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VolanZine n°14: tutti i racconti in concorso - Scripta Volant

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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />

Questi <strong>racconti</strong> sono di proprietà dei legittimi autori, pubblicati <strong>in</strong> questo<br />

forum <strong>in</strong> licenza creative commons.<br />

I testi non riportano i crediti dei legittimi proprietari perché partecipano al<br />

<strong>concorso</strong> <strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> che, come da regolamento, prevede l'assenza dell'autore.<br />

Dopo la scadenza delle votazioni, verranno resi noti i nomi degli autori.<br />

Per contatti: redazione@scripta-volant.org<br />

E-book realizzato da Eleonora Lo Iacono<br />

Redazione <strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong>: Luigi Bruno Cristiano, Eleonora Lo Iacono, Cristiana Morroni<br />

redazione@scripta-volant.org<br />

febbraio 2011<br />

2<br />

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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />

spargendole <strong>in</strong> giro; non so dandole alle librerie, ai passanti, abbandonandoli sui tram come volete,<br />

otterremmo una cosa che non si è mai vista, non <strong>in</strong> queste proporzioni, non con questi mezzi.<br />

In pratica porteremo quel NON LUOGO che è la Rete nella Vita reale e dalla Vita Reale porteremo<br />

i lettori alla Rete. Questo perché sulle <strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> c'è un <strong>in</strong>vito a chi le raccogliesse di raggiungerci<br />

qui, di registrarsi e di dirci dove la hanno trovata.<br />

Non aspettiamoci adesioni a cent<strong>in</strong>aia, ma pensateci, tutto questo porta, con un costo praticamente<br />

nullo, ad una diffusione nazionale (siamo dappertutto), e alla possibilità di farci conoscere come<br />

s<strong>in</strong>goli autori e come Associazione".<br />

Le <strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> saranno il biglietto da visita di questo gruppo, saranno la misura della qualità di<br />

quanto scriviamo, saremo noi <strong>in</strong> molteplici luoghi, contemporaneamente, stando tranquillamente sul<br />

divano.<br />

Oh, bene.<br />

Con l'ubiquità l'abbiamo risolta.<br />

Ora c'è da pensare alla moltiplicazione dei pani e dei pesci.<br />

Luigi Bruno Cristiano<br />

Su un s<strong>in</strong>golo foglio A4 è possibile stampare un racconto di<br />

due cartelle e piegandolo <strong>in</strong> un determ<strong>in</strong>ato modo si può<br />

ottenere una sorta di libretto che sta comodamente <strong>in</strong> un<br />

tasch<strong>in</strong>o, e non ha bisogno di rilegatura.<br />

Le Z<strong>in</strong>e sono ampliamente usate da molto tempo, non ho<br />

<strong>in</strong>ventato nulla, le usano fondamentalmente per scriverci<br />

pensieri e disegni, ci sono Z<strong>in</strong>e che sono vere e proprie opere<br />

d'arte. Se ognuno di noi scaricasse il racconto <strong>in</strong> formato Z<strong>in</strong>e<br />

che verrà confezionato dalla redazione e contenente il<br />

racconto del mese, e se ne preparasse almeno dieci copie<br />

3<br />

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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />

Contribuisci al nostro progetto: distribuire la <strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> per far conoscere gli autori, i<br />

<strong>racconti</strong> e un sito che crede a sogno semplice: dare a chiunque la possibilità di leggere<br />

una <strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> gratuitamente, e far arrivare le nostre parole anche a casa di chi non ha<br />

<strong>in</strong>ternet o non ci conosce ancora.<br />

Il pr<strong>in</strong>cipio della <strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> è quello del bookcross<strong>in</strong>g, che sicuramente conoscete: nel<br />

bookcross<strong>in</strong>g si lascia un libro <strong>in</strong> una panch<strong>in</strong>a, nella poltrona di un treno, alla fermata<br />

degli autobus. Chi lo troverà, potrà leggerlo e a sua volta lasciarlo di nuovo <strong>in</strong> un<br />

posto, dove qualcun'altro avrà la possibilità di leggerlo. Ciò contribuisce ad accrescere la<br />

diffusione della cultura, delle parole, e del senso della narrativa che non è solo guadagno,<br />

classifiche di vendita e popolarità ma è orig<strong>in</strong>ariamente il bisogno di un autore, di<br />

comunicare le sue idee, esprimere se stesso attraverso la parola e fondamentalmente:<br />

scrivere.<br />

Con <strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> noi usiamo lo stesso pr<strong>in</strong>cipio: chi vuole contribuire, e ha una<br />

stampante, può stampare anche solo 10 copie della <strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong>. Piegarla (usando la guida<br />

che trovate qui: http://www.scripta-volant.org/doc/come-piegare-una-volanz<strong>in</strong>e.pdf ) e<br />

affidare al caso, alla magia del dest<strong>in</strong>o, le parole del vostro compagno di viaggio, che<br />

questo mese ha v<strong>in</strong>to il <strong>concorso</strong>.<br />

Inoltre vi ricordo che <strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> è una raccolta di <strong>racconti</strong>: a oggi abbiamo ben undici<br />

<strong>racconti</strong> di due cartelle, votati dai lettori, che un giorno potrebbero anche essere raccolti <strong>in</strong><br />

un'antologia e pubblicati, stampati e distribuiti con i metodi classici.<br />

Ma non è questo il nostro obiettivo pr<strong>in</strong>cipale. <strong>Scripta</strong> ha questo sogno, sempre il solito,<br />

che avrete letto cent<strong>in</strong>aia di volte, <strong>in</strong> giro nel portale: la condivisione libera della<br />

scrittura. Libera, con le ali, senza v<strong>in</strong>coli legati ai costi, alla distribuzione tradizionale.<br />

Chiunque potrà trovare una <strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong>, grazie a noi, un racconto breve e gratuito, scelto<br />

dagli stessi lettori. Siamo un gruppo di persone che svolge quest'attività gratuitamente,<br />

per passione. Perché siamo <strong>in</strong>namorati pazzi della scrittura, del suono delle parole, delle<br />

storie. <strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> è la conseguenza di quest'amore. Internet è lo strumento che ci permette<br />

maggiormente di concretizzare la condivisione libera. <strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> ci permette di renderla<br />

un po' più reale, pur avendo di base la stessa <strong>in</strong>tenzione.<br />

Per chi non avesse una stampante, vi ricordo che esistono comunque la mail, siti di<br />

condivisione come facebook, blog, che ci danno la possibilità di far sapere ai nostri<br />

contatti, che c'è un racconto <strong>in</strong> cerca di un lettore. Un racconto volante.<br />

Eleonora Lo Iacono<br />

4<br />

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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />

- Genere: narrativa;<br />

- Tema: libero.<br />

- Lunghezza dei <strong>racconti</strong>: 3.600 battute, spazi <strong>in</strong>clusi (m<strong>in</strong>imo 2.500)<br />

- Limitazioni: i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong>viati devono essere <strong>in</strong>editi (mai pubblicati <strong>in</strong> versione cartacea<br />

e/o onl<strong>in</strong>e);<br />

- Scadenza per <strong>in</strong>viare i <strong>racconti</strong>: 15 marzo 2011;<br />

- Pubblicazione: Libretto <strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong>;<br />

1. <strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> è un <strong>concorso</strong> per <strong>racconti</strong> brevi, per partecipare al quale è sufficiente<br />

la registrazione gratuita al Portale <strong>Scripta</strong>-<strong>Volant</strong>.org. E' un <strong>concorso</strong> aperto a <strong>tutti</strong> i<br />

cittad<strong>in</strong>i italiani, di qualunque età purché maggiorenni.<br />

2. Il <strong>concorso</strong> è gratuito e viene organizzato ogni due mesi.<br />

3. I <strong>racconti</strong> devono avere la lunghezza massima di 3600 battute (e m<strong>in</strong>ima di 2.500), spazi<br />

<strong>in</strong>clusi e devono essere <strong>in</strong>editi (mai pubblicati <strong>in</strong> versione cartacea e/o onl<strong>in</strong>e);<br />

4. Per partecipare al <strong>concorso</strong>, gli utenti, entro la data comunicata dalla redazione,<br />

dovranno <strong>in</strong>viare via mail il proprio racconto, <strong>in</strong> formato word (.doc)<br />

a redazione@scripta-volant.org, <strong>in</strong>dicando il titolo del racconto, il proprio nome e<br />

cognome e il nick <strong>in</strong> uso nel portale http://www.scripta-volant.org. Ogni autore potrà<br />

partecipare con un solo racconto<br />

5. Prima della pubblicazione nel forum, i <strong>racconti</strong> verranno selezionati dal nostro<br />

gruppo di lettura.<br />

6. I <strong>racconti</strong> <strong>in</strong>editi saranno pubblicati <strong>in</strong> forma anonima sul Forum "Racconti<br />

<strong>in</strong> Concorso" e gli autori potranno essere svelati solo a <strong>concorso</strong> concluso. Verrà <strong>in</strong>oltre<br />

realizzato un e-book, con <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> partecipanti, scaricabile gratuitamente dal<br />

portalehttp://www.scripta-volant.org, per facilitare la lettura agli utenti che li<br />

valuteranno.<br />

7. A <strong>in</strong>s<strong>in</strong>dacabile giudizio della redazione, potranno non essere ammessi <strong>racconti</strong> che<br />

abbiano un contenuto pornografico e/o offensivo.<br />

8. I <strong>racconti</strong> pubblicati potranno essere letti, commentati e votati, entro i 30 giorni<br />

successivi alla scadenza del <strong>concorso</strong> (la data verrà comunicata dalla Redazione), da <strong>tutti</strong><br />

gli iscritti al portale che abbiano partecipato al <strong>concorso</strong> e da <strong>tutti</strong> gli altri che abbiamo già<br />

<strong>in</strong>serito nel forum almeno 50 messaggi.<br />

9. Il voto va espresso all‟<strong>in</strong>terno del topic preposto, <strong>in</strong>serito ogni mese nel Forum “Cab<strong>in</strong>a<br />

di Voto”, dalla Redazione. Perché il proprio voto sia valido, ciascun utente dovrà <strong>in</strong>dicare,<br />

<strong>in</strong> ord<strong>in</strong>e di preferenza, i c<strong>in</strong>que <strong>racconti</strong> preferiti. I voti espressi andranno <strong>in</strong> coda di<br />

moderazione e saranno pubblici solo dopo la chiusura delle votazioni.<br />

5<br />

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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />

10. Gli utenti votanti sono tenuti a leggere e commentare <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> gara. Sussiste<br />

comunque l'obbligo di commentare almeno i c<strong>in</strong>que <strong>racconti</strong> preferiti. In caso contrario, il<br />

voto sarà annullato.<br />

11. Gli utenti che abbiano partecipato al <strong>concorso</strong> sono tenuti a votare nel rispetto delle<br />

regole sopra elencate. In caso contrario, il racconto verrà escluso dal <strong>concorso</strong>.<br />

12. I <strong>racconti</strong> dovranno essere letti, commentati e votati con assoluta lealtà e schiettezza. La<br />

redazione si riserva di annullare quei voti che siano <strong>in</strong> contrasto con questi requisiti.<br />

13. Il racconto v<strong>in</strong>citore verrà pubblicato a cura della redazione <strong>in</strong> una <strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong>,<br />

distribuita <strong>in</strong> tutta Italia.<br />

CHIUNQUE PUÒ CONTRIBUIRE ALLA DISTRIBUZIONE: chi vorrà, potrà stampare<br />

anche solo 10 copie della <strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong>, piegarla (usando la guida che trovate<br />

qui: http://www.scripta-volant.org/doc/come-piegare-una-volanz<strong>in</strong>e.pdf ) e affidare al<br />

caso, alla magia del dest<strong>in</strong>o, il racconto v<strong>in</strong>citore. Noi della Redazione, ne distribuiamo<br />

ogni mese: durante eventi letterari o <strong>in</strong> giro per le nostre città!<br />

Partecipando al <strong>concorso</strong> gli autori acconsentono a cedere a titolo gratuito il diritto di<br />

pubblicazione, riproduzione, diffusione e distribuzione al pubblico, all‟<strong>in</strong>terno della<br />

<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong>. A <strong>Scripta</strong>-<strong>Volant</strong> è riservata la scelta del tipo di veste grafica. Tale concessione<br />

si <strong>in</strong>tenda valida per tutto il periodo di distribuzione. Concede, altresì, ove lo ritenesse<br />

necessario, il diritto di utilizzare estratti dal racconto a f<strong>in</strong>i pubblicitari e promozionali, <strong>in</strong><br />

qualsiasi modo e forma.<br />

14. La copert<strong>in</strong>a della <strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> potrà essere scelta dall'autore che potrà <strong>in</strong>viare alla<br />

redazione un'immag<strong>in</strong>e (di sua proprietà o che abbia il consenso del proprietario<br />

dell'immag<strong>in</strong>e), oppure verrà scelta un'immag<strong>in</strong>e dalla redazione stessa.<br />

15.Ogni autore dichiara che il proprio racconto è un‟opera orig<strong>in</strong>ale di sua esclusiva<br />

paternità, che non viola alcuna norma di legge e/o diritti di terzi e <strong>in</strong> particolare, non ha<br />

né forme né contenuti denigratori, diffamatori o di violazione della privacy. In caso<br />

contrario, l'autore ne sarà l'unico responsabile.<br />

16. Partecipando al <strong>concorso</strong>, gli autori accettano <strong>tutti</strong> gli articoli del Regolamento<br />

L<strong>in</strong>k di riferimento:<br />

FORUM VOLANZINE<br />

GUIDA COME PIEGARE UNA VOLANZINE<br />

VIDEO: COME PIEGARE UNA VOLANZINE<br />

RACCONTI IN CONCORSO<br />

CABINA DI VOTO<br />

Seguono i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> gara per quest‟edizione. Per ogni racconto sono disponibili due l<strong>in</strong>k:<br />

uno per commentare il racconto nel forum, uno per votarlo.<br />

6<br />

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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />

<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> è un <strong>concorso</strong> a votazione pubblica: <strong>tutti</strong> gli iscritti che abbiamo <strong>in</strong>serito<br />

almeno 50 post nel forum, possono votare!<br />

Votare è molto semplice. All'<strong>in</strong>terno del post “Cab<strong>in</strong>a di voto”, basta clikkare il tasto<br />

"RISPONDI" che si trova sotto la banda arancione.<br />

Scrivere i titoli dei 5 <strong>racconti</strong>, <strong>in</strong> ord<strong>in</strong>e di preferenza decrescente e cliccare "<strong>in</strong>via".<br />

Il voto non sarà subito visibile. Tutti i voti andranno <strong>in</strong> coda di moderazione e saranno<br />

pubblici al term<strong>in</strong>e delle votazioni.<br />

Per qualsiasi dubbio, scrivici oppure <strong>in</strong>serisci la tua domanda qui:<br />

http://www.scripta-volant.org/forum/viewtopic.php?f=36&t=932<br />

Redazione <strong>Scripta</strong> <strong>Volant</strong><br />

Forum: http://www.scripta-volant.org/forum/<br />

Concorsi: http://www.scriptavolant.org/<strong>in</strong>dex.php?option=com_content&view=article&id=229&Itemid=57<br />

Facebook: http://www.facebook.com/group.php?gid=82226334602<br />

CONCORSO SEGNALATO SU:<br />

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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />

<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> n° 13: Che lo amerà di Giovanni Ottaviani<br />

<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> n° 12: Piano piano di Dario Puppi<br />

<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> n°11: Per riparare una farfalla di Daniela Thomas<br />

<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> n°10: La fata regalata di Deborah Santarelli<br />

<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> n°9: La vita <strong>in</strong> dieci frammenti di Giafranco Bussalai<br />

<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> n° 8: Fanfara andante ma non troppo di Giuseppe Buscemi<br />

<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> n°7: Adios Fidel di Luca Artioli<br />

<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> n°6: Strega di Milena Esposito<br />

<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> n°5: L'altro di Guido Oliva<br />

<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> n°4: Quaranta di Piero Mattei<br />

<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> n°3: Salsa & mer<strong>in</strong>ga di Attilio Facch<strong>in</strong>i<br />

<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> n°2: Orologi di Piero Mattei<br />

<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> n°1: Niente di Strano di Eleonora Lo Iacono<br />

<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> n°0: Coyote di Luigi Bruno Cristiano<br />

8<br />

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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />

° Commenta questo racconto: http://www.scripta-volant.org/forum/viewtopic.php?f=47&t=2960<br />

° Vota qui: http://www.scripta-volant.org/forum/viewtopic.php?f=47&t=2958<br />

Il piccione appare sospettoso e stenta ad uscire.<br />

“Va dalla mia dolce Francesca” pensa il giovane. Spazientito, da una manata sui<br />

rametti della gabbia. F<strong>in</strong>almente l’uccello spicca <strong>in</strong> volo e s’allontana battendo<br />

forte le ali. Lascia che <strong>in</strong> vento lo coglie <strong>in</strong> pieno: si immerge nell’aria pulita di<br />

primo matt<strong>in</strong>o.<br />

Sa cosa fare. Deve consegnare un messaggio, che tiene legato ad una zampetta, e<br />

che recita così:<br />

Possa la sera celare l’ombra mia nascosta tra le mura.<br />

Guid<strong>in</strong>o verso di voi, mia madonna, i passi miei di brama <strong>in</strong>telletto.<br />

Seguono il cuor che m’ispira senza nulla temere.<br />

servo vostro<br />

Paolo.<br />

Riprende il volo e prosegue dritto davanti a se. Sorvola i tetti di Gradara<br />

mentre, il cielo, è terso come gli occhi di un bamb<strong>in</strong>o.<br />

*****<br />

Sa che lo aspetta un lungo viaggio. Vuole comunque arrivare presto sul posto,<br />

ama sentire le dita di quella giovane donna, di nome Laura, carezzare le sue<br />

piume. E gli piace sentirla fischiettare. Di ciò, prova una bella sensazione. Come<br />

sempre.<br />

Tempo prima, un uomo paffuto dallo sguardo dolce e gentile, con fare ansioso gli<br />

aveva legato alla zampetta un messaggio da consegnarle:<br />

Quando io movo i sospiri a chiamar voi,<br />

e 'l nome che nel cor mi scrisse Amore,<br />

Laudando s'<strong>in</strong>com<strong>in</strong>cia udir di fore<br />

il suon de' primi dolci accenti suoi.<br />

Sempre vostro<br />

Francesco<br />

****<br />

Il colombo spiega le ali e spicca di nuovo <strong>in</strong> volo; si dirige verso sud-est.<br />

È pomeriggio e il tempo tende a m<strong>in</strong>acciare; si sente chiaro che l’aria s’affresca.<br />

Lontane nubi grigie sono piazzate sulla sua rotta. Intuisce che le deve<br />

attraversare. Sorvola un’aperta pianura e scorge, guardando dabbasso, sagome di<br />

cavalli bardati f<strong>in</strong> sopra il capo, <strong>in</strong>citati da possenti cavalieri armati di lance,<br />

correre veloci d<strong>in</strong>anzi a lui. Con rapidi colpi d’ali supera ben presto il campo di<br />

battaglia e si dirige verso la sua dest<strong>in</strong>azione <strong>in</strong>filandosi, con sollievo, <strong>in</strong> un<br />

manto di nuvole bianche e basse. S’avvede con disappunto che correnti contrarie<br />

stanno rallentando la sua corsa.<br />

9<br />

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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />

Silvia dovrà attendere ancora un po’ il suo arrivo.<br />

Sa con quanta grazia la fanciulla <strong>in</strong>izierà a leggere il contenuto del messaggio:<br />

Ch'arsi di foco <strong>in</strong>tam<strong>in</strong>ato e puro.<br />

Vive quel foco ancor, vive l'affetto,<br />

Spira nel pensier mio la bella imago,<br />

Da cui, se non celeste, altro diletto<br />

Giammai non ebbi, e sol di lei m'appago.<br />

Vostro devoto<br />

Giacomo<br />

Riparte <strong>in</strong> fretta. Non gli è mai piaciuto viaggiare di notte. Teme agguati. I<br />

falchetti, come le poiane, sono più abili e lesti di lui <strong>in</strong> volo.<br />

Per un attimo l’uccello sobbalza disorientato: il fischio di un treno s’<strong>in</strong>fila<br />

prepotente nella sua testa. S’<strong>in</strong>crociano per un breve tratto separandosi subito<br />

dopo. Lo vede scivolare veloce su strisce nere e sparire nelle viscere di un monte.<br />

Il piccione riprende la sua corsa e cerca di accelerare per non tardare. Non può.<br />

****<br />

Quella sera <strong>in</strong> piazza c’era poca gente. L’unico bar aperto era poco illum<strong>in</strong>ato.<br />

Dall’alto vede un giovane alzarsi da una panch<strong>in</strong>a. Una ragazza s’avvic<strong>in</strong>a a lui e<br />

lo saluta con un abbraccio. Li vede sorridere e avviarsi lontano, mano nella mano.<br />

In quel mentre, il piccione plana sul piano della panch<strong>in</strong>a vuota. È esausto.<br />

Scruta <strong>in</strong> giro. Zampetta di lato. Due passetti. Si ferma e aspetta; non si è mai<br />

sbagliato.<br />

Sente un tubettìo dietro di lui. Si gira: è lei. Stende le ali e sgrana gli occhietti<br />

neri. S’avvic<strong>in</strong>a zampettando piano s<strong>in</strong>o a sfiorare il becco della femm<strong>in</strong>a col suo.<br />

Un tocco leggero. Trattiene il respiro. Il tempo, come il mondo, pare fermarsi.<br />

Nel silenzio, si ode solo il battito delle loro ali, mentre s’alzano <strong>in</strong> volo verso il loro<br />

dest<strong>in</strong>o.<br />

10<br />

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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />

° Commenta questo racconto: http://www.scripta-volant.org/forum/viewtopic.php?f=47&t=2961<br />

° Vota qui: http://www.scripta-volant.org/forum/viewtopic.php?f=47&t=2958<br />

Ho scelto lei perché quando apre la bocca lo sa fare bene; prima allarga le labbra e poco<br />

dopo, un istante da ricordare, i denti. Così facendo sembra che nella sua bocca risplendano<br />

due fili di luce.<br />

I suoi denti stupendi sono lì dietro le labbra a fare un doppio gioco che <strong>in</strong>evitabilmente mi<br />

piace.<br />

Prima di <strong>in</strong>contrare le mie labbra richiude la bocca, ma non velocemente; aspetta di essere<br />

ad una distanza esatta, <strong>in</strong> modo di chiudere, <strong>in</strong>umidire, stuzzicarmi mordicchiandosi il<br />

labbro superiore e donarsi a me <strong>in</strong> un morbido bacio.<br />

Una sera che scendeva una leggera pioggia, mentre passeggiavamo nel quartiere, mi colse<br />

di sorpresa, assorto com‟ero a cercar nelle gocce una nuova favola da regalarle. Mi tirò a sè<br />

per la c<strong>in</strong>tola dei pantaloni, forse una novità, e mi diede quel bacio senza una premessa.<br />

Quando mi lasciò, tornando a camm<strong>in</strong>are al mio fianco, sfioravo come sempre le nuvole<br />

con i riccioli dei miei capelli; ma <strong>in</strong> qualche modo dovevo riscattarmi dalla sorpresa...<br />

Alzai gli occhi e vidi una luna sorridente.<br />

Anche lei mi vide e disse:<br />

“Stasera conduce lei!”<br />

“Non può succedere pallida Luna”.<br />

“Ogni tanto deve succedere”.<br />

“Io sono lo specchio che risplende della sua luce. Io devo mostrargli quella lum<strong>in</strong>osità che<br />

non si accorge di avere e senza di lei potrei tornare un ombra”.<br />

“Siamo <strong>tutti</strong> delle ombre grazie alla luce dell‟amore”.<br />

“Si, credo... Luna, aspettami qui un secondo. Ti porto una cosa.”<br />

Ritornai ai pensieri miei e di lei. Avevo bisogno di un altro bacio perché ne avevo davvero<br />

voglia e non soltanto.<br />

“Amore ti amo!” le dissi bloccandola per strada.<br />

“Anch‟io T’AMO!”<br />

“Dillo mentre mi baci”.<br />

Mentre mi baciava mi scostai da lei e le impedii di f<strong>in</strong>ire la frase. La fermai su T’, le presi<br />

l‟apostrofo e tornai dalla luna.<br />

“Luna eccomi di nuovo a te”.<br />

“Cosa mi hai portato giovane amante?”<br />

“Semplicemente, si fa per dire, un apostrofo. Quello tra le parole t‟'amo...”<br />

“Così non hai resistito a metterti <strong>in</strong> luce”.<br />

“Non posso sottrarmi a questa realtà. Io amo prima di ogni altra cosa”.<br />

“E così sia per sempre. Torna da lei e f<strong>in</strong>isci quello che stavi facendo. Stanotte, se vuoi,<br />

sarò io quell‟apostrofo nel vostro giuramento d‟amore”.<br />

Quando r<strong>in</strong>contrai gli occhi di lei cont<strong>in</strong>uai da dove ci eravamo bloccati... (smack) ’AMO.<br />

Eravamo fradici di pioggia, baci e chissà quante altre cose che avremmo messo distese ad<br />

asciugare davanti al cam<strong>in</strong>o <strong>in</strong>sieme.<br />

“Andiamo a casa?”<br />

“Me oui! Tu prepari la cioccolata ed io il cam<strong>in</strong>o”.<br />

“Ti amo!”.<br />

“Ti amo anch‟io!!” le risposi.<br />

“Aspetta! Io volevo metterci l‟apostrofo”.<br />

“Dici che c‟è l‟ho ancora io?”<br />

“Vieni un po‟ qui signor<strong>in</strong>o...”<br />

11<br />

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“Ma è solo un apostrofo...”.<br />

“Dai amore... ridammi l‟apostrofo”.<br />

“Non posso, l‟ho regalato alla luna”.<br />

“E lei che se ne fa?”<br />

“Per unire le nostre ombre quando ci baciamo”.<br />

<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />

° Commenta questo racconto: http://www.scripta-volant.org/forum/viewtopic.php?f=47&t=2962<br />

12<br />

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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />

° Vota qui: http://www.scripta-volant.org/forum/viewtopic.php?f=47&t=2958<br />

“So che non t'ho cercato molto spesso ultimamente e so anche di aver detto di non credere<br />

più <strong>in</strong> Te, ma Ti prego... Padre nostro che sei nei cieli... Aiutami! Sento di non poter<br />

resistere ancora per molto. Sono troppi e mi colpiscono così forte... Mi hanno picchiato<br />

tanto sulla bocca, non riesco quasi più a parlare, mi fanno male le labbra, gli zigomi, i<br />

denti. Arrivano all'improvviso e, senza un perché, <strong>in</strong>iziano a massacrarmi. Non sentono<br />

ragioni, io non parlo con loro, loro non parlano con me. Non la darò loro v<strong>in</strong>ta, comunque.<br />

Ho perso molto sangue dalla bocca, ho le labbra spaccate. Non dormo da due giorni... Sia<br />

santificato il Tuo nome... È buia questa stanza, è fredda e puzza, ieri mi hanno dato una<br />

coperta lercia, piena di pidocchi. M'hanno tolto la giacca e le scarpe. Ho freddo. Non mi<br />

cambio da due giorni e non mi lavo da tre. Respiro anche male, ho dolore ad un fianco e<br />

non riesco a tenere la schiena dritta, senza che una fitta mi trapassi... Credo di avere una o<br />

più costole rotte. È accaduto il primo giorno, ero appena arrivato ed <strong>in</strong> quattro m'hanno<br />

aggredito e pestato, senza motivo alcuno... Venga il Tuo Regno, sia fatta la Tua volontà...<br />

Ho la schiena coperta di lividi, mi fanno male le mani, che uso per proteggermi dai colpi...<br />

Ieri, mentre scendevo per andare a mangiare, con un calcio mi hanno fatto cadere dalle<br />

scale. Da allora non riesco a stare <strong>in</strong> piedi molto bene, devono spostarmi con una barella...<br />

E non sono molto contenti di dover fare anche questo. Il medico che mi ha visitato ha detto<br />

che sono disidratato e mi ha messo una flebo. Si è esaurita da venti ore ed ho dovuto<br />

togliermi l'ago da solo... Come <strong>in</strong> cielo, così <strong>in</strong> terra... Io non ho paura, non mi fanno paura,<br />

possono solo farmi male, ma so che dovranno fare i conti col mio sguardo, so che<br />

dovranno scontare quello che mi hanno fatto... Mi dicono che nessuno ha chiesto di me, mi<br />

dicono che sono solo e che nessuno mi vuol bene. Io so <strong>in</strong> cuor mio che Marzia, mia<br />

sorella, me ne vuole... Sono stanco Signore e non trovo neanche più le lacrime per<br />

piangere, ma non la darò loro v<strong>in</strong>ta. Fuori ho udito cantare un passerotto, ho sognato di<br />

volare via. Non dormo e non mi cambio da due giorni, non mi lavo da tre. Amo la vita e<br />

voglio vivere... Dacci oggi il nostro pane quotidiano... Ho fatto degli sbagli come <strong>tutti</strong>, ma<br />

ho sempre pagato <strong>in</strong> prima persona. Adesso scrivo a fatica la mia storia su questo muro, la<br />

luce va e viene, ho gli occhi gonfi e non posso vedere molto bene... Son segregato qua<br />

dentro da un tempo <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito... Non riesco quasi più a pensare, non so quand'è stato che<br />

sono riuscito a formulare un pensiero... Rimetti a noi i nostri debiti... Ho chiesto una<br />

Bibbia, ho chiesto di mia madre e mio padre, non mi hanno risposto... Tutto qua dentro<br />

sembra essere scomparso nel nulla, tutto è dilatato, pers<strong>in</strong>o il tempo... Scusatemi mamma e<br />

papà credo di avervi deluso ancora... Come noi li rimettiamo ai nostri debitori... Io li ho<br />

perdonati, perché sono rozzi e non capiscono. Se la prendono con me perché sono un<br />

bersaglio facile, lo fanno per non ascoltare il vuoto che hanno dentro. Mi fanno pena. Tra<br />

poco torneranno ed io li aspetterò con la più potente delle armi, quella che non potranno<br />

mai togliermi, la coscienza pulita. Presto sarò libero, presto sarà tutto f<strong>in</strong>ito... E non ci<br />

<strong>in</strong>durre <strong>in</strong> tentazione ma liberaci dal male... Ho trentuno anni, mi chiamo Dario e sono<br />

geometra. M'hanno arrestato per modica quantità sei giorni fa e se stai leggendo questo sul<br />

muro ti chiedo di raccontarlo ai miei. Dì loro che li amo e come sono morto... Amen”<br />

.<br />

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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />

Ho svuotato il sacchetto coi soldi sul tavolo della cuc<strong>in</strong>a di Esoteria, <strong>in</strong> cambio di un pugno di<br />

lana e di molte istruzioni. Devo <strong>in</strong>trecciare una bambola con i fili di lana tra i quali avrò mescolato<br />

qualche capello di P. Non devo nom<strong>in</strong>arlo mai, non sorridere né tanto meno ridere, devo essere molto<br />

concentrata soltanto su di lui, senza pensare all’altra, mentre realizzo la bambola per averlo <strong>in</strong> mio<br />

potere.<br />

Esoteria mi ha edotta <strong>in</strong> ogni dettaglio, fornendomi molte altre raccomandazioni che non ho<br />

ascoltato, e, forse, ha pure detto qualcosa a proposito del fuoco mentre <strong>in</strong>filavo la giacca e volavo via ad<br />

<strong>in</strong>iziare il progetto; ma ora devo lavorare alla bambola, che dovrà essere tanto piccola da poter essere<br />

nascosta <strong>in</strong> una mano.<br />

Avvio la vecchia stufa a legna <strong>in</strong> cuc<strong>in</strong>a e lascio la portic<strong>in</strong>a aperta per far accendere meglio i<br />

rametti accanto al ciocco centrale, poi <strong>in</strong>izio a concentrarmi su mio marito ma, subito, la mente devia<br />

sulla mia giovane rivale mentre bagno i fili di lana con l’aceto e li cospargo di sale per <strong>in</strong>ibire le<br />

prestazioni sessuali di P..<br />

Sorrido, mentre immag<strong>in</strong>o il suo sgomento e la sorpresa di lei, che scolpita nella porcellana<br />

bianca della sua gioventù, assiste alla defezione di un uomo che può esserle padre. La vedo ridere di lui:<br />

è arrivato il mio momento.<br />

E’ ormai quasi un anno che P. rientra per l’ora di cena ebbro di lei e mi tratta con disprezzo, ma io,<br />

stasera, gli sorriderò garrula mentre metterò <strong>in</strong> tavola e lo stupirò con i miei atteggiamenti dis<strong>in</strong>ibiti e<br />

sensuali perché da oggi sono una donna nuova.<br />

Eccolo che <strong>in</strong>fila le chiavi nella serratura e richiude la porta alle sue spalle. Rapida, <strong>in</strong>filo la<br />

bambola irrorata del mio profumo, nell’elastico del mio tanga brasiliano di pizzo nero, come mi ha<br />

raccomandato Esoteria perché si senta attratto da me: <strong>in</strong>fatti, mi guarda con occhi nuovi e avverto la<br />

sua eccitazione mentre mi str<strong>in</strong>ge a sé e avv<strong>in</strong>ghiati, navighiamo lungo il perimetro dei mobili della<br />

cuc<strong>in</strong>a, ignorando la cena pronta sul tavolo.<br />

Avverto che il mio trionfo sta per compiersi ma, prima devo liberare la bambola dagli slip senza<br />

che lui se ne accorga f<strong>in</strong>tanto che lo sento armeggiare con la zip del vestito. Non senza difficoltà riesco<br />

a sfilare la bambola e mentre allungo la mano dietro la schiena per lasciarla cadere, passiamo ancora<br />

allacciati labbra e corpi, accanto alla portic<strong>in</strong>a, che ho dimenticato aperta, della vecchia stufa<br />

F<strong>in</strong>almente P. mi libera dal vestito ma, un bacio di fuoco ci avvolge, mentre vedo le fiamme<br />

guizzare dal ventre panciuto della stufa, <strong>in</strong>torno alla bambola che si contorce ridendo.<br />

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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />

Era una donna viva e ribelle, capace di seppellire un maschio con una delle sue risate. Per questo gli<br />

uom<strong>in</strong>i non la chiedevano <strong>in</strong> sposa. Preferivano mogli forti e stolide come muli, adatte a sfornare<br />

figli, e capaci di aspettare il ritorno delle barche sulle quali i loro mariti, fratelli, e padri, partivano<br />

per la pesca.<br />

Le donne la detestavano. In fondo, la <strong>in</strong>vidiavano. Mentre loro appassivano nell’attesa delle barche,<br />

e si appesantivano per le numerose gravidanze, lei sembrava non <strong>in</strong>vecchiare mai. Passava le<br />

giornate ad aggiustare le reti dei pescatori. Era bravissima, veloce, e riusciva a guadagnarsi da<br />

vivere.<br />

Gli uom<strong>in</strong>i, quando ne avevano il tempo, si disponevano lungo il molo, e seguivano, ipnotizzati, i<br />

guizzi delle sue dita da sirena, immag<strong>in</strong>ando che si muovessero sul loro corpo. Quando il vento<br />

giocava con la sua gonna,e si impadroniva dei suoi capelli lunghissimi, e sempre sciolti, le loro gole<br />

si <strong>in</strong>aridivano dal desiderio. Allora loro correvano all’osteria per placare la sete.<br />

Un giorno, dalla terraferma, arrivò uno straniero.<br />

Vide la donna aggiustare le reti. Sorrise. Lei lo notò. Riabbassò subito lo sguardo sulle maglie. Si<br />

aspettava che lui, al pari degli altri, si mettesse sul molo a coltivare fantasie su di lei.<br />

Lui, <strong>in</strong>vece, prese un blocco ed un carbonc<strong>in</strong>o da una tasca dell’ampio mantello, ed <strong>in</strong>iziò a<br />

disegnare. Guardava il mare, ora, e non lei. Concentrato, lavorò per ore. Ed era lei che, ogni tanto,<br />

si lasciava <strong>in</strong>cantare dal movimento della sua mano sul foglio.<br />

Quando il giorno volse al tramonto, lei, lasciando la spiaggia, gli passò accanto. R<strong>in</strong>graziò il vento,<br />

che scelse quel momento per alzare una ciocca dei suoi capelli, e per posarla un istante sul collo di<br />

lui.<br />

Quando arrivò a casa, la donna non riuscì a dormire. Ora capiva la sete ardente che bruciava gli<br />

uom<strong>in</strong>i che la guardavano. Ed avrebbe voluto anche lei un po’ di quel v<strong>in</strong>o forte che dava sollievo e<br />

ottenebrava le menti <strong>in</strong>quiete.<br />

Qualcuno bussò alla porta. Lei fu certa che era il forestiero ancor prima di aprire.<br />

Lui aveva fra le mani il blocco ed il carbonc<strong>in</strong>o. Le disse che voleva disegnarla dal primo momento<br />

<strong>in</strong> cui l’aveva vista. Le disse che non voleva disegnarla vestita. In silenzio, lei slacciò la gonna, e la<br />

lasciò cadere a terra <strong>in</strong> una grande ruota fiorita.<br />

Lui restò una settimana. Abbastanza perché il paese <strong>in</strong>tero sapesse che qualcuno aveva f<strong>in</strong>almente<br />

domato quella donna orgogliosa e selvatica. Se ne andò all’alba. Non promise di tornare.<br />

Lei, da quel giorno, <strong>in</strong>trecciò stretti i suoi lunghi capelli. Cont<strong>in</strong>uò ad aggiustare reti, ma le sue<br />

mani, ora, si muovevano con metodo, quasi con pesantezza. Concesse a qualcuno degli uom<strong>in</strong>i sul<br />

molo quello che avevano desiderato da anni. Non li fece felici. Tutti si accorsero che lei pensava ad<br />

un altro.<br />

Uno di loro, per prendersi il gusto di vederla piangere, le disse che il forestiero era un pittore ricco e<br />

famoso, che viveva <strong>in</strong> una città lontana con una moglie bellissima. Lei non pianse. Le era rimasto<br />

ancora abbastanza orgoglio. Chiuse casa, e partì. Partì per quella città. Tornò <strong>in</strong> una giornata di<br />

nebbia fitta. Alcune barche erano ormeggiate al molo. Non c’era anima viva.<br />

Lei ne slegò una. La cosparse con il petrolio che teneva <strong>in</strong> casa per accendere le lampade. Remò.<br />

Arrivò al largo.<br />

Nessuno si accorse di lei. Alcuni, guardando dalla f<strong>in</strong>estra, si chiesero perché, fra la nebbia, si<br />

vedeva una luce strana, come di fiamme.<br />

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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />

Nacque <strong>in</strong> un giorno freddo Giuan<strong>in</strong>, dopo un lungo travaglio: non voleva saperne di lasciare il<br />

tepore del ventre materno.<br />

Quel giorno, poi, c'era da battere i denti. Suo padre era uscito sull’uscio per spalare la neve nel<br />

vialetto davanti casa, era già la quarta volta che usciva e rientrava.<br />

Tutti si davano un gran da fare, (un parto tra le mura domestiche, a quei tempi, era consuetud<strong>in</strong>e).<br />

Le donne preparavano l’acqua calda, i panni di l<strong>in</strong>o, le garze e l’occorrente per fasciare il bamb<strong>in</strong>o.<br />

Appena nato, il medico lo afferrò trionfante. Il piccolo emise un solo vagito e poi se ne stette<br />

tranquillo, mentre <strong>tutti</strong> lo ammiravano.<br />

Il padre quando vide quel fagotto lungo esclamò:<br />

“Ben! Par na ciopa”.<br />

La madre lo cullava contenta:<br />

“Ch‟ pac stu „uaglion, nun chiagne mai”.<br />

In paese non si era mai capito come avessero fatto quei due a sposarsi, così diversi: lui veneto,<br />

<strong>in</strong>troverso e silenzioso, lei napoletana, espansiva e chiassosa.<br />

La nascita del primo figlio aveva portato gioia <strong>in</strong> famiglia.<br />

Un maschio, era una garanzia per il futuro.<br />

Giuan<strong>in</strong> crescendo si mostrò, a dir poco, orig<strong>in</strong>ale. Solo verso i due anni pronunciò la prima sillaba:<br />

ma. La madre ne fu contenta perché credeva che l’avesse chiamata.<br />

Il fatto che non piangesse, parlasse poco, guardasse il cielo, faceva pensare a chissà quale mente<br />

geniale.<br />

A scuola com<strong>in</strong>ciarono i primi problemi: stando all'ultimo banco, alla prima occasione apriva la<br />

f<strong>in</strong>estra e saltava giù. Andava a sedersi sotto un albero e faceva l'unica cosa che sembrava non<br />

costargli fatica: suonare l'armonica.<br />

Quando suo padre gli chiedeva che lavoro volesse fare da grande, rispondeva: “A…”.<br />

“Dimelo a mi, fio: autista?” lo <strong>in</strong>citava il padre.<br />

“Avvocato, a mammà?” <strong>in</strong>terveniva la madre, ma egli taceva.<br />

Il giorno dopo alla stessa domanda rispondeva sempre: “A…”.<br />

E suo padre: “ Agricoltore, fiol?”<br />

“No, vo dicere astronauta”, ma egli niente.<br />

Dopo qualche tempo, la sua risposta cambiò <strong>in</strong>: “Ar…”<br />

Suo padre saltò dalla sedia: “Gò capio, artesan”.<br />

“Pe‟ mme, sarrà architetto”, aggiunse la madre, egli guardò entrambi e fece di no con la testa.<br />

Quando fu abbastanza grande da poter lavorare suo padre, com<strong>in</strong>ciò a preoccuparsi perché il<br />

ragazzo:<br />

“No s‟afanava de gnente”.<br />

La madre al solito, protettiva, lo difendeva:<br />

“Chiss ten a ciorta annascosa, lasc‟ o sta‟”.<br />

Ma non si poteva aspettare con le mani <strong>in</strong> mano e allora concordarono che Giuan<strong>in</strong> andasse a<br />

raccogliere mele al paese vic<strong>in</strong>o.<br />

I lavoranti erano di buonumore, e lo precedevano lesti lungo i sentieri. Gli alberi, carichi di mele,<br />

profumavano l'aria; Giuan<strong>in</strong> li guardava stranito, assente.<br />

Dopo aver raccolto i frutti che si potevano cogliere da terra, allungando le braccia, occorreva salire<br />

su una scala a pioli per raccogliere il resto; ma Giuan<strong>in</strong> pensava: “ troppa fatica ”<br />

Alla f<strong>in</strong>e del raccolto, gli alberi dove era passato Giuan<strong>in</strong> avevano un ciuffo di frutta colorata nella<br />

parte superiore, sembrava l'opera di un bizzarro parrucchiere.<br />

Quando si presentò al padrone per la paga, l'uomo prese il denaro, lo mise sul tavolo e lo sp<strong>in</strong>se<br />

verso di lui, e mentre Giuan<strong>in</strong> tentava di allungare la mano egli svelto se lo riprese.<br />

“ Torna sugli alberi a raccogliere il resto e avrai quanto ti spetta”.<br />

Giuan<strong>in</strong> prese dalla tasca la sua armonica e suonando si allontanò.<br />

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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />

Lo cercarono <strong>in</strong>vano nelle valli circostanti. Di lui non si seppe più nulla. Non tornò più a casa<br />

Giuan<strong>in</strong>, aveva trovato la sua strada, abitare per le strade del mondo, facendo l'unica cosa che<br />

voleva e sapeva fare: suonare l'armonica.<br />

Note: par na ciopa: sembra una pagnotta.<br />

stu „uaglion nun...: questo bamb<strong>in</strong>o non piange mai<br />

ciorta annascosa : fortuna nascosta<br />

no s‟afanava de gnente: non si <strong>in</strong>teressava di niente<br />

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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />

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Io oggi, sono puntuale nel sognare, ho voglia di raccontare una favola alle mie nipot<strong>in</strong>e,<br />

Gaia e Sofia. Mia nipote Gaia è la curiosità fatta bamb<strong>in</strong>a, te ne accorgi soprattutto quando<br />

usa il verde dei suoi occhi. Mia nipote Sofia, sua sorella, guarda la maggiore come se<br />

ascoltasse con le sue orecchie, guardasse con i suoi occhi, respirasse con la sua bocca.<br />

Chi ha un fratello maggiore lo sa, si chiede <strong>in</strong> prestito tutto, perf<strong>in</strong>o i sensi.<br />

Nell'autobus pieno, direi quasi traboccante, la mia attenzione era catturata da un bamb<strong>in</strong>o<br />

che con la massima cura str<strong>in</strong>geva tra le mani un pezzo di legno. Una signora non poté<br />

fare a meno di chiedergli perché tanta preoccupazione per quel pezzo di legno da nulla. Il<br />

bamb<strong>in</strong>o spiegò:<br />

"Sto portando su questo pezzo di legno una formich<strong>in</strong>a, mia grande amica. E' il suo primo<br />

viaggio <strong>in</strong> autobus."<br />

Quanti tra i tanti viaggiatori distratti di quell'autobus avranno compreso la poesia e<br />

l'umanità racchiuse nel gesto di quel bamb<strong>in</strong>o? Io lo compresi, lo zio è sensibile e<br />

profondo, non date retta alle voci che si sp<strong>in</strong>tonano distorte, nipot<strong>in</strong>e adorate.<br />

Cont<strong>in</strong>uai a guardare il bamb<strong>in</strong>o. Quando scese dall'autobus, saltai giù anch'io.<br />

Sentivo che con lui avrei potuto conversare. Gli spiegai che anche a me piacciono le<br />

formiche e gli raccontai quel che accadde nell'unico mal<strong>in</strong>teso che ci fu tra di noi.<br />

Una notte le formiche della mia casa avevano divorato il roseto.<br />

L'<strong>in</strong>domani catturai Serena - una formica rossa, tra le più <strong>in</strong>telligenti che abbia <strong>in</strong>contrato<br />

nella mia vita.<br />

Non la str<strong>in</strong>si con rabbia, perché Dio mi protegge molto contro la rabbia, ma l'afferrai con<br />

una certa fermezza.<br />

La sua zampetta tremava e il cuore le batteva così forte che sembrava scoppiare.<br />

Io volevo solo sapere come mai aveva divorato l'<strong>in</strong>tero roseto <strong>in</strong> una sola notte.<br />

Serena rispose: "Lei pensa di essere il solo a cui piacciono le rose"?<br />

Rimasi molto impacciato, poi commentai: "Vi piacciono così tanto che le mangiate!"<br />

"Ma scusi, lei non fa la stessa cosa nella Comunione?"<br />

Mi sentii morire dalla vergogna e la liberai, con molta attenzione, vic<strong>in</strong>o al terreno.<br />

Durante i giorni seguenti tutte le altre formiche mi tennero il broncio.<br />

Non ne potevo più: chiamai Serena, chiedendole aiuto e <strong>in</strong>segnai a tutte le altre formiche<br />

ad adorare le rose <strong>in</strong>vece che mangiarle.<br />

Una notte <strong>in</strong>vitai il bamb<strong>in</strong>o che portava la formica a spasso con l'autobus a venire a casa<br />

mia.<br />

La luna era <strong>in</strong> piena, più che piena.<br />

Lì avrebbe trovato tutte le formiche che odoravano le rose.<br />

Il bamb<strong>in</strong>o - a differenza degli adulti - non trovò la richiesta "strana" ma meravigliosa!<br />

Gli raccontai di Claudia, una giovane formica che zoppicava. Eravamo nel mio giard<strong>in</strong>o.<br />

Con il suo permesso la girai sul dorso per vedere meglio la ferita.<br />

Claudia per la prima volta vide il cielo.<br />

Le formiche sono come noi ; tutto il giorno a correre, senza mai il tempo per contemplare il<br />

cielo.<br />

Claudia, vedendo il cielo per la prima volta, rimase con la boccuccia aperta per l'emozione.<br />

Era <strong>in</strong>utile porle domande sulla sua zampetta. Non mi ascoltava, cont<strong>in</strong>uava a guardare il<br />

cielo.<br />

Presi <strong>in</strong> braccio il bamb<strong>in</strong>o, <strong>in</strong>fastidito da un gesto che riteneva non gli appartenesse più<br />

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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />

da mesi e gli dissi: "Se vieni a casa mia <strong>in</strong> una notte di luna piena, rischi di trovare le<br />

formiche sup<strong>in</strong>e e con la testa sull'erba, piene di meraviglia e gioia a contemplare la luna”.<br />

Questo gli dissi.<br />

Illustrissime persone adulte, perdonatemi se vi ho sorpreso e deluso, dimenticando i<br />

grandi per conversare, un istante, con i piccoli.<br />

La mia è stata solo una raccomandazione rivolta a me stesso.<br />

Non ha forse detto Cristo che nel cielo entrerà soltanto chi si farà piccolo come i bamb<strong>in</strong>i?<br />

In questo, non sono messo male per niente.<br />

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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />

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I fanali dei veicoli che percorrono la strada nel senso opposto illum<strong>in</strong>ano il volto della<br />

ragazza alla guida. Sono sul sedile passeggero ad osservarla con poca discrezione: il suo<br />

viso che per un attimo s‟illum<strong>in</strong>a e che poi torna nel buio dell‟abitacolo m‟affasc<strong>in</strong>a e<br />

m‟<strong>in</strong>namora di quell‟istante. E' come se l‟immag<strong>in</strong>e del suo volto me la dovessi gestire.<br />

Devo guardarla con il contagocce, e probabilmente non dovrei neanche guardarla così. Lei<br />

stessa, <strong>in</strong> tono scherzoso mi dice: “smettila che mi sciupi” sentendosi osservata. Mi scatena<br />

la risata semplice, quella che parte dallo stomaco e s‟accenna furtiva sulle labbra e nella<br />

voce.<br />

L‟ho sempre vista con il viso di una ragazz<strong>in</strong>a, ma ora quell‟espressione e i suoi capelli<br />

raccolti <strong>in</strong> cima alla testa me la fanno vedere come una donna f<strong>in</strong>ita. Completa. Matura. E‟<br />

bellissima la mia amica, e me ne accorgo ogni giorno sempre di più.<br />

Ha il collo nudo e lungo. Penso a cosa penserebbe se la baciassi proprio lì, sono tentato, ma<br />

r<strong>in</strong>uncio. Cerco di abbandonare il pensiero del suo collo per un attimo buttando lo<br />

sguardo al di fuori del f<strong>in</strong>estr<strong>in</strong>o, e lei mi chiede: “me lo dai un bac<strong>in</strong>o?” Lo chiede con la<br />

voce da bimba e puntando il dito sulla guancia. Esito per un poco, non voglio farmi vedere<br />

così desideroso di un contatto, me ne vergogno, poi sorrido pensando che evidentemente<br />

mi ha chiesto di darle un bacio perché ha capito che ne avevo bisogno.<br />

Mi sembra di volare, e mi sento stupido.<br />

Le do il bacio sulla guancia e mi fermo un attimo ad annusarle la pelle, non sento odori,<br />

sono raffreddato, ma è come se sentissi un bel profumo di niente. Non so se mi spiego.<br />

Aspetta di uscire da una curva per raddrizzare il volante, e mi dice di avvic<strong>in</strong>are il viso<br />

perché vuole darmi un bacio anche lei. Me lo faccio restituire e mi sento veramente un<br />

cret<strong>in</strong>o.<br />

Ci facciamo silenziosi per un po‟. Poi rido. Rido per nulla. E lei mi guarda e si fa<br />

contagiare.<br />

Il silenzio cade nuovamente nell‟abitacolo.<br />

“Ti prego non lo fare” dice seria. Capisco che si riferisce al fatto di non <strong>in</strong>namorarsi di lei.<br />

Mi chiedo come cavolo abbia fatto: mi ha letto nel pensiero? Come fa a sapere che stavo<br />

pensando a qualcosa di più grande <strong>in</strong>sieme a lei? E‟ questo l‟ist<strong>in</strong>to femm<strong>in</strong>ile forse?<br />

Oppure, semplicemente, mi si legge tutto <strong>in</strong> faccia.<br />

Le dico di fidarsi di me, e cerco di chiudere il discorso al più presto. Non mi sento più<br />

tanto sicuro. Ora peso le parole, e le faccio uscire a fatica. Dico: “non succederà fidati.”<br />

“Ti prego” ripete lei, “ti prego.”<br />

“Fidati” rispondo, come se dipendesse da me, poi penso che forse mi trova orribile,<br />

“conosco il mio ruolo” dico, e lei risponde dicendo che non è questione di ruoli. Si sbaglia.<br />

Si sbaglia, è proprio questione di ruoli.<br />

Nient‟altro.<br />

Le osservo la mano. Mi viene l‟ist<strong>in</strong>to di str<strong>in</strong>gergliela, a allora allungo la mia verso la sua,<br />

ma una paura sconosciuta tenta di bloccarmi troppo tardi, e gliela sfioro con un<br />

movimento spastico.<br />

Mi sorride, le ho fatto tenerezza.<br />

F<strong>in</strong>iamo il nostro giro notturno. Le do due baci sulla guancia. Un abbraccio forte forte.<br />

La guardo, e mi accorgo che desidererei baciarla <strong>in</strong>tensamente.<br />

Conosco il mio ruolo, penso.<br />

La saluto e me ne vado. Mi accendo una sigaretta. Mi sento sempre più stupido, ma sto<br />

bene. Dopo pochi metri, mi conv<strong>in</strong>co che la mia amica è una ragazza speciale.<br />

20<br />

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E lo è, vi fidate?<br />

Fidatevi di me.<br />

<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />

Il soffio del vento tra le dita<br />

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Tutto sommato non è stato granché. Un po' di sangue qua e là, ma neanche troppo,<br />

qualche lamento subito soffocato dall'ultimo colpo alla nuca, venti secondi di tremito sul<br />

parquet del soggiorno e via, tutto f<strong>in</strong>ito. Più veloce di una sigaretta. E poi dicono che<br />

ammazzare è un'esperienza terribile, una cosa che ti segna per la vita. A lui non ha fatto<br />

quel grande effetto, tutto sommato. Sarà perché era preparato. Anche se gall<strong>in</strong>e e conigli<br />

non sono proprio la stessa cosa, però un'idea di cosa aspettarti te la danno.<br />

La cosa più difficile <strong>in</strong> fondo è stato il dopo. Avvolgere il corpo nel telo di nylon, sigillarlo<br />

col nastro, trasc<strong>in</strong>arlo f<strong>in</strong>o al furgone, caricarlo, portarlo a spalla f<strong>in</strong>o lì <strong>in</strong> cima. Chi<br />

l'avrebbe detto che era così pesante, sembrava una capra r<strong>in</strong>secchita, <strong>in</strong>vece l'ha fatto<br />

sudare. Quando gli è scivolata – accidenti al nylon – il botto della testa contro il paraurti<br />

sembrava quasi quello di un gong.<br />

Mentre pensa cont<strong>in</strong>ua a scavare, piegandosi <strong>in</strong> avanti, premendo l'anfibio sul bordo della<br />

pala per riuscire a penetrare nella terra dura. Butta l'occhio all'orologio: già quasi mezz'ora<br />

che scava, e così a occhio ne ha ancora per un po'. Almeno altri dieci m<strong>in</strong>uti.<br />

Tira su la schiena, si passa la mano sporca di terra sulla fronte sudata e riprende di buona<br />

lena. Piegandosi, sente sulla schiena l'umido della maglietta sudata. C'è un po' di vento,<br />

speriamo che non mi venga un raffreddore, pensa. Poteva almeno portarsi una bottiglia<br />

d'acqua, cazzo. Tra la pala, la coperta per coprire il corpo e le chiavi, non ci ha pensato. Al<br />

pensiero della birra gelata che lo aspetta f<strong>in</strong>ito il lavoro si passa la l<strong>in</strong>gua secca sulle labbra<br />

screpolate.<br />

Quando ha fatto, lascia andare ancora qualche colpo sulla terra smossa. Di piatto, senza<br />

conv<strong>in</strong>zione. Distratto dal rombo di un tuono lontano, da quel volo di cornacchie contro il<br />

cielo grigio. Poi butta via la pala, si ch<strong>in</strong>a e raccoglie quel fiore buffo, quella sfera quasi<br />

trasparente che gli trema sulla pelle. Chiude la mano e sente il solletico sul palmo. Quando<br />

la riapre, il soffione vola via, spezzato <strong>in</strong> frammenti leggeri, subito dispersi nell‟aria di<br />

pioggia che pizzica le narici. Resta un momento lì <strong>in</strong> piedi, fermo, gli occhi socchiusi, ad<br />

ascoltare il soffio del vento tra le dita.<br />

Poi sospira forte e cerca con gli occhi giù <strong>in</strong> fondo, oltre gli alberi, quella macchia chiara.<br />

La casa che adesso è solo sua. Niente più vecchie a scroccare il tè, niente più pomeriggi a<br />

blaterare di quanto era brava e buona, niente più passeggiata <strong>in</strong> giard<strong>in</strong>o tre volte al<br />

giorno. Sono libero, pensa. Libero. F<strong>in</strong>almente. Porta <strong>in</strong>dietro le spalle per sgranchire i<br />

muscoli <strong>in</strong>dolenziti e si ch<strong>in</strong>a a raccogliere la pala. Mentre si avvia giù per il pendio, cerca<br />

<strong>in</strong> tasca il contatto rassicurante delle chiavi. Rallenta, si ferma, scuote la testa. Cosa cazzo ti<br />

è venuto <strong>in</strong> mente, nonna, di scrivere che mi lasci la casa, ma con il v<strong>in</strong>colo di badare al<br />

cane. Alla cagna. Mentre riprende a camm<strong>in</strong>are si gira, una volta sola. Un'occhiata di<br />

sbieco alla macchia di terra nera che presto l'erba ricoprirà. Sputa nel prato, un getto breve e<br />

deciso che per un attimo luccica sullo stelo piegato. Addio, Lassie.<br />

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L‟allarme venne dato mentre Gaspard e Luisa erano sottocoperta, annoiati, a pelare patate.<br />

I due tredicenni si erano guardati per un momento negli occhi, <strong>in</strong>certi sul da farsi. Su, sul<br />

ponte si udivano passi <strong>in</strong> corsa e grida concitate di mar<strong>in</strong>ai pronti a combattere e già<br />

quando il ragazzo era arrivato alla scala a pioli da cui cent<strong>in</strong>aia di volte era salito e disceso,<br />

non sempre <strong>in</strong> modo ortodosso -c‟erano stati episodi nei quali una pedata era stata<br />

l‟agente scatenante dell‟azione- aveva <strong>in</strong>dov<strong>in</strong>ato con eccitata sorpresa mista ad un<br />

sentimento di smarrimento, il clangore delle sciabole che cozzavano metalliche l‟una<br />

contro l‟altra. Pirati!<br />

Ma che diceva? I pirati erano loro! Sotto la vela vide combattere Jean Le Gros contro due<br />

damer<strong>in</strong>i, che riconobbe per via dell‟uniforme della mar<strong>in</strong>a <strong>in</strong>glese. Loro armati di spada,<br />

lui che si difendeva con la botte di un coperchio, sarebbero potuti sembrare uno spettacolo<br />

comico di buratt<strong>in</strong>i se la lotta <strong>in</strong> corso non fosse stata tremendamente reale.<br />

Adesso che ci pensava, Gaspard non aveva ricordi precedenti alla comparsa di<br />

quell‟energumeno calvo e rosso come un polipo, che raccontava sovente, soprattutto<br />

quando aveva bevuto, di esserselo maledettamente trovato frignante <strong>in</strong> una maledetta<br />

borsa sulla maledetta riva del maledettissimo mare di Genova, tredici anni prima, <strong>in</strong><br />

primavera (aveva sperato la borsa contenesse dobloni sonanti dimenticati da qualche<br />

sprovveduto che non sapeva stare al mondo, e <strong>in</strong>vece!)<br />

“Piccolo sacco di ossa”, gli diceva spesso, “tu sei nato sotto il segno del Toro!”. Jean Le<br />

Gros, la cui voce era un perenne r<strong>in</strong>ghio, fissava la notte, descrivendo con un movimento<br />

sapiente della mano una sezione di cielo stellato che Gaspard aveva imparato a sentire sua<br />

e di cui era <strong>in</strong>timamente orgoglioso. Seguivano immancabilmente commenti scabrosi sulle<br />

abilità amatorie dei tori, a cui i pirati br<strong>in</strong>davano contenti mentre pensavano chi alla<br />

fidanzata, chi alla moglie, chi a quella bella ragazza del bordello di Granada, chi al mozzo.<br />

Eccoli lì, gli stessi che solo ieri stavano pescando assieme a prua, <strong>tutti</strong> <strong>in</strong> religioso silenzio a<br />

fumare la pipa, con i piedi a penzoloni sul verde impossibile e profondo del mare, ora<br />

sparsi qua e là sul legno lucido della nave come bestie imbizzarrite e feroci.<br />

El Gato stava saltando giù dalle reti con un pugnale diretto alla schiena di un soldato<br />

biondo e sbarbato, Paulo le stava prendendo di santa ragione da un giovane <strong>in</strong>glese che<br />

con i pugni sembrava saperci fare, il Capitano era accanto all‟albero maestro e si<br />

proteggeva bene con le due sciabole che compensavano magistralmente per il grosso<br />

rub<strong>in</strong>o che sostituiva l‟occhio destro sotto la benda nera.<br />

“Corpo di mille pescispada!”, stava per esclamare, ma non fece <strong>in</strong> tempo perchè un colpo<br />

di baionetta lo stecchì improvvisamente e lo mandò a gambe all‟aria, stivali e tutto.<br />

Gaspard udì il rumore di legno sfasciato e si voltò per vedere Jean Le Gros, ora disarmato,<br />

che aveva tentato di colpire, con scarsi risultati, i due assalitori, lanciando contro di loro le<br />

due metà di coperchio che gli erano rimaste <strong>in</strong> mano.<br />

Il ragazzo si accorse che nella fretta, aveva portato con se‟ un sacco di patate ed <strong>in</strong>iziò a<br />

lanciarle con tutta la forza che aveva <strong>in</strong> corpo, non molta a dire il vero, contro i nemici.<br />

Affatto disturbati essi <strong>in</strong>filarono le spade nel corpo di Jean Le Gros (si sarebbero occupati<br />

del marmocchio più tardi), che morì maledicendo la reg<strong>in</strong>a nel peggiore slang delle<br />

taverne di Nizza. L‟ultimo sguardo fu per Gaspard, e fu pieno di ricordi, quelli più felici<br />

della sua vita. Ma questo non <strong>in</strong>terruppe la strage..<br />

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“Tu non sai, non mi puoi giudicare.”<br />

Incl<strong>in</strong>ò il capo e lo osservò di sbieco, da sopra le lenti.<br />

“Cos‟è che non saprei, io? Ti conosco da quando sei nato, se non te lo ricordi.” Chiuse con<br />

un mezzo sorriso, quasi a volergli dimostrare benevolenza.<br />

Sospirò. Come con i bamb<strong>in</strong>i testardi.<br />

“Te lo ripeto: tu non sai. E se mi conoscessi veramente non me lo chiederesti.”<br />

“Ma devo. È il mio lavoro. Ora sei tu che dimostri di non conoscermi.”<br />

Si erano stizziti entrambi.<br />

Alberto abbassò lo sguardo e si mise a fissare la punta delle scarpe. Tamburellò con un<br />

piede e sospirò di nuovo.<br />

La sua immag<strong>in</strong>e riflessa cont<strong>in</strong>uò a osservarlo. Nonostante l‟autocontrollo, lo specchio<br />

trasudava irritazione.<br />

“Vuoi fare un solco nel pavimento con quel piede?”<br />

Alberto alzò gli occhi di scatto e le sue guance avvamparono di vergogna. Anche il suo<br />

rivale prese colore. E ghignò fra sé e sé per il risultato ottenuto. Colpito e affondato.<br />

L‟uomo decise allora di vuotare il sacco. Non era andato lì per perdere tempo, doveva<br />

sistemare le cose. Si lisciò la camicia, <strong>in</strong>filò le mani <strong>in</strong> tasca e drizzò la schiena fiero.<br />

“Ti conosco da una vita. È vero. Ho spesso avuto bisogno di te. Anche questo è vero. Ma<br />

sono venuto per dirti addio e te lo ripeto. Tu non sai cos‟ho passato e il tuo aiuto si è<br />

sempre rivelato più dannoso che altro. I tuoi consigli, i tuoi patti hanno un risvolto<br />

ambiguo; alla f<strong>in</strong>e ho perso più di quello che ho guadagnato. Ora basta – sfilò le mani e<br />

mostrò i palmi quasi a difendersi – Riscatto la mia anima.”<br />

Lo specchio stava per scoppiare a ridere. Si trattenne solo per professionalità. Non riuscì<br />

però a mascherare un‟espressione compiaciuta.<br />

“Tu non puoi. Non si viene qua a dire semplicemente „è f<strong>in</strong>ita‟. Caro Alberto: hai ancora<br />

tante cose da imparare.”<br />

“No. Sei tu che cont<strong>in</strong>ui a non capire: ho GIA‟ riscattato la mia anima. Ti sto <strong>in</strong>formando.<br />

Non te lo sto chiedendo.”<br />

La malsana copia ebbe un brivido. Lo sfondo perse il contatto con l‟orig<strong>in</strong>ale, nere<br />

ragnatele si tesero alle sue spalle. La rabbia salì impetuosa per tutto il corpo gonfiando le<br />

vene sul collo. Stavolta lui solo divenne rosso <strong>in</strong> viso. Com<strong>in</strong>ciò a sbavare. Due spicchi<br />

giallastri spuntarono dalle labbra, un liquido nero e denso fece capol<strong>in</strong>o dalle narici. Lo<br />

specchio sussultò; refoli di polvere planarono dalla cornice <strong>in</strong> cerca di un posto più<br />

tranquillo. La consistenza del vetro mutò f<strong>in</strong>o a dilatarsi <strong>in</strong> una bolla. Stava per esplodere.<br />

Alberto arretrò spaventato.<br />

“L’autocontrollo è andato a farsi benedire o sbaglio? Ops, scusa. Forse non è il caso parlare di<br />

benedizioni.” Una voce argent<strong>in</strong>a bisbigliò alla mente del mercante d‟anime. Sbarrò gli<br />

occhi. L‟imprevista comparsa del nemico lo congelò all‟istante <strong>in</strong> una grottesca immag<strong>in</strong>e<br />

da libro degli orrori. Un grugnito rabbioso esplose dalle sue labbra. Impossibilitato a<br />

muoversi serrò i pugni.<br />

Una risat<strong>in</strong>a soddisfatta rimbombò nelle sue orecchie. Lavorare dalla parte dei buoni non<br />

esclude la possibilità di prendersi una soddisfazione. Ogni tanto. Però implica una<br />

sgridata. Pazienza, ne vale la pena.<br />

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“Quest’uomo è nostro, ora. Ha pagato il riscatto, non potete più pretendere nulla. Giusto per<br />

ricordartelo di nuovo. Già che ci sono ti do un passaggio f<strong>in</strong>o a casa, vuoi?” domanda retorica.<br />

La bestia sentì contorcersi le budella e fu un attimo: un violento risucchio trasc<strong>in</strong>ò<br />

l‟immonda immag<strong>in</strong>e <strong>in</strong> un sordo buco nero. E fu la pace.<br />

L‟ist<strong>in</strong>to di sopravvivenza scosse Alberto dalla paura che l‟aveva impietrito f<strong>in</strong>o a quel<br />

momento. Riprese a respirare. Un ronzio s‟accese nelle orecchie, forse dovuto alla<br />

pressione. No, non era la pressione.<br />

“TORNERÒ!!!”<br />

Ascoltare e fuggire fu un attimo.<br />

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“In questo dvd c'è il video nel quale si vede l'assass<strong>in</strong>o di Chiara”, dico.<br />

Butto il dvd sul tavolo. Maria mi guarda male.<br />

“Se è vero perché lo tratta <strong>in</strong> quel modo?”.<br />

Rido. Lei mi guarda male, forse ha <strong>in</strong>dov<strong>in</strong>ato che mi sono fatto con Novek, quella nuova<br />

droga molto potente. Dicono che brucia il cervello e libera i tuoi peggiori ist<strong>in</strong>ti.<br />

“Dubita delle mie parole? Quando Chiara è stata uccisa una videocamera nascosta, che lei<br />

stesso aveva attivato, ha registrato tutto. Ho scaricato i dati e poi li ho masterizzati su un<br />

dvd”.<br />

Maria beve un altro goccio di whisky. Da quando la conosco, e cioè da quel giorno che mi<br />

ha telefonato per <strong>in</strong>gaggiarmi per l'omicidio di sua figlia, l'ho vista sempre bere. Ho<br />

conosciuto molte donne che bevono ma ho subito capito che lei lo fa solo quando è triste. E<br />

quando tua figlia viene stuprata e sgozzata si è abbastanza tristi.<br />

Mi siedo e mi verso un bicchier<strong>in</strong>o anch'io nel bicchiere che Maria ha preparato.<br />

“Perché si autofilmava?”<br />

“Metteva i video su facebook. Non aveva una webcam e, non so perché, non l'aveva mai<br />

comprata”.<br />

Maria alza le spalle.<br />

“Chi è l'assass<strong>in</strong>o?”, dice.<br />

Sorrido. Mi alzo e appoggio il dvd nel lettore. Accendo la tv.<br />

“So come lei. Ho aspettato oggi per vedere il filmato. La videocamera era nascosta <strong>in</strong> un<br />

pupazzo”.<br />

Quando compare Chiara sua madre si asciuga delle lacrime. Chiara si mette a cantare. E'<br />

stonata. La porta si apre ed entra un uomo. Mi alzo <strong>in</strong> piedi. Non è possibile. Maria mi<br />

guarda a bocca aperta poi rivolge il suo sguardo di nuovo sul video. L'uomo, che sembra<br />

drogato, le parla. Lei ride. Lui no: scatta <strong>in</strong> avanti e le punta un coltello alla gola. Guardo il<br />

resto.<br />

Mi viene da vomitare. Vado <strong>in</strong> bagno mettendo una mano sotto il giubbotto.<br />

Maria apre il cassetto e prende una pistola. La guarda. Non l'ha mai usata ma oggi lo farà.<br />

Uno sparo la fa sobbalzare. Va <strong>in</strong> bagno e vede l'<strong>in</strong>vestigatore riverso sul pavimento del<br />

bagno, <strong>in</strong> una pozza di sangue, mentre il muro dietro al water dove sicuramente lui era<br />

seduto è sporco di pezzi di cervello. Ha la nuca aperta da un proiettile che le è penetrato<br />

dalla bocca. In mano ha una pistola. Maria non è dispiaciuta.<br />

Nel video c'era lui.<br />

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Io sono cieca. Non ho mai veduto nulla f<strong>in</strong>o a ora.<br />

Tutto è nero <strong>in</strong>torno a me. Annaspo spesso con le mani, come per cercare segnali da un<br />

mondo che non sento ancora mio. Impossibile capirmi, per chi non è come me.<br />

Non è come chiudere gli occhi e fare f<strong>in</strong>ta per gioco di essere ciechi.<br />

E‟ il voler stare <strong>in</strong>vece con gli occhi aperti per cogliere <strong>tutti</strong> i colori della vita, e raccogliere<br />

<strong>in</strong>vece solo il buio che c‟è attorno. E‟ come voler scrivere senza sapere dove f<strong>in</strong>isce il<br />

foglio, o provare a sp<strong>in</strong>gere l‟oscurità con la mano provando a <strong>in</strong>dov<strong>in</strong>are quando<br />

toccherà il muro. Il buio è accarezzare la pancia della mamma e non riuscire a vedere<br />

com‟è la mia piccola casetta.<br />

Perché io sono ancora piccola. Piccola e cieca.<br />

Mamma dice che io un giorno riuscirò a vedere. E anche Papà lo dice.<br />

Meno male che il buio non riesce a nascondermi anche l‟amore di chi ho <strong>in</strong>torno. Quando<br />

papi sta con me sembra quasi ci sia luce. Non so com‟è la luce, ma dev‟essere bellissima,<br />

perché quando lui mi parla spesso mi chiama Luce e io sono subito felice.<br />

Non vedo l‟ora di vedere com‟è fatta la mia mamma. Papà dice che è bellissima, mentre<br />

mamma dice che papà ha il pancione, però gli vuole bene lo stesso perché le scrive delle<br />

poesie meravigliose.<br />

Ogni tanto si dicono cose brutte, e mi fanno <strong>in</strong>nervosire. E allora capisco che mi vogliono<br />

bene, perché appena mi agito, smettono subito.<br />

Certe volte di notte parlano e io li sento, perché anche se sono cieca ci sento più che bene.<br />

Papà chiede sempre a voce bassa di fare qualcosa alla mamma, e lei si mette a ridere e gli<br />

dice che non si può. E allora lui le parla a voce ancora più bassa e mamma ride di più e gli<br />

dice che è uno sporcaccione. Io aspetto, perché sono curiosa e voglio sapere che cos‟è, ma<br />

non ci riesco mai. Mi addormento sempre.<br />

A volte sogno, ma non riesco a vedere niente. Non si può sognare ciò prima non si è visto.<br />

Se qualcuno mi dicesse che potrò vedere per un giorno soltanto, io trascorrerei quel giorno<br />

cercando di vedere più cose possibili. Starei due ore a guardare papà, due ore a guardare<br />

mamma, e poi tutto il resto del tempo a guardare fiori e animali e fiumi e il cielo e il<br />

sorriso di tante persone.<br />

Così quando tornerò cieca sarò triste ma almeno potrò fare sogni belli. Ciò che sogno<br />

adesso è solo di poter vedere, per poter decidere da me se assomiglio di più a mamma o a<br />

papà.<br />

Che senso ha sentirmi dire che ho i capelli biondi e le guance rosse se non so dist<strong>in</strong>guere i<br />

colori?<br />

Che senso ha saper correre se non posso vedere dove vado?<br />

Che senso ha nutrirsi di odori e disegnare con le dita un mondo che non vedo?<br />

Ma io non sono triste. So che presto vedrò.<br />

Avrò tante cose da fare, e che bello sarà.<br />

Scriverò mille righe solo per il piacere di fermarmi alla f<strong>in</strong>e del foglio e vedrò il profilo di<br />

papà quando la sera mi leggerà le fiabe. Accarezzerò la pancia di mamma e darò un bacio<br />

alla mia prima casetta, anche se la vedrò solo da fuori.<br />

Mi addormenterò con il bacio di mamma sulla fronte e lo sognerò, e non mi <strong>in</strong>teresserà più<br />

sapere che cosa il papà le domanda tutte le sere.<br />

Non vorrò sapere di tutte le cose cattive che ci sono nel mondo. Per quelle ci sarà sempre<br />

tempo.<br />

Voglio solo vedere la luce, e con essa tutto il mondo.<br />

Forse per questo si dice “venire alla luce.”<br />

Non vedo l‟ora di sapere quale sarà il mio nome. Ancora non riescono a decidersi.<br />

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Qualunque sarà, io sarò d‟accordo.<br />

Se tutto va bene, sarò felice.<br />

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È fatta, è f<strong>in</strong>ita: abbiamo tagliato la torta, distribuito i confetti, salutato parenti e amici, e<br />

siamo scappati via, tenendoci per mano. Li abbiamo lasciati <strong>tutti</strong> là, nella sala del<br />

ristorante: la musica ancora suonava, qualcuno rideva forte, le mamme, le sorelle e le<br />

amiche piangevano di commozione.<br />

Adesso siamo <strong>in</strong> macch<strong>in</strong>a, io e lei da soli, e questo silenzio ci pare strano. Abbiamo<br />

bagagli dappertutto, Angela tiene pure una borsa <strong>in</strong> mezzo ai piedi. Ha ancora addosso il<br />

vestito lilla del ricevimento e l‟acconciatura da sposa. Io oscillo tra la felicità esplosiva che<br />

mi prende tutte le volte che la guardo seduta vic<strong>in</strong>o a me, bella come una rosa di maggio, e<br />

la tristezza per quello che lascio qui: mia madre, <strong>tutti</strong> gli amici del quartiere con cui ho<br />

giocato per strada da bamb<strong>in</strong>o, il palazzo enorme dove ho vissuto per vent‟anni, che è<br />

stato nuovo per forse qu<strong>in</strong>dici giorni, e poi ha com<strong>in</strong>ciato a produrre crepe, sporco,<br />

rugg<strong>in</strong>e, muffa, e si è messo rapidamente <strong>in</strong> pari con <strong>tutti</strong> gli altri edifici della zona. Mi<br />

dispiace lasciare questo posto fetente, perché è qui che sono nato, è qui che ho costruito i<br />

miei ricordi, perché qui c‟è la gente a cui voglio bene. E poi c‟è Angela, però, la vita nuova<br />

che mi chiama.<br />

Lei solo questo mi ha chiesto, quando abbiamo deciso di sposarci: “Va bene, Anto‟, però<br />

da qui ce ne dobbiamo andare. Io i figli miei qui non ce li cresco.” Le ho detto di sì, perché<br />

anche nella mia testa questa è la cosa giusta da fare. Qui per lavorare ti devi vendere, per<br />

essere onesto devi essere fesso: nemmeno io ce li voglio crescere i figli miei, qui. Però,<br />

adesso che me ne vado, mi accorgo che non lo so dove lo sto portando, il mio futuro. Non<br />

ho paura, ma ho già nostalgia di tutto l‟amore che lascio <strong>in</strong> mezzo a questa monnezza.<br />

Fa caldo, Angela ha sete e ci fermiamo a comprare qualcosa. Angela, ma quanto sei bella,<br />

amore mio. Ancora non mi sembra vero che mi hai detto di sì, che hai messo la vita tua <strong>in</strong><br />

mano a me, uno senza lavoro e senza soldi. Ti giuro che non te ne pentirai, ci riuscirò a<br />

farti felice. Avremo una casa decente, senza crepe e senza muffa; giù <strong>in</strong> strada non ci<br />

saranno spacciatori e puttane. I bamb<strong>in</strong>i li manderemo all‟asilo e la domenica ci vestiremo<br />

bene e andremo a passeggiare sottobraccio <strong>in</strong> centro, con la testa alta.<br />

Andiamo avanti ancora un po‟, coi f<strong>in</strong>estr<strong>in</strong>i aperti per far entrare un po‟ d‟aria. A un certo<br />

punto la strada si avvic<strong>in</strong>a alla costa, e rivediamo improvvisamente il mare. Angela si<br />

mette a piangere di colpo, come se le avessero dato un pugno, e io non le chiedo di<br />

spiegarmi il motivo, perché lo stesso pugno, nello stomaco, è arrivato anche a me.<br />

“Andiamoci a fare un bagno” dico per sdrammatizzare.<br />

“Non ci ho il costume, Antò, come faccio?” risponde lei cercando di controllare i<br />

s<strong>in</strong>ghiozzi e di mandare giù le lacrime.<br />

“Allora andiamoci a mangiare un po‟ di spaghetti col pesce. Al ricevimento siamo andati<br />

girando tutto il tempo e il pranzo non l‟abbiamo nemmeno assaggiato.”<br />

Angela mi sorride, con gli occhi ancora lucidi ma di nuovo felici. Lo so che a lei gli<br />

spaghetti col pesce la fanno impazzire. Allora penso a come sarebbe bello se questa fosse<br />

solo una gita per andare a mangiare un piatto di spaghetti sul mare, e poi potessimo<br />

tornare a vivere a casa nostra, come <strong>tutti</strong>.<br />

Perché noi no, perché dobbiamo scontare le colpe degli altri scappando, e senza avere<br />

nessuna voglia di scappare? Ho un nodo di rabbia <strong>in</strong> fondo alla gola, grosso, ma me lo<br />

<strong>in</strong>goio a forza, perché sono <strong>in</strong> viaggio di nozze, perché vic<strong>in</strong>o a me c‟è Angela, e perché ho<br />

vent‟anni, e tutta la vita davanti.<br />

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L‟auto, il cui verde militare si mimetizza bene con l‟<strong>in</strong>torno, cont<strong>in</strong>ua la sua corsa. Verso<br />

cosa non sappiamo, forse lo scopriremo. Intanto avanza, e andare avanti è, di per sé,<br />

positivo.<br />

Al volante c‟è un uomo, uno qualunque, uno dei tanti sulla faccia della terra; c‟è un uomo<br />

e sta guidando.<br />

Frena, accelera, rallenta, riaccelera. L‟appenn<strong>in</strong>o presenta strade fatte di curve cont<strong>in</strong>ue,<br />

come ogni montagna: brevi rettil<strong>in</strong>ei cui segue un tornante, curve dolci, altre più secche,<br />

una discesa, poi una salita poi… Sempre così, sempre a guidare, stando attento ogni<br />

momento, cont<strong>in</strong>uamente all‟erta; il pericolo può essere ovunque.<br />

C‟è un problema, però, o forse è meglio def<strong>in</strong>irlo un quesito, condito, tra l‟altro, da un<br />

dilemma: sta guidando e gli piace, ma non sa perchè lo sta facendo e, al contempo, sa che<br />

non gli è mai piaciuto guidare. Il quesito è ancora più semplice, implicito nel dilemma:<br />

perché è al volante di un‟auto?<br />

Pur avendo questi pensieri <strong>in</strong> testa cont<strong>in</strong>ua a guidare, attento, presente.<br />

Sa chi è, da dove viene, rammenta il suo passato, ma non ricorda di essersi mai messo al<br />

volante di questa auto e di essere partito per un viaggio di cui non conosce la meta, però<br />

prosegue, tiene il mezzo sotto controllo e va.<br />

Passa su strade poco battute, molto rari gli <strong>in</strong>contri.<br />

Vede scorrere al suo fianco burroni e strapiombi, addolciti dal folto ed <strong>in</strong>tenso verde degli<br />

alberi che ornano le montagne e, se non ci fosse il motore a disturbare, potrebbe anche<br />

sentire il suono di qualche fiumiciattolo che scorre nel fondo della gola, o il canto del<br />

vento, <strong>in</strong> alcuni tratti davvero <strong>in</strong>tenso e magnifico, come ogni cosa naturale.<br />

È troppo preso dai pensieri per accorgersi di cose simili, sta cercando di trovare alcune<br />

risposte, sta cercando di trovarsi.<br />

In questo momento sta sbucando <strong>in</strong> una vallata, vede ai suoi fianchi dolci declivi, prati,<br />

qualche casa, ma non si sa fermare, non riesce a fermarsi per chiedere <strong>in</strong>formazioni, sa che<br />

deve andare avanti. Dove?<br />

È orribile trovarsi <strong>in</strong> una situazione simile: vuoi fermarti e non ci riesci, vuoi chiedere e<br />

non ce la fai… e tutto questo perché qualcosa, dentro, ti dice di cont<strong>in</strong>uare da solo, quasi<br />

fosse una sfida verso te stesso, verso la tua vita. Avanti, sempre avanti, anche se una pausa<br />

di certo non guasterebbe. Forse.<br />

Una valle è comunque limitata e, o ti ci fermi e la esplori, oppure l‟attraversi e cont<strong>in</strong>ui, e<br />

lui cont<strong>in</strong>ua, senza soste, sulla strada, alla ricerca di qualcosa. Ma di che cosa? C‟è una<br />

meta per questo viaggio o è un puro correre alla cieca? C‟è un f<strong>in</strong>e a tutto questo o si tratta<br />

di follia, di psicosi, di un tentativo di fuga dalla realtà?<br />

Alza gli occhi al cielo: l‟azzurro <strong>in</strong>tenso di poco prima è stato sostituito da un rosso<br />

arancione derivato dal tramonto, e il verde degli alberi è più cupo, tendente al nero.<br />

Avanti, schiaccia l‟acceleratore e va. Ora ogni cosa cambia forma, le ombre sono diverse,<br />

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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />

allungate, sempre più opprimenti ed offensive, quasi lo volessero catturare per portarlo <strong>in</strong><br />

un mondo buio.<br />

Il buio arriva, lo copre, lo schiaccia, ma lui <strong>in</strong>siste e i fari accesi gli mostrano la strada.<br />

Sempre curve e tornanti, li passa, prosegue, deve trovare, arrivare.<br />

Il buio fuori non è come il buio dentro, i fari di un‟auto illum<strong>in</strong>ano una strada, ma dentro<br />

di te non ci sono automobili, solo tu puoi darti la luce, solo tu puoi vedere. Se vuoi.<br />

L‟auto verde ora è ferma. Senza carburante? Una pausa per chiarirsi le idee, per cercare di<br />

capire come e dove è salito su quel mezzo, chi gli ha dato le chiavi, chi o cosa lo ha fatto<br />

partire?<br />

E se fosse f<strong>in</strong>ito il viaggio? No, mi sembra di sentire il rumore… si, ha girato la chiave, ha<br />

riacceso la macch<strong>in</strong>a.<br />

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Ieri ho comprato una bottiglia del tuo profumo e l‟ho spruzzato nel soggiorno, nella<br />

cuc<strong>in</strong>a, nella nostra camera da letto, nel bagno, f<strong>in</strong>ché non ne è rimasta più nemmeno una<br />

goccia.<br />

Ti piacciono i vestiti sobri, i bracciali di pietre colorate, gli orologi vistosi e i pittori naif.<br />

Se qualcosa non ti va giù alzi il sopracciglio destro per segnalare la tua scontentezza e ti<br />

scappa da ridere quando durante una conversazione non sai più cosa dire. Ti piace<br />

rimanere <strong>in</strong> silenzio anche nelle situazioni <strong>in</strong> cui può essere imbarazzante e quando entri<br />

<strong>in</strong> una casa che non conosci lo fai a passi leggeri, quasi <strong>in</strong> punta di piedi, come la prima<br />

notte che sei salita da me chiedendo cont<strong>in</strong>uamente permesso, anche se sapevi che abitavo<br />

da solo.<br />

Mi ricordo il giorno <strong>in</strong> cui mi hai detto: “Carlo, devo trasferirmi a Bruxelles per lavoro”<br />

e da <strong>in</strong>separabili siamo diventati divisi. Eravamo perfettamente s<strong>in</strong>cronizzati io e te, come<br />

le gemelle contorsioniste per cui andavi apposta al circo sotto Natale: sapevamo entrambi<br />

di non poter sbagliare un solo movimento altrimenti avremmo <strong>in</strong>terrotto la grazia dello<br />

spettacolo.<br />

Tutte le nostre abitud<strong>in</strong>i si sono staccate come i pezzi di un puzzle che un bamb<strong>in</strong>o ha<br />

deciso di sparpagliare <strong>in</strong> giro per capriccio e qualche tassello non l‟ho più ritrovato.<br />

“E‟per necessità” mi hai detto. O forse è perché ti avevo stancata. Ti avevano stancato i<br />

miei sbadigli cont<strong>in</strong>ui nel bel mezzo di una discussione seria, i miei occhi stanchi che<br />

dicevi non ti guardavano mai <strong>in</strong> faccia, il mio picchiettare la punta delle dita sul tavolo<br />

della cuc<strong>in</strong>a dopo cena, i miei vestiti eccentrici, il mio parlare a voce alta anche quando<br />

eravamo abbracciati e mi avresti sentito, anche se avessi solo mosso le labbra. Ero<br />

spaventato, sentivo la tua mancanza così forte da essere conv<strong>in</strong>to che prima o poi ne sarei<br />

stato sconfitto: la sera appena mi mettevo a letto per cercare riposo dai ricordi <strong>in</strong>iziava a<br />

scalciarmi dentro al petto come un cavallo imbizzarrito e la matt<strong>in</strong>a mi smuoveva l‟aria<br />

nella pancia come il battito d‟ali di un gabbiano affamato <strong>in</strong> cerca di cibo. Non capivo<br />

perché non mi lasciavi <strong>in</strong> pace visto che eri stata tu a decidere di andare via.<br />

Poi un giorno ho <strong>in</strong>iziato a vestirmi sobrio, a portare orologi da polso vistosi, ad alzare il<br />

sopracciglio destro quando qualcosa non andava, a scoppiare a ridere quando non sapevo<br />

più cosa dire, ad entrare <strong>in</strong> punta di piedi nelle case degli sconosciuti e ad essere silenzioso<br />

quando poteva essere imbarazzante.<br />

La scorsa settimana hanno suonato alla porta. Ho aperto senza chiedere chi era. Era una<br />

donna e si chiamava come te. L‟ho <strong>in</strong>vitata a sedersi <strong>in</strong> soggiorno e abbiamo parlato a<br />

lungo di cattive abitud<strong>in</strong>i. Ti confesso che per un attimo sono stato attratto da lei, a dire il<br />

vero fisicamente ti somiglia molto, ma a parte questo se la vedessi sono sicuro che non ti<br />

piacerebbe per niente: mentre mi parlava sbadigliava cont<strong>in</strong>uamente e aveva gli occhi<br />

talmente stanchi che sembrava non guardarmi mentre parlava, picchiettava la punta delle<br />

dita sul tavolo, aveva <strong>in</strong>dosso un vestito rosso talmente eccentrico da far arrossire il<br />

Moul<strong>in</strong> Rouge di Pigalle e non so perché anche se le stavo a due centimetri dal naso mi ha<br />

parlato per tutto il tempo con un tono di voce altissimo. Le ho detto che le sue idee sulle<br />

abitud<strong>in</strong>i della gente non mi <strong>in</strong>teressavano ma che se voleva poteva tornare per conoscersi<br />

meglio. Non so se tornerà. Si è alzata ed è andata via e mentre scendeva le scale le ho<br />

guardato i piedi e ho richiuso la porta.<br />

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E‟ l‟ultimo venerdì del mese e il Vecchio si è svegliato di buon umore.<br />

Quando la badante entra <strong>in</strong> camera e tira su l‟avvolgibile, è seduto sul fianco del letto, la<br />

vestaglia di seta, i piedi avvizziti nelle pantofole di nappa, le mani <strong>in</strong> grembo, tremolanti.<br />

L‟ultimo venerdì del mese entra nella stanza con una gran luce.<br />

E‟ una giornata di sole.<br />

Adele gli dà un sorso d‟acqua, le due pasticche per il diabete, un altro sorso d‟acqua.<br />

Il Vecchio schiocca due volte la l<strong>in</strong>gua, come è solito fare l‟ultimo venerdi del mese.<br />

Guarda il cielo raggiante come lui, prende la dentiera <strong>in</strong> titanio dalla tazza sul comò e se<br />

ne addobba.<br />

“Adele preparami il vestito”.<br />

La dentiera fa una luce….<br />

E‟ la parola d‟ord<strong>in</strong>e di <strong>tutti</strong> gli ultimi venerdì del mese.<br />

“Sono già sull‟ometto, veda se sono di suo gradimento”.<br />

Il Vecchio si alza, guarda e omologa.<br />

Come sempre.<br />

Si fida ciecamente dei gusti di Adele.<br />

Nei giorni normali la sua mise è anonima, soltanto comoda deve essere.<br />

Tanto non va da nessuna parte.<br />

I vestiti buoni li mette solo il giorno dello schiocco.<br />

Il completo fresco di lana, color zucchero, fa pendant con i suoi occhi.<br />

Camicia <strong>in</strong> piquet azzurro.<br />

Cravatta rigorosamente nera, nodo importante.<br />

Calz<strong>in</strong>o e mocass<strong>in</strong>o neri.<br />

Fa colazione <strong>in</strong> vestaglia, fette biscottate e pane duro <strong>in</strong>zuppati nel latte, il pasto più<br />

importante della giornata.<br />

Adele lo sa che ha l‟appuntamento e come sempre è molto lesta a fare pulito.<br />

Il Vecchio, prima di andare alla toilette, si sofferma davanti alla porta dello studio, come fa<br />

ogni ultimo venerdi del mese.<br />

E‟ lì che avviene lo scambio.<br />

Entra.<br />

Guarda se tutto è a posto.<br />

Scrivania ord<strong>in</strong>ata, chiavi della cassaforte accanto al telefono, la vecchia bilanc<strong>in</strong>a di<br />

precisione per l‟oro, la coppa di Dom Perignon, il posacenere per il sigaro.<br />

Tutto a posto.<br />

Si immag<strong>in</strong>a la cassaforte dietro le bagnanti.<br />

Adele sa che non avrebbe dovuto disturbare. Affari.<br />

Un extra di 500 euro.<br />

Sono le 11 e trenta.<br />

Il commercialista è sempre puntuale. Di poche parole. Uno scambio e via.<br />

Alle 11.25 Adele va <strong>in</strong> cuc<strong>in</strong>a e <strong>in</strong>izia a preparare il m<strong>in</strong>estrone.<br />

Tanto sa che il Vecchio non lo avrebbe mangiato, come ogni ultimo venerdi del mese.<br />

Capita così da 10 anni, ma lei non ha mai chiesto spiegazioni.<br />

Alle 11.36 il commercialista entra nello studio del Vecchio, che è seduto sulla sedia<br />

girevole, le mani <strong>in</strong> grembo e il sorriso di titanio.<br />

Il Vecchio è solare, il commercialista è il commercialista.<br />

Si svolge tutto velocemente. Come sempre.<br />

Il Dom Perignon, l‟accensione del sigaro, l‟apertura della cassaforte, lo scambio.<br />

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Il commercialista passa al Vecchio un pacco, che estrae dalla borsa.<br />

Il Vecchio passa al commercialista un sacchett<strong>in</strong>o, gonfio come una mozzarella.<br />

Stretta di mano e al prossimo ultimo venerdi del mese.<br />

Adele accompagna il dottore.<br />

Il Vecchio si chiude <strong>in</strong> camera.<br />

Adele il m<strong>in</strong>estrone non gliel‟ha scodellato.<br />

L‟avrebbe svegliato all‟ora di merenda, come sempre.<br />

Però, quando la badante bussa alla porta della camera, non sente l‟usuale schiocco di<br />

l<strong>in</strong>gua, allora bussa di nuovo.<br />

Il Vecchio è riverso a terra, sotto alla cassaforte, aperta.<br />

Le “Bagnanti” di Cezanne è appoggiato al muro.<br />

Adele ha le braccia forti, ha buttato giù la porta con facilità.<br />

Il corpo del Vecchio è una postilla, una gr<strong>in</strong>za avv<strong>in</strong>ghiata ad un cucchiaio pieno di<br />

Nutella e a una scatola di marron glaces, il sorriso al titanio è adornato di glassa e<br />

cioccolato.<br />

Nella cassaforte, dietro a un contenitore per 12 uova pieno d‟oro fuso, Adele vede 2<br />

barattoli di Nutella, 2 scatole di marron glaces e una pistola.<br />

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“Basterà!” Pensa Jack mentre si versa il caffè dalla moca al thermos “Per questa notte<br />

basterà”<br />

Jack, guardiano notturno onesto e ligio al dovere si avvia al magazz<strong>in</strong>o dove lavora. È<br />

oppresso da una stanchezza non fisica, da un senso di <strong>in</strong>quietud<strong>in</strong>e e nostalgia che il porto<br />

<strong>in</strong>s<strong>in</strong>ua <strong>in</strong> chi rimane fra i suoi moli troppo a lungo, senza che il rollio della barca sul mare<br />

diradi queste sensazioni come un banco di nebbia, aspettando che poi altri porti e altri<br />

moli le dilegu<strong>in</strong>o completamente.<br />

Jack <strong>in</strong>izia la sua ronda, noiosa, <strong>in</strong>term<strong>in</strong>abile, oppresso dalla rapidità con cui le navi<br />

vanno e vengono giù al porto, navi e barche testimoni del mondo e delle sue meraviglie,<br />

che ogni volta ne lasciano al porto un pezzetto, solo per un istante, per poi ricondurlo al<br />

largo nella loro scia.<br />

La notte al porto è sempre ricca di strani rumori, rumori s<strong>in</strong>istri che ti accompagnano<br />

lungo le vie nebbiose e cupe; scricchioli, urla, risate deliranti, rumori di vetri rotti dalla<br />

locanda. Jack ne è ormai assuefatto, così com'è assuefatto alla caffe<strong>in</strong>a.<br />

Torcia <strong>in</strong> mano e sguardo attento camm<strong>in</strong>a lungo il perimetro del magazz<strong>in</strong>o pronto a<br />

<strong>in</strong>tervenire qualora ce ne fosse bisogno, e attende pazientemente che quel momento arrivi,<br />

lo attende ormai da così tanto che nel tempo ha ormai perso il conto delle navi che ha visto<br />

passare <strong>in</strong> quelle notti, illum<strong>in</strong>ate dalla luce forte e mite del faro<br />

“Basterà!” Pensa Jack mentre si versa qualche goccia di sonnifero nel bicchiere d'acqua. I<br />

ritmi sono duri, il sonno è la veglia e la veglia è il sonno, elementi che si fondono <strong>in</strong> un<br />

<strong>in</strong>descrivibile senso di nausea e apatia nervosa.<br />

Morfeo diventa sempre più <strong>in</strong>arrivabile, si allontana camm<strong>in</strong>ando sulle acque mentre gli<br />

anni passano <strong>in</strong>esorabili sulle sue rughe e la vita scorre come il mare e i ricordi che porta<br />

con sè<br />

I manovali lavorano e bestemmiano ricordandogli che il matt<strong>in</strong>o non è fatto per dormire.<br />

Non c'è scampo, chiudi gli occhi!<br />

“Basterà!” tenta di conv<strong>in</strong>cersi Jack mentre calcola i soldi che riceverà una volta smesso di<br />

lavorare. Trentac<strong>in</strong>que sudati anni devono bastare, trentac<strong>in</strong>que anni regalati al porto e ai<br />

suoi viaggiatori, al porto e ai sogni altrui, di capitani coraggiosi e di vecchi con le barbe<br />

rese ispide dalla salsed<strong>in</strong>e. Appoggia la matita e scruta dalla f<strong>in</strong>estra il mare, ancora lo<br />

stesso mare dalla medesima f<strong>in</strong>estra.<br />

“Basterà!” Jack ne è sicuro mentre trascorre la sua ultima nottata da guardiano al<br />

magazz<strong>in</strong>o, <strong>in</strong> quel porto dove il mare è sempre calmo e la quiete è la sua peggior nemica,<br />

dove il mare è sempre agitato come gli scaricatori dopo l'attracco.<br />

Ancora un giro, ancora una ronda ascoltando il mare <strong>in</strong>frangersi sui moli e le barche<br />

oscillare al maestrale; ancora una notte per assaporare il sale nell'aria, per osservare le<br />

ombre e fantasmi che il porto affida alla nebbia, per provare a rispondere alle domande<br />

che il vento ogni notte porge.<br />

Jack controlla la sua rivoltella, gli rimane un solo colpo <strong>in</strong> canna, ma ne è sicuro,basterà.<br />

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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />

E‟ rimasta un mistero l‟identità dell‟autore delle decorazioni natalizie della Piazzetta tra<br />

via Untoria, Vico Tr<strong>in</strong>ità e Vico Dei Cera, nel centro storico della città. Nei giorni prima di<br />

Natale, il piccolo slargo, poco citato e poco conosciuto, era diventato oggetto delle cure di<br />

un anonimo che, approfittando delle ore notturne, aveva <strong>in</strong>iziato a decorarlo. Nulla di<br />

particolarmente scenografico, ma l‟<strong>in</strong>tervento del misterioso cittad<strong>in</strong>o o cittad<strong>in</strong>a, aveva<br />

restituito dignità ad un angolo della città vecchia che rischiava di restare al di fuori delle<br />

sfavillanti decorazioni delle vie cittad<strong>in</strong>e.<br />

Tutto era <strong>in</strong>iziato con la sistemazione di qualche vaso di fiori piazzato negli angoli per evitare che i<br />

soliti <strong>in</strong>educati vi ur<strong>in</strong>assero, poi si sono aggiunte paletta e scopa per pulire la strada.<br />

Sempre di notte si è materializzato dal nulla anche un cest<strong>in</strong>o di vim<strong>in</strong>i, vuoto, posto<br />

accanto al piccolo albero di Natale, anch‟esso apparso dopo una notte fredda ma serena.<br />

E‟ arrivato anche un pupazzetto di Babbo Natale e altre decorazioni di riccioli colorati.<br />

La voce si è diffusa, ma nessuno è riuscito a capire chi sia il misterioso personaggio, certo<br />

solo è che qualcuno ha <strong>in</strong>iziato a collaborare: è apparsa una scritta “GRAZIE”, poi sono<br />

spuntati quattro libri, posati nel cest<strong>in</strong>o come un <strong>in</strong>vito a leggere e a fare uno scambio.<br />

Inaspettatamente la cerchia dei cittad<strong>in</strong>i che usavano la piazzetta ha fatto sì che i libri<br />

venissero davvero scambiati, chi ne prendeva uno ne lasciava un altro per il viandante<br />

successivo.<br />

Poi sono arrivati due giochi per bamb<strong>in</strong>i, uno scivolo grande <strong>in</strong> plastica e una macch<strong>in</strong>a<br />

triciclo: nel pomeriggio un gruppetto di mamme con bimbi ha usato il piccolo parco<br />

giochi, e nella piccola piazzetta si sono udite risate e grida di allegria.<br />

Tutti i cittad<strong>in</strong>i con le f<strong>in</strong>estre che si affacciavano nei vicoli <strong>in</strong>torno erano <strong>in</strong> subbuglio: chi<br />

era il misterioso benefattore? Era uno oppure una <strong>in</strong>tera banda?<br />

Nel cesto, il giorno della Vigilia si sono trovati, <strong>in</strong>sieme ai libri, tante cartol<strong>in</strong>e colorate con<br />

gli auguri per il Natale e le feste. Chiunque passava era co<strong>in</strong>volto a prenderne una e<br />

magari capitava che lasciasse cadere qualche euro nel cesto.<br />

Ma non c‟era bisogno di elemos<strong>in</strong>e, ma di solidarietà, condivisione. Infatti le monete<br />

rimasero lì f<strong>in</strong> dopo Natale, quando il parroco della Chiesa prospiciente il vicolo grande,<br />

trovò il cest<strong>in</strong>o, nel pomeriggio prima del rosario, il cest<strong>in</strong>o con la piccola, ma<br />

beneaugurante somma.<br />

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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />

Si trovava sempre più spesso a pensare a lei, e sempre, uno struggente desiderio di<br />

rivivere i loro istanti lo colpiva allo stomaco, con violenza. La musica, che aveva fatto da<br />

discreto sottofondo ai loro <strong>in</strong>contri, lo costr<strong>in</strong>geva a vagare nella propria mente frugando<br />

nei nascondigli dove sapeva di poter trovare, costr<strong>in</strong>gendolo a ricordare rammaricarsene,<br />

soffrire.<br />

E allora camm<strong>in</strong>ava , la testa piena di niente, per quelle strade sempre più familiarmente<br />

deserte, nell‟umida notte che stava per ritirarsi dalla città. Una sfida all‟eternità, ricercare<br />

<strong>in</strong> questa, un‟alba trascorsa, nel voler riassaporare quella sensazione di potenza solitaria<br />

legata allo sfrecciare <strong>in</strong>freddolito della moto carica del loro peso sonnolento, nel tornare a<br />

godere del caldo aroma del caffè sorseggiato senza scarpe, coi piedi sul divano, <strong>in</strong>filati<br />

sotto le sue gambe che riprendevano calore, massaggiandone, di tanto <strong>in</strong> tanto, i piedi<br />

ancora gelati.<br />

E così, <strong>in</strong> preda alla disperazione, scriveva: „so di farti del male dicendotelo, ma non ti<br />

amo più‟.<br />

Eppure sembrava così strano scrivere “non ti amo più“, Ma quando aveva <strong>in</strong>iziato a non<br />

amarla più ? Quando se n‟era accorto? Non era capace di dare un <strong>in</strong>izio temporale a<br />

quanto era accaduto. I loro rapporti non erano mai cambiati, si erano frequentati con la<br />

stessa <strong>in</strong>tensità, lo stesso entusiasmo dei primi giorni, poi, nel giro di poche ore, tutto era<br />

crollato, ogni azione reciproca, il valore di ognuna di esse, si era dis<strong>in</strong>tegrato e <strong>tutti</strong> quei<br />

giorni erano svaniti <strong>in</strong>nanzi ai suoi occhi come un castello di carte, privato della chiave di<br />

volta, il cuore.<br />

Quegli occhi, stasera, non avevano per lui più alcun valore, alcuna espressione, e quel<br />

sassofono, quel sassofono che sparava <strong>in</strong> cielo le note lanc<strong>in</strong>anti di strangers <strong>in</strong> paradise,<br />

più su e più alte, perforanti, ossessive. Adorava il sassofono, ed anche lei - perché glielo<br />

aveva <strong>in</strong>segnato lui ad amarlo, comprenderlo, ascoltandone la voce, succhiandone con<br />

avidità le note diffuse - ma ora lo odiava con tutte le proprie forze, con tutta la rabbia di un<br />

amante deluso, <strong>in</strong>compreso. Voleva il silenzio, allora, ne aveva un estremo bisogno ed<br />

<strong>in</strong>vece quel mostro di ottone urlava la sua gioia di vivere<br />

fra i velluti delle pareti, la moquette e la trapunta, l‟atmosfera familiare che avevano<br />

sempre avuto i loro <strong>in</strong>contri.<br />

Distrusse il foglio, ne mise <strong>in</strong> tasca i pezzi e tornò a distendersi accanto a lei. Era là,<br />

immobile, <strong>in</strong> tutta la sua bellezza e respirava leggera, ora, dopo l‟amore.<br />

Al buio, la lucentezza della sua carne era accecante, il collo era percorso dal fremito della<br />

vena che batteva serena, il seno, palpitava leggermente, alzandosi ed abbassandosi nella<br />

regolarità del respiro.<br />

Accostò la mano alla coperta e, col timore di sfiorare qualcosa di troppo fragile, e bello, la<br />

scoprì sfiorandole un fianco con le dita.<br />

Si scosse per un istante e lui temette che si sarebbe svegliata, ma sempre dormendo, Micha<br />

aprì gli occhi, lo guardò, gli lanciò un bacio e si voltò nuovamente, nel sonno.<br />

Era troppo bella, per lui.<br />

Scese dal letto vestendosi al buio con gesti rapidi e sicuri, le lanciò un ultimo sguardo,e<br />

scese.<br />

Da basso non si voltò <strong>in</strong>dietro, si avvic<strong>in</strong>ò all‟auto, mise le chiavi nella serratura della<br />

portiera ed aprì: entrato, <strong>in</strong>filò le chiavi nel cruscotto, <strong>in</strong>serì il contatto, il motore rispose,<br />

<strong>in</strong>granò con calma la marcia, tolse il freno, spiò nello specchietto, evitando con cura di<br />

guardare verso il portone, accese il segnalatore di posizione e... scomparve.<br />

Due ore più tardi , il sole sorse.<br />

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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />

Fare parte di un‟orchestra è un po‟ come vedere nevicare.<br />

Ce ne stiamo lì, ognuno abbracciato al proprio strumento, solo noi, punt<strong>in</strong>i di ghiaccio<br />

lucente contro il nulla.<br />

L‟attimo prima che tutto <strong>in</strong>izi, è tensione pura. Una cosa che non ha niente a che vedere<br />

con il silenzio o il rumore, una cosa che sta più a metà.<br />

Siamo 37 sotto questo palco. Persone comuni, f<strong>in</strong>ite e banali, ma non qui, dove i nostri<br />

sogni non si limitano a galleggiare, ma ci strappano, di forza, la vita dalle dita. E poi<br />

gridano e si <strong>in</strong>trecciano ai sogni degli altri, senza chiedere il permesso a nessuno. Ombre<br />

lunghe, che si muovono strisciando, risalendo muri ruvidi, spezzandosi a metà su spigoli<br />

che potrebbero ferire.<br />

Ognuno ha le sue.<br />

Le sue ombre, le paure, la cura per guarire.<br />

Io e lei e la musica. Io e lei che ci <strong>in</strong>castriamo bene.<br />

Io e lei con i nostri nomi strani, io con la paura costante di non sentire più nulla, lei che è<br />

già veicolo d‟amore.<br />

Io e lei che ci conosciamo da quando eravamo bamb<strong>in</strong>i, da quando con le mani toccavamo<br />

solo le mani dell‟altro e non il legno, la cassa armonica e queste corde. Da quando, ancora,<br />

non avevamo imparato a ferirci e a farci così bene da rimanerci male.<br />

Le luci ancora non ci puntano il viso, gli occhi <strong>in</strong> penombra sc<strong>in</strong>tillano a tratti. Il teatro si<br />

apre come una scatola di cartone, si piega all‟esterno e lascia entrare il mondo o uscire noi.<br />

Kara si tiene il cappello, pare che il vento lo voglia rubare.<br />

Sa che ci vuole poco per fare <strong>in</strong>namorare una donna; basta offrirle la mano mentre scende<br />

un grad<strong>in</strong>o, negarle il saluto.<br />

Ci sono troppe cose a cui si resta legati, cose <strong>in</strong>utili per lo più. Una foto a colori, un sasso<br />

amaranto, parole nere su un foglio di carta, un fiocco di raso tagliato a metà.<br />

A lei non piacciono i ragazz<strong>in</strong>i, le piace la barba degli uom<strong>in</strong>i, la pelle delle dita dura<br />

quando la toccano. Le piacciono i vecchi perché non hanno pazienza, non si ha più<br />

pazienza nel breve morire.<br />

A volte sembra che tutto si fermi un istante e poi si ricom<strong>in</strong>ci d‟unisono a respirare. Non è<br />

sola. O almeno lo è <strong>in</strong> piccoli modi, occupando spazi fatti di solitud<strong>in</strong>e <strong>in</strong>trecciata ad altre<br />

solitud<strong>in</strong>i.<br />

Sa che su un treno che sfreccia nel buio c‟è un vecchio che guarda oltre il vetro. Il profilo<br />

cadente, dolce nel suo essere fermo.<br />

Sa che c‟è una donna su una sedia, <strong>in</strong> riva al mare, nel bel mezzo del nulla. La chioma nera<br />

le si st<strong>in</strong>ge di sale. Si spazzola così piano che se stai attento senti il fruscio di quando lo fa.<br />

Un uomo piange <strong>in</strong> silenzio e str<strong>in</strong>ge un coltello. Si asciuga il sudore col dorso della mano<br />

e la lama sc<strong>in</strong>tilla ad un raggio di luna. Sputa per terra, bestemmia e capisce il futuro: è su<br />

un dondolo <strong>in</strong> veranda che spegne il tramonto <strong>in</strong> una boccata di fumo.<br />

Kara, suona il suo viol<strong>in</strong>o. Sorride e l‟abbraccia. E tu non lo sai, ma dentro le si muove una<br />

vita.<br />

Intanto, Luwis suona da Dio.<br />

40<br />

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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />

La pioggia gli <strong>in</strong>zuppa la giacca e lo rende pesante. Giacca da uomo, di velluto i bottoni. Si<br />

piega sul sax, che sembra ci voglia ballare, preme sul metallo, le dita ad affondare. Pioggia<br />

bastarda, non si sentono gli odori.<br />

Qualcuno urla lontano, ha perso la mano di un bimbo. Una donna si stira la gonna, si<br />

ferma un secondo, un cazzo di secondo e <strong>in</strong>frange un cuore.<br />

La vita rotola a stento f<strong>in</strong>o al centro della strada, il traffico la ferisce e la scompone <strong>in</strong> parti<br />

simmetriche e tutte uguali. Metafora del male quotidiano.<br />

Tutto scorre, <strong>in</strong>evitabilmente. Passaggi, sotterranei pieni di luce e luoghi d‟aria<br />

accartocciati nel fango.<br />

E‟ all‟ultima nota Luwis, eppure non sente la f<strong>in</strong>e. L‟immag<strong>in</strong>e di un ventre pieno gli fa<br />

stonare un acuto.<br />

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41<br />

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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />

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Le parole sono importanti, si sa. Da sempre. Saperle utilizzare <strong>in</strong> maniera pert<strong>in</strong>ente non è<br />

da <strong>tutti</strong>. Per alcuni è una cosa <strong>in</strong>nata, per altri, un‟arte appresa ed aff<strong>in</strong>ata nel tempo, per<br />

altri ancora, totalmente sconosciuta.<br />

Lui si vantava di questo suo dono naturale e come dargli torto, era una r<strong>in</strong>novata<br />

meraviglia leggere le sue mail. Le parole <strong>in</strong> esse contenute danzavano, vi era armonia,<br />

vitalità, colore e la punteggiatura esisteva. Non contenevano banalità. Si percepiva una<br />

sublime padronanza nell‟uso delle parole e un mirabile entusiasmo con il quale descriveva<br />

la sua terra, una storia, una leggenda. La voglia di leggere e rileggere mi assaliva,<br />

nonostante non avessi sempre molto tempo a disposizione. Quel tempo necessario per<br />

assaporare a dovere i suoi scritti. Ma lo facevo comunque dopo, con la calma dovuta.<br />

Aspettavo impaziente le sue mail e rispondevo altrettanto impazientemente. Mi tradiva il<br />

desiderio di ricevere presto la sua risposta.<br />

Avevamo riconosciuto entrambi che era un piacere, quell‟<strong>in</strong>solito scambio epistolare tra<br />

due perfetti sconosciuti. Perché di noi, non parlavamo mai. Non all‟<strong>in</strong>izio almeno. Sapere<br />

che qualcuno che non conosci, ti dedica del tempo, delle parole, dei pensieri, rende più<br />

leggeri gli animi, appesantiti da quella quotidianità ormai <strong>in</strong>grigita e f<strong>in</strong> troppo scontata,<br />

sulla quale è pressoché impossibile agire per poterla modificare, neanche quel poco<br />

necessario a farle acquistare un po‟ di colore. Non mi ponevo domande, né tempi di<br />

durata. Non andavo mai oltre. Ma si sa, sempre col senno di poi, che le cose hanno un<br />

<strong>in</strong>izio e una f<strong>in</strong>e. C‟è una scadenza! Ma la mia data di scadenza, non l‟avevo letta. Ed<br />

improvvisamente, l‟<strong>in</strong>aspettato silenzio.<br />

Ero scaduta! Così, senza alcun preavviso, senza alcun segnale che potesse far presagire la<br />

f<strong>in</strong>e.<br />

F<strong>in</strong>e delle trasmissioni.<br />

Più nessuna mail da lui. Ad ogni nuovo accesso alla mail box, l‟odiata scritta: “nessun<br />

nuovo messaggio”. Ero ferita ed amareggiata. Assalita, avvolta, stretta <strong>in</strong> un dolore<br />

<strong>in</strong>espresso, come quelle parole che non arrivavano. Allora ho scritto io ed ho aspettato. A<br />

lungo. Ma nessuna risposta. La casella rimaneva desolatamente vuota. Non arrivavano più<br />

quelle mail che mi servivano come l‟aria. Questa si che è una grande banalità, ma io me la<br />

posso permettere, perché non sono lui. Non sono così brava con le parole.<br />

Non ho trovato niente di meglio da fare che gridare il mio dolore al vento, chiedendogli di<br />

andare da lui per portargli le mie parole che chiedevano “perché?”. Ed il vento impetuoso<br />

di Maestrale, è partito per la lunga traversata. Ho immag<strong>in</strong>ato le mie parole giungere<br />

esauste a dest<strong>in</strong>azione e nonostante tutto avere la forza di bussare alla porta. Ho<br />

immag<strong>in</strong>ato lui che non l‟apriva e le mie parole cadere così a terra senza più avere la forza<br />

di tenersi per mano.<br />

Già, lui non ha aperto. La porta è rimasta chiusa, sbarrata.<br />

Quelle parole <strong>in</strong>ascoltate, che non hanno avuto la forza di cont<strong>in</strong>uare a bussare. Quelle<br />

parole che, una volta cadute a terra, si sono sgretolate, dissolte, divenendo granelli di<br />

sabbia <strong>in</strong> balia del vento che, pietoso, li ha dispersi <strong>in</strong> quel mare che io amo tanto. Davanti<br />

casa sua.<br />

42<br />

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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />

Il tempo aiuta a guarire tutte le ferite, sia del corpo che dell‟anima. Altra banalità e luogo<br />

comune, che io posso permettermi <strong>in</strong> quanto utilizzatrice profana di parole.<br />

Ora ho deciso: non busserò più alla sua porta, non merita rispetto colui che, pur sapendo<br />

utilizzare a suo piacimento le parole, non ha il coraggio di utilizzarle f<strong>in</strong>o alla f<strong>in</strong>e,<br />

lasciando nell‟angolo di casa sua un gran mucchio di parole non dette. Come fosse<br />

spazzatura.<br />

…<br />

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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />

Tutto <strong>in</strong>izia dalla scala evolutiva dell‟uomo, dove il punto di partenza non è<br />

l‟australopithecus, ma noi stessi.<br />

Non è filosofia specialistica, né chiacchiera da bar, ma semplici riflessioni.<br />

“Perché <strong>in</strong> fondo una salita, è una cosa anche normale, assomiglia un po‟ alla vita, devi<br />

sempre un po‟ lottare”, tratto da un testo degli Stadio, una frase cara nel contesto della<br />

canzone, ma anche ideale l<strong>in</strong>ea di start del nostro viaggio.<br />

Eh si, il viaggio della vita e affermare che parte <strong>in</strong> salita, è veramente dir poco.<br />

Vieni al mondo facendo una fatica tremenda e sei solo al primo grado di difficoltà delle<br />

prove che dovrai affrontare. Hai fame, freddo, paura, devi dipendere da qualcuno per<br />

mangiare, coprirti, scoprirti, muoverti. Però sei adorato, coccolato, basta un piccolo strillo<br />

per farti servire. Allora <strong>in</strong>izi a pensare; "ma dopo, quando sarò autosufficiente, chi mi<br />

coccolerà, sbaciucchierà, cosa farò tutto il giorno?".<br />

E poi cresci, sali un ipotetico scal<strong>in</strong>o, passi di livello, primo scal<strong>in</strong>o, secondo grado,<br />

grad<strong>in</strong>o. Puoi giocare tanto, f<strong>in</strong>o allo sf<strong>in</strong>imento, ma vieni rimproverato cont<strong>in</strong>uamente,<br />

non andare là, non andare lì, non dire A, non dire B. Allora ti chiedi; "ma perché non si<br />

può dire, fare, lettere… niente?"<br />

Cresci ancora, altro passo, secondo scal<strong>in</strong>o, terzo grado. Inizi una serie di impegni coatti.<br />

Devi studiare, lavorare, gli ormoni annebbiano un po‟ la vista, addirittura qualcuno dice<br />

che si diventa ciechi… esagerando, e soprattutto ci si pone domande che sembrano senza<br />

risposta: “Ma come fanno i genitori, i colletti bianchi, i grandi, ad andare a letto presto, a<br />

non uscire tutte le sere… a sballarsi?", c‟è chi arriva all‟estremo dichiarando; "io non sarò<br />

mai così, io sono il Jim Morrison degli anni 2000”. Quante doors ho visto chiudersi.<br />

La salita procede, terzo scal<strong>in</strong>o, quasi non ti accorgi del grado toccato, quarto, ma il tempo<br />

è passato, hai raggiunto un equilibrio. Volenti e… dolenti. il fisico <strong>in</strong>izia ad accusare<br />

qualche acciacco, segnali, avvisi, si sposa la cultura del salutismo, sana alimentazione,<br />

esercizio fisico, determ<strong>in</strong>azione, programmazione. Ma quesiti, apparentemente<br />

irrisolvibili, cont<strong>in</strong>uano ad affollare la mente: “ma come fanno quei vecchi a tirar avanti,<br />

ancorati alle loro carcasse? Trasc<strong>in</strong>arsi a oltranza senza obiettivi, verso il capol<strong>in</strong>ea?"<br />

Sei all'ultimo stadio, qu<strong>in</strong>to grado, quarto scal<strong>in</strong>o, hai raggiunto la pace dei sensi, le cose<br />

terrene sono ormai superflue, vorresti andare oltre, salire ancora, desidereresti trovare la<br />

pace eterna e ancora una domanda ti arrovella le cervella; "cosa ci sarà dopo?".<br />

La risposta a quest'ultima domanda credo sia impossibile da dare, se non affidandosi al<br />

mistero della fede, ma una soluzione a tutte le altre si può trovare semplicemente facendo<br />

un passo <strong>in</strong>dietro.<br />

All<strong>in</strong>eando i gradi agli scal<strong>in</strong>i s<strong>in</strong>o al pianerottolo.<br />

Quarto grado, “ma come fanno quei vecchi a tirar avanti, ancorati alle loro carcasse?<br />

Trasc<strong>in</strong>arsi a oltranza senza obiettivi, verso il capol<strong>in</strong>ea?", quarto scal<strong>in</strong>o; hanno raggiunto<br />

la pace dei sensi.<br />

Terzo grado; “Ma come fanno i genitori, i colletti bianchi, i grandi, ad andare a letto presto,<br />

a non uscire tutte le sere… a sballarsi?" terzo scal<strong>in</strong>o; hanno raggiunto un equilibrio.<br />

Secondo grado; "ma perché non si può dire, fare, niente?", secondo scal<strong>in</strong>o; devi studiare,<br />

lavorare, gli ormoni annebbiano un po‟ la vista.<br />

Primo grado; "ma dopo, quando sarò autosufficiente, chi mi coccolerà, cosa farò tutto il<br />

giorno?", primo scal<strong>in</strong>o; si può giocare tanto, f<strong>in</strong>o allo sf<strong>in</strong>imento.<br />

Al pianerottolo… se solo potessimo tornare <strong>in</strong>dietro, avere la classica seconda<br />

opportunità!<br />

44<br />

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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />

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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />

«Mia moglie? Non devi preoccuparti di lei». Leslie lo vedeva poggiato con la spalla<br />

s<strong>in</strong>istra contro lo stipite della porta. La luce che proveniva dalla f<strong>in</strong>estra d<strong>in</strong>anzi gli<br />

illum<strong>in</strong>ava la punta delle scarpe. Di fronte una donna si mostrava preoccupata.<br />

«Tu la ami, lo so... farai come <strong>tutti</strong> gli altri, non la lascerai mai», la donna piangeva.<br />

La luce assorbì i piedi nel passo che unì le braccia di lui a quelle di lei.<br />

«Cosa dici stupida? Io mia moglie non la amo, è tremendamente scocciante. Lei crede che<br />

io la reputi <strong>in</strong>telligente, che ami la sua sensibilità, che la veneri per il suo modo di scrivere<br />

ma io semplicemente credo che sia di una noia mortale». Leslie non gli poteva vedere il<br />

viso ma gli sentì sorridere le parole. La donna poggiò le labbra sul collo di lui, <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciò<br />

a baciarlo.<br />

Leslie aveva dovuto girare il capo per quella visuale, <strong>in</strong> quell'istante decise di riportarlo<br />

alla normalità. Gli occhi si fermarono sul parato del corridoio, un <strong>in</strong>setto saltava da una<br />

riga all'altra. I passi degli amanti le distolsero lo sguardo, doveva uscire <strong>in</strong> fretta dalla<br />

casa.<br />

Leslie era sdraiata sul letto una piazza e mezzo della sua stanza. Il palmo della mano<br />

s<strong>in</strong>istra era rivolto al soffitto, così come gli occhi <strong>in</strong>tenti a guardare un <strong>in</strong>setto vagare nei<br />

pressi del lampadario. Sentiva la schiena <strong>in</strong>arcarsi. Era una posizione fastidiosa ma non<br />

aveva <strong>in</strong>tenzione di abbandonarla. Un brivido di freddo la costr<strong>in</strong>se a portare il braccio<br />

vic<strong>in</strong>o il corpo. Il computer acceso produceva un ronzio costante. Le aveva separate, le due<br />

mani, perché non sopportava di sentirle giocare <strong>in</strong>sieme, soprattutto era fastidioso toccarsi<br />

le unghia. Il suo corpo come punto di partenza e come f<strong>in</strong>e, qualcosa di <strong>in</strong>sopportabile,<br />

quasi viscido.<br />

Il computer andò <strong>in</strong> stand-bye, lo schermo si annerì, smise di fare rumore. Il silenzio prese<br />

a marciare nella sua testa, a vibrare nelle sue orecchie, sempre più forte, f<strong>in</strong>o a che sentì il<br />

peso d'essere presente, d'avere delle rotondità lì sotto la schiena che non trovavano uno<br />

spazio appropriato tra le lenzuola. A quel punto lui entrò. Le disse di alzarsi, di vestirsi,<br />

che dovevano andare a cena. Leslie non voleva andarci, aveva solo voglia del sapore aspro<br />

ma fresco dell'arancia rossa. C'era una bottiglia di succo sul comod<strong>in</strong>o. Gli chiese di<br />

versarle da bere. Lui lo fece, poi le <strong>in</strong>timò di sbrigarsi, uscì e richiuse la porta. Leslie voltò<br />

appena il capo verso il bicchiere ma tornò quasi subito a guardare <strong>in</strong> alto. L'<strong>in</strong>setto era<br />

svanito. Lei cont<strong>in</strong>uò a guardare ugualmente. Di lì a poco lui rientrò nella stanza. Le gridò<br />

qualcosa. Leslie disse che non aveva voglia di scendere. Lui chiuse d'impeto la porta e la<br />

lasciò sola.<br />

C'era un libro sul comod<strong>in</strong>o, Leslie poteva vederlo attraverso la superficie del bicchiere;<br />

era «Se una notte d'<strong>in</strong>verno un viaggiatore» di Italo Calv<strong>in</strong>o. Immag<strong>in</strong>ò d'avere un marito<br />

<strong>in</strong>teressato ai suoi libri, che a sentirla recitare dei frammenti dei suoi romanzi ne risultasse<br />

così fasc<strong>in</strong>ato da <strong>in</strong>seguirne il cont<strong>in</strong>uo ovunque. Ecco, adesso lui stava correndo sul<br />

soffitto verso le parole di lei come una caccia al tesoro. Come andrà a f<strong>in</strong>ire quel capitolo?<br />

e apre una porta; quale dei due sceglierà? e si <strong>in</strong>camm<strong>in</strong>a verso un corridoio; lo amerà alla<br />

f<strong>in</strong>e? e non c'è più lui ma una donna che segue il piacere sul suo collo.<br />

Leslie si scoprì malleabile, propensa a scivolare via tra una piega e l'altra delle dita, a<br />

r<strong>in</strong>tanarsi tra il polpastrello e la parte concava e priva di smalto delle unghie. Fissò il<br />

soffitto, l'<strong>in</strong>setto era nuovamente lì.<br />

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-“Antonio. Mi chiamo Antonio. Senza fissa dimora”.<br />

46<br />

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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />

-E’ il cognome, senza fissa dimora?<br />

-“No. Di cognome faccio Anton<strong>in</strong>i”.<br />

-Nato?<br />

-“Sì”.<br />

-….lei è un burlone? Mi sta prendendo <strong>in</strong> giro? Guardi che ho molte persone che attendono dopo di<br />

lei. Mi dica, per cortesia la sua data di nascita.<br />

-“Io facevo l‟idraulico, non il burlone”.<br />

-Quando è nato, sig. Anton<strong>in</strong>o?<br />

-“Sì, sì, lo so. Ho un tatuaggio, posso spogliarmi qui o devo andare <strong>in</strong> bagno?”<br />

-….sig. Anton<strong>in</strong>i, questa è l’anagrafe, non una sauna, vuole che chiami a raccolta i 123 utenti che<br />

attendono il loro turno <strong>in</strong> modo che possiamo fare la ola mentre si spoglia per scoprire la sua data di<br />

nascita, o cosa? …lei non si ricorda quando è nato?<br />

-“No, sig.ra Anagrafe, ma posso sempre guardare il tatuaggio, così glielo posso dire”.<br />

-Vabbeh, chiamo gli utenti <strong>in</strong> attesa e le cantiamo <strong>tutti</strong> <strong>in</strong>sieme “Faccela vedere” di Vasco Rossi. Va<br />

bene?<br />

-“Vasco. Vasco Rossi. Sì. Sì, lo conosco”.<br />

-Lei conosce di persona Vasco Rossi?<br />

-“Sì, sì, sì. Siamo compagni di mensa, alla Santa Cater<strong>in</strong>a”.<br />

-Devo chiedere a lui, allora? A Vasco Rossi?<br />

-“Ecco, sì, se proprio non vuole che mi spogli qui, se non posso andare <strong>in</strong> bagno, possiamo<br />

chiamare il Vasco. Lui si ricorda un sacco di numeri a memoria. ….<br />

Però ora me lo dà il certificato?”<br />

-Mi dica dove è residente.<br />

-“No”.<br />

-Mi scusi, Sig. Anton<strong>in</strong>o, ma lei dove mangia, dove dorme?<br />

-“Ah. Sì. Beh. Gliel‟ho detto prima. In Santa Cater<strong>in</strong>a”.<br />

-Numero?<br />

-“Ah. Sì. Beh. Dipende da chi arriva prima, ma di solito il mio numero oscilla tra il 12 e il<br />

38, io arrivo quasi sempre a metà”.<br />

-Mi scusi, ma non capisco. Qual è il suo numero civico?<br />

-“Faccia 12 più 38 diviso 2. La media, 25.<br />

Ecco, il numero mio è il 25, se poi è anche civico lo deve chiedere a Vasco, che di numeri se<br />

ne <strong>in</strong>tende assai”.<br />

-….. Stato di famiglia?<br />

-“Sì, sì, sì, questa la so. Stiamo <strong>tutti</strong> bene. Anche se non li sento da un po‟”.<br />

-Sig. Anton<strong>in</strong>o lei è sposato o no, ha una moglie o no?<br />

-“Ah, sì. Beh. No, no, non ho nemmeno la fidanzata, vivo solo”.<br />

-Mi dia il codice fiscale.<br />

-“Non me la sento”.<br />

-Non si sente di fare cosa?<br />

-“Non me la sento. Di dire il codice. E‟ la mia bestia nera, non glielo voglio dire”.<br />

-Mi scusi…ma perché?<br />

-“Dicono che l‟ho <strong>in</strong>franto. Tante volte. Mi hanno detto così. Non penso sia più<br />

utilizzabile, quel codice”.<br />

-Il codice fiscale?<br />

-“ Sì. Beh. Ora telefono a Vasco. Posso? Lui ne sa sempre una più del diavolo e di sicuro lo<br />

sa se quello che ho <strong>in</strong>franto è quello fiscale oppure, vattelapesca, un altro codice della<br />

malora. Posso chiamarlo ora?”<br />

47<br />

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-Sig. Anton<strong>in</strong>o ora lei mi ha proprio stufato. Se ne vada a casa, torni domani con il codice fiscale e il<br />

numero civico e ne riparliamo. Arrivederci.<br />

B80.<br />

B81.<br />

B82.<br />

Nessuno si presentò allo sportello.<br />

Passò il B83.<br />

I tre amici, il B80 era il più grosso, croci celtiche anche sugli orecchi, il B81 il più magro e il<br />

più cattivo, il B82 faceva solo la terza media, si alzarono appena uscì Antonio.<br />

Antonio Anton<strong>in</strong>o, laureato <strong>in</strong> matematica, homeless, aveva forse trovato un lavoretto<br />

come magazz<strong>in</strong>iere <strong>in</strong> un‟offic<strong>in</strong>a abbandonata <strong>in</strong> via delle Oche e aveva bisogno di un<br />

Certificato di Esistenza <strong>in</strong> vita.<br />

B80, B81 e B82 avevano i coltelli.<br />

Antonio la testa confusa.<br />

Non gli tornava la storia del codice fiscale.<br />

Mentre scappava gli venne <strong>in</strong> mente la formula per calcolarlo. Si spogliò e lesse i numeri<br />

tatuati sulla coscia.<br />

Quando gli arrivò la prima coltellata sul fianco destro, si girò e urlò a voce alta il suo<br />

codice fiscale:<br />

NTN NTN 55L20 D612S.<br />

Ma il B81 lo <strong>in</strong>filzò ancora e ancora, gridava FANCULO ROM DI MERDA.<br />

Antonio sorrise, sotto l‟arco di trionfo di Piazza della Llibertà.<br />

NTN NTN 55L20 D612S.<br />

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Sono tre ore che Diana Massi se la sta spassando nella stanza di un albergo a ore con un<br />

uomo che non è suo marito.<br />

48<br />

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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />

Meno male che la prostata ancora va. Quando com<strong>in</strong>cerà a perdere colpi dovrò<br />

assumere qualcuno che mi dia il cambio <strong>in</strong> questa cazzo di macch<strong>in</strong>a.<br />

Naaa. Niente rompicoglioni fra i piedi.<br />

E‟ arrivata più di tre ore fa, sola. Il suo amante non l‟ho visto, può essere uno<br />

qualunque di quelli entrati dopo di lei.<br />

Aristide Massi è un rospo arrogante e bilioso pieno di grana che si è comprato la<br />

moglie di rappresentanza.<br />

- Me li sbatta su una foto chiara, quei due. Voglio quella troia fuori di qui <strong>in</strong> mutande<br />

come c‟è arrivata – m‟ha detto.<br />

L‟ho odiato subito.<br />

Ma paga bene. Mi sono fatto comprare anch‟io. Lo facciamo <strong>tutti</strong>, chi più, chi meno.<br />

Lei è uno schianto. Si è accorta troppo tardi che il prezzo che doveva pagare per una<br />

fottuta vita da ricca era più alto di quello che era <strong>in</strong> grado di sborsare.<br />

Storia vecchia, la solita, non mi viene manco più la nausea.<br />

Un altro paio di agenzie, prima di me, non sono riuscite a beccarla <strong>in</strong> flagrante, ha<br />

detto il rospo.<br />

Perché la ragazza è prudente. Sa che il marito la fa controllare e prende le sue<br />

precauzioni. Ma usa trucchetti rimediati <strong>in</strong> qualche storiaccia di spionaggio, deve essere<br />

alla frutta.<br />

Oggi è uscita da casa bionda ed è entrata <strong>in</strong> albergo bruna, per esempio.<br />

Mi ha fatto sorridere. Ha pochi anni più di mia figlia.<br />

Mi piacerebbe dire che l‟ho <strong>in</strong>castrata perché sono il migliore. In realtà, è stata<br />

sfortunata. Ho la fissa della camm<strong>in</strong>ata delle donne, io. Ognuna si muove a modo suo,<br />

non ce n‟è due uguali. Ci ho passato la vita, a guardarle, e non è poca vita.<br />

Perciò è stato <strong>in</strong>utile che si mettesse una parrucca e rivoltasse il cappotto double face<br />

nel cesso di un bar. Diana Massi ha un passo strepitoso.<br />

Spero che non ne abbiano ancora per molto, sono stufo. Com<strong>in</strong>cio a non sopportarli<br />

più, gli appostamenti. Non posso neanche leggere, o rischia che me li faccio scappare.<br />

Penso a casaccio.<br />

Pioverà. Quel cane ha la rogna. L‟albergo dovrebbe rifarsi la facciata. Al giorno d‟oggi<br />

le macch<strong>in</strong>e sono tutte grigio perla. I numeri della targa di quella davanti a me fanno<br />

scala massima. Quelli della macch<strong>in</strong>a accanto fanno full. Cerco un poker, ma nisba.<br />

Tre macch<strong>in</strong>e dietro la mia c‟è uno che aspetta come me. Non l‟ho visto arrivare.<br />

Legge, beato lui, dalla copert<strong>in</strong>a pare un giallo.<br />

Controllo per l‟ennesima volta la Nikon. E‟ a posto, lo so che è a posto. Ho già preso<br />

una foto di Diana. Se uscisse <strong>in</strong>sieme al suo bello l‟avrei chiusa qui, ecco le foto, ecco i<br />

soldi, al diavolo quel batrace di Massi e che un dio qualunque aiuti la ragazza. Ma non<br />

ci spero granché.<br />

Mi metto a fissare il tizio che legge.<br />

Dev‟essere dislessico, sono tre m<strong>in</strong>uti che non volta pag<strong>in</strong>a.<br />

C<strong>in</strong>que m<strong>in</strong>uti.<br />

Sette.<br />

Fa f<strong>in</strong>ta di leggere.<br />

O cazzo.<br />

Succede tutto <strong>in</strong> fretta. Sempre così, le cose def<strong>in</strong>itive.<br />

Un libro sparisce, un braccio si tende, un lampo.<br />

49<br />

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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />

Una macch<strong>in</strong>a sgomma, una donna è a terra.<br />

Tutto qui.<br />

Mi precipito fuori.<br />

Diana Massi è ancora viva. Muove le labbra ma non esce suono. Mi guarda. Ha gli<br />

occhi viola.<br />

Mi avvic<strong>in</strong>o al suo orecchio : - La pagheranno, quei bastardi. Lo giuro.<br />

Per tutta risposta, lei muore.<br />

Mi dileguo fra la solita folla che si raccoglie <strong>in</strong>torno alle disgrazie. Nessuno fa caso a<br />

me, nessuno ci ha mai fatto caso.<br />

Così, io seguivo lei e quello seguiva me. Con un <strong>in</strong>carico diverso. Figlio di puttana.<br />

Nessuno mi prende per il culo.<br />

Ho il numero di targa. Ho Aristide Massi. Ho la .38.<br />

Il mio lavoro com<strong>in</strong>cia adesso.<br />

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Non lo sappiamo, o piuttosto lo ignoriamo del tutto, perché proprio non ci badiamo,<br />

50<br />

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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />

ma ogni sera, quando stanchi dopo una giornata <strong>in</strong>tera, ci corichiamo sf<strong>in</strong>iti a letto, <strong>in</strong>izia<br />

un <strong>in</strong>credibile viaggio. Ebbene si, siamo sempre <strong>in</strong> movimento anche quando pensiamo di<br />

stare fermi, perché la rotazione terrestre non conosce sosta. Eppure la sera ci<br />

abbandoniamo con noncuranza nei nostri letti, senza sapere che saremo <strong>in</strong> viaggio tutta la<br />

notte e solo l'<strong>in</strong>domani torneremo nello stesso punto da cui eravamo partiti ieri. Questo<br />

accade perché cont<strong>in</strong>uamente occupati dalle nostre attività, pensiamo di essere noi a<br />

muoverci, a direzionarci a manca e a destra, su di una superficie statica e immobile. Ed<br />

<strong>in</strong>vece alloggiamo precariamente, senza rendercene conto, ai piedi dei monti dalle creste<br />

aguzze o sulla pianeggiante superficie della pianura, o <strong>in</strong> isolotti affioranti dalle<br />

profondità delle acque, su di una trottola <strong>in</strong> perpetuo moto, che vortica <strong>in</strong> ellissi irregolari<br />

nello spazio, come sospesa nel vuoto, conf<strong>in</strong>ante con altri sistemi, che forse per fatalità, o<br />

legge <strong>in</strong>terna <strong>in</strong>scritta nei fenomeni, colliderà un giorno sfrangiandosi <strong>in</strong> m<strong>in</strong>utissime<br />

particelle. Così ogni notte, come fosse cosa scontata e normalissima, il globo ci porta a<br />

spasso, girando e ruotando a ritmo vertig<strong>in</strong>oso su se stesso, come una baller<strong>in</strong>a affetta da<br />

labir<strong>in</strong>tite, <strong>in</strong> preda a una mattana alcolica. Certo questo avviene anche di giorno, ma<br />

<strong>in</strong>daffarati come siamo, presi dai nostri negozi, chi vi porrebbe mai mente? Eppure anche<br />

chi tiene conto di questo cont<strong>in</strong>uo viaggio che la terra compie su se stessa, raramente<br />

<strong>in</strong>cl<strong>in</strong>a al pensiero di cosa accadrebbe, se di punto <strong>in</strong> bianco, dall'oggi al domani, il globo<br />

col mal di capo per tutte queste rotazioni, smettesse di colpo di girare, fermandosi come<br />

imbambolato. Se mai ciò dovesse avvenire, un giorno durerebbe quanto un anno per la<br />

gioia degli sfaccendati, dei pigri, che già soliti a r<strong>in</strong>viare tutto a domani rimanderebbero<br />

direttamente all'anno prossimo, e di contro sarebbe la dannazione degli uom<strong>in</strong>i d'affari,<br />

che vedrebbero terribilmente dilazionarsi i loro tempi. Esulterebbero allo stesso modo i<br />

debitori di questa provvidenziale dilazione, imprecherebbero i creditori. Alcuni tra i<br />

condannati a morte, di temperamento ottimista, tirerebbero un sospiro di sollievo e<br />

penserebbero a far istruire una nuova strategia difensiva al loro avvocato, i pessimisti<br />

<strong>in</strong>vece ne trarrebbero ulteriore argomento per accusare l'accanimento della sorte, prodiga<br />

di quest'ultimo supplemento di pena alla pena. Gli <strong>in</strong>namorati vivrebbero l'illusione che<br />

vuole eterno il loro giorno, o perlomeno sarebbe allungato <strong>in</strong> un anno. Per i filosofi, gli<br />

asceti, i rassegnati, non mi sembra che cambierebbe granché. Per chi aspetta il giorno di<br />

messianiche rivoluzioni, ad esempio gli apocalittici, sarebbe quello il giorno che colma<br />

tutte le attese della storia. Per chi della vita <strong>in</strong>vece conosce ogni <strong>in</strong>ganno e illusione,<br />

sarebbe solo la solita solfa, broda allungata, ma sempre broda <strong>in</strong>sapore. Ma la sera, non<br />

esiste punto più fermo della nostra vita, conclusione più desiderata di quel letto che ci<br />

accoglie e su cui ci stendiamo fiduciosi, dimenticando <strong>tutti</strong> i pasticci della giornata. E<br />

<strong>in</strong>tanto il viaggio com<strong>in</strong>cia, la terra compie il suo giro e noi sotto le coperte. Arriveremo<br />

domatt<strong>in</strong>a, senza accorgercene, che ci ritroveremo nello stesso punto da cui siamo partiti<br />

la sera prima. E così sempre, f<strong>in</strong>o a quando quel giorno, che si avvicenda <strong>in</strong> nulla<br />

differente a qualsiasi altro per il moto terrestre, scopriremo quanto è stato breve questo<br />

giro di giostra.<br />

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Lui era freddo, proprio come le terre da cui proveniva. Non potevo fare altro che restare a<br />

contemplarlo <strong>in</strong> silenzio, mentre la notte ci avvolgeva lenta, nascondendo ogni cosa.<br />

51<br />

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Eppure era tutto ciò che desideravo, ciò che per molto tempo avevo <strong>in</strong>seguito. Le risposte<br />

erano tutte lì, ma le domande che affollavano la mia testa erano troppe, come sempre.<br />

Camm<strong>in</strong>avo velocemente lungo una strada che non sapevo dove mi avrebbe portato,<br />

senza direzione, senza pensieri. Nonostante il buio e la neve <strong>in</strong> terra, avvertivo uno strano<br />

calore, che mi accompagnava nella mia marcia, senza abbandonarmi.<br />

Lui era sempre lì, procedeva al mio passo, leggero come un sibilo ma penetrante come una<br />

frustata <strong>in</strong> pieno volto. Anche se non stava parlando, lo sentivo gridare, lo vedevo agitarsi.<br />

Mi voleva fermare, ma io ero più forte di lui. L‟avrei annullato alzando il palmo della mia<br />

mano. Non aveva più segreti da svelare, perché ormai ero la sua padrona. Sorridevo a<br />

quell‟idea e lui beffardo, f<strong>in</strong>geva di soccombere alla mia superiorità. Mi soffiava sul cuore,<br />

il dannato, e sapeva accarezzare la mia anima come pochi.<br />

Ormai non c‟era più niente <strong>in</strong>torno a noi, le luci della città <strong>in</strong>iziavano a diventare un<br />

miraggio sfuocato. Anche i suoni si erano ovattati, calpestati dalla neve che aveva ripreso<br />

a scendere su di noi. Per qualche scherzo del dest<strong>in</strong>o, le nostre strade si erano <strong>in</strong>crociate <strong>in</strong><br />

quel crocevia. Ora le nostre anime selvagge ballavano un romantico lento, sulle note di<br />

una s<strong>in</strong>fonia eterna.<br />

Amavo il suo silenzio, e adoravo il modo <strong>in</strong> cui mi osservava. Lo respiravo cercando di<br />

comprendere la sua essenza. Era sempre differente e ogni volta che lo assaporavo mi si<br />

bloccava il respiro. Era l‟unico modo per possederlo, perché <strong>in</strong> genere gli piaceva<br />

sfuggirmi.<br />

Ma non quella volta. Si lasciava plasmare dalle mie mani, f<strong>in</strong>ché ad un tratto ero certa di<br />

averlo <strong>in</strong> pugno. Mi sbagliavo. Ci mise un attimo a ribaltare i ruoli, ed io mi trovai a terra,<br />

senza sapere nemmeno come. Era riuscito ad arrestare la mia folle corsa. La neve mi<br />

cadeva sul viso, <strong>in</strong>flessibile, raffreddando istantaneamente i miei ist<strong>in</strong>ti. Le mani avevano<br />

smesso di ribollire, mentre lentamente perdevo la cognizione del tempo. Era l‟assenza del<br />

Tutto.<br />

Solo <strong>in</strong> quel momento mi mostrò la sua vera forza, raggelandomi senza sconti. Ed io non<br />

ero più che una bambola nelle sue mani, alimentata ancora da un soffio di vita. Chiusi gli<br />

occhi precipitando nel suo mondo silenzioso e freddo. Solamente allora compresi il suo<br />

amaro risveglio.<br />

Il vento del Nord è come un bacio lento, ma quando pensi di possederlo, lui ti ha già<br />

ucciso.<br />

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Certo, per essere buio era buio lì dentro. Mi muovevo nuotando sicura nell‟oscurità,<br />

facevo capriole, piroettavo su me stessa, volteggiavo leggiadra pur nell‟angusto spazio<br />

concessomi. Ormai erano mesi che mi allenavo, <strong>in</strong> attesa di una prova della quale ignoravo<br />

52<br />

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pers<strong>in</strong>o l‟esistenza, figurarsi le modalità. Ma, naturalmente, non mi ponevo affatto il<br />

problema, <strong>in</strong>ebriandomi dell‟essenza liquida che mi circondava e assimilando il<br />

nutrimento vitale attraverso le connessioni primordiali che mi univano alla sorgente della<br />

mia esistenza.<br />

E se, talvolta, qualcuno di quei guardoni impiccioni sempre lì pronti a manipolare il fisico<br />

del mio corpo-guida le consigliava di tenere sotto controllo i valori, il peso, di non<br />

mangiare troppo, ecco che un calcione ben assestato da parte mia ricordava a <strong>tutti</strong> le giuste<br />

priorità.<br />

Sì, ero davvero soddisfatta del mio piccolo mondo amniotico, germogliavo oziando e<br />

godendomi il tepore rigenerante di quel confortevole cantuccio, tranne quando i soliti<br />

ficcanaso non com<strong>in</strong>ciavano a sondarmi con quei loro strumenti <strong>in</strong>vasivi.<br />

I benefici della mia condizione erano però maggiori degli svantaggi; soprattutto<br />

quell‟atmosfera ovattata, rilassata era per me salutare e rasserenante: mi sembrava di<br />

percepire lì fuori una realtà caotica, chiassosa e sfibrante, così lontana da quello che offriva<br />

la mia tana. Soprattutto quel rumore <strong>in</strong>dist<strong>in</strong>to costituito da urla, suoni sconnessi e<br />

schiamazzi mi <strong>in</strong>timoriva molto.<br />

F<strong>in</strong>o a quello straord<strong>in</strong>ario evento. Già da qualche giorno il mio nido era scosso da sussulti<br />

<strong>in</strong>controllati e imprevedibili; io li attribuivo alla tremenda mania che si era impossessata<br />

del mio corpo-guida e che lo costr<strong>in</strong>geva ad allenarsi quotidianamente, agitando e<br />

muovendo freneticamente ogni centimetro <strong>in</strong>torno a me.<br />

Quando giunse il momento, <strong>in</strong>consapevolmente seppi cosa era giusto fare. Una luce<br />

fortissima <strong>in</strong>vestì il mio esile corpic<strong>in</strong>o e mi colpì come un maglio. L‟aria era rarefatta,<br />

nessun residuo di quel liquido caldo mi avvolgeva e un freddo pungente mi colse,<br />

spaventandomi.<br />

Aprii la bocca e, <strong>in</strong>credibilmente, sentii provenire da essa uno di quei terribili rumori dei<br />

quali f<strong>in</strong>ora avevo temuto. Gli altri esseri presenti emettevano suoni meno fastidiosi dei<br />

miei, rivolgendosi a colei che mi aveva generato con appellativi quali: “signora”,<br />

“Federica” o “mamma”.<br />

Imparai che ogni cosa aveva una denom<strong>in</strong>azione <strong>in</strong> quel mondo pazzesco e mi affezionai<br />

subito a quel term<strong>in</strong>e, mamma, che scelsi per def<strong>in</strong>ire la mia sorgente di vita.<br />

Malgrado sentivo di essere esposta a pericoli maggiori rispetto alla mia condizione<br />

precedente, sapevo di poter contare ora sull‟appoggio della “mamma”; <strong>in</strong> più avevo la<br />

possibilità di scorgerne i tratti dall‟esterno che a me parevano davvero bellissimi.<br />

Malgrado questo, mi sentivo ancora <strong>in</strong>completa. Facendo f<strong>in</strong>ta di sonnecchiare ascoltavo<br />

di nascosto i suoni emessi dagli esseri che mi circondavano e comprendevo che <strong>in</strong> quel<br />

mondo, per essere considerata un‟entità vivente, avrei dovuto essere chiaramente def<strong>in</strong>ita.<br />

“Dio”, “letto”, “Fede”, “ma è stupendaaaa!” erano tutte espressioni che non capivo ma che<br />

<strong>in</strong>tuivo dist<strong>in</strong>guessero cose ed esseri viventi.<br />

Anch‟io volevo esserlo e per questo avevo bisogno di un “nome” (così lo chiamavano)!<br />

Non posso descrivere la gioia che riempì il mio animo quando f<strong>in</strong>almente qualcuno rivolse<br />

a mamma la tanto attesa domanda: “Qual è il suo nome?”.<br />

Lei mi guardò col suo sguardo fiero e dolce e io fui sicura che si riferiva proprio a me. Poi<br />

alzò gli occhi verso quel “qualcuno” e dichiarò, solenne, felice: “Il suo nome? Viola!”<br />

53<br />

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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />

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Da un paio mesi conduco una vita totalmente sregolata, che neanche Vasco.<br />

54<br />

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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />

Intendiamoci, sono mesi particolari, da vivere, nuovi. Di crisi. Di rottura. Sorprendenti<br />

seppur attesi. Non che non faccia programmi quando mi sveglio la matt<strong>in</strong>a alle c<strong>in</strong>que o<br />

nel primo pomeriggio, ma immancabilmente nel corso della giornata faccio di tutto tranne<br />

quello che mi ero prefissato, che neanche un qualunque politico italiano al parlamento.<br />

Innanzi tutto non ci sono orari, o meglio ci sono, forse, ma non dipendono certo da me.<br />

Dormo quando capita, mangio se ho fortuna. Un pezzo di formaggio o una banana un<br />

giorno; il giorno dopo antipasto di pesce, due primi e tre secondi. Non passa notte senza<br />

che non mi svegli di soprassalto nel bel mezzo di .<br />

Non esco quasi più, solo qualche volta al c<strong>in</strong>ema; passo <strong>in</strong>tere giornate <strong>in</strong> casa, arrivo a<br />

sera e mi chiedo cosa ho fatto durante tutto il santo giorno. Non è che tutto sia cambiato,<br />

cont<strong>in</strong>uo ad ascoltare musica <strong>in</strong> ogni momento e dappertutto, cont<strong>in</strong>uo a leggere libri<br />

illeggibili e a scrivere pag<strong>in</strong>e discutibili. Insomma, da un rapido calcolo solo il 72,5 % di<br />

ciò che mi riguarda è cambiato che neanche i sondaggi che c‟azzeccano.<br />

Vorrei precisare che nonostante tutto non faccio uso di sostanze stupefacenti, non fumo,<br />

non bevo più del giusto a parte feste comandate. Anzi, <strong>in</strong> questo ultimo periodo mi sono<br />

riscoperto molto più paziente di quanto non credessi che neanche un italiano medio con le<br />

spalle al muro che sfodera doti impensabili un m<strong>in</strong>uto prima.<br />

Chiaro che la mia efficienza sul lavoro ne risente. In qualche modo però maschero la mia<br />

stanchezza esagerandola (il miglior modo per nascondere è accecare) e <strong>tutti</strong> si mostrano<br />

comprensivi e solidali che neanche Veltroni.<br />

Qualche volta spero che questo periodo passi <strong>in</strong> fretta per la curiosità di vedere cosa<br />

succederà dopo; altre volte vorrei non f<strong>in</strong>isse mai perché so che non tornerà e quando mi<br />

volterò <strong>in</strong>dietro ne sentirò la mancanza che neanche il guanto col suo gemello. Perché non<br />

c‟è stanchezza che non ti permetta di ricordare con nostalgia un Erasmus lontano da casa o<br />

una gita scolastica passata <strong>in</strong> bianco.<br />

Altrettanto chiaro che questo periodo debba pur f<strong>in</strong>ire perché le mie riserve fisiche e<br />

psicologiche sono limitate che neanche l‟uranio nel mondo. Quando f<strong>in</strong>irà non lo so.<br />

Qualcuno mi dice di tener duro, passerà tra qualche mese. Altri mi tranquillizzano che ci<br />

siamo passati <strong>tutti</strong>, ma io non sono comunque di quelli che si felicitano del mal comune o<br />

del mezzo gaudio; io la prendo filosofico-banale e mi dico che passerà quando vorrà<br />

passare. Di certo quando f<strong>in</strong>irà sarò diverso da come ero quando è <strong>in</strong>iziata, qu<strong>in</strong>di sarà un<br />

f<strong>in</strong>ale aperto che neanche al c<strong>in</strong>ema.<br />

Ho imparato la lentezza, ho imparato la cura, ho imparato il dettaglio, ho imparato la<br />

fragilità, ho imparato la dipendenza che neanche i nostri nonni.<br />

Qu<strong>in</strong>di un po‟ me la godo, ma forse anche più di un po‟. Assaporo l‟attimo che neanche<br />

Rob<strong>in</strong> Williams.<br />

Intanto Riccardo cresce a vista d‟occhio.<br />

55<br />

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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />

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VOLANZINE<br />

SCADENZA:<br />

15 MARZO 2011<br />

SCRIPTAG<br />

SCADENZA:<br />

dal 30 giugno 2011<br />

f<strong>in</strong>o al raggiungimento<br />

del numero massimo di<br />

25 <strong>racconti</strong> partecipanti<br />

COS'E' UNA VOLANZINE<br />

Concorso per <strong>racconti</strong> brevi, per<br />

partecipare al quale è sufficiente<br />

la registrazione gratuita al<br />

Portale <strong>Scripta</strong>-<strong>Volant</strong>.org.<br />

Il <strong>concorso</strong> è gratuito e viene<br />

organizzato ogni due mesi.<br />

I <strong>racconti</strong> devono avere la<br />

lunghezza massima di 3600<br />

battute spazi <strong>in</strong>clusi e devono<br />

essere <strong>in</strong>editi.<br />

Leggi tutto il regolamento»<br />

Vuoi essere pubblicato <strong>in</strong> un<br />

libretto si circa 16 pag<strong>in</strong>e e<br />

distribuito <strong>in</strong> tutta Italia, nelle<br />

librerie e nelle migliori fiere<br />

del libro?<br />

Mandaci un racconto, che non<br />

superi le 20.000 battute, spazi<br />

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forum ScripTAG!<br />

In collaborazione con 18:30<br />

Edizioni<br />

Leggi tutto il regolamento»<br />

<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />

ANTOLOGIA "LE 400 COLPE"<br />

SCADENZA: 30<br />

giugno 2011<br />

RADIO VOLANT<br />

SCADENZA:<br />

sempre attivo<br />

57<br />

"Lavoreremo <strong>tutti</strong> <strong>in</strong>sieme alla<br />

costruzione di quella che sarà<br />

l'antologia più grande f<strong>in</strong>o a<br />

ora realizzata".<br />

Saranno 400 i <strong>racconti</strong> che<br />

costituiranno l'antologia "Le<br />

400 colpe", una raccolta di<br />

<strong>racconti</strong> brevi <strong>in</strong>centrati sul<br />

senso di colpa.<br />

“Le 400 colpe” è un <strong>concorso</strong><br />

per <strong>racconti</strong> brevi che premierà<br />

i migliori <strong>racconti</strong>, con la<br />

pubblicazione all’<strong>in</strong>terno della<br />

prima antologia volante!<br />

Leggi tutto il regolamento»<br />

Periodicamente, la Redazione<br />

<strong>Scripta</strong>-<strong>Volant</strong> sceglierà tra i<br />

<strong>racconti</strong> <strong>in</strong>seriti<br />

<strong>in</strong> SCRIVOLIAMO (la sezione<br />

del forum dove <strong>tutti</strong> gli utenti<br />

possono <strong>in</strong>serire i loro scritti)<br />

alcuni <strong>racconti</strong> che<br />

maggiormente si prestano alla<br />

lettura, che verranno registrati e<br />

<strong>in</strong>seriti nella Radio, previa<br />

autorizzazione da parte<br />

dell'autore.<br />

Per qualsiasi dubbio o<br />

<strong>in</strong>formazione, la Redazione è<br />

disponibile!<br />

redazione@scripta-volant.org<br />

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