli</strong> proporrete de<strong>gli</strong><br />

impieghi o de<strong>gli</strong> sconti di tempo sulle risorse f<strong>in</strong>anziarie che apparentemente sono tali da moltiplicare per voi<br />

il ritorno nella vostra tasca, ma che sono il male per l'impresa, perché l'impresa è per l'uomo secondo me.<br />

F<strong>in</strong>e <strong>del</strong> terzo aneddoto.<br />

Ma vado rapidamente ai tre punti <strong>del</strong> mio <strong>in</strong>tervento. I miei tre punti sono i seguenti.<br />

Primo. Proprio il mio primo Master con grandissimi maestri a Chicago <strong>in</strong>iziava con quattro lezioni su un<br />

tema che a me sembrava <strong>in</strong>utile. Il tema era «Chi è l'imprenditore». La realtà è che se ci non si mette<br />

d'accordo su questo (qui ovviamente non faccio nessuna lezione tecnica teorica), però, per rispondere alla<br />

domanda che mi ha fatto Cesara, è molto importante sapere a quale scuola ci si riferisce.<br />

Seconda domanda, <strong>in</strong> s<strong>in</strong>tesi: «Che cosa sp<strong>in</strong>ge a crescere la presenza de<strong>gli</strong> imprenditori <strong>in</strong> un contesto<br />

economico?».<br />

Terzo: le caratteristiche di quello che avviene di anomalo <strong>in</strong> Italia. I primi due punti mi servono per<br />

arrivare al terzo, che è quello più importante.<br />

Primo. Io dichiaro sempre il mio punto di vista; è un punto di vista abitualmente m<strong>in</strong>oritario, non<br />

appartengo affatto alla scuola, che è dom<strong>in</strong>ante e resta dom<strong>in</strong>ante nel mondo accademico italiano, secondo la<br />

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quale l'imprenditore è quello classicamente def<strong>in</strong>ito da Schumpeter nel '42 nel suo saggio Capitalismo,<br />

socialismo e democrazia.<br />

No. Quell'idea <strong>del</strong>l'imprenditore, cioè di colui la cui caratteristica fondamentale è la boundness, si dice <strong>in</strong><br />

<strong>in</strong>glese, cioè un uomo di grande coraggio che rompe le situazioni di equilibrio economico perché si <strong>in</strong>venta<br />

<strong>del</strong>le cose che non c'erano. Ecco, questa che è l’idea classica <strong>del</strong>le scuole di management dom<strong>in</strong>anti, per me<br />

non è la def<strong>in</strong>izione di imprenditore, non lo è.<br />

Io appartengo alla scuola m<strong>in</strong>oritaria, pensiero austriaco, soggettivismo, marg<strong>in</strong>alismo, la centralità <strong>del</strong>la<br />

persona: mi riconosco qu<strong>in</strong>di <strong>in</strong> una certa tradizione che va dietro la lezione tomista cristiana e va dietro a<br />

gente come Michael Novak ne<strong>gli</strong> Stati Uniti; qu<strong>in</strong>di l'imprenditore per me non è quello che fa queste rotture,<br />

neanche per idea.<br />

È un arbitraggista di rischio e di <strong>in</strong>certezza. Il rischio si può <strong>in</strong> qualche maniera, con dei mo<strong>del</strong>li,<br />

calcolare. L'<strong>in</strong>certezza no. Ma la differenza è che questo imprenditore deve confrontarsi con cose che non<br />

sono la rottura. La differenza è che quando si <strong>in</strong>venta l'automobile <strong>in</strong> un sistema che era tutto basato sul<br />

trasporto a cavalli, Schumpeter vi dirà che la grande idea <strong>del</strong>l'imprenditore, che ha avuto l'automobile <strong>in</strong> testa<br />

per la prima volta, è stata quella di far andare oltre una situazione di equilibrio, di rompere una situazione di<br />

equilibrio.<br />

Israel Kirzner, che è il mio maestro, e che ho conosciuto, vi dirà: «Ma manco per idea, l'imprenditore che<br />

si è <strong>in</strong>ventato l'automobile è uno che aveva capito che quella non era affatto una situazione di equilibrio dal<br />

punto di vista ottimale <strong>del</strong>l'utilizzo dei fattori, era di totale squilibrio, c'era una tale concentrazione di fattori<br />

su questo tipo di trasporto a cavallo assolutamente <strong>in</strong>efficace e <strong>in</strong>efficiente che qu<strong>in</strong>di non si è <strong>in</strong>ventato una<br />

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ottura; è uno che è stato capace di arbitrare me<strong>gli</strong>o il rischio, l'<strong>in</strong>certezza rispetto alla maniera organizzativa<br />

dei fattori». Questo lo dico perché tale dichiarazione <strong>in</strong> realtà fa discendere tutta una serie di conseguenze, se<br />

noi abbiamo <strong>in</strong> mente che questo è l'imprenditore che vo<strong>gli</strong>amo che cresca e si diffonda nel nostro paese.<br />

Questo è un paese <strong>in</strong> cui ci sono milioni di imprenditori. Propalare la tesi secondo la quale sono tutti de<strong>gli</strong><br />

<strong>in</strong>ventori straord<strong>in</strong>ariamente coraggiosi di rotture dei sistemi di equilibrio è, perdonatemi, una balla, primo<br />

perché è irrealizzabile, secondo perché non corrisponde alla realtà, <strong>in</strong> quanto questi milioni di piccoli<br />

imprenditori italiani devono trovare al me<strong>gli</strong>o come far tornare fattori scarsi di fronte a una pressione fiscale<br />

bestiale, a un ambiente amm<strong>in</strong>istrativo oppressivo, a cent<strong>in</strong>aia di pag<strong>in</strong>e ogni settimana di circolari<br />

<strong>del</strong>l'Agenzia <strong>del</strong>le Entrate. E che cosa vo<strong>gli</strong>amo pensare, che quelli li vo<strong>gli</strong>amo crescere dicendo Schumpeter<br />

e la rottura? Ma qui è <strong>in</strong> gioco la difficile arte <strong>del</strong>la sopravvivenza per far tornare i conti, questa è la<br />

questione di fondo.<br />

Qu<strong>in</strong>di viva Israel Kirzner e su questo ho esaurito il mio primo punto. Chi poi è appassionato sa che su<br />

questo punto ci si tira i volumi nelle accademie. Comunque, se la pensate come me, una cattedra non ve la<br />

danno <strong>in</strong> Italia, è molto probabile che non ve la diano, lo dico con grande sicurezza.<br />

Seconda questione. Alla luce di questa def<strong>in</strong>izione che cos'è che fa crescere la propensione al self-<br />

employment, al rischio a diventare imprenditore? Anche su questo argomento ci sono pacchi di volumi alti<br />

così, qu<strong>in</strong>di io faccio una s<strong>in</strong>tesi banalissima.<br />

Diciamo che, siccome anche qui le teorie economiche combattono da trent'anni, ci sono filoni diversi. C'è<br />

un filone che segue William Baumol, per esempio, il quale dice: «Guardate che l'<strong>in</strong>fluenza <strong>del</strong>le istituzioni è<br />

fondamentale, perché tutte le altre variabili, il capitale umano, la sua formazione, la densità per impresa<br />

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preesistente eccetera, sono comunque subord<strong>in</strong>ate rispetto all'<strong>in</strong>fluenza <strong>del</strong> contesto istituzionale e<br />

<strong>del</strong>l'ambiente giuridico economico». Allora, io aderisco a questa tesi? Guardando l'Italia e studiandone lo<br />

sviluppo <strong>del</strong>l'impresa nel '900 quantomeno, ma anche prima, la mia risposta è no. L'<strong>in</strong>terazione istituzionale<br />

certo conta, ma se fosse quella la fondamentale allora nel nostro paese non ci sarebbero milioni di piccoli<br />

imprenditori, perché hanno predom<strong>in</strong>ato culture - <strong>in</strong> un paese che è arrivato da late comer, cioè tardi e male<br />

allo sviluppo <strong>in</strong>dustriale e post-<strong>in</strong>dustriale - tali per cui, se fosse stata quella la matrice determ<strong>in</strong>ante, questi<br />

milioni di piccoli imprenditori non so come sarebbero potuti nascere.<br />

Qu<strong>in</strong>di non è questa la tesi a cui aderisco. Invece c'è naturalmente una somma di <strong>in</strong>terazioni, di fattori<br />

diversi, guardando come evolvono nei decenni rispetto al cambiamento <strong>del</strong> segno positivo o negativo<br />

<strong>del</strong>l'economia nei diversi contesti, Europa cont<strong>in</strong>entale, mondo anglosassone, ci sono tutta una serie di fattori<br />

che ovviamente vale la pena di studiare e sottol<strong>in</strong>eare. Diciamo che si dividono <strong>in</strong> due grandi categorie: al di<br />

là <strong>del</strong>l'ambiente istituzionale, <strong>del</strong>le norme amm<strong>in</strong>istrative eccetera, e al di là di una cosa che tengo da parte<br />

ma che è pure fondamentale, cioè come funziona il sistema f<strong>in</strong>anziario, che è quello che <strong>in</strong> teoria poi deve<br />

portare le risorse alle idee - me questo lasciamolo da parte perché non c'è veramente tempo -, al di là di<br />

questo c'è un capitale tacito, cioè quello che porta ad accrescere o dim<strong>in</strong>uire il numero di imprenditori perché<br />

viene, f<strong>in</strong> dalla più tenera età, <strong>in</strong> considerazione <strong>del</strong>l'appartenenza a reti personali, familiari, sociali sul<br />

territorio, tali da darti, nella tua più tenera età, quando sei adolescente e oltre, questa capacità di essere un<br />

arbitraggista di rischio e <strong>in</strong>certezza che secondo me è appunto l'imprenditore; di dartela prima de<strong>gli</strong> altri, di<br />

farti sentire la sfida con te stesso, di fronte a tuo padre... capitalismo familiare. Questo è capitale tacito.<br />

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Poi c'è il capitale codificato, che è <strong>in</strong>vece quello che derivi dai tuoi studi, fondamentalmente, che derivi<br />

dall'<strong>in</strong>tensità di impresa sul territorio, che derivi, ci sono molti <strong>in</strong>dici, da quanta parte <strong>del</strong>la popolazione<br />

<strong>atti</strong>va è impiegata <strong>in</strong> settori creativi, che non sono solo quelli <strong>del</strong>l'arte, ma sono quelli <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>gegneria<br />

eccetera; c'è <strong>in</strong>somma una sfilza di cose lunga così.<br />

Vado rapidamente al terzo punto. Se analizziamo l'<strong>in</strong>terazione di tutti questi fattori e la applichiamo alla<br />

realtà <strong>del</strong>l'imprenditore italiano come ci viene descritta nella sua formazione di capitale umano dalla serie<br />

storica più attendibile che abbiamo, cioè quella che si può ricavare dal campione sull'<strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e patrimoniale<br />

<strong>del</strong>le fami<strong>gli</strong>e italiane realizzato all'<strong>in</strong>izio de<strong>gli</strong> anni '60 da Bankitalia - ricordo che si tratta più o meno di<br />

8000 fami<strong>gli</strong>e, 24.000 <strong>in</strong>dividui, di cui si studiano appunto, con serie storiche accurate e precise, oltre al<br />

reddito disponibile, allo stock di patrimonio, anche le caratteristiche di fondo, di formazione <strong>del</strong> capitale<br />

umano - noi sappiamo, attraverso quella serie storica, per ciascuna componente e segmento <strong>del</strong>la<br />

popolazione <strong>atti</strong>va italiana, tra le altre cose, qual è il suo titolo di studio e, tra le altre cose, come varia nel<br />

tempo.<br />

Di questo esame fatto sistematicamente da qualche anno a questa parte da gente che io conobbi a Chicago<br />

e che nel frattempo, a differenza di me che sono somaro, è andata <strong>in</strong> cattedra <strong>in</strong> Italia - e qu<strong>in</strong>di io con loro<br />

mi diverto ogni tanto ad aggiornare il mo<strong>del</strong>l<strong>in</strong>o - do solo alcuni dati su cui riflettere e poi chiudo. Diciamo<br />

che nelle categorie <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e patrimoniale di Bankitalia <strong>gli</strong> imprenditori ricadono <strong>in</strong> tre diverse categorie.<br />

Ci sono quelli che si autodef<strong>in</strong>iscono imprenditori, non stiamo parlando naturalmente di tutti i lavoratori<br />

autonomi, ma di quelli che si def<strong>in</strong>iscono imprenditori; poi ci sono quelli che sono proprietari <strong>del</strong>l'impresa di<br />

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fami<strong>gli</strong>a; e c’è poi una terza categoria, quella di coloro che sono active shareholder nell'impresa, cioè che<br />

partecipano a forme di venture eccetera.<br />

Allora, se prendiamo queste tre categorie e cerchiamo di capire - i dati più recenti che noi abbiamo<br />

riclassificato sono <strong>del</strong> 2004-2005 - qual è il titolo di studio, ne parlo <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i di stock, allora di queste tre<br />

categorie noi abbiamo un'immag<strong>in</strong>e devastante. Perché, tra di loro, ad avere un diploma di scuola elementare<br />

è il 20%, ad avere un diploma di scuola media superiore il 40%, ad avere una laurea non si arriva al 10%, ad<br />

avere un master o una formazione post-universitaria lo 0,01%.<br />

Questa è una fotografia, non lo dico per critica, assolutamente, ma per sapere di cosa stiamo parlando.<br />

Stiamo parlando di una cosa che poi, riesam<strong>in</strong>ata di qu<strong>in</strong>quennio <strong>in</strong> qu<strong>in</strong>quennio per vedere quali sono i<br />

trend, può essere semplicemente il derivato storico di un paese late comer che arriva dove c'è una prima e<br />

una seconda generazione che si è saputa tirare su le maniche, che ha avuto la capacità di fare<br />

quell'arbitraggio e che certo non veniva da una formazione di capitale umano molto avanzata, e non ci<br />

sarebbe niente di male. Peccato però che, se uno guarda come evolve questa situazione ne<strong>gli</strong> ultimi qu<strong>in</strong>dici<br />

anni, ebbene <strong>gli</strong> imprenditori italiani sono, fra tutte le componenti <strong>del</strong>la popolazione <strong>atti</strong>va, quelli <strong>in</strong> cui il<br />

numero di laureati e post-laureati rimane flat.<br />

Sapete qual è la categoria <strong>in</strong> cui la percentuale di laureati e post-laureati è più elevata? Quella dei<br />

Co.Co.Co. C'è poco da ridere. Questo testimonia la torsione che c'è nella formazione <strong>del</strong> capitale umano di<br />

un paese.<br />

Per questo io dico alle unioni <strong>in</strong>dustriali riflettiamo, riflettete tutti <strong>in</strong>sieme su come bisogna, dove<br />

concentrarsi, per <strong>in</strong>vertire questa tendenza. La conclusione da trarre da questi dati qual è? È che nei paesi,<br />

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che sono la maggioranza <strong>del</strong>l'OCSE, <strong>in</strong> cui per diventare un imprenditore come quello che abbiamo def<strong>in</strong>ito<br />

e alla luce dei diversi fattori che <strong>in</strong>tervengono nell'accrescere la propensione a diventare un imprenditore di<br />

quel genere, predom<strong>in</strong>a una categoria di paesi <strong>in</strong> cui è il capitale codificato ad avere la maggiore sp<strong>in</strong>ta<br />

propulsiva per accrescere il numero de<strong>gli</strong> imprenditori e soprattutto per accrescere la sostenibilità nel tempo<br />

<strong>del</strong>le loro idee, perché questa poi è la cosa fondamentale. Da noi capita il contrario: è il capitale tacito, quello<br />

ereditato dalla fami<strong>gli</strong>a, quello <strong>del</strong> territorio, dei network eccetera.<br />

Qual è la conseguenza? La conseguenza è che un'analisi comparata de<strong>gli</strong> andamenti dei paesi <strong>in</strong> cui si<br />

diventa imprenditori più con capitale codificato che con quello tacito - e non lo dice Oscar Giann<strong>in</strong>o, non lo<br />

dice il professor Pistocchi, non lo dice il professor Sabbat<strong>in</strong>i, lo dicono i maestri <strong>del</strong>la scuola a cui noi<br />

apparteniamo, che cont<strong>in</strong>uano a stare Chicago - dice che quei paesi sono quelli <strong>in</strong> grado di rispondere me<strong>gli</strong>o<br />

e più rapidamente alle sfide <strong>del</strong>la globalizzazione, cioè <strong>del</strong> cambiamento de<strong>gli</strong> environments giuridico-<br />

ambientali-economici, come <strong>del</strong>l'organizzazione dei fattori <strong>del</strong>la produzione <strong>del</strong>l'impresa, come di <strong>in</strong>ventare<br />

nuovi segmenti di bus<strong>in</strong>ess che prima non esistevano, come di mettere alla sfida la f<strong>in</strong>anza quando la f<strong>in</strong>anza<br />

non dà loro i mezzi per fare tutto questo. Questo è l'unico accenno che io vo<strong>gli</strong>o fare a questo problema<br />

fondamentale.<br />

Mentre, <strong>in</strong>vece, i paesi <strong>in</strong> cui il capitale tacito prevale, come da noi, sono quelli che hanno un m<strong>in</strong>ore tasso<br />

di rapidità nella risposta ai cambiamenti <strong>del</strong>la domanda <strong>in</strong>ternazionale, sono quelli <strong>in</strong> cui anzi c’è la<br />

componente di maggiore velocità e capacità di adeguamento alla domanda <strong>in</strong>ternazionale, esempio classico<br />

la piccola impresa italiana che si sta riposizionando nella catena <strong>del</strong> valore e soprattutto il campione <strong>del</strong>la<br />

media impresa italiana studiata da Mediobanca, che è quella che <strong>in</strong> questi anni, al dim<strong>in</strong>uire dei volumi, fa<br />

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crescere molto più che proporzionalmente i valori di ciò che si esporta. Ecco, anche <strong>in</strong> questi casi, purtroppo,<br />

per il momento prevale il capitale tacito. È un problema grosso, per questo io dico a<strong>gli</strong> imprenditori<br />

«parliamone», perché, nella parte che si sta riposizionando sulla catena, con il capitale tacito si perderà la<br />

sfida, e qu<strong>in</strong>di c'è bisogno di un <strong>in</strong>tervento urgente per riposizionare la priorità <strong>del</strong> capitale di formazione<br />

umano, perché le imprese italiane possano v<strong>in</strong>cere quella sfida, che è quella fondamentale, dato che noi<br />

quella dei volumi non la possiamo più v<strong>in</strong>cere e qu<strong>in</strong>di dobbiamo riposizionarci nella catena <strong>del</strong> valore.<br />

Concludo dicendo che mi piacerebbe vedere associazioni d'impresa dare meno <strong>in</strong>terviste sui politici pro<br />

tempore, più capaci di porre polemicamente tutto ciò che concerne l’ambiente giuridico, la formazione <strong>del</strong><br />

capitale umano eccetera, di fronte a questo problema, dicendo che noi siamo i primi che abbiamo un gap da<br />

colmare. E il gap o lo colma la generazione che viene subito dopo chi oggi è owner d'impresa, oppure questo<br />

paese, perdonatemi, se ne va a ramengo e non ci sarà Stato che potrà mai fare altro se non peggiorare<br />

ulteriormente la sua condizione di mancanza di competitività.<br />

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Cesara Bonamici<br />

Grazie a Oscar Giann<strong>in</strong>o che sa sempre dire <strong>del</strong>le cose <strong>in</strong>telligenti e tenere ben desta l'attenzione.<br />

Adesso ci chiediamo come e perché fare impresa <strong>in</strong> Italia. Il relatore è l'onorevole Matteo Colan<strong>in</strong>no,<br />

che <strong>in</strong> questo periodo è anche il m<strong>in</strong>istro <strong>del</strong>l'economia <strong>del</strong> governo ombra. E la mia domanda, tanto per<br />

rompere il ghiaccio, è questa: fare impresa <strong>in</strong> Italia è diverso che altrove o è l'imprenditore italiano ad<br />

essere diverso? Anche se poi una risposta ce l'ha già data con i suoi numeri Oscar Giann<strong>in</strong>o.<br />

Ascoltiamo l'onorevole Matteo Colan<strong>in</strong>no.<br />

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Matteo Colan<strong>in</strong>no<br />

Come e perché fare impresa <strong>in</strong> Italia<br />

Anzitutto r<strong>in</strong>grazio <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>vito e di avermi chiamato <strong>in</strong>sieme a voi oggi a respirare aria di impresa <strong>in</strong> un<br />

parterre di alto livello, con relazioni davvero molto <strong>in</strong>teressanti. In Italia purtroppo il dib<strong>atti</strong>to sull'impresa,<br />

sul nostro mo<strong>del</strong>lo imprenditoriale - ho ascoltato questa m<strong>atti</strong>na <strong>del</strong>le relazioni molto <strong>in</strong>teressanti <strong>in</strong><br />

particolare sull'impresa familiare - è stato un dib<strong>atti</strong>to molto spesso oscillante, che è passato dall'esaltazione<br />

alla mortificazione di un mo<strong>del</strong>lo. Ed è un dib<strong>atti</strong>to che poi alla f<strong>in</strong>e è riuscito anche a <strong>in</strong>fluenzare o a<br />

ritardare o a fermare o a far prendere decisioni sba<strong>gli</strong>ate coloro che avevano il compito di prenderle. Si è<br />

passati cioè dalla esaltazione eccessiva di un mo<strong>del</strong>lo di dimensione limitata all'<strong>in</strong>dividuazione di un unico<br />

bersa<strong>gli</strong>o; ricordo che tra il 2000 e il 2005 il mo<strong>del</strong>lo <strong>del</strong>le imprese fami<strong>gli</strong>ari italiane è stato, diciamo,<br />

l'unico bersa<strong>gli</strong>o rispetto alla crescita più o meno a zero <strong>del</strong>la nostra economia, dopo essere stato ne<strong>gli</strong> anni<br />

'90 il centro <strong>del</strong>l'esaltazione dei nostri dib<strong>atti</strong>ti.<br />

Io partecipavo già ai convegni di Conf<strong>in</strong>dustria dei giovani imprenditori, dove appunto ci si esaltava su<br />

questo mo<strong>del</strong>lo, e poi si è arrivati, come dire, all'estremo opposto. E proprio per que<strong>gli</strong> anni, diciamo, <strong>gli</strong><br />

anni <strong>in</strong> cui le imprese italiane hanno subito la prima ondata <strong>del</strong>la globalizzazione, purtroppo dobbiamo fare<br />

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anche un m<strong>in</strong>imo di autocritica: all'<strong>in</strong>izio sottovalutate, <strong>in</strong> certi momenti perf<strong>in</strong>o snobbate, beh, <strong>in</strong> que<strong>gli</strong> anni<br />

<strong>in</strong> realtà le imprese italiane sono state <strong>in</strong> grado di ristrutturarsi, di cambiare, di mutare pelle.<br />

E ricordo che nel 2005, quando ho avuto la fortuna e il privilegio di guidare i giovani imprenditori italiani,<br />

ho <strong>in</strong>iziato questa esperienza con il mio primo <strong>convegno</strong> a pochi chilometri da qui, a <strong>San</strong>ta Margherita<br />

Ligure, non per essere provocatorio sulla critica generale all'impresa fami<strong>gli</strong>are italiana, mettendo una<br />

fotografia <strong>in</strong> bianco e nero come immag<strong>in</strong>e simbolo <strong>del</strong> <strong>convegno</strong>: era un'impresa, la Zegna, con una<br />

comunità che stava davanti a tre cim<strong>in</strong>iere. Questo <strong>convegno</strong> si <strong>in</strong>titolava «Generazione e sviluppo. Imprese<br />

fami<strong>gli</strong>ari: crisi, mutazione e futuro di un mo<strong>del</strong>lo di successo». Perché ho deciso di dedicare quel <strong>convegno</strong><br />

all’impresa fami<strong>gli</strong>are <strong>in</strong> un momento <strong>in</strong> cui anche <strong>in</strong> Conf<strong>in</strong>dustria si volevano trovare i limiti <strong>del</strong>la fami<strong>gli</strong>a<br />

imprenditoriale nel capitalismo italiano? Perché io <strong>in</strong>vece ritenevo assolutamente di grande valore il mo<strong>del</strong>lo<br />

fami<strong>gli</strong>are <strong>del</strong>le imprese italiane. Non era una rivendicazione di parte o un ragionamento autoassolutorio di<br />

un movimento di giovani imprenditori che per il 70% era costituito come me da fi<strong>gli</strong> di imprenditori, mentre<br />

l'altro 30%, dato non trascurabile, era comunque costituito da imprenditori giovani e fondatori di nuove<br />

imprese, che ho sempre ammirato e cercato di imitare, di ascoltare, per ciò che <strong>in</strong>travedevo <strong>in</strong> loro, dato che<br />

io non ero riuscito a creare da solo un'impresa ma avevo avuto il privilegio di affiancare un grande<br />

imprenditore che è mio padre. Ecco, noi vedevamo nel mo<strong>del</strong>lo di impresa fami<strong>gli</strong>are un mo<strong>del</strong>lo ancora<br />

capace di v<strong>in</strong>cere.<br />

Perché <strong>in</strong> que<strong>gli</strong> anni, dal 2000 al 2005, quando l'Italia non cresceva, questo mo<strong>del</strong>lo ha comunque<br />

dimostrato una capacità di resistenza: non era un mo<strong>del</strong>lo che stava subendo un decl<strong>in</strong>o <strong>in</strong>esorabile, ma era<br />

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iuscito a resistere e qu<strong>in</strong>di, pena la marg<strong>in</strong>alizzazione dai mercati, era un mo<strong>del</strong>lo di imprenditori e di<br />

fami<strong>gli</strong>e che ci avevano creduto e che ci stavano ancora credendo.<br />

Molte di queste imprese sono uscite dal mercato, sono state marg<strong>in</strong>alizzate, ma il gioco non è stato a<br />

somma zero, anzi, è stato a somma positiva. Certamente que<strong>gli</strong> anni e questi anni rappresentano una curva<br />

molto stretta <strong>del</strong>la storia <strong>del</strong>le nostre imprese, una curva spigolosa, una curva difficile, ma io sono<br />

assolutamente conv<strong>in</strong>to, e anche oggi ne ho avuto la testimonianza, che questo mo<strong>del</strong>lo di impresa<br />

rappresenti un forte stimolo ancora per la nostra economia e non solo per la nostra economia. Noi<br />

pensavamo, e ne sono ancora conv<strong>in</strong>to, che questo mo<strong>del</strong>lo debba conoscere <strong>del</strong>le profonde mutazioni; ne<br />

faceva cenno prima Raffaello Vignali. Il sistema deve trovare la via per aprirsi, per perdere un limite<br />

culturale <strong>in</strong> cui l'imprenditore si sente molto spesso il dom<strong>in</strong>us assoluto <strong>del</strong>l'impresa che è riuscito a creare,<br />

che ha sviluppato, <strong>in</strong>ventando quei prodotti che poi nel mondo è riuscito a vendere.<br />

Ma questa resistenza culturale rischia di diventare anche il suo limite più pericoloso, per cui io credo che<br />

questo sia un mo<strong>del</strong>lo assolutamente v<strong>in</strong>cente ma debba trovare la forza di aprirsi. E aprirsi sicuramente<br />

verso nuovi mercati - e le imprese <strong>in</strong> questi anni lo hanno fatto e bene - ma anche verso una forza<br />

organizzativa che vada oltre la fami<strong>gli</strong>a. Una forza organizzativa che faccia perno sulla fami<strong>gli</strong>a ma che<br />

abbia il coraggio anche dì fruire di un ambiente organizzativo che non è proprio <strong>del</strong>l'ambito fami<strong>gli</strong>are su cui<br />

l'impresa è nata.<br />

Io non ho mai <strong>in</strong>seguito il miraggio manageriale assoluto, il miraggio <strong>del</strong> sistema capitalistico americano.<br />

Non lo dico oggi che è, come dire, fare la coda alle critiche al sistema capitalistico americano, ma l'ho detto<br />

e l'ho scritto già da diversi anni: è un mo<strong>del</strong>lo da cui prendere dei riferimenti, ma sicuramente non è il<br />

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mo<strong>del</strong>lo sul quale schiacciare il nostro mo<strong>del</strong>lo d'impresa. Perché, come diceva giustamente stam<strong>atti</strong>na<br />

Mario Preve, <strong>gli</strong> americani mi dicono «ma noi siamo abituati ai trimestri», mentre io penso alle generazioni<br />

future, penso ai prossimi dieci, venti, trenta, c<strong>in</strong>quant'anni.<br />

In realtà quel mo<strong>del</strong>lo capitalistico di managerialità assoluta è peggiore <strong>del</strong> trimestre, perché ne<strong>gli</strong> Stati<br />

Uniti d'America ne<strong>gli</strong> anni '80 si misuravano i manager e <strong>gli</strong> imprenditori sui piani <strong>in</strong>dustriali a tre, a c<strong>in</strong>que<br />

anni e la fluidità <strong>del</strong> capitale f<strong>in</strong>anziario si allocava nella convergenza tra le promesse dei budget e dei<br />

consuntivi ottenuti. Poi si è arrivati ai trimestri; oggi si è giunti all'assurdo che <strong>in</strong> molti casi è un'economia<br />

istantanea, cioè il mercato dei capitali si muove non più sulla validità e sulla bontà dei piani <strong>in</strong>dustriali, <strong>del</strong>le<br />

prospettive <strong>in</strong>dustriali di un'azienda, ma su<strong>gli</strong> arbitraggi, su<strong>gli</strong> hedg<strong>in</strong>gs, sulle operazioni straord<strong>in</strong>arie; cioè è<br />

una economia che <strong>in</strong> certi tr<strong>atti</strong> si muove sull'istante <strong>del</strong>la curva economica, la perversione, non è il mo<strong>del</strong>lo<br />

nella sua complessità, è il rischio di un'economia che si è sp<strong>in</strong>ta e che ha sp<strong>in</strong>to anche un'idea di società<br />

verso i suoi limiti estremi superiori. E quando ci si sp<strong>in</strong>ge verso il limite, beh, a volte ci si prende dei rischi<br />

che poi alla f<strong>in</strong>e fanno pagare <strong>del</strong>le conseguenze pesantissime non solo a chi li prende, ma anche ad altri.<br />

Diceva Cesara «come e perché fare impresa <strong>in</strong> Italia». Fare impresa <strong>in</strong> Italia vuol dire anzitutto provare<br />

l'orgo<strong>gli</strong>o di produrre dei beni e dei servizi che hanno qualcosa <strong>in</strong> più, lo ha detto già qualcuno prima di me,<br />

<strong>in</strong> particolare il presidente Azzi, prodotti che sono fi<strong>gli</strong> di una osmosi straord<strong>in</strong>aria tra imprese, territorio e<br />

comunità, cioè sono <strong>gli</strong> eredi di un patrimonio di cultura, di arte, di creatività che è unico al mondo e che<br />

paradossalmente costituisce una genetica e ci può aiutare più oggi, <strong>in</strong> questa grande complessità, di que<strong>gli</strong><br />

attrezzi che avevano coloro che ci hanno preceduto e che hanno portato nel dopoguerra un paese di<br />

agricoltura e artigianato ad essere potenza economica mondiale.<br />

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Qu<strong>in</strong>di noi, <strong>in</strong> questa complessità, paradossalmente siamo molto più attrezzati oggi di quanto non lo<br />

fossimo all'epoca, di fronte alla miseria, alla povertà di una grande guerra.<br />

È vero, stam<strong>atti</strong>na nella relazione di Carlo Stagnaro veniva rappresentata l'impresa italiana come un<br />

cavallo o un as<strong>in</strong>o ipercarico. Io non ho voluto vederci l'as<strong>in</strong>o, troppo carico sì, però la statistica che ci è stata<br />

data mostrava che noi siamo molto alti <strong>in</strong> classifica fra coloro che chiudono le imprese; <strong>in</strong> realtà siamo i<br />

primi <strong>in</strong> Europa anche ad aprire le imprese, qu<strong>in</strong>di non dobbiamo mai dimenticare che c'è <strong>in</strong> Italia una<br />

vocazione imprenditoriale straord<strong>in</strong>aria, un tasso di creatività e di vo<strong>gli</strong>a di lavoro autonomo che sono un<br />

grande valore, di cui probabilmente siamo <strong>in</strong>consapevoli e che molto spesso trascuriamo.<br />

Ho trovato assolutamente appropriato il grido d'allarme lanciato da Adriano de Maio, con toni molto<br />

severi, sulla mancanza <strong>in</strong> Italia di una strategia sulla ricerca scientifica, tecnologica, sull'<strong>in</strong>novazione; è vero,<br />

quando si forma un governo nessuno si cura di chi sarà il m<strong>in</strong>istro <strong>del</strong>la Ricerca scientifica.<br />

In Italia questo non <strong>in</strong>teressa a nessuno e il nostro è sostanzialmente un paese che non ha la percezione di<br />

quelle sono le sue facoltà e le sue forze per il futuro. E purtroppo, come ho ricordato recentemente <strong>in</strong> un<br />

<strong>in</strong>tervento <strong>in</strong> Commissione <strong>atti</strong>vità produttive alla Camera, molto spesso, anzi quasi sempre, <strong>gli</strong> imprenditori<br />

e le imprese si sentono soli, hanno compiuto un percorso straord<strong>in</strong>ario di difficoltà, hanno v<strong>in</strong>to la<br />

burocrazia, si stanno ristrutturando verso l'economia <strong>in</strong>ternazionale, ma sentono di fare questo <strong>in</strong> profonda<br />

solitud<strong>in</strong>e, non sentono la politica vic<strong>in</strong>a. Non la politica <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>ciucio, la politica de<strong>gli</strong> aiuti, ma la politica<br />

che crede nei valori <strong>del</strong>l'impresa. E questo è un fatto che anche chi come noi, come me, come Raffaello<br />

Vignali, che ha vissuto <strong>in</strong> modo diverso l'esperienza <strong>del</strong>l'impresa, e che oggi siamo <strong>in</strong>sieme nel Parlamento,<br />

deve sentirsi come compito. Probabilmente siamo stati chiamati anche per questo, perché abbiamo alle spalle<br />

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un vissuto imprenditoriale: io ho apprezzato lo sforzo di chi mi ha chiesto di abbracciare l'idea che sta dietro<br />

alla nascita <strong>del</strong> Partito Democratico. È stato colto <strong>in</strong> me, non tanto una questione anagrafico-generazionale,<br />

<strong>del</strong>la quale non mi importa nulla, quanto piuttosto un vissuto, e la stessa cosa vale per Raffaello Vignali o<br />

per tanti altri imprenditori che hanno deciso di fare <strong>atti</strong>vità politica. Qu<strong>in</strong>di questo deve essere anche il nostro<br />

ruolo: ricordare che le imprese non possono cont<strong>in</strong>uare a compiere questi sforzi sentendosi sole.<br />

Oggi, lo ricordava anche Oscar Giann<strong>in</strong>o, le imprese hanno veramente dimostrato di poter cavalcare le<br />

difficoltà <strong>del</strong>la globalizzazione; addirittura già nel triennio 1999-2001, secondo il rapporto di Mediobanca, <strong>in</strong><br />

anni <strong>in</strong> cui eravamo profondamente e di nuovo <strong>in</strong> difficoltà, noi crescevamo già <strong>in</strong> valore nella nostra<br />

componente di export nella domanda aggregata, perdevamo già posizioni e quote nel commercio mondiale <strong>in</strong><br />

term<strong>in</strong>i di volumi, ma questa, lo ha già detto Oscar Giann<strong>in</strong>o, non è la nostra strada. Già nel 2000-2001 il<br />

rapporto di Mediobanca evidenziava la capacità soprattutto <strong>del</strong>la media azienda italiana di essere<br />

protagonista <strong>del</strong>la seconda era globale, perché i nostri prodotti, il nostro fare impresa <strong>in</strong> Italia è apprezzato, è<br />

apprezzato soprattutto il vissuto che noi riusciamo ad esportare. Io non vo<strong>gli</strong>o far qui <strong>del</strong>la pubblicità, ma<br />

<strong>in</strong>somma il fatto che <strong>in</strong> una città come New York, dove la moto non è il mezzo primario, si com<strong>in</strong>ci a girare<br />

<strong>in</strong> Vespa piuttosto che su uno scooter giapponese che dal punto di vista tecnologico è assolutamente identico,<br />

diciamo così, a quello che produciamo a Pontedera, ha un significato, c'è un'immag<strong>in</strong>e positiva dietro quello<br />

scooter, nella clientela che va dal concessionario e viene a <strong>in</strong>trecciarsi con l'Italia, il nostro modo di essere<br />

che è apprezzato nel mondo.<br />

È l'uomo qu<strong>in</strong>di la chiave <strong>del</strong>lo sviluppo economico, come è stato ricordato prima, e come ho ricordato io<br />

nel secondo <strong>convegno</strong> che feci a <strong>San</strong>ta Margherita Ligure, «L'economia <strong>del</strong>l'uomo»; l'economia <strong>del</strong>l'uomo è<br />

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un concetto nasce addirittura nel Concilio Vaticano II. Anch'io vo<strong>gli</strong>o fare <strong>del</strong>le citazioni. Questa m<strong>atti</strong>na mi<br />

hanno riferito che è c’stato un <strong>in</strong>tervento bellissimo, <strong>in</strong> cui si diceva che già ne<strong>gli</strong> anni '60 il Concilio<br />

Vaticano II <strong>in</strong>tuiva che l'uomo è l'autore, il centro e il f<strong>in</strong>e di tutta la vita economico-sociale. Allora, dico,<br />

l'economia <strong>del</strong>l'uomo è probabilmente il punto di forza, di vittoria di un sistema di impresa come quello <strong>del</strong><br />

nostro paese. Potrei fare alcuni esempi, ne faccio per brevità solo due: basti guardare General Motors<br />

confrontata a Toyota e Bmw. General Motors è una public company, non ci sono fami<strong>gli</strong>e, è stata la più<br />

grande <strong>in</strong>dustria automobilistica e la più grande <strong>in</strong>dustria manifatturiera <strong>del</strong> mondo; mentre un anno e mezzo<br />

fa il suo presidente annunciava di non essere <strong>in</strong> chapter eleven, cioè mentre smentiva addirittura di essere<br />

vic<strong>in</strong>o alla procedura concorsuale, nello stesso istante un'azienda a carattere fami<strong>gli</strong>are come Toyota o<br />

un'altra <strong>in</strong> Europa come Bmw annunciavano i loro maggiori profitti, le loro maggiori quote di mercato;<br />

paradossalmente Toyota annunciava di essere leader <strong>del</strong> mercato americano <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i di volumi.<br />

Questo che cosa significa? Che non erano più tanto e solo i fattori materiali <strong>del</strong> bilancio, che sono<br />

evidentemente i pilastri fondamentali <strong>del</strong>l'impresa, ma anche qualcosa <strong>in</strong> più, cioè l'uomo che è riuscito a far<br />

la differenza, perché General Motors poteva tutto, <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i di disponibilità tecnologiche, <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i di<br />

disponibilità f<strong>in</strong>anziarie, <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i di rete commerciale, eppure è andata vic<strong>in</strong>issima, e ancora oggi<br />

addirittura c'è una sovvenzione <strong>del</strong>lo Stato americano alla General Motors.<br />

È l'uomo che ha fatto la differenza. Il caso <strong>del</strong>la Apple è un caso affasc<strong>in</strong>ante. Inizia ne<strong>gli</strong> anni '70 con un<br />

computer diverso, che si sgancia dall'MS-DOS, che addirittura non abbraccia la piattaforma W<strong>in</strong>dows, pur<br />

essendone l'<strong>in</strong>ventore e il precursore, subisce dal suo concorrente che ha sostanzialmente copiato la sua<br />

maschera, è quasi la sua f<strong>in</strong>e, e di nuovo risorge sull'<strong>in</strong>venzione di un nuovo modo di fare musica: l’iPhone.<br />

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Ricordiamo tutte le agende elettroniche de<strong>gli</strong> anni '90: la Seiko, la Casio spariscono perché nasce la Palm; la<br />

Palm a sua volta rischia di entrare <strong>in</strong> difficoltà perché nasce un'azienda <strong>in</strong> Canada, la Rim, che lancia un<br />

prodotto che si chiama BlackBerry. Oggi leggevo sul Sole-24 Ore, mentre venivo qui, che ha il primo<br />

downgrade, che è entrata <strong>in</strong> crisi rispetto ai dati che aveva prospetticamente annunciato perché la Apple<br />

<strong>in</strong>vece, con l'iPhone... Questo è l'uomo, non è né la f<strong>in</strong>anza né il numero di filiali che ci sono, è la capacità<br />

<strong>del</strong>l'uomo di v<strong>in</strong>cere e <strong>del</strong>la sua organizzazione aziendale di v<strong>in</strong>cere nei mercati mondiali.<br />

Mi è piaciuto il riferimento che ha fatto il presidente Mazzotta alla crisi economica f<strong>in</strong>anziaria americana;<br />

lui ha già detto tutto, io aggiungo solo una cosa: probabilmente non è solo la crisi di una turbo-f<strong>in</strong>anza che ha<br />

trovato l'<strong>in</strong>cidente <strong>del</strong>la meccanica f<strong>in</strong>anziaria, per la quale si f<strong>in</strong>anziavano de<strong>gli</strong> <strong>atti</strong>vi liquidi con <strong>del</strong>le<br />

commercial papers o con <strong>del</strong>le notes a breve, e che poi, diciamo, ha moltiplicato i suoi effetti. Ma<br />

probabilmente è stata la crisi, o l'<strong>in</strong>izio di una crisi, di un mo<strong>del</strong>lo di società, di un mo<strong>del</strong>lo di società che ha<br />

sp<strong>in</strong>to sempre verso il limite, a vivere al di sopra <strong>del</strong>le proprie possibilità, un mo<strong>del</strong>lo che noi non abbiamo<br />

fortunatamente seguito.<br />

Citava Mazzotta il credito al consumo: il credito al consumo è proprio questo, cioè sp<strong>in</strong>gersi vic<strong>in</strong>o al<br />

limite. E qualche volta andando vic<strong>in</strong>o limite ci si brucia e ci si scotta.<br />

Faccio un cenno brevissimo al tema <strong>del</strong>la formazione: la ricerca, l'<strong>in</strong>novazione, l'economia <strong>del</strong>l'uomo che<br />

cosa sono senza formazione? Io mi ero riproposto, e lo vo<strong>gli</strong>o mantenere oggi, di essere qui e di non fare<br />

nessuna polemica politica, perché non mi <strong>in</strong>teressa e perché avevo vo<strong>gli</strong>a di respirare il clima <strong>del</strong>l'impresa.<br />

Però vorrei fare una brevissima digressione che spero non venga presa male.<br />

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Anche a me piaceva portare il grembiul<strong>in</strong>o a scuola, mi piaceva portare il colletto bianco sul grembiul<strong>in</strong>o,<br />

ho ancora quel grembiul<strong>in</strong>o che portavo scuola, e mi fa piacere se mio fi<strong>gli</strong>o andrà a scuola con il<br />

grembiul<strong>in</strong>o nero. Maestro unico, per carità, però non possiamo ridurre il dib<strong>atti</strong>to sulla formazione, sulla<br />

scuola italiana, su questi temi perché rischiamo di andare fuori strada, rischiamo di farci veramente molto<br />

molto male. Io sono favorevole al grembiul<strong>in</strong>o, però onestamente spero e credo che i miei fi<strong>gli</strong> già dalle<br />

scuole elementari abbiano docenti di qualità, spero che possano parlare l'<strong>in</strong>glese, come fanno già <strong>gli</strong> olandesi,<br />

i tedeschi, i francesi, <strong>gli</strong> spagnoli e non noi italiani. Io sono sempre stato uno che ha studiato a scuola, non<br />

ero un secchione ma non sono mai stato rimandato, eppure non conosco l'<strong>in</strong>glese come lo conoscono i<br />

francesi, <strong>gli</strong> olandesi, i tedeschi e soprattutto non so dom<strong>in</strong>are la matematica, l'italiano, l'<strong>in</strong>formatica.<br />

Ora, se tutto questo è possibile farlo con il grembiul<strong>in</strong>o e con il maestro unico, mi sta bene; ma se questo<br />

non è possibile allora abbandoniamo un dib<strong>atti</strong>to che, per non essere polemico, io def<strong>in</strong>isco sottile e andiamo<br />

al cuore <strong>del</strong> merito, perché abbiamo il dovere morale e generazionale di formare già dalle elementari bamb<strong>in</strong>i<br />

che abbiano conoscenza, che abbiano padronanza di strumenti che poi servono per la vita.<br />

Concludo con la globalizzazione. La parola mercatismo non l’ho trovata sul dizionario <strong>del</strong>la l<strong>in</strong>gua italiana<br />

- forse non ho quello più aggiornato -. Però ho trovato stucchevole e anche di basso profilo il dib<strong>atti</strong>to sulla<br />

globalizzazione. Certamente la globalizzazione non può essere anarchica, deve essere gestita, deve essere<br />

governata, non vanno accettati dei fenomeni che distruggono piuttosto che costruire. Ma sicuramente oggi<br />

l'Italia è ferma, l'Europa è ferma, <strong>gli</strong> Stati Uniti ancora crescono, l'outlook è <strong>del</strong>l'1, <strong>del</strong>l'1,4, ma è una crescita<br />

modesta, soprattutto schiacciata da una crisi spaventosa. Il Pil de<strong>gli</strong> Stati Uniti di 14.500 miliardi di euro per<br />

il 5% è stato <strong>in</strong>vestito, se <strong>in</strong> queste ore lo avranno deciso, per mettere settecento miliardi per dis<strong>in</strong>tossicare<br />

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<strong>gli</strong> <strong>atti</strong>vi <strong>del</strong>le banche americane. Però l'economia globale non è ferma, ha rallentato le sue d<strong>in</strong>amiche.<br />

Nell'outlook <strong>del</strong> Fondo monetario <strong>in</strong>ternazionale 2008-2009 parlano ancora <strong>del</strong> 3,9% - 4,1%. E questi sono i<br />

dati, qu<strong>in</strong>di non possiamo fare demagogia o retorica patetica su questi temi.<br />

Se oggi le imprese anche italiane ed europee riescono a partecipare, e ci riusciranno perché lo stanno<br />

facendo, perché quasi il 50% <strong>del</strong>le esportazioni c<strong>in</strong>esi sono frutto di imprese mult<strong>in</strong>azionali occidentali, beh,<br />

noi aggrappiamoci non allo zero nostro o all'uno americano, perché il mondo, nel suo complesso, cresce<br />

ancora al 4%.<br />

Concludo dicendo che oggi l'Italia deve ricom<strong>in</strong>ciare a correre al fianco dei suoi imprenditori, dei suoi<br />

lavoratori e <strong>del</strong>le sue idee. Mi ha colpito la chart di Mario Preve, <strong>in</strong>sieme a tutto il suo bellissimo <strong>in</strong>tervento,<br />

<strong>in</strong> cui c'erano dei + e dei - e di fatto s<strong>in</strong>tetizzava questo: che il presente è purtroppo superato dalla storia e il<br />

nostro orizzonte è il futuro. Ma è un futuro <strong>in</strong> cui le nostre grandi capacità <strong>in</strong>dividuali, le nostre e le vostre di<br />

imprenditori, devono necessariamente trovare la capacità di respirare e di produrre e di trasformarsi anche <strong>in</strong><br />

un respiro collettivo.<br />

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Cesara Bonamici<br />

Grazie all'onorevole Matteo Colan<strong>in</strong>no. Ci avviamo alla conclusione, ma vi chiediamo di restare con noi<br />

ancora perché vo<strong>gli</strong>amo, <strong>in</strong>nanzitutto, sentire le conclusioni <strong>del</strong> senatore Giampiero Cantoni, che<br />

arriveranno tra pochissimo. Prima però c'è un bel progetto che è legato all'avvio <strong>del</strong>la fondazione, d i cui<br />

ci parla Davide Viziano che è il segretario tesoriere <strong>del</strong>l'<strong>Associazione</strong> <strong>San</strong> Michele Valore Impresa, di un<br />

progetto che riguarda proprio la scuola e l'impresa e che avrà de<strong>gli</strong> sviluppi già dall'anno prossimo.<br />

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Davide Viziano<br />

Presentazione <strong>del</strong> Premio Scuola e Impresa<br />

Grazie a voi per la pazienza che portate avanti da stam<strong>atti</strong>na alle nove e mezzo; siete tutti qua, qualcuno è<br />

arrivato dopo, qualcuno è arrivato prima. È eroica la pazienza di parlare di questi argomenti per tanto tempo,<br />

ma credo che appassioni tutti.<br />

Quanti hanno avuto la benevolenza di leggere il manifesto credo abbiano visto al primo punto<br />

l'affermazione «come è difficile fare impresa <strong>in</strong> Italia».<br />

Credo che oggi vi siate resi conto <strong>del</strong> perché è difficile, di quanto è difficile, e tante persone co<strong>in</strong>volte<br />

credo che diano anche la sensazione di come si stia cercando, <strong>in</strong> qualche modo, di trovare <strong>del</strong>le soluzioni,<br />

<strong>del</strong>le vie di uscita, specialmente per chi poi nel mondo <strong>del</strong>l'impresa piccola o piccolissima corre e si sbatte,<br />

come si dice quotidianamente, per cercare clienti, per pagare i fornitori, per risolvere i problemi <strong>del</strong><br />

personale. Bene, oggi fare impresa è veramente una cosa ardua e le prospettive che si hanno davanti sono<br />

assolutamente <strong>in</strong>quietanti. Non vi ripeto nulla di tutto quanto è già stato detto oggi; credo che abbiate avuto<br />

un quadro assolutamente chiaro di questa situazione complessa.<br />

Ma guardando avanti, penso che bisogna guardare a quello che succederà alle nuove generazioni. Ricordo<br />

qualche anno fa una bellissima predica che fece il card<strong>in</strong>ale Siri, il quale aveva l'abitud<strong>in</strong>e, l'ultimo giorno<br />

<strong>del</strong>l'anno, di fare il punto <strong>del</strong>la situazione di quanto era successo ne<strong>gli</strong> anni precedenti. Erano <strong>gli</strong> anni '66-<br />

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'67, io andavo al liceo e mi rimase impressa una cosa che lui disse parlando <strong>del</strong> futuro: «Oggi il problema di<br />

guardare avanti non è il problema di chi c'è, è il problema di quanti hanno oggi quattordici, qu<strong>in</strong>dici,<br />

vent'anni, che sono la nostra assicurazione e la nostra speranza <strong>del</strong> futuro».<br />

Ecco, io credo che oggi il problema per chi davanti a sé ha da avviare un'<strong>atti</strong>vità di lavoro, un'<strong>atti</strong>vità<br />

d'impresa, un'<strong>atti</strong>vità qualunque, anche professionale, sia un problema assolutamente serio da porsi. Serio<br />

perché? Perché, ce lo siamo detti, al di là di queste cose di cui parlava Matteo Colan<strong>in</strong>no <strong>del</strong> grembiul<strong>in</strong>o<br />

piuttosto che di altre cose, anch’io credo che i problemi non siano questi; e mi dispiace che siano riusciti<br />

fuori questi problemi dei grembiul<strong>in</strong>i, perché i problemi sono quelli <strong>del</strong>la formazione, <strong>del</strong>la scuola, di che<br />

cosa dicono <strong>gli</strong> <strong>in</strong>segnanti, di chi forma <strong>gli</strong> <strong>in</strong>segnanti, <strong>del</strong>la qualità de<strong>gli</strong> <strong>in</strong>segnanti, perché se non ci<br />

rendiamo conto che oggi guardare avanti significa guardare a chi deve formare i nostri ragazzi, credo che<br />

obiettivamente significhi guardare al futuro con una grande preoccupazione.<br />

Allora, <strong>in</strong> questo piccolo gruppo di amici che si sono trovati diciamo sotto l'ombrellone e che per non<br />

parlare di cose futili e vacanziere si sono messi a parlare di cose un poch<strong>in</strong>o più alate, è venuta fuori<br />

quest'associazione, che r<strong>in</strong>grazia tutti quelli che hanno collaborato, oltre a chi ha scritto, a chi ha pensato, a<br />

tanti sponsor, il comune di Rapallo, tutti quelli che hanno voluto dare una mano e guardare avanti con<br />

quest'associazione, proprio nell'ottica di pensare alle future generazioni.<br />

Come le si può aiutare queste future generazioni? Beh, <strong>in</strong>tanto <strong>in</strong> una maniera assolutamente simbolica ma<br />

significativa: istituendo un premio che vorremmo <strong>in</strong> collaborazione con il Comune di Rapallo, e qui di fronte<br />

a noi c'è il s<strong>in</strong>daco, e che vorremmo chiamare «Premio Rapallo <strong>San</strong> Michele Valore Impresa». Vorremmo<br />

dest<strong>in</strong>arlo, a partire dall'anno prossimo, al mi<strong>gli</strong>or progetto di impresa che faranno i giovani <strong>del</strong>le nostre<br />

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scuole superiori. Il professor Persico ha dato una grande mano, facendo vedere come si possono fare queste<br />

cose. Credo che sia un piccolissimo segnale, che varrà anche quasi niente, ma che, come tutti i semi gettati,<br />

una volta che crescono, possono far venire fuori dei grandi alberi. Ecco, credo che oggi questo piccolo<br />

segnale che vo<strong>gli</strong>amo dare sia una grande attenzione ai problemi di cui abbiamo parlato durante questa<br />

giornata, ma soprattutto alle generazioni future che sono l’assicurazione per le nostre imprese, per le nostre<br />

fami<strong>gli</strong>e e per il nostro paese. Se non ci rendiamo conto di questo, purtroppo, credo che tanta passione che<br />

mettiamo nel fare e nel fare bene quello che stiamo facendo ci lasci guardare con grande perplessità e con<br />

grande timore al nostro futuro.<br />

Ci sono poi le crisi mondiali, le crisi <strong>del</strong>la f<strong>in</strong>anza eccetera, ma l'impresa che è quella cosa che tutte le<br />

m<strong>atti</strong>ne ci fa alzare e ci fa andare <strong>in</strong> ufficio o <strong>in</strong> stabilimento o <strong>in</strong> offic<strong>in</strong>a con vo<strong>gli</strong>a di modificare, con<br />

vo<strong>gli</strong>a di creare, con vo<strong>gli</strong>a di andare avanti. Ecco, io credo che l'impresa abbia un futuro solo se le nuove<br />

generazioni capiranno, e capiranno bene, e <strong>in</strong> tutto questo <strong>in</strong>sieme di fattori si <strong>in</strong>nesterà anche una scuola<br />

efficiente che <strong>in</strong>segni ai ragazzi non solo nozioni, ma a pensare, non solo formule o uso di computer, ma<br />

modi di comportarsi, perché la scuola purtroppo ha perso questa funzione educativa e di <strong>in</strong>quadramento<br />

forse per eccesso di troppo nozionismo o forse per la ricerca di fattori assolutamente estranei.<br />

Questo è l'augurio che ci facciamo, questo è il piccolissimo aiuto che vo<strong>gli</strong>amo dare al mondo <strong>del</strong> nostro<br />

futuro <strong>in</strong>sieme ai nostri partner e, <strong>in</strong> primis, a Piero Micossi che ha, come dire, come un motore-turbo, fatto<br />

partire questo gruppo di <strong>San</strong> Michele Valore Impresa, e a voi tutti che siete stati con noi oggi e avete avuto la<br />

benevolenza di sopportarci per tanto tempo. Grazie ancora a tutti.<br />

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Cesara Bonamici<br />

Grazie a Davide Viziano e arriviamo alle conclusioni. Per le conclusioni di questo <strong>convegno</strong> ascoltiamo<br />

Giampiero Cantoni, senatore e attualmente presidente <strong>del</strong>la Commissione difesa <strong>del</strong> Senato, però anche un<br />

sacco di altre cose, professore, scrittore, op<strong>in</strong>ionista e anche con una grande esperienza di imprenditore. A<br />

lui qu<strong>in</strong>di l'onore di concludere questo <strong>convegno</strong>.<br />

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Giampiero Cantoni<br />

Conclusioni<br />

Vi faccio una promessa, sarò molto breve, sia perché giustamente è stato evidenziata la vostra pazienza,<br />

sia perché è un sabato, tra l'altro una bella giornata. Però devo dire che raramente ho assistito a <strong>del</strong>le<br />

relazioni di così grande capacità, con personaggi che sono quasi tutti miei amici, salvo pochissimi, con i<br />

quali io condivido questo manifesto <strong>del</strong>le imprese, perché è una grande azione di rilancio, se rilancio<br />

possiamo chiamarlo, <strong>del</strong>la creazione d'impresa, e mi congratulo con <strong>gli</strong> organizzatori perché sono stati<br />

calibrati <strong>gli</strong> <strong>in</strong>terventi passando da<strong>gli</strong> aspetti accademici a<strong>gli</strong> aspetti reali di imprenditori e banchieri che<br />

hanno e cont<strong>in</strong>uano a dare lustro al nostro paese nell'amm<strong>in</strong>istrazione <strong>del</strong>le loro banche <strong>in</strong> un momento di<br />

enorme difficoltà.<br />

Mi associo a quanto è stato detto, e qu<strong>in</strong>di all'assoluta necessità che questa associazione, che è nata da<br />

poco ma ha avuto già un lancio così importante oggi, possa cont<strong>in</strong>uare perché una l<strong>in</strong>ea e una dialettica di<br />

questo livello non può fare altro che bene, non solamente all'imprenditoria e alle analisi tecniche e<br />

strategiche, ma anche alla città di Rapallo che ha bisogno anche di avere un’immag<strong>in</strong>e importante di<br />

carattere culturale.<br />

È emerso <strong>in</strong> questa discussione che l'uomo è la centralità di qualsiasi cosa, ma chiaramente dico una<br />

banalità nel ripetere quanto prima di me alcuni relatori hanno evidenziato. L'uomo è la centralità<br />

fondamentale di ogni azione, di ogni momento <strong>del</strong>la nostra vita, nella società, nel mondo. Oggi noi ci<br />

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troviamo davanti a una situazione molto più critica di quanto è stato evidenziato, e forse anche, <strong>in</strong> un<br />

determ<strong>in</strong>ato momento, banalizzato: cioè la crisi che cambierà nel giro di due o tre anni il mondo.<br />

Questa crisi non deve essere valutata come un <strong>in</strong>cidente <strong>del</strong> capitalismo, è una grave crisi <strong>del</strong> capitalismo e<br />

soprattutto <strong>del</strong>le aspettative <strong>del</strong>lo stesso, e non è riuscita a dare <strong>del</strong>le risposte alle attese. Qu<strong>in</strong>di le c<strong>in</strong>que<br />

grandi, enormi banche di <strong>in</strong>vestimento, sia per un fallimento sia per acquisizioni sono diventate due: i<br />

fallimenti cont<strong>in</strong>ueranno, non ci sarà un arresto <strong>del</strong>le crisi che si stanno susseguendo al di là <strong>del</strong>l'oceano e<br />

come un tsunami arriveranno anche <strong>in</strong> Europa. Anche perché questa crisi non è quantificabile <strong>in</strong> quanto le<br />

banche europee, le assicurazioni non sanno e non possono capire, nei pacchetti <strong>in</strong>fiocchettati di questa bolla<br />

speculativa, che essa è stata portata avanti non solo ed esclusivamente da errori tecnici e da mancanza di<br />

regole, ma da una malavitosità <strong>in</strong>ternazionale con <strong>del</strong>le lobby molto difficili da estirpare. Questi manager<br />

hanno avuto dei bonus miliardari, per dec<strong>in</strong>e di miliardi di vecchie lire o se volete alcune cent<strong>in</strong>aia di milioni<br />

di dollari all'anno per bonus fittizi, per una realtà fatta di carta, di leva f<strong>in</strong>anziaria, che a sua volta veniva<br />

riportata su altre leve f<strong>in</strong>anziarie ed esportata <strong>in</strong> tutto il mondo. Chi pagherà saranno i risparmiatori, anche i<br />

risparmiatori europei, anche perché, ahimè, l'America da alcuni anni sta esportando <strong>in</strong> Europa i propri guai.<br />

Questo fatto qu<strong>in</strong>di non va sottol<strong>in</strong>eato solo con <strong>del</strong>le l<strong>in</strong>ee critiche, quasi di assolvimento, come un<br />

<strong>in</strong>cidente <strong>del</strong> capitalismo, ma è una gravissima azione che porterà <strong>gli</strong> Stati Uniti a non essere più il nostro<br />

pr<strong>in</strong>cipale e assoluto difensore <strong>del</strong>la nostra democrazia e <strong>del</strong>la democrazia nel mondo, perché questa crisi<br />

<strong>in</strong>ciderà profondamente e <strong>in</strong> modo drammatico soprattutto ne<strong>gli</strong> Stati Uniti e sarà esportata <strong>in</strong> Europa.<br />

A questa crisi s'accompagna un'avanzata eccezionale, imponente ormai da qu<strong>in</strong>dici anni, <strong>del</strong>la C<strong>in</strong>a e<br />

<strong>del</strong>l'Asia, le quali aumentano a due cifre il proprio prodotto <strong>in</strong>terno lordo e, che saranno brevemente<br />

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<strong>in</strong>terrotte, grazie al fatto che, come sapete, ne<strong>gli</strong> Stati Uniti l'<strong>in</strong>dice fondamentale non è il prodotto <strong>in</strong>terno<br />

lordo ma l'<strong>in</strong>dice dei consumi, e qu<strong>in</strong>di i consumi stanno tornando ad essere una base estremamente<br />

importante.<br />

Questa crisi evidenzia che il 40% <strong>del</strong>la ricchezza è <strong>in</strong> mano a una limitatissima leadership di possessori di<br />

capitali, mentre <strong>in</strong> questo mondo un miliardo e 400 milioni di persone vive ormai con 1,25 dollari al giorno<br />

di reddito. Questo aspetto creerà non solo de<strong>gli</strong> tsunami di carattere democratico ma anche un distacco<br />

sociale, e qu<strong>in</strong>di è una crisi da prendere assolutamente <strong>in</strong> considerazione con le dovute analisi che<br />

determ<strong>in</strong>eranno, nei prossimi anni, de<strong>gli</strong> <strong>in</strong>terventi estremamente importanti anche per le economie europee,<br />

per un paese come il nostro, che è notoriamente un paese tras<strong>formato</strong>re non ricco di materie prime e qu<strong>in</strong>di<br />

con grandissime difficoltà anche di carattere strutturale, per mancate riforme strutturali non attuate, ma non<br />

tanto dal 2000 al 2004, come l'onorevole Colan<strong>in</strong>no ha <strong>in</strong>dicato, quanto per una lunga crisi e per i ventidue<br />

mesi <strong>del</strong> governo Prodi.<br />

Qu<strong>in</strong>di il problema fondamentale è che noi dobbiamo aspettarci non tanto un aspetto così semplice di una<br />

globalizzazione, che cont<strong>in</strong>ua a essere la reg<strong>in</strong>a di tutte le evoluzioni mondiali, quanto di una globalizzazione<br />

che doveva nascere con il volto mite, che doveva nascere con un volto rivolto soprattutto verso i paesi più<br />

poveri, i quali dovevano essere aiutati per la crescita, mentre <strong>in</strong> realtà i paesi più ricchi si sono arricchiti,<br />

anche <strong>in</strong> funzione di falsi bilanci e di banche con banchieri di pochi scrupoli che hanno falsificato la propria<br />

<strong>atti</strong>vità con enormi quantità di strumenti che si stanno afflosciando, con un petrolio di cui è stato<br />

<strong>in</strong>crementato il valore f<strong>in</strong>o a 140 o 148 dollari al barile, <strong>in</strong> un momento specifico <strong>in</strong> cui <strong>gli</strong> stessi banchieri e<br />

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grandi gruppi di banche di <strong>in</strong>vestimento <strong>in</strong>vestivano nel future <strong>del</strong> petrolio per poter coprire le proprie<br />

perdite che erano ormai imm<strong>in</strong>enti ne<strong>gli</strong> strumenti f<strong>in</strong>anziari dei derivati, nei mutui.<br />

Voi sapete anche che ne<strong>gli</strong> Stati Uniti e nella cultura bancaria anglosassone i mutui venivano erogati f<strong>in</strong>o<br />

al 90%, alcuni al 100%. Questo da noi non è avvenuto grazie alle nostre banche di importanza nazionale, ma<br />

anche <strong>del</strong> credito cooperativo, dove abbiamo una persona di grandissima capacità come Azzi che conosco da<br />

tantissimi anni e che ha v<strong>in</strong>to questa batta<strong>gli</strong>a; mi ricordo quando nel '93 si parlava di elim<strong>in</strong>arvi e, grazie a<br />

Dio, non è stato fatto.<br />

Il problema riguardante la globalizzazione, qu<strong>in</strong>di, è che essa è stata gestita dalle grandi istituzioni<br />

f<strong>in</strong>anziarie e bancarie e da persone di pochi scrupoli. Dato che la globalizzazione è velocissima, mentre<br />

l'<strong>atti</strong>vità politica è lentissima, la globalizzazione è stata <strong>in</strong> realtà gestita da questi grandi malavitosi mondiali<br />

e la politica oggi deve avere il coraggio di farsi carico di gestirla con <strong>del</strong>le regole che non possano più<br />

consentire queste operazioni di mondiale malavitosità.<br />

Io non vo<strong>gli</strong>o creare <strong>del</strong>le aspettative eccessivamente negative, però è stato mio dovere dirvi su alcune<br />

cose con la penso. In un ambiente così amicale, ho fatto anche un fioretto che Piero Micossi mi ha chiesto<br />

prima <strong>del</strong> mio <strong>in</strong>tervento, e qu<strong>in</strong>di lo rispetterò: non risponderò all'onorevole Colan<strong>in</strong>no <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i polemici,<br />

ma le conclusioni <strong>in</strong> realtà le ha fatte lui, e poi ho capito perché le ha fatte lui. Perché nel manifesto è<br />

<strong>in</strong>dicato come m<strong>in</strong>istro <strong>in</strong> ombra. Ho tutto il rispetto per un m<strong>in</strong>istro <strong>in</strong> ombra. Io devo dire che quando una<br />

<strong>del</strong>la mia commissione si è presentata come «m<strong>in</strong>istro <strong>in</strong> ombra» - ma non lo dico per Colan<strong>in</strong>no che stimo,<br />

sia suo papà che lui - le ho risposto: «no, mi scusi m<strong>in</strong>istro, lei è un m<strong>in</strong>istro <strong>in</strong> penombra e rimarrà tale f<strong>in</strong><br />

quando vi comporterete <strong>in</strong> questo modo».<br />

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In ogni caso term<strong>in</strong>o, perché il mio tempo sta f<strong>in</strong>endo. Vo<strong>gli</strong>o solo ricordare una cosa che mi ha sorpreso.<br />

Io sono un imprenditore da oltre quarant'anni, sono entrato <strong>in</strong> politica quando avevo sessant'anni e già mi<br />

sembrava che, pur facendo l'imprenditore e il professore universitario <strong>in</strong> quattro differenti università, forse<br />

potevo non avere abbastanza esperienza.<br />

Ammiro questi giovani, nel caso specifico Colan<strong>in</strong>no, che dicono: «io ho già lavorato, sono già stato nelle<br />

associazioni, r<strong>in</strong>grazio, mi hanno scelto perché evidentemente sono un fenomeno». Però, non ho mica capito,<br />

bisogna essere fenomeni quando si crea qualche cosa, quando si ha un'esperienza decennale e quando,<br />

soprattutto, si deve avere l'umiltà… Sì, sto f<strong>in</strong>endo Gotti. Quando si parla <strong>in</strong>vece di rispondere a una realtà,<br />

perché nella globalizzazione bisogna avere il coraggio di dire la verità e qui ci sono <strong>del</strong>le banche, de<strong>gli</strong><br />

esponenti di banche che non dicono la verità e qu<strong>in</strong>di, se mi è permesso, dato che mi avete <strong>in</strong>vitato, io non ho<br />

imbarazzo ad affermare che non si può dire dal 2000 al 2004 abbiamo combattuto la piccola impresa, tre<br />

volte è stato detto, non si possono dire queste cose.<br />

Io non faccio duelli, solamente quando partecipo a riunioni come questa ho sempre il coraggio <strong>del</strong>le mie<br />

azioni, e qu<strong>in</strong>di, anche se faccio i fioretti, devo tenere presente che esiste una verità. Qu<strong>in</strong>di posso anche<br />

accettare l'umorismo o le critiche, però non posso accettare <strong>del</strong>le affermazioni che non rispondono alla verità.<br />

Perciò, dato il mio fioretto, non parlerò con carattere polemico, né tantomeno ricorderò alcune situazioni, che<br />

<strong>in</strong>vece andrebbero ricordate, su alcuni codici di condotta aziendale.<br />

In realtà, questi codici di condotta aziendale, o se volete codici etici - e questa m<strong>atti</strong>na più volte sono stati<br />

ricordati con grande professionalità -, sono <strong>gli</strong> aspetti più importanti di questo <strong>convegno</strong>. Chi pagherà la<br />

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crisi? È necessario dirlo, non la pagheranno certamente le grandi banche, la pagheranno i risparmiatori e <strong>gli</strong><br />

azionisti.<br />

Qu<strong>in</strong>di dobbiamo aspettarci una dim<strong>in</strong>uzione <strong>del</strong>la qualità <strong>del</strong>la nostra vita, per qualche anno, una<br />

dim<strong>in</strong>uzione notevole <strong>del</strong> prodotto <strong>in</strong>terno lordo. Non dobbiamo fare altro che augurarci che l'economia<br />

reale, cioè l'economia <strong>del</strong>le cim<strong>in</strong>iere, possa dare una risposta fondamentale a questo turbo-capitalismo che<br />

ha dimostrato tutte le sue limitatezze e non è stato e non è <strong>in</strong> grado di dare <strong>del</strong>le risposte. Qu<strong>in</strong>di enormi<br />

spostamenti di ricchezza: la Banca mondiale ha evidenziato nel proprio rapporto il problema fondamentale<br />

<strong>del</strong>lo spostamento epocale e il ritorno. E chiudo – visto che tutti con grande dote di saggezza e, giustamente,<br />

hanno citato le encicliche - ricordando, <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i estremamente umili, una cosa che mi ha molto colpito, e<br />

con ciò term<strong>in</strong>o.<br />

Se avete fatto caso, <strong>in</strong> tutte le parti <strong>del</strong> mondo le madonn<strong>in</strong>e sono raffigurate con le mani giunte. Io sono<br />

andato qualche settimana fa a rivedere - l'avevo vista da ragazzo alle elementari - la madonn<strong>in</strong>a <strong>del</strong> Duomo<br />

di Milano. È una <strong>del</strong>le pochissime madonn<strong>in</strong>e con le braccia aperte e con le maniche rimboccate e secondo<br />

me questa è la vera missione cui ci <strong>in</strong>vita: «Lavorate, parlate meno e fate meno politica».<br />

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Piero Micossi<br />

Profili dei relatori<br />

È attualmente amm<strong>in</strong>istratore <strong>del</strong>egato di Hold<strong>in</strong>g <strong>San</strong>ità e Servizi, società controllata dal Gruppo Cir.<br />

In precedenza ha ricoperto posizioni dirigenziali nell'Istituto Scientifico <strong>San</strong> Raffaele di Milano, è stato<br />

amm<strong>in</strong>istratore <strong>del</strong>egato <strong>del</strong> Gruppo Rotelli, assessore alla <strong>San</strong>ità <strong>del</strong>la Regione Liguria.<br />

In passato ha promosso la scuola di management <strong>del</strong> Politecnico di Milano e vi ha svolto <strong>atti</strong>vità did<strong>atti</strong>ca.<br />

È stato per molti anni editorialista <strong>del</strong> Sole-24 Ore.<br />

Ettore Gotti Tedeschi<br />

Rappresenta <strong>in</strong> Italia una <strong>del</strong>le maggiori banche <strong>in</strong>ternazionali, la <strong>San</strong>tander, e siede <strong>in</strong> importanti consi<strong>gli</strong><br />

di amm<strong>in</strong>istrazione di istituzioni f<strong>in</strong>anziarie pubbliche e private.<br />

Nel lu<strong>gli</strong>o 2008 è stato nom<strong>in</strong>ato consi<strong>gli</strong>ere economico <strong>del</strong> m<strong>in</strong>istro <strong>del</strong> Tesoro. Ha pubblicato: Danaro e<br />

Paradiso (Piemme, 2005), che tratta il problemi di etica economica; e Spiriti animali. La concorrenza giusta<br />

(Università Bocconi Editore, 2007), che spiega la moralità <strong>del</strong> mercato.<br />

Scrive su vari quotidiani (tra cui L’Osservatore Romano e Il Sole-24 Ore) ed è stato docente all’Università<br />

Cattolica di Milano e alla Statale di Tor<strong>in</strong>o.<br />

Giovanni Marseguerra<br />

È professore straord<strong>in</strong>ario di Economia politica all’Università Cattolica di Milano e segretario <strong>del</strong><br />

Comitato Scientifico <strong>del</strong>la Fondazione Vaticana Centesimus annus – Pro Pontifice.<br />

È autore di numerosi saggi e articoli pubblicati su riviste nazionali e <strong>in</strong>ternazionali <strong>in</strong> materia di politiche<br />

di f<strong>in</strong>anziamento alle imprese, di struttura proprietaria, di corporate governance e di imprese fami<strong>gli</strong>ari.<br />

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Ha recentemente curato assieme ad Alberto Quadrio Curzio per la casa editrice Scheiwiller di Firenze il<br />

volume Intrapresa, sussidiarietà, sviluppo.<br />

È membro <strong>del</strong> comitato scientifico di varie riviste tra cui Economia politica, pubblicata dalla casa editrice<br />

Il Mul<strong>in</strong>o di Bologna, e Atlantide, quadrimestrale <strong>del</strong>la Fondazione per la Sussidiarietà.<br />

È editorialista <strong>del</strong> quotidiano on-l<strong>in</strong>e Il sussidiario.<br />

Carlo Stagnaro<br />

È direttore Ricerche e studi <strong>del</strong>l’Istituto Bruno Leoni, per cui cura l’Indice <strong>del</strong>le liberalizzazioni, un<br />

tentativo di misurare il grado di liberalizzazione raggiunto <strong>in</strong> alcuni settori chiave <strong>del</strong>l’economia italiana<br />

rispetto al paese più liberalizzato d’Europa. Fa parte <strong>del</strong>la redazione <strong>del</strong>la rivista Energia e collabora con il<br />

quotidiano Il Fo<strong>gli</strong>o. Nel 2007 ha curato il libro Sicurezza energetica. Petrolio e gas tra mercato, ambiente e<br />

geopolitica.<br />

Pierluigi Stefan<strong>in</strong>i<br />

Nato il 28 giugno 1953 a <strong>San</strong>t’Agata Bolognese (Bologna), è presidente di Unipol Gruppo F<strong>in</strong>anziario.<br />

È stato presidente e amm<strong>in</strong>istratore <strong>del</strong>egato di Unipol Assicurazioni dal 9 gennaio al 30 giugno 2006,<br />

ricoprendo successivamente la carica di presidente <strong>del</strong> Consi<strong>gli</strong>o di amm<strong>in</strong>istrazione.<br />

Dall’aprile 2007 è presidente di Unipol Banca e di Aurora Assicurazioni.<br />

Dal 1990 al 1998 è stato Presidente <strong>del</strong>la Legacoop di Bologna, dal 1995 al 1998 vicepresidente <strong>del</strong>la<br />

Legacoop Regionale Emilia-Romagna, dal 1996 al 1999 vicepresidente <strong>del</strong>la Banca di Bologna (Banca di<br />

Credito Cooperativo) e, dal 1998 al 2006, presidente di Coop Adriatica.<br />

Siede nel consi<strong>gli</strong>o di amm<strong>in</strong>istrazione di F<strong>in</strong>soe (dal 1998) e di Holmo (dal 2001), di cui è stato anche<br />

presidente f<strong>in</strong>o al gennaio 2006.<br />

È <strong>in</strong>oltre consi<strong>gli</strong>ere di amm<strong>in</strong>istrazione <strong>del</strong>la Banca Monte dei Paschi di Siena e di BNL (dal 2006), <strong>del</strong>la<br />

Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna (dal 2005) e <strong>del</strong>la Società Aeroporto G. Marconi di Bologna (dal<br />

2004). È <strong>in</strong>oltre componente <strong>del</strong> Consi<strong>gli</strong>o <strong>del</strong>la Camera di Commercio Industria, Artigianato, Agricoltura di<br />

Bologna (dal 2003).<br />

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Mario Preve<br />

È presidente <strong>del</strong>la Riso Gallo S.p.A. Nel febbraio 2002 è stato eletto presidente <strong>del</strong>l’<strong>Associazione</strong><br />

Industrie Risiere Italiane (ARI) ed è consi<strong>gli</strong>ere di amm<strong>in</strong>istrazione <strong>del</strong>l’Ente Nazionale Risi dal 1980. Dal<br />

1991 al 1993 è stato presidente <strong>del</strong>le Industrie Riunite Panforte di Siena (Sapori). Dal 1969 al 1973 è stato<br />

amm<strong>in</strong>istratore <strong>del</strong>egato <strong>del</strong>la Arrocera Argent<strong>in</strong>a (marca leader con Arroz Gallo). Tra il 1965 e il 1967 ha<br />

compiuto esperienze professionali a Londra e Parigi. È stato il primo italiano ad essere eletto presidente<br />

<strong>del</strong>l’<strong>Associazione</strong> de<strong>gli</strong> Industriali Risieri Europei. Ha fatto <strong>in</strong>oltre parte <strong>del</strong> Consi<strong>gli</strong>o <strong>del</strong>l’Università IULM<br />

di Milano e attualmente è membro sia di quello <strong>del</strong>la Fondazione Bussolera-Branca, sia di quello UPA, sia di<br />

quello di Centromarca.<br />

Roberto Mazzotta<br />

Banchiere e politico italiano, è attualmente il presidente <strong>del</strong>la Banca Popolare di Milano.<br />

Laureato <strong>in</strong> Economia e Commercio presso l’Università Bocconi, nel 1972 fu eletto presso la Camera dei<br />

deputati e riconfermato per le tre successive legislature. Come politico, ha ricoperto i ruoli di sottosegretario<br />

di Stato nel 1974 e m<strong>in</strong>istro nel 1980. Ha poi <strong>in</strong>trapreso la carriera di banchiere, diventando presidente <strong>del</strong>la<br />

Cariplo prima (1986), presidente <strong>del</strong>l’associazione <strong>del</strong>le Casse di Risparmio, qu<strong>in</strong>di consi<strong>gli</strong>ere di<br />

amm<strong>in</strong>istrazione di Dexia Banque e <strong>del</strong> Crédit Industriel e Commercial.<br />

Ha ricoperto anche i ruoli di presidente <strong>del</strong>l’Istituto Internazionale <strong>del</strong>le Casse di Risparmio e di<br />

vicepresidente <strong>del</strong>l’IMI e <strong>del</strong>l’ABI.<br />

Raffaello Vignali<br />

È nato a Bologna nel 1963, vive <strong>in</strong> Brianza ed è coniugato con tre fi<strong>gli</strong>.<br />

Ha svolto i suoi studi presso l’Università di Bologna, dove si è laureato con lode con una tesi <strong>in</strong> Sociologia<br />

<strong>del</strong>la conoscenza (relatore prof. Gianfranco Morra).<br />

Ha lavorato presso il dipartimento di Sociologia <strong>del</strong>l’Università di Bologna, svolgendo <strong>atti</strong>vità di ricerca e<br />

di did<strong>atti</strong>ca <strong>in</strong> Sociologia <strong>del</strong>l’organizzazione e <strong>in</strong> Sociologia economica, con particolare riferimento al<br />

settore no-profit e alla qualità totale.<br />

Dal 1997 ha lavorato presso l’IReR ( Istituto Regionale di Ricerca <strong>del</strong>la Lombardia), di cui è stato<br />

direttore generale dal 1999 al 2004, conducendo <strong>in</strong> particolare <strong>atti</strong>vità di ricerca sui temi <strong>del</strong>l’istruzione, <strong>del</strong>le<br />

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politiche per la ricerca scientifica e tecnologica e <strong>del</strong>lo sviluppo territoriale.<br />

Dal 2003 al marzo 2008 è stato presidente <strong>del</strong>la Compagnia <strong>del</strong>le Opere, associazione di piccole e medie<br />

imprese e realtà no-profit, diffusa <strong>in</strong> Italia e nel mondo.<br />

Dal maggio 2008 è vicepresidente <strong>del</strong>la X Commissione Attività produttive, commercio e turismo <strong>del</strong>la<br />

Camera dei deputati.<br />

È docente di Management <strong>del</strong>la ricerca pubblica e <strong>del</strong>l’alta formazione presso il Politecnico di Milano.<br />

Alessandro Azzi<br />

Alessandro Azzi è nato nel 1950 a Montichiari (Brescia). Laureato <strong>in</strong> Giurisprudenza, esercita la<br />

professione di Avvocato presso il Foro di Brescia.<br />

Presidente di Federcasse – l’associazione <strong>del</strong>le oltre 440 Banche di Credito Cooperativo e Casse Rurali<br />

italiane (BCC) – è anche Presidente <strong>del</strong>la BCC Del Garda di Montichiari e <strong>del</strong>la Federazione Lombarda <strong>del</strong>le<br />

Banche di Credito Cooperativo.<br />

Membro <strong>del</strong> Comitato Esecutivo e <strong>del</strong> Consi<strong>gli</strong>o <strong>del</strong>l’ABI, è stato eletto Vicepresidente <strong>del</strong>l’<strong>Associazione</strong><br />

Bancaria Italiana nel lu<strong>gli</strong>o 2008.<br />

Membro <strong>del</strong> Consi<strong>gli</strong>o di Amm<strong>in</strong>istrazione <strong>del</strong>l’Università Cattolica <strong>del</strong> Sacro Cuore, è altresì<br />

Componente <strong>del</strong> Comitato Scientifico organizzatore <strong>del</strong>le Settimane Sociali dei Cattolici italiani.<br />

Adriano De Maio<br />

È professore di Gestione <strong>del</strong>l'<strong>in</strong>novazione al Politecnico di Milano.<br />

Ricopre la carica di presidente <strong>del</strong>l’IReR (Istituto Regionale di Ricerca <strong>del</strong>la Lombardia) ed è membro <strong>del</strong><br />

consi<strong>gli</strong>o di amm<strong>in</strong>istrazione di alcune aziende (Indesit, Saes Getters, Telecom Italia Media, TxT e-<br />

Solutions).<br />

È <strong>in</strong>oltre presidente <strong>del</strong>la Fondazione Distretto HI-Tech di Vimercate, presidente <strong>del</strong> Collegio Ingegneri<br />

ed Architetti di Milano, presidente <strong>del</strong>l’<strong>Associazione</strong> Alunni Collegio Ghislieri di Pavia.<br />

È stato rettore <strong>del</strong> Politecnico di Milano (1994-2002), rettore <strong>del</strong>la LUISS Guido Carli di Roma (2002-<br />

2005), commissario straord<strong>in</strong>ario <strong>del</strong> CNR (Consi<strong>gli</strong>o Nazionale <strong>del</strong>le Ricerche) (2003-2004), <strong>del</strong>egato <strong>del</strong><br />

presidente <strong>del</strong>la Regione Lombardia per l'Alta formazione, Ricerca ed Innovazione (2005-2008).<br />

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Armando Persico<br />

È docente di Economia aziendale presso la scuola Imiberg di Bergamo.<br />

Ha guidato <strong>gli</strong> studenti-imprenditori <strong>del</strong>la sua scuola ad ottenere 3 «Best Overall Company», 1 «Best Sale<br />

& Market<strong>in</strong>g Technics», 1 «Best Innovation Product» nelle ultime 7 fiere europee <strong>del</strong>le Giovani Imprese e 3<br />

«Best Italian Company» nelle ultime c<strong>in</strong>que competizioni italiane <strong>del</strong>le Giovani Imprese.<br />

L’ultima «impresa» creata nel 2008 è la YouVisit.it.<br />

Oscar Giann<strong>in</strong>o<br />

È giornalista professionista, dal 2 maggio 2007 direttore di Libero mercato. In precedenza è stato<br />

vicedirettore <strong>del</strong> quotidiano F<strong>in</strong>anza e mercati (dal 2005 al marzo 2007), vicedirettore <strong>del</strong> quotidiano Il<br />

riformista (2003), responsabile di economia e f<strong>in</strong>anza <strong>del</strong> quotidiano Il fo<strong>gli</strong>o (1999), vicedirettore di Liberal<br />

settimanale (1997), caporedattore di Liberal mensile (1995), portavoce <strong>del</strong> Partito Repubblicano Italiano<br />

(1987-94), caporedattore <strong>del</strong>la Voce repubblicana (1988).<br />

È stato segretario nazionale <strong>del</strong>la Federazione Giovanile Repubblicana (1984-87), membro <strong>del</strong>la Direzione<br />

Nazionale <strong>del</strong> Pri (1987-94) e portavoce nazionale <strong>del</strong> partito.<br />

Ha pubblicato i seguenti saggi: La politica estera <strong>del</strong>la Dc (Ed. <strong>del</strong>la Voce, 1982), I repubblicani e l’altra<br />

Italia (Ed. Giustizia e libertà, 1987), L’Europa <strong>del</strong>le culture (Ed. Liberal libri, 1996), Sicurezza: le nuove<br />

frontiere (Franco Angeli, 2005), Contro le tasse (A. Mondadori, 2007).<br />

Matteo Colan<strong>in</strong>no<br />

È stato eletto deputato al Parlamento per il Partito Democratico nelle elezioni politiche <strong>del</strong> 13-14 aprile<br />

2008 (capolista nella Circoscrizione Lombardia 1). È m<strong>in</strong>istro <strong>del</strong>lo Sviluppo economico <strong>del</strong> governo ombra<br />

<strong>del</strong> Partito Democratico. È vicepresidente di Piaggio, il più importante operatore europeo nel mercato <strong>del</strong>le<br />

due e <strong>del</strong>le tre ruote, cui fanno capo alcuni tra i più prestigiosi marchi <strong>del</strong> settore: Piaggio, Vespa, Aprilia,<br />

Moto Guzzi, Gilera, Scarabeo, Ape, Derbi. Dal 2005 al 15 febbraio 2008 è stato presidente nazionale dei<br />

Giovani Imprenditori e vicepresidente di Conf<strong>in</strong>dustria; è stato consi<strong>gli</strong>ere <strong>del</strong> Sole-24 Ore S.p.A. Ha <strong>in</strong>iziato<br />

la propria <strong>atti</strong>vità nel 1996 presso Sogefi (componentistica auto) e ha maturato successivamente<br />

un’importante esperienza professionale all’<strong>in</strong>terno <strong>del</strong> team che ha realizzato l’OPA di Olivetti su Telecom<br />

Italia.<br />

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Nel 1999 ha <strong>in</strong>iziato la propria <strong>atti</strong>vità imprenditoriale dedicandosi allo sviluppo <strong>del</strong>le <strong>atti</strong>vità <strong>in</strong>dustriali e<br />

f<strong>in</strong>anziarie che fanno capo alla hold<strong>in</strong>g di fami<strong>gli</strong>a, l’Omniahold<strong>in</strong>g S.p.A., di cui è amm<strong>in</strong>istratore <strong>del</strong>egato<br />

e vicepresidente. Dal 2001 al 20 febbraio 2008 è stato vicepresidente <strong>del</strong>la Banca Popolare di Mantova. È<br />

consi<strong>gli</strong>ere di IMMSI S.p.A. e di Omnia<strong>in</strong>vest S.p.A.<br />

Davide Viziano<br />

È nato a Genova il 22 novembre 1949, ha compiuto studi classici al liceo Doria di Genova e si è laureato<br />

<strong>in</strong> <strong>in</strong>gegneria civile presso l’ateneo genovese nel 1974 con 110 e lode. Conclusa l’università, ha compiuto<br />

esperienze professionali a Londra e Parigi, presso uffici tecnici ed imprese di costruzioni svolgendo <strong>atti</strong>vità<br />

di eng<strong>in</strong>eer<strong>in</strong>g. Successivamente è rientrato <strong>in</strong> Italia, dedicandosi pr<strong>in</strong>cipalmente alle progettazioni di<br />

importanti restauri di palazzi storici. Ha assunto la guida <strong>del</strong>l’<strong>atti</strong>vità imprenditoriale di fami<strong>gli</strong>a, succedendo<br />

al padre Attilio.<br />

Attualmente riveste i ruoli di amm<strong>in</strong>istratore <strong>del</strong>egato di Stif<strong>in</strong> S.p.A., hold<strong>in</strong>g <strong>del</strong> gruppo, e di Progetti e<br />

Costruzioni S.r.l., la società capofila. È <strong>in</strong>oltre presidente dei consi<strong>gli</strong> di amm<strong>in</strong>istrazione di Infrastrutture e<br />

Costruzioni S.r.l., di Palazzo Meridiana S.r.l., di Autopark Righetti S.r.l. e di Sviluppo Cantore S.r.l. È<br />

vicepresidente <strong>del</strong>l'<strong>Associazione</strong> Costruttori di Genova, presidente <strong>del</strong>la Consulta Permanente per l’Edilizia<br />

<strong>del</strong>la Liguria, presidente <strong>del</strong> Gruppo Ligure <strong>del</strong>la UCID (Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti),<br />

consi<strong>gli</strong>ere di amm<strong>in</strong>istrazione di Capitalimpresa S.p.A. Dal lu<strong>gli</strong>o 2002 è presidente <strong>del</strong> Conservatorio<br />

Niccolò Pagan<strong>in</strong>i di Genova. Nel dicembre 2002 è diventato presidente <strong>del</strong>la società Genova 2004 S.r.l. Dal<br />

novembre 2005 è consi<strong>gli</strong>ere di amm<strong>in</strong>istrazione <strong>del</strong>la Fondazione Valore Italia. Dal dicembre 2005 è<br />

presidente di Progetto <strong>San</strong>ta Margherita S.r.l.<br />

Giampiero Cantoni<br />

È senatore <strong>del</strong>la Repubblica, eletto nella sua città, Milano, e presidente alla Commissione difesa al Senato.<br />

È membro <strong>del</strong>l’Assemblea parlamentare <strong>del</strong> Consi<strong>gli</strong>o d’Europa e <strong>del</strong>l’Assemblea <strong>in</strong>terparlamentare <strong>del</strong>la<br />

sicurezza e <strong>del</strong>la difesa <strong>del</strong>l’Unione <strong>del</strong>l’Europa occidentale.<br />

Cavaliere <strong>del</strong> lavoro, imprenditore nel settore dei beni strumentali, ha presieduto l’Istituto Bancario<br />

Italiano dal 1982 al 1989, l’Efibanca e il Gruppo Banca Nazionale <strong>del</strong> Lavoro dal 1989 al 1994.<br />

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Ha <strong>in</strong>segnato all’Università di Cass<strong>in</strong>o e all’Università Bocconi, alla SDA Bocconi e attualmente è<br />

professore di Economia <strong>in</strong>ternazionale presso l’Università S. Pio V di Roma. È presidente <strong>del</strong> Comitato<br />

scientifico dei Cavalieri <strong>del</strong> Lavoro e <strong>del</strong> Comitato scientifico di Panorama Economy.<br />

Ha pubblicato numerosi libri di scienze economiche; tra <strong>gli</strong> altri, Le <strong>in</strong>novazioni <strong>del</strong> sistema economico e<br />

f<strong>in</strong>anziario (Ipsoa), con la prefazione di Guido Carli, al quale deve molto.<br />

Dal 1996 ha <strong>in</strong>trapreso, accettando l’<strong>in</strong>vito di Vittorio Feltri, la strada di commentatore dei f<strong>atti</strong> economici<br />

e di costume sui giornali e <strong>in</strong> televisione. Scrive per il settimanale Panorama Economy, <strong>in</strong>terviene spesso al<br />

Tg4 di Emilio Fede. Presso Spirali ha pubblicato: Lavorare non stanca (2000), Economia morale di mercato<br />

(2001), In attesa <strong>del</strong> toro (2002), Provocazioni liberali (2003), Tasse e libertà (2004), Il dovere di competere<br />

(2006), Un anno strano (2006), Ti amo tesoretto (2007).<br />

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