VolanZine n°14: tutti i racconti in concorso - Scripta Volant
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
Questi <strong>racconti</strong> sono di proprietà dei legittimi autori, pubblicati <strong>in</strong> questo<br />
forum <strong>in</strong> licenza creative commons.<br />
I testi non riportano i crediti dei legittimi proprietari perché partecipano al<br />
<strong>concorso</strong> <strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> che, come da regolamento, prevede l'assenza dell'autore.<br />
Dopo la scadenza delle votazioni, verranno resi noti i nomi degli autori.<br />
Per contatti: redazione@scripta-volant.org<br />
E-book realizzato da Eleonora Lo Iacono<br />
Redazione <strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong>: Luigi Bruno Cristiano, Eleonora Lo Iacono, Cristiana Morroni<br />
redazione@scripta-volant.org<br />
febbraio 2011<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
spargendole <strong>in</strong> giro; non so dandole alle librerie, ai passanti, abbandonandoli sui tram come volete,<br />
otterremmo una cosa che non si è mai vista, non <strong>in</strong> queste proporzioni, non con questi mezzi.<br />
In pratica porteremo quel NON LUOGO che è la Rete nella Vita reale e dalla Vita Reale porteremo<br />
i lettori alla Rete. Questo perché sulle <strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> c'è un <strong>in</strong>vito a chi le raccogliesse di raggiungerci<br />
qui, di registrarsi e di dirci dove la hanno trovata.<br />
Non aspettiamoci adesioni a cent<strong>in</strong>aia, ma pensateci, tutto questo porta, con un costo praticamente<br />
nullo, ad una diffusione nazionale (siamo dappertutto), e alla possibilità di farci conoscere come<br />
s<strong>in</strong>goli autori e come Associazione".<br />
Le <strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> saranno il biglietto da visita di questo gruppo, saranno la misura della qualità di<br />
quanto scriviamo, saremo noi <strong>in</strong> molteplici luoghi, contemporaneamente, stando tranquillamente sul<br />
divano.<br />
Oh, bene.<br />
Con l'ubiquità l'abbiamo risolta.<br />
Ora c'è da pensare alla moltiplicazione dei pani e dei pesci.<br />
Luigi Bruno Cristiano<br />
Su un s<strong>in</strong>golo foglio A4 è possibile stampare un racconto di<br />
due cartelle e piegandolo <strong>in</strong> un determ<strong>in</strong>ato modo si può<br />
ottenere una sorta di libretto che sta comodamente <strong>in</strong> un<br />
tasch<strong>in</strong>o, e non ha bisogno di rilegatura.<br />
Le Z<strong>in</strong>e sono ampliamente usate da molto tempo, non ho<br />
<strong>in</strong>ventato nulla, le usano fondamentalmente per scriverci<br />
pensieri e disegni, ci sono Z<strong>in</strong>e che sono vere e proprie opere<br />
d'arte. Se ognuno di noi scaricasse il racconto <strong>in</strong> formato Z<strong>in</strong>e<br />
che verrà confezionato dalla redazione e contenente il<br />
racconto del mese, e se ne preparasse almeno dieci copie<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
Contribuisci al nostro progetto: distribuire la <strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> per far conoscere gli autori, i<br />
<strong>racconti</strong> e un sito che crede a sogno semplice: dare a chiunque la possibilità di leggere<br />
una <strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> gratuitamente, e far arrivare le nostre parole anche a casa di chi non ha<br />
<strong>in</strong>ternet o non ci conosce ancora.<br />
Il pr<strong>in</strong>cipio della <strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> è quello del bookcross<strong>in</strong>g, che sicuramente conoscete: nel<br />
bookcross<strong>in</strong>g si lascia un libro <strong>in</strong> una panch<strong>in</strong>a, nella poltrona di un treno, alla fermata<br />
degli autobus. Chi lo troverà, potrà leggerlo e a sua volta lasciarlo di nuovo <strong>in</strong> un<br />
posto, dove qualcun'altro avrà la possibilità di leggerlo. Ciò contribuisce ad accrescere la<br />
diffusione della cultura, delle parole, e del senso della narrativa che non è solo guadagno,<br />
classifiche di vendita e popolarità ma è orig<strong>in</strong>ariamente il bisogno di un autore, di<br />
comunicare le sue idee, esprimere se stesso attraverso la parola e fondamentalmente:<br />
scrivere.<br />
Con <strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> noi usiamo lo stesso pr<strong>in</strong>cipio: chi vuole contribuire, e ha una<br />
stampante, può stampare anche solo 10 copie della <strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong>. Piegarla (usando la guida<br />
che trovate qui: http://www.scripta-volant.org/doc/come-piegare-una-volanz<strong>in</strong>e.pdf ) e<br />
affidare al caso, alla magia del dest<strong>in</strong>o, le parole del vostro compagno di viaggio, che<br />
questo mese ha v<strong>in</strong>to il <strong>concorso</strong>.<br />
Inoltre vi ricordo che <strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> è una raccolta di <strong>racconti</strong>: a oggi abbiamo ben undici<br />
<strong>racconti</strong> di due cartelle, votati dai lettori, che un giorno potrebbero anche essere raccolti <strong>in</strong><br />
un'antologia e pubblicati, stampati e distribuiti con i metodi classici.<br />
Ma non è questo il nostro obiettivo pr<strong>in</strong>cipale. <strong>Scripta</strong> ha questo sogno, sempre il solito,<br />
che avrete letto cent<strong>in</strong>aia di volte, <strong>in</strong> giro nel portale: la condivisione libera della<br />
scrittura. Libera, con le ali, senza v<strong>in</strong>coli legati ai costi, alla distribuzione tradizionale.<br />
Chiunque potrà trovare una <strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong>, grazie a noi, un racconto breve e gratuito, scelto<br />
dagli stessi lettori. Siamo un gruppo di persone che svolge quest'attività gratuitamente,<br />
per passione. Perché siamo <strong>in</strong>namorati pazzi della scrittura, del suono delle parole, delle<br />
storie. <strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> è la conseguenza di quest'amore. Internet è lo strumento che ci permette<br />
maggiormente di concretizzare la condivisione libera. <strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> ci permette di renderla<br />
un po' più reale, pur avendo di base la stessa <strong>in</strong>tenzione.<br />
Per chi non avesse una stampante, vi ricordo che esistono comunque la mail, siti di<br />
condivisione come facebook, blog, che ci danno la possibilità di far sapere ai nostri<br />
contatti, che c'è un racconto <strong>in</strong> cerca di un lettore. Un racconto volante.<br />
Eleonora Lo Iacono<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
- Genere: narrativa;<br />
- Tema: libero.<br />
- Lunghezza dei <strong>racconti</strong>: 3.600 battute, spazi <strong>in</strong>clusi (m<strong>in</strong>imo 2.500)<br />
- Limitazioni: i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong>viati devono essere <strong>in</strong>editi (mai pubblicati <strong>in</strong> versione cartacea<br />
e/o onl<strong>in</strong>e);<br />
- Scadenza per <strong>in</strong>viare i <strong>racconti</strong>: 15 marzo 2011;<br />
- Pubblicazione: Libretto <strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong>;<br />
1. <strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> è un <strong>concorso</strong> per <strong>racconti</strong> brevi, per partecipare al quale è sufficiente<br />
la registrazione gratuita al Portale <strong>Scripta</strong>-<strong>Volant</strong>.org. E' un <strong>concorso</strong> aperto a <strong>tutti</strong> i<br />
cittad<strong>in</strong>i italiani, di qualunque età purché maggiorenni.<br />
2. Il <strong>concorso</strong> è gratuito e viene organizzato ogni due mesi.<br />
3. I <strong>racconti</strong> devono avere la lunghezza massima di 3600 battute (e m<strong>in</strong>ima di 2.500), spazi<br />
<strong>in</strong>clusi e devono essere <strong>in</strong>editi (mai pubblicati <strong>in</strong> versione cartacea e/o onl<strong>in</strong>e);<br />
4. Per partecipare al <strong>concorso</strong>, gli utenti, entro la data comunicata dalla redazione,<br />
dovranno <strong>in</strong>viare via mail il proprio racconto, <strong>in</strong> formato word (.doc)<br />
a redazione@scripta-volant.org, <strong>in</strong>dicando il titolo del racconto, il proprio nome e<br />
cognome e il nick <strong>in</strong> uso nel portale http://www.scripta-volant.org. Ogni autore potrà<br />
partecipare con un solo racconto<br />
5. Prima della pubblicazione nel forum, i <strong>racconti</strong> verranno selezionati dal nostro<br />
gruppo di lettura.<br />
6. I <strong>racconti</strong> <strong>in</strong>editi saranno pubblicati <strong>in</strong> forma anonima sul Forum "Racconti<br />
<strong>in</strong> Concorso" e gli autori potranno essere svelati solo a <strong>concorso</strong> concluso. Verrà <strong>in</strong>oltre<br />
realizzato un e-book, con <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> partecipanti, scaricabile gratuitamente dal<br />
portalehttp://www.scripta-volant.org, per facilitare la lettura agli utenti che li<br />
valuteranno.<br />
7. A <strong>in</strong>s<strong>in</strong>dacabile giudizio della redazione, potranno non essere ammessi <strong>racconti</strong> che<br />
abbiano un contenuto pornografico e/o offensivo.<br />
8. I <strong>racconti</strong> pubblicati potranno essere letti, commentati e votati, entro i 30 giorni<br />
successivi alla scadenza del <strong>concorso</strong> (la data verrà comunicata dalla Redazione), da <strong>tutti</strong><br />
gli iscritti al portale che abbiano partecipato al <strong>concorso</strong> e da <strong>tutti</strong> gli altri che abbiamo già<br />
<strong>in</strong>serito nel forum almeno 50 messaggi.<br />
9. Il voto va espresso all‟<strong>in</strong>terno del topic preposto, <strong>in</strong>serito ogni mese nel Forum “Cab<strong>in</strong>a<br />
di Voto”, dalla Redazione. Perché il proprio voto sia valido, ciascun utente dovrà <strong>in</strong>dicare,<br />
<strong>in</strong> ord<strong>in</strong>e di preferenza, i c<strong>in</strong>que <strong>racconti</strong> preferiti. I voti espressi andranno <strong>in</strong> coda di<br />
moderazione e saranno pubblici solo dopo la chiusura delle votazioni.<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
10. Gli utenti votanti sono tenuti a leggere e commentare <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> gara. Sussiste<br />
comunque l'obbligo di commentare almeno i c<strong>in</strong>que <strong>racconti</strong> preferiti. In caso contrario, il<br />
voto sarà annullato.<br />
11. Gli utenti che abbiano partecipato al <strong>concorso</strong> sono tenuti a votare nel rispetto delle<br />
regole sopra elencate. In caso contrario, il racconto verrà escluso dal <strong>concorso</strong>.<br />
12. I <strong>racconti</strong> dovranno essere letti, commentati e votati con assoluta lealtà e schiettezza. La<br />
redazione si riserva di annullare quei voti che siano <strong>in</strong> contrasto con questi requisiti.<br />
13. Il racconto v<strong>in</strong>citore verrà pubblicato a cura della redazione <strong>in</strong> una <strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong>,<br />
distribuita <strong>in</strong> tutta Italia.<br />
CHIUNQUE PUÒ CONTRIBUIRE ALLA DISTRIBUZIONE: chi vorrà, potrà stampare<br />
anche solo 10 copie della <strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong>, piegarla (usando la guida che trovate<br />
qui: http://www.scripta-volant.org/doc/come-piegare-una-volanz<strong>in</strong>e.pdf ) e affidare al<br />
caso, alla magia del dest<strong>in</strong>o, il racconto v<strong>in</strong>citore. Noi della Redazione, ne distribuiamo<br />
ogni mese: durante eventi letterari o <strong>in</strong> giro per le nostre città!<br />
Partecipando al <strong>concorso</strong> gli autori acconsentono a cedere a titolo gratuito il diritto di<br />
pubblicazione, riproduzione, diffusione e distribuzione al pubblico, all‟<strong>in</strong>terno della<br />
<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong>. A <strong>Scripta</strong>-<strong>Volant</strong> è riservata la scelta del tipo di veste grafica. Tale concessione<br />
si <strong>in</strong>tenda valida per tutto il periodo di distribuzione. Concede, altresì, ove lo ritenesse<br />
necessario, il diritto di utilizzare estratti dal racconto a f<strong>in</strong>i pubblicitari e promozionali, <strong>in</strong><br />
qualsiasi modo e forma.<br />
14. La copert<strong>in</strong>a della <strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> potrà essere scelta dall'autore che potrà <strong>in</strong>viare alla<br />
redazione un'immag<strong>in</strong>e (di sua proprietà o che abbia il consenso del proprietario<br />
dell'immag<strong>in</strong>e), oppure verrà scelta un'immag<strong>in</strong>e dalla redazione stessa.<br />
15.Ogni autore dichiara che il proprio racconto è un‟opera orig<strong>in</strong>ale di sua esclusiva<br />
paternità, che non viola alcuna norma di legge e/o diritti di terzi e <strong>in</strong> particolare, non ha<br />
né forme né contenuti denigratori, diffamatori o di violazione della privacy. In caso<br />
contrario, l'autore ne sarà l'unico responsabile.<br />
16. Partecipando al <strong>concorso</strong>, gli autori accettano <strong>tutti</strong> gli articoli del Regolamento<br />
L<strong>in</strong>k di riferimento:<br />
FORUM VOLANZINE<br />
GUIDA COME PIEGARE UNA VOLANZINE<br />
VIDEO: COME PIEGARE UNA VOLANZINE<br />
RACCONTI IN CONCORSO<br />
CABINA DI VOTO<br />
Seguono i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> gara per quest‟edizione. Per ogni racconto sono disponibili due l<strong>in</strong>k:<br />
uno per commentare il racconto nel forum, uno per votarlo.<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> è un <strong>concorso</strong> a votazione pubblica: <strong>tutti</strong> gli iscritti che abbiamo <strong>in</strong>serito<br />
almeno 50 post nel forum, possono votare!<br />
Votare è molto semplice. All'<strong>in</strong>terno del post “Cab<strong>in</strong>a di voto”, basta clikkare il tasto<br />
"RISPONDI" che si trova sotto la banda arancione.<br />
Scrivere i titoli dei 5 <strong>racconti</strong>, <strong>in</strong> ord<strong>in</strong>e di preferenza decrescente e cliccare "<strong>in</strong>via".<br />
Il voto non sarà subito visibile. Tutti i voti andranno <strong>in</strong> coda di moderazione e saranno<br />
pubblici al term<strong>in</strong>e delle votazioni.<br />
Per qualsiasi dubbio, scrivici oppure <strong>in</strong>serisci la tua domanda qui:<br />
http://www.scripta-volant.org/forum/viewtopic.php?f=36&t=932<br />
Redazione <strong>Scripta</strong> <strong>Volant</strong><br />
Forum: http://www.scripta-volant.org/forum/<br />
Concorsi: http://www.scriptavolant.org/<strong>in</strong>dex.php?option=com_content&view=article&id=229&Itemid=57<br />
Facebook: http://www.facebook.com/group.php?gid=82226334602<br />
CONCORSO SEGNALATO SU:<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> n° 13: Che lo amerà di Giovanni Ottaviani<br />
<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> n° 12: Piano piano di Dario Puppi<br />
<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> n°11: Per riparare una farfalla di Daniela Thomas<br />
<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> n°10: La fata regalata di Deborah Santarelli<br />
<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> n°9: La vita <strong>in</strong> dieci frammenti di Giafranco Bussalai<br />
<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> n° 8: Fanfara andante ma non troppo di Giuseppe Buscemi<br />
<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> n°7: Adios Fidel di Luca Artioli<br />
<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> n°6: Strega di Milena Esposito<br />
<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> n°5: L'altro di Guido Oliva<br />
<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> n°4: Quaranta di Piero Mattei<br />
<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> n°3: Salsa & mer<strong>in</strong>ga di Attilio Facch<strong>in</strong>i<br />
<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> n°2: Orologi di Piero Mattei<br />
<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> n°1: Niente di Strano di Eleonora Lo Iacono<br />
<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> n°0: Coyote di Luigi Bruno Cristiano<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
° Commenta questo racconto: http://www.scripta-volant.org/forum/viewtopic.php?f=47&t=2960<br />
° Vota qui: http://www.scripta-volant.org/forum/viewtopic.php?f=47&t=2958<br />
Il piccione appare sospettoso e stenta ad uscire.<br />
“Va dalla mia dolce Francesca” pensa il giovane. Spazientito, da una manata sui<br />
rametti della gabbia. F<strong>in</strong>almente l’uccello spicca <strong>in</strong> volo e s’allontana battendo<br />
forte le ali. Lascia che <strong>in</strong> vento lo coglie <strong>in</strong> pieno: si immerge nell’aria pulita di<br />
primo matt<strong>in</strong>o.<br />
Sa cosa fare. Deve consegnare un messaggio, che tiene legato ad una zampetta, e<br />
che recita così:<br />
Possa la sera celare l’ombra mia nascosta tra le mura.<br />
Guid<strong>in</strong>o verso di voi, mia madonna, i passi miei di brama <strong>in</strong>telletto.<br />
Seguono il cuor che m’ispira senza nulla temere.<br />
servo vostro<br />
Paolo.<br />
Riprende il volo e prosegue dritto davanti a se. Sorvola i tetti di Gradara<br />
mentre, il cielo, è terso come gli occhi di un bamb<strong>in</strong>o.<br />
*****<br />
Sa che lo aspetta un lungo viaggio. Vuole comunque arrivare presto sul posto,<br />
ama sentire le dita di quella giovane donna, di nome Laura, carezzare le sue<br />
piume. E gli piace sentirla fischiettare. Di ciò, prova una bella sensazione. Come<br />
sempre.<br />
Tempo prima, un uomo paffuto dallo sguardo dolce e gentile, con fare ansioso gli<br />
aveva legato alla zampetta un messaggio da consegnarle:<br />
Quando io movo i sospiri a chiamar voi,<br />
e 'l nome che nel cor mi scrisse Amore,<br />
Laudando s'<strong>in</strong>com<strong>in</strong>cia udir di fore<br />
il suon de' primi dolci accenti suoi.<br />
Sempre vostro<br />
Francesco<br />
****<br />
Il colombo spiega le ali e spicca di nuovo <strong>in</strong> volo; si dirige verso sud-est.<br />
È pomeriggio e il tempo tende a m<strong>in</strong>acciare; si sente chiaro che l’aria s’affresca.<br />
Lontane nubi grigie sono piazzate sulla sua rotta. Intuisce che le deve<br />
attraversare. Sorvola un’aperta pianura e scorge, guardando dabbasso, sagome di<br />
cavalli bardati f<strong>in</strong> sopra il capo, <strong>in</strong>citati da possenti cavalieri armati di lance,<br />
correre veloci d<strong>in</strong>anzi a lui. Con rapidi colpi d’ali supera ben presto il campo di<br />
battaglia e si dirige verso la sua dest<strong>in</strong>azione <strong>in</strong>filandosi, con sollievo, <strong>in</strong> un<br />
manto di nuvole bianche e basse. S’avvede con disappunto che correnti contrarie<br />
stanno rallentando la sua corsa.<br />
9<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
Silvia dovrà attendere ancora un po’ il suo arrivo.<br />
Sa con quanta grazia la fanciulla <strong>in</strong>izierà a leggere il contenuto del messaggio:<br />
Ch'arsi di foco <strong>in</strong>tam<strong>in</strong>ato e puro.<br />
Vive quel foco ancor, vive l'affetto,<br />
Spira nel pensier mio la bella imago,<br />
Da cui, se non celeste, altro diletto<br />
Giammai non ebbi, e sol di lei m'appago.<br />
Vostro devoto<br />
Giacomo<br />
Riparte <strong>in</strong> fretta. Non gli è mai piaciuto viaggiare di notte. Teme agguati. I<br />
falchetti, come le poiane, sono più abili e lesti di lui <strong>in</strong> volo.<br />
Per un attimo l’uccello sobbalza disorientato: il fischio di un treno s’<strong>in</strong>fila<br />
prepotente nella sua testa. S’<strong>in</strong>crociano per un breve tratto separandosi subito<br />
dopo. Lo vede scivolare veloce su strisce nere e sparire nelle viscere di un monte.<br />
Il piccione riprende la sua corsa e cerca di accelerare per non tardare. Non può.<br />
****<br />
Quella sera <strong>in</strong> piazza c’era poca gente. L’unico bar aperto era poco illum<strong>in</strong>ato.<br />
Dall’alto vede un giovane alzarsi da una panch<strong>in</strong>a. Una ragazza s’avvic<strong>in</strong>a a lui e<br />
lo saluta con un abbraccio. Li vede sorridere e avviarsi lontano, mano nella mano.<br />
In quel mentre, il piccione plana sul piano della panch<strong>in</strong>a vuota. È esausto.<br />
Scruta <strong>in</strong> giro. Zampetta di lato. Due passetti. Si ferma e aspetta; non si è mai<br />
sbagliato.<br />
Sente un tubettìo dietro di lui. Si gira: è lei. Stende le ali e sgrana gli occhietti<br />
neri. S’avvic<strong>in</strong>a zampettando piano s<strong>in</strong>o a sfiorare il becco della femm<strong>in</strong>a col suo.<br />
Un tocco leggero. Trattiene il respiro. Il tempo, come il mondo, pare fermarsi.<br />
Nel silenzio, si ode solo il battito delle loro ali, mentre s’alzano <strong>in</strong> volo verso il loro<br />
dest<strong>in</strong>o.<br />
10<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
° Commenta questo racconto: http://www.scripta-volant.org/forum/viewtopic.php?f=47&t=2961<br />
° Vota qui: http://www.scripta-volant.org/forum/viewtopic.php?f=47&t=2958<br />
Ho scelto lei perché quando apre la bocca lo sa fare bene; prima allarga le labbra e poco<br />
dopo, un istante da ricordare, i denti. Così facendo sembra che nella sua bocca risplendano<br />
due fili di luce.<br />
I suoi denti stupendi sono lì dietro le labbra a fare un doppio gioco che <strong>in</strong>evitabilmente mi<br />
piace.<br />
Prima di <strong>in</strong>contrare le mie labbra richiude la bocca, ma non velocemente; aspetta di essere<br />
ad una distanza esatta, <strong>in</strong> modo di chiudere, <strong>in</strong>umidire, stuzzicarmi mordicchiandosi il<br />
labbro superiore e donarsi a me <strong>in</strong> un morbido bacio.<br />
Una sera che scendeva una leggera pioggia, mentre passeggiavamo nel quartiere, mi colse<br />
di sorpresa, assorto com‟ero a cercar nelle gocce una nuova favola da regalarle. Mi tirò a sè<br />
per la c<strong>in</strong>tola dei pantaloni, forse una novità, e mi diede quel bacio senza una premessa.<br />
Quando mi lasciò, tornando a camm<strong>in</strong>are al mio fianco, sfioravo come sempre le nuvole<br />
con i riccioli dei miei capelli; ma <strong>in</strong> qualche modo dovevo riscattarmi dalla sorpresa...<br />
Alzai gli occhi e vidi una luna sorridente.<br />
Anche lei mi vide e disse:<br />
“Stasera conduce lei!”<br />
“Non può succedere pallida Luna”.<br />
“Ogni tanto deve succedere”.<br />
“Io sono lo specchio che risplende della sua luce. Io devo mostrargli quella lum<strong>in</strong>osità che<br />
non si accorge di avere e senza di lei potrei tornare un ombra”.<br />
“Siamo <strong>tutti</strong> delle ombre grazie alla luce dell‟amore”.<br />
“Si, credo... Luna, aspettami qui un secondo. Ti porto una cosa.”<br />
Ritornai ai pensieri miei e di lei. Avevo bisogno di un altro bacio perché ne avevo davvero<br />
voglia e non soltanto.<br />
“Amore ti amo!” le dissi bloccandola per strada.<br />
“Anch‟io T’AMO!”<br />
“Dillo mentre mi baci”.<br />
Mentre mi baciava mi scostai da lei e le impedii di f<strong>in</strong>ire la frase. La fermai su T’, le presi<br />
l‟apostrofo e tornai dalla luna.<br />
“Luna eccomi di nuovo a te”.<br />
“Cosa mi hai portato giovane amante?”<br />
“Semplicemente, si fa per dire, un apostrofo. Quello tra le parole t‟'amo...”<br />
“Così non hai resistito a metterti <strong>in</strong> luce”.<br />
“Non posso sottrarmi a questa realtà. Io amo prima di ogni altra cosa”.<br />
“E così sia per sempre. Torna da lei e f<strong>in</strong>isci quello che stavi facendo. Stanotte, se vuoi,<br />
sarò io quell‟apostrofo nel vostro giuramento d‟amore”.<br />
Quando r<strong>in</strong>contrai gli occhi di lei cont<strong>in</strong>uai da dove ci eravamo bloccati... (smack) ’AMO.<br />
Eravamo fradici di pioggia, baci e chissà quante altre cose che avremmo messo distese ad<br />
asciugare davanti al cam<strong>in</strong>o <strong>in</strong>sieme.<br />
“Andiamo a casa?”<br />
“Me oui! Tu prepari la cioccolata ed io il cam<strong>in</strong>o”.<br />
“Ti amo!”.<br />
“Ti amo anch‟io!!” le risposi.<br />
“Aspetta! Io volevo metterci l‟apostrofo”.<br />
“Dici che c‟è l‟ho ancora io?”<br />
“Vieni un po‟ qui signor<strong>in</strong>o...”<br />
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“Ma è solo un apostrofo...”.<br />
“Dai amore... ridammi l‟apostrofo”.<br />
“Non posso, l‟ho regalato alla luna”.<br />
“E lei che se ne fa?”<br />
“Per unire le nostre ombre quando ci baciamo”.<br />
<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
° Commenta questo racconto: http://www.scripta-volant.org/forum/viewtopic.php?f=47&t=2962<br />
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° Vota qui: http://www.scripta-volant.org/forum/viewtopic.php?f=47&t=2958<br />
“So che non t'ho cercato molto spesso ultimamente e so anche di aver detto di non credere<br />
più <strong>in</strong> Te, ma Ti prego... Padre nostro che sei nei cieli... Aiutami! Sento di non poter<br />
resistere ancora per molto. Sono troppi e mi colpiscono così forte... Mi hanno picchiato<br />
tanto sulla bocca, non riesco quasi più a parlare, mi fanno male le labbra, gli zigomi, i<br />
denti. Arrivano all'improvviso e, senza un perché, <strong>in</strong>iziano a massacrarmi. Non sentono<br />
ragioni, io non parlo con loro, loro non parlano con me. Non la darò loro v<strong>in</strong>ta, comunque.<br />
Ho perso molto sangue dalla bocca, ho le labbra spaccate. Non dormo da due giorni... Sia<br />
santificato il Tuo nome... È buia questa stanza, è fredda e puzza, ieri mi hanno dato una<br />
coperta lercia, piena di pidocchi. M'hanno tolto la giacca e le scarpe. Ho freddo. Non mi<br />
cambio da due giorni e non mi lavo da tre. Respiro anche male, ho dolore ad un fianco e<br />
non riesco a tenere la schiena dritta, senza che una fitta mi trapassi... Credo di avere una o<br />
più costole rotte. È accaduto il primo giorno, ero appena arrivato ed <strong>in</strong> quattro m'hanno<br />
aggredito e pestato, senza motivo alcuno... Venga il Tuo Regno, sia fatta la Tua volontà...<br />
Ho la schiena coperta di lividi, mi fanno male le mani, che uso per proteggermi dai colpi...<br />
Ieri, mentre scendevo per andare a mangiare, con un calcio mi hanno fatto cadere dalle<br />
scale. Da allora non riesco a stare <strong>in</strong> piedi molto bene, devono spostarmi con una barella...<br />
E non sono molto contenti di dover fare anche questo. Il medico che mi ha visitato ha detto<br />
che sono disidratato e mi ha messo una flebo. Si è esaurita da venti ore ed ho dovuto<br />
togliermi l'ago da solo... Come <strong>in</strong> cielo, così <strong>in</strong> terra... Io non ho paura, non mi fanno paura,<br />
possono solo farmi male, ma so che dovranno fare i conti col mio sguardo, so che<br />
dovranno scontare quello che mi hanno fatto... Mi dicono che nessuno ha chiesto di me, mi<br />
dicono che sono solo e che nessuno mi vuol bene. Io so <strong>in</strong> cuor mio che Marzia, mia<br />
sorella, me ne vuole... Sono stanco Signore e non trovo neanche più le lacrime per<br />
piangere, ma non la darò loro v<strong>in</strong>ta. Fuori ho udito cantare un passerotto, ho sognato di<br />
volare via. Non dormo e non mi cambio da due giorni, non mi lavo da tre. Amo la vita e<br />
voglio vivere... Dacci oggi il nostro pane quotidiano... Ho fatto degli sbagli come <strong>tutti</strong>, ma<br />
ho sempre pagato <strong>in</strong> prima persona. Adesso scrivo a fatica la mia storia su questo muro, la<br />
luce va e viene, ho gli occhi gonfi e non posso vedere molto bene... Son segregato qua<br />
dentro da un tempo <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito... Non riesco quasi più a pensare, non so quand'è stato che<br />
sono riuscito a formulare un pensiero... Rimetti a noi i nostri debiti... Ho chiesto una<br />
Bibbia, ho chiesto di mia madre e mio padre, non mi hanno risposto... Tutto qua dentro<br />
sembra essere scomparso nel nulla, tutto è dilatato, pers<strong>in</strong>o il tempo... Scusatemi mamma e<br />
papà credo di avervi deluso ancora... Come noi li rimettiamo ai nostri debitori... Io li ho<br />
perdonati, perché sono rozzi e non capiscono. Se la prendono con me perché sono un<br />
bersaglio facile, lo fanno per non ascoltare il vuoto che hanno dentro. Mi fanno pena. Tra<br />
poco torneranno ed io li aspetterò con la più potente delle armi, quella che non potranno<br />
mai togliermi, la coscienza pulita. Presto sarò libero, presto sarà tutto f<strong>in</strong>ito... E non ci<br />
<strong>in</strong>durre <strong>in</strong> tentazione ma liberaci dal male... Ho trentuno anni, mi chiamo Dario e sono<br />
geometra. M'hanno arrestato per modica quantità sei giorni fa e se stai leggendo questo sul<br />
muro ti chiedo di raccontarlo ai miei. Dì loro che li amo e come sono morto... Amen”<br />
.<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
Ho svuotato il sacchetto coi soldi sul tavolo della cuc<strong>in</strong>a di Esoteria, <strong>in</strong> cambio di un pugno di<br />
lana e di molte istruzioni. Devo <strong>in</strong>trecciare una bambola con i fili di lana tra i quali avrò mescolato<br />
qualche capello di P. Non devo nom<strong>in</strong>arlo mai, non sorridere né tanto meno ridere, devo essere molto<br />
concentrata soltanto su di lui, senza pensare all’altra, mentre realizzo la bambola per averlo <strong>in</strong> mio<br />
potere.<br />
Esoteria mi ha edotta <strong>in</strong> ogni dettaglio, fornendomi molte altre raccomandazioni che non ho<br />
ascoltato, e, forse, ha pure detto qualcosa a proposito del fuoco mentre <strong>in</strong>filavo la giacca e volavo via ad<br />
<strong>in</strong>iziare il progetto; ma ora devo lavorare alla bambola, che dovrà essere tanto piccola da poter essere<br />
nascosta <strong>in</strong> una mano.<br />
Avvio la vecchia stufa a legna <strong>in</strong> cuc<strong>in</strong>a e lascio la portic<strong>in</strong>a aperta per far accendere meglio i<br />
rametti accanto al ciocco centrale, poi <strong>in</strong>izio a concentrarmi su mio marito ma, subito, la mente devia<br />
sulla mia giovane rivale mentre bagno i fili di lana con l’aceto e li cospargo di sale per <strong>in</strong>ibire le<br />
prestazioni sessuali di P..<br />
Sorrido, mentre immag<strong>in</strong>o il suo sgomento e la sorpresa di lei, che scolpita nella porcellana<br />
bianca della sua gioventù, assiste alla defezione di un uomo che può esserle padre. La vedo ridere di lui:<br />
è arrivato il mio momento.<br />
E’ ormai quasi un anno che P. rientra per l’ora di cena ebbro di lei e mi tratta con disprezzo, ma io,<br />
stasera, gli sorriderò garrula mentre metterò <strong>in</strong> tavola e lo stupirò con i miei atteggiamenti dis<strong>in</strong>ibiti e<br />
sensuali perché da oggi sono una donna nuova.<br />
Eccolo che <strong>in</strong>fila le chiavi nella serratura e richiude la porta alle sue spalle. Rapida, <strong>in</strong>filo la<br />
bambola irrorata del mio profumo, nell’elastico del mio tanga brasiliano di pizzo nero, come mi ha<br />
raccomandato Esoteria perché si senta attratto da me: <strong>in</strong>fatti, mi guarda con occhi nuovi e avverto la<br />
sua eccitazione mentre mi str<strong>in</strong>ge a sé e avv<strong>in</strong>ghiati, navighiamo lungo il perimetro dei mobili della<br />
cuc<strong>in</strong>a, ignorando la cena pronta sul tavolo.<br />
Avverto che il mio trionfo sta per compiersi ma, prima devo liberare la bambola dagli slip senza<br />
che lui se ne accorga f<strong>in</strong>tanto che lo sento armeggiare con la zip del vestito. Non senza difficoltà riesco<br />
a sfilare la bambola e mentre allungo la mano dietro la schiena per lasciarla cadere, passiamo ancora<br />
allacciati labbra e corpi, accanto alla portic<strong>in</strong>a, che ho dimenticato aperta, della vecchia stufa<br />
F<strong>in</strong>almente P. mi libera dal vestito ma, un bacio di fuoco ci avvolge, mentre vedo le fiamme<br />
guizzare dal ventre panciuto della stufa, <strong>in</strong>torno alla bambola che si contorce ridendo.<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
Era una donna viva e ribelle, capace di seppellire un maschio con una delle sue risate. Per questo gli<br />
uom<strong>in</strong>i non la chiedevano <strong>in</strong> sposa. Preferivano mogli forti e stolide come muli, adatte a sfornare<br />
figli, e capaci di aspettare il ritorno delle barche sulle quali i loro mariti, fratelli, e padri, partivano<br />
per la pesca.<br />
Le donne la detestavano. In fondo, la <strong>in</strong>vidiavano. Mentre loro appassivano nell’attesa delle barche,<br />
e si appesantivano per le numerose gravidanze, lei sembrava non <strong>in</strong>vecchiare mai. Passava le<br />
giornate ad aggiustare le reti dei pescatori. Era bravissima, veloce, e riusciva a guadagnarsi da<br />
vivere.<br />
Gli uom<strong>in</strong>i, quando ne avevano il tempo, si disponevano lungo il molo, e seguivano, ipnotizzati, i<br />
guizzi delle sue dita da sirena, immag<strong>in</strong>ando che si muovessero sul loro corpo. Quando il vento<br />
giocava con la sua gonna,e si impadroniva dei suoi capelli lunghissimi, e sempre sciolti, le loro gole<br />
si <strong>in</strong>aridivano dal desiderio. Allora loro correvano all’osteria per placare la sete.<br />
Un giorno, dalla terraferma, arrivò uno straniero.<br />
Vide la donna aggiustare le reti. Sorrise. Lei lo notò. Riabbassò subito lo sguardo sulle maglie. Si<br />
aspettava che lui, al pari degli altri, si mettesse sul molo a coltivare fantasie su di lei.<br />
Lui, <strong>in</strong>vece, prese un blocco ed un carbonc<strong>in</strong>o da una tasca dell’ampio mantello, ed <strong>in</strong>iziò a<br />
disegnare. Guardava il mare, ora, e non lei. Concentrato, lavorò per ore. Ed era lei che, ogni tanto,<br />
si lasciava <strong>in</strong>cantare dal movimento della sua mano sul foglio.<br />
Quando il giorno volse al tramonto, lei, lasciando la spiaggia, gli passò accanto. R<strong>in</strong>graziò il vento,<br />
che scelse quel momento per alzare una ciocca dei suoi capelli, e per posarla un istante sul collo di<br />
lui.<br />
Quando arrivò a casa, la donna non riuscì a dormire. Ora capiva la sete ardente che bruciava gli<br />
uom<strong>in</strong>i che la guardavano. Ed avrebbe voluto anche lei un po’ di quel v<strong>in</strong>o forte che dava sollievo e<br />
ottenebrava le menti <strong>in</strong>quiete.<br />
Qualcuno bussò alla porta. Lei fu certa che era il forestiero ancor prima di aprire.<br />
Lui aveva fra le mani il blocco ed il carbonc<strong>in</strong>o. Le disse che voleva disegnarla dal primo momento<br />
<strong>in</strong> cui l’aveva vista. Le disse che non voleva disegnarla vestita. In silenzio, lei slacciò la gonna, e la<br />
lasciò cadere a terra <strong>in</strong> una grande ruota fiorita.<br />
Lui restò una settimana. Abbastanza perché il paese <strong>in</strong>tero sapesse che qualcuno aveva f<strong>in</strong>almente<br />
domato quella donna orgogliosa e selvatica. Se ne andò all’alba. Non promise di tornare.<br />
Lei, da quel giorno, <strong>in</strong>trecciò stretti i suoi lunghi capelli. Cont<strong>in</strong>uò ad aggiustare reti, ma le sue<br />
mani, ora, si muovevano con metodo, quasi con pesantezza. Concesse a qualcuno degli uom<strong>in</strong>i sul<br />
molo quello che avevano desiderato da anni. Non li fece felici. Tutti si accorsero che lei pensava ad<br />
un altro.<br />
Uno di loro, per prendersi il gusto di vederla piangere, le disse che il forestiero era un pittore ricco e<br />
famoso, che viveva <strong>in</strong> una città lontana con una moglie bellissima. Lei non pianse. Le era rimasto<br />
ancora abbastanza orgoglio. Chiuse casa, e partì. Partì per quella città. Tornò <strong>in</strong> una giornata di<br />
nebbia fitta. Alcune barche erano ormeggiate al molo. Non c’era anima viva.<br />
Lei ne slegò una. La cosparse con il petrolio che teneva <strong>in</strong> casa per accendere le lampade. Remò.<br />
Arrivò al largo.<br />
Nessuno si accorse di lei. Alcuni, guardando dalla f<strong>in</strong>estra, si chiesero perché, fra la nebbia, si<br />
vedeva una luce strana, come di fiamme.<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
Nacque <strong>in</strong> un giorno freddo Giuan<strong>in</strong>, dopo un lungo travaglio: non voleva saperne di lasciare il<br />
tepore del ventre materno.<br />
Quel giorno, poi, c'era da battere i denti. Suo padre era uscito sull’uscio per spalare la neve nel<br />
vialetto davanti casa, era già la quarta volta che usciva e rientrava.<br />
Tutti si davano un gran da fare, (un parto tra le mura domestiche, a quei tempi, era consuetud<strong>in</strong>e).<br />
Le donne preparavano l’acqua calda, i panni di l<strong>in</strong>o, le garze e l’occorrente per fasciare il bamb<strong>in</strong>o.<br />
Appena nato, il medico lo afferrò trionfante. Il piccolo emise un solo vagito e poi se ne stette<br />
tranquillo, mentre <strong>tutti</strong> lo ammiravano.<br />
Il padre quando vide quel fagotto lungo esclamò:<br />
“Ben! Par na ciopa”.<br />
La madre lo cullava contenta:<br />
“Ch‟ pac stu „uaglion, nun chiagne mai”.<br />
In paese non si era mai capito come avessero fatto quei due a sposarsi, così diversi: lui veneto,<br />
<strong>in</strong>troverso e silenzioso, lei napoletana, espansiva e chiassosa.<br />
La nascita del primo figlio aveva portato gioia <strong>in</strong> famiglia.<br />
Un maschio, era una garanzia per il futuro.<br />
Giuan<strong>in</strong> crescendo si mostrò, a dir poco, orig<strong>in</strong>ale. Solo verso i due anni pronunciò la prima sillaba:<br />
ma. La madre ne fu contenta perché credeva che l’avesse chiamata.<br />
Il fatto che non piangesse, parlasse poco, guardasse il cielo, faceva pensare a chissà quale mente<br />
geniale.<br />
A scuola com<strong>in</strong>ciarono i primi problemi: stando all'ultimo banco, alla prima occasione apriva la<br />
f<strong>in</strong>estra e saltava giù. Andava a sedersi sotto un albero e faceva l'unica cosa che sembrava non<br />
costargli fatica: suonare l'armonica.<br />
Quando suo padre gli chiedeva che lavoro volesse fare da grande, rispondeva: “A…”.<br />
“Dimelo a mi, fio: autista?” lo <strong>in</strong>citava il padre.<br />
“Avvocato, a mammà?” <strong>in</strong>terveniva la madre, ma egli taceva.<br />
Il giorno dopo alla stessa domanda rispondeva sempre: “A…”.<br />
E suo padre: “ Agricoltore, fiol?”<br />
“No, vo dicere astronauta”, ma egli niente.<br />
Dopo qualche tempo, la sua risposta cambiò <strong>in</strong>: “Ar…”<br />
Suo padre saltò dalla sedia: “Gò capio, artesan”.<br />
“Pe‟ mme, sarrà architetto”, aggiunse la madre, egli guardò entrambi e fece di no con la testa.<br />
Quando fu abbastanza grande da poter lavorare suo padre, com<strong>in</strong>ciò a preoccuparsi perché il<br />
ragazzo:<br />
“No s‟afanava de gnente”.<br />
La madre al solito, protettiva, lo difendeva:<br />
“Chiss ten a ciorta annascosa, lasc‟ o sta‟”.<br />
Ma non si poteva aspettare con le mani <strong>in</strong> mano e allora concordarono che Giuan<strong>in</strong> andasse a<br />
raccogliere mele al paese vic<strong>in</strong>o.<br />
I lavoranti erano di buonumore, e lo precedevano lesti lungo i sentieri. Gli alberi, carichi di mele,<br />
profumavano l'aria; Giuan<strong>in</strong> li guardava stranito, assente.<br />
Dopo aver raccolto i frutti che si potevano cogliere da terra, allungando le braccia, occorreva salire<br />
su una scala a pioli per raccogliere il resto; ma Giuan<strong>in</strong> pensava: “ troppa fatica ”<br />
Alla f<strong>in</strong>e del raccolto, gli alberi dove era passato Giuan<strong>in</strong> avevano un ciuffo di frutta colorata nella<br />
parte superiore, sembrava l'opera di un bizzarro parrucchiere.<br />
Quando si presentò al padrone per la paga, l'uomo prese il denaro, lo mise sul tavolo e lo sp<strong>in</strong>se<br />
verso di lui, e mentre Giuan<strong>in</strong> tentava di allungare la mano egli svelto se lo riprese.<br />
“ Torna sugli alberi a raccogliere il resto e avrai quanto ti spetta”.<br />
Giuan<strong>in</strong> prese dalla tasca la sua armonica e suonando si allontanò.<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
Lo cercarono <strong>in</strong>vano nelle valli circostanti. Di lui non si seppe più nulla. Non tornò più a casa<br />
Giuan<strong>in</strong>, aveva trovato la sua strada, abitare per le strade del mondo, facendo l'unica cosa che<br />
voleva e sapeva fare: suonare l'armonica.<br />
Note: par na ciopa: sembra una pagnotta.<br />
stu „uaglion nun...: questo bamb<strong>in</strong>o non piange mai<br />
ciorta annascosa : fortuna nascosta<br />
no s‟afanava de gnente: non si <strong>in</strong>teressava di niente<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
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Io oggi, sono puntuale nel sognare, ho voglia di raccontare una favola alle mie nipot<strong>in</strong>e,<br />
Gaia e Sofia. Mia nipote Gaia è la curiosità fatta bamb<strong>in</strong>a, te ne accorgi soprattutto quando<br />
usa il verde dei suoi occhi. Mia nipote Sofia, sua sorella, guarda la maggiore come se<br />
ascoltasse con le sue orecchie, guardasse con i suoi occhi, respirasse con la sua bocca.<br />
Chi ha un fratello maggiore lo sa, si chiede <strong>in</strong> prestito tutto, perf<strong>in</strong>o i sensi.<br />
Nell'autobus pieno, direi quasi traboccante, la mia attenzione era catturata da un bamb<strong>in</strong>o<br />
che con la massima cura str<strong>in</strong>geva tra le mani un pezzo di legno. Una signora non poté<br />
fare a meno di chiedergli perché tanta preoccupazione per quel pezzo di legno da nulla. Il<br />
bamb<strong>in</strong>o spiegò:<br />
"Sto portando su questo pezzo di legno una formich<strong>in</strong>a, mia grande amica. E' il suo primo<br />
viaggio <strong>in</strong> autobus."<br />
Quanti tra i tanti viaggiatori distratti di quell'autobus avranno compreso la poesia e<br />
l'umanità racchiuse nel gesto di quel bamb<strong>in</strong>o? Io lo compresi, lo zio è sensibile e<br />
profondo, non date retta alle voci che si sp<strong>in</strong>tonano distorte, nipot<strong>in</strong>e adorate.<br />
Cont<strong>in</strong>uai a guardare il bamb<strong>in</strong>o. Quando scese dall'autobus, saltai giù anch'io.<br />
Sentivo che con lui avrei potuto conversare. Gli spiegai che anche a me piacciono le<br />
formiche e gli raccontai quel che accadde nell'unico mal<strong>in</strong>teso che ci fu tra di noi.<br />
Una notte le formiche della mia casa avevano divorato il roseto.<br />
L'<strong>in</strong>domani catturai Serena - una formica rossa, tra le più <strong>in</strong>telligenti che abbia <strong>in</strong>contrato<br />
nella mia vita.<br />
Non la str<strong>in</strong>si con rabbia, perché Dio mi protegge molto contro la rabbia, ma l'afferrai con<br />
una certa fermezza.<br />
La sua zampetta tremava e il cuore le batteva così forte che sembrava scoppiare.<br />
Io volevo solo sapere come mai aveva divorato l'<strong>in</strong>tero roseto <strong>in</strong> una sola notte.<br />
Serena rispose: "Lei pensa di essere il solo a cui piacciono le rose"?<br />
Rimasi molto impacciato, poi commentai: "Vi piacciono così tanto che le mangiate!"<br />
"Ma scusi, lei non fa la stessa cosa nella Comunione?"<br />
Mi sentii morire dalla vergogna e la liberai, con molta attenzione, vic<strong>in</strong>o al terreno.<br />
Durante i giorni seguenti tutte le altre formiche mi tennero il broncio.<br />
Non ne potevo più: chiamai Serena, chiedendole aiuto e <strong>in</strong>segnai a tutte le altre formiche<br />
ad adorare le rose <strong>in</strong>vece che mangiarle.<br />
Una notte <strong>in</strong>vitai il bamb<strong>in</strong>o che portava la formica a spasso con l'autobus a venire a casa<br />
mia.<br />
La luna era <strong>in</strong> piena, più che piena.<br />
Lì avrebbe trovato tutte le formiche che odoravano le rose.<br />
Il bamb<strong>in</strong>o - a differenza degli adulti - non trovò la richiesta "strana" ma meravigliosa!<br />
Gli raccontai di Claudia, una giovane formica che zoppicava. Eravamo nel mio giard<strong>in</strong>o.<br />
Con il suo permesso la girai sul dorso per vedere meglio la ferita.<br />
Claudia per la prima volta vide il cielo.<br />
Le formiche sono come noi ; tutto il giorno a correre, senza mai il tempo per contemplare il<br />
cielo.<br />
Claudia, vedendo il cielo per la prima volta, rimase con la boccuccia aperta per l'emozione.<br />
Era <strong>in</strong>utile porle domande sulla sua zampetta. Non mi ascoltava, cont<strong>in</strong>uava a guardare il<br />
cielo.<br />
Presi <strong>in</strong> braccio il bamb<strong>in</strong>o, <strong>in</strong>fastidito da un gesto che riteneva non gli appartenesse più<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
da mesi e gli dissi: "Se vieni a casa mia <strong>in</strong> una notte di luna piena, rischi di trovare le<br />
formiche sup<strong>in</strong>e e con la testa sull'erba, piene di meraviglia e gioia a contemplare la luna”.<br />
Questo gli dissi.<br />
Illustrissime persone adulte, perdonatemi se vi ho sorpreso e deluso, dimenticando i<br />
grandi per conversare, un istante, con i piccoli.<br />
La mia è stata solo una raccomandazione rivolta a me stesso.<br />
Non ha forse detto Cristo che nel cielo entrerà soltanto chi si farà piccolo come i bamb<strong>in</strong>i?<br />
In questo, non sono messo male per niente.<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
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I fanali dei veicoli che percorrono la strada nel senso opposto illum<strong>in</strong>ano il volto della<br />
ragazza alla guida. Sono sul sedile passeggero ad osservarla con poca discrezione: il suo<br />
viso che per un attimo s‟illum<strong>in</strong>a e che poi torna nel buio dell‟abitacolo m‟affasc<strong>in</strong>a e<br />
m‟<strong>in</strong>namora di quell‟istante. E' come se l‟immag<strong>in</strong>e del suo volto me la dovessi gestire.<br />
Devo guardarla con il contagocce, e probabilmente non dovrei neanche guardarla così. Lei<br />
stessa, <strong>in</strong> tono scherzoso mi dice: “smettila che mi sciupi” sentendosi osservata. Mi scatena<br />
la risata semplice, quella che parte dallo stomaco e s‟accenna furtiva sulle labbra e nella<br />
voce.<br />
L‟ho sempre vista con il viso di una ragazz<strong>in</strong>a, ma ora quell‟espressione e i suoi capelli<br />
raccolti <strong>in</strong> cima alla testa me la fanno vedere come una donna f<strong>in</strong>ita. Completa. Matura. E‟<br />
bellissima la mia amica, e me ne accorgo ogni giorno sempre di più.<br />
Ha il collo nudo e lungo. Penso a cosa penserebbe se la baciassi proprio lì, sono tentato, ma<br />
r<strong>in</strong>uncio. Cerco di abbandonare il pensiero del suo collo per un attimo buttando lo<br />
sguardo al di fuori del f<strong>in</strong>estr<strong>in</strong>o, e lei mi chiede: “me lo dai un bac<strong>in</strong>o?” Lo chiede con la<br />
voce da bimba e puntando il dito sulla guancia. Esito per un poco, non voglio farmi vedere<br />
così desideroso di un contatto, me ne vergogno, poi sorrido pensando che evidentemente<br />
mi ha chiesto di darle un bacio perché ha capito che ne avevo bisogno.<br />
Mi sembra di volare, e mi sento stupido.<br />
Le do il bacio sulla guancia e mi fermo un attimo ad annusarle la pelle, non sento odori,<br />
sono raffreddato, ma è come se sentissi un bel profumo di niente. Non so se mi spiego.<br />
Aspetta di uscire da una curva per raddrizzare il volante, e mi dice di avvic<strong>in</strong>are il viso<br />
perché vuole darmi un bacio anche lei. Me lo faccio restituire e mi sento veramente un<br />
cret<strong>in</strong>o.<br />
Ci facciamo silenziosi per un po‟. Poi rido. Rido per nulla. E lei mi guarda e si fa<br />
contagiare.<br />
Il silenzio cade nuovamente nell‟abitacolo.<br />
“Ti prego non lo fare” dice seria. Capisco che si riferisce al fatto di non <strong>in</strong>namorarsi di lei.<br />
Mi chiedo come cavolo abbia fatto: mi ha letto nel pensiero? Come fa a sapere che stavo<br />
pensando a qualcosa di più grande <strong>in</strong>sieme a lei? E‟ questo l‟ist<strong>in</strong>to femm<strong>in</strong>ile forse?<br />
Oppure, semplicemente, mi si legge tutto <strong>in</strong> faccia.<br />
Le dico di fidarsi di me, e cerco di chiudere il discorso al più presto. Non mi sento più<br />
tanto sicuro. Ora peso le parole, e le faccio uscire a fatica. Dico: “non succederà fidati.”<br />
“Ti prego” ripete lei, “ti prego.”<br />
“Fidati” rispondo, come se dipendesse da me, poi penso che forse mi trova orribile,<br />
“conosco il mio ruolo” dico, e lei risponde dicendo che non è questione di ruoli. Si sbaglia.<br />
Si sbaglia, è proprio questione di ruoli.<br />
Nient‟altro.<br />
Le osservo la mano. Mi viene l‟ist<strong>in</strong>to di str<strong>in</strong>gergliela, a allora allungo la mia verso la sua,<br />
ma una paura sconosciuta tenta di bloccarmi troppo tardi, e gliela sfioro con un<br />
movimento spastico.<br />
Mi sorride, le ho fatto tenerezza.<br />
F<strong>in</strong>iamo il nostro giro notturno. Le do due baci sulla guancia. Un abbraccio forte forte.<br />
La guardo, e mi accorgo che desidererei baciarla <strong>in</strong>tensamente.<br />
Conosco il mio ruolo, penso.<br />
La saluto e me ne vado. Mi accendo una sigaretta. Mi sento sempre più stupido, ma sto<br />
bene. Dopo pochi metri, mi conv<strong>in</strong>co che la mia amica è una ragazza speciale.<br />
20<br />
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E lo è, vi fidate?<br />
Fidatevi di me.<br />
<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
Il soffio del vento tra le dita<br />
21<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
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Tutto sommato non è stato granché. Un po' di sangue qua e là, ma neanche troppo,<br />
qualche lamento subito soffocato dall'ultimo colpo alla nuca, venti secondi di tremito sul<br />
parquet del soggiorno e via, tutto f<strong>in</strong>ito. Più veloce di una sigaretta. E poi dicono che<br />
ammazzare è un'esperienza terribile, una cosa che ti segna per la vita. A lui non ha fatto<br />
quel grande effetto, tutto sommato. Sarà perché era preparato. Anche se gall<strong>in</strong>e e conigli<br />
non sono proprio la stessa cosa, però un'idea di cosa aspettarti te la danno.<br />
La cosa più difficile <strong>in</strong> fondo è stato il dopo. Avvolgere il corpo nel telo di nylon, sigillarlo<br />
col nastro, trasc<strong>in</strong>arlo f<strong>in</strong>o al furgone, caricarlo, portarlo a spalla f<strong>in</strong>o lì <strong>in</strong> cima. Chi<br />
l'avrebbe detto che era così pesante, sembrava una capra r<strong>in</strong>secchita, <strong>in</strong>vece l'ha fatto<br />
sudare. Quando gli è scivolata – accidenti al nylon – il botto della testa contro il paraurti<br />
sembrava quasi quello di un gong.<br />
Mentre pensa cont<strong>in</strong>ua a scavare, piegandosi <strong>in</strong> avanti, premendo l'anfibio sul bordo della<br />
pala per riuscire a penetrare nella terra dura. Butta l'occhio all'orologio: già quasi mezz'ora<br />
che scava, e così a occhio ne ha ancora per un po'. Almeno altri dieci m<strong>in</strong>uti.<br />
Tira su la schiena, si passa la mano sporca di terra sulla fronte sudata e riprende di buona<br />
lena. Piegandosi, sente sulla schiena l'umido della maglietta sudata. C'è un po' di vento,<br />
speriamo che non mi venga un raffreddore, pensa. Poteva almeno portarsi una bottiglia<br />
d'acqua, cazzo. Tra la pala, la coperta per coprire il corpo e le chiavi, non ci ha pensato. Al<br />
pensiero della birra gelata che lo aspetta f<strong>in</strong>ito il lavoro si passa la l<strong>in</strong>gua secca sulle labbra<br />
screpolate.<br />
Quando ha fatto, lascia andare ancora qualche colpo sulla terra smossa. Di piatto, senza<br />
conv<strong>in</strong>zione. Distratto dal rombo di un tuono lontano, da quel volo di cornacchie contro il<br />
cielo grigio. Poi butta via la pala, si ch<strong>in</strong>a e raccoglie quel fiore buffo, quella sfera quasi<br />
trasparente che gli trema sulla pelle. Chiude la mano e sente il solletico sul palmo. Quando<br />
la riapre, il soffione vola via, spezzato <strong>in</strong> frammenti leggeri, subito dispersi nell‟aria di<br />
pioggia che pizzica le narici. Resta un momento lì <strong>in</strong> piedi, fermo, gli occhi socchiusi, ad<br />
ascoltare il soffio del vento tra le dita.<br />
Poi sospira forte e cerca con gli occhi giù <strong>in</strong> fondo, oltre gli alberi, quella macchia chiara.<br />
La casa che adesso è solo sua. Niente più vecchie a scroccare il tè, niente più pomeriggi a<br />
blaterare di quanto era brava e buona, niente più passeggiata <strong>in</strong> giard<strong>in</strong>o tre volte al<br />
giorno. Sono libero, pensa. Libero. F<strong>in</strong>almente. Porta <strong>in</strong>dietro le spalle per sgranchire i<br />
muscoli <strong>in</strong>dolenziti e si ch<strong>in</strong>a a raccogliere la pala. Mentre si avvia giù per il pendio, cerca<br />
<strong>in</strong> tasca il contatto rassicurante delle chiavi. Rallenta, si ferma, scuote la testa. Cosa cazzo ti<br />
è venuto <strong>in</strong> mente, nonna, di scrivere che mi lasci la casa, ma con il v<strong>in</strong>colo di badare al<br />
cane. Alla cagna. Mentre riprende a camm<strong>in</strong>are si gira, una volta sola. Un'occhiata di<br />
sbieco alla macchia di terra nera che presto l'erba ricoprirà. Sputa nel prato, un getto breve e<br />
deciso che per un attimo luccica sullo stelo piegato. Addio, Lassie.<br />
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L‟allarme venne dato mentre Gaspard e Luisa erano sottocoperta, annoiati, a pelare patate.<br />
I due tredicenni si erano guardati per un momento negli occhi, <strong>in</strong>certi sul da farsi. Su, sul<br />
ponte si udivano passi <strong>in</strong> corsa e grida concitate di mar<strong>in</strong>ai pronti a combattere e già<br />
quando il ragazzo era arrivato alla scala a pioli da cui cent<strong>in</strong>aia di volte era salito e disceso,<br />
non sempre <strong>in</strong> modo ortodosso -c‟erano stati episodi nei quali una pedata era stata<br />
l‟agente scatenante dell‟azione- aveva <strong>in</strong>dov<strong>in</strong>ato con eccitata sorpresa mista ad un<br />
sentimento di smarrimento, il clangore delle sciabole che cozzavano metalliche l‟una<br />
contro l‟altra. Pirati!<br />
Ma che diceva? I pirati erano loro! Sotto la vela vide combattere Jean Le Gros contro due<br />
damer<strong>in</strong>i, che riconobbe per via dell‟uniforme della mar<strong>in</strong>a <strong>in</strong>glese. Loro armati di spada,<br />
lui che si difendeva con la botte di un coperchio, sarebbero potuti sembrare uno spettacolo<br />
comico di buratt<strong>in</strong>i se la lotta <strong>in</strong> corso non fosse stata tremendamente reale.<br />
Adesso che ci pensava, Gaspard non aveva ricordi precedenti alla comparsa di<br />
quell‟energumeno calvo e rosso come un polipo, che raccontava sovente, soprattutto<br />
quando aveva bevuto, di esserselo maledettamente trovato frignante <strong>in</strong> una maledetta<br />
borsa sulla maledetta riva del maledettissimo mare di Genova, tredici anni prima, <strong>in</strong><br />
primavera (aveva sperato la borsa contenesse dobloni sonanti dimenticati da qualche<br />
sprovveduto che non sapeva stare al mondo, e <strong>in</strong>vece!)<br />
“Piccolo sacco di ossa”, gli diceva spesso, “tu sei nato sotto il segno del Toro!”. Jean Le<br />
Gros, la cui voce era un perenne r<strong>in</strong>ghio, fissava la notte, descrivendo con un movimento<br />
sapiente della mano una sezione di cielo stellato che Gaspard aveva imparato a sentire sua<br />
e di cui era <strong>in</strong>timamente orgoglioso. Seguivano immancabilmente commenti scabrosi sulle<br />
abilità amatorie dei tori, a cui i pirati br<strong>in</strong>davano contenti mentre pensavano chi alla<br />
fidanzata, chi alla moglie, chi a quella bella ragazza del bordello di Granada, chi al mozzo.<br />
Eccoli lì, gli stessi che solo ieri stavano pescando assieme a prua, <strong>tutti</strong> <strong>in</strong> religioso silenzio a<br />
fumare la pipa, con i piedi a penzoloni sul verde impossibile e profondo del mare, ora<br />
sparsi qua e là sul legno lucido della nave come bestie imbizzarrite e feroci.<br />
El Gato stava saltando giù dalle reti con un pugnale diretto alla schiena di un soldato<br />
biondo e sbarbato, Paulo le stava prendendo di santa ragione da un giovane <strong>in</strong>glese che<br />
con i pugni sembrava saperci fare, il Capitano era accanto all‟albero maestro e si<br />
proteggeva bene con le due sciabole che compensavano magistralmente per il grosso<br />
rub<strong>in</strong>o che sostituiva l‟occhio destro sotto la benda nera.<br />
“Corpo di mille pescispada!”, stava per esclamare, ma non fece <strong>in</strong> tempo perchè un colpo<br />
di baionetta lo stecchì improvvisamente e lo mandò a gambe all‟aria, stivali e tutto.<br />
Gaspard udì il rumore di legno sfasciato e si voltò per vedere Jean Le Gros, ora disarmato,<br />
che aveva tentato di colpire, con scarsi risultati, i due assalitori, lanciando contro di loro le<br />
due metà di coperchio che gli erano rimaste <strong>in</strong> mano.<br />
Il ragazzo si accorse che nella fretta, aveva portato con se‟ un sacco di patate ed <strong>in</strong>iziò a<br />
lanciarle con tutta la forza che aveva <strong>in</strong> corpo, non molta a dire il vero, contro i nemici.<br />
Affatto disturbati essi <strong>in</strong>filarono le spade nel corpo di Jean Le Gros (si sarebbero occupati<br />
del marmocchio più tardi), che morì maledicendo la reg<strong>in</strong>a nel peggiore slang delle<br />
taverne di Nizza. L‟ultimo sguardo fu per Gaspard, e fu pieno di ricordi, quelli più felici<br />
della sua vita. Ma questo non <strong>in</strong>terruppe la strage..<br />
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“Tu non sai, non mi puoi giudicare.”<br />
Incl<strong>in</strong>ò il capo e lo osservò di sbieco, da sopra le lenti.<br />
“Cos‟è che non saprei, io? Ti conosco da quando sei nato, se non te lo ricordi.” Chiuse con<br />
un mezzo sorriso, quasi a volergli dimostrare benevolenza.<br />
Sospirò. Come con i bamb<strong>in</strong>i testardi.<br />
“Te lo ripeto: tu non sai. E se mi conoscessi veramente non me lo chiederesti.”<br />
“Ma devo. È il mio lavoro. Ora sei tu che dimostri di non conoscermi.”<br />
Si erano stizziti entrambi.<br />
Alberto abbassò lo sguardo e si mise a fissare la punta delle scarpe. Tamburellò con un<br />
piede e sospirò di nuovo.<br />
La sua immag<strong>in</strong>e riflessa cont<strong>in</strong>uò a osservarlo. Nonostante l‟autocontrollo, lo specchio<br />
trasudava irritazione.<br />
“Vuoi fare un solco nel pavimento con quel piede?”<br />
Alberto alzò gli occhi di scatto e le sue guance avvamparono di vergogna. Anche il suo<br />
rivale prese colore. E ghignò fra sé e sé per il risultato ottenuto. Colpito e affondato.<br />
L‟uomo decise allora di vuotare il sacco. Non era andato lì per perdere tempo, doveva<br />
sistemare le cose. Si lisciò la camicia, <strong>in</strong>filò le mani <strong>in</strong> tasca e drizzò la schiena fiero.<br />
“Ti conosco da una vita. È vero. Ho spesso avuto bisogno di te. Anche questo è vero. Ma<br />
sono venuto per dirti addio e te lo ripeto. Tu non sai cos‟ho passato e il tuo aiuto si è<br />
sempre rivelato più dannoso che altro. I tuoi consigli, i tuoi patti hanno un risvolto<br />
ambiguo; alla f<strong>in</strong>e ho perso più di quello che ho guadagnato. Ora basta – sfilò le mani e<br />
mostrò i palmi quasi a difendersi – Riscatto la mia anima.”<br />
Lo specchio stava per scoppiare a ridere. Si trattenne solo per professionalità. Non riuscì<br />
però a mascherare un‟espressione compiaciuta.<br />
“Tu non puoi. Non si viene qua a dire semplicemente „è f<strong>in</strong>ita‟. Caro Alberto: hai ancora<br />
tante cose da imparare.”<br />
“No. Sei tu che cont<strong>in</strong>ui a non capire: ho GIA‟ riscattato la mia anima. Ti sto <strong>in</strong>formando.<br />
Non te lo sto chiedendo.”<br />
La malsana copia ebbe un brivido. Lo sfondo perse il contatto con l‟orig<strong>in</strong>ale, nere<br />
ragnatele si tesero alle sue spalle. La rabbia salì impetuosa per tutto il corpo gonfiando le<br />
vene sul collo. Stavolta lui solo divenne rosso <strong>in</strong> viso. Com<strong>in</strong>ciò a sbavare. Due spicchi<br />
giallastri spuntarono dalle labbra, un liquido nero e denso fece capol<strong>in</strong>o dalle narici. Lo<br />
specchio sussultò; refoli di polvere planarono dalla cornice <strong>in</strong> cerca di un posto più<br />
tranquillo. La consistenza del vetro mutò f<strong>in</strong>o a dilatarsi <strong>in</strong> una bolla. Stava per esplodere.<br />
Alberto arretrò spaventato.<br />
“L’autocontrollo è andato a farsi benedire o sbaglio? Ops, scusa. Forse non è il caso parlare di<br />
benedizioni.” Una voce argent<strong>in</strong>a bisbigliò alla mente del mercante d‟anime. Sbarrò gli<br />
occhi. L‟imprevista comparsa del nemico lo congelò all‟istante <strong>in</strong> una grottesca immag<strong>in</strong>e<br />
da libro degli orrori. Un grugnito rabbioso esplose dalle sue labbra. Impossibilitato a<br />
muoversi serrò i pugni.<br />
Una risat<strong>in</strong>a soddisfatta rimbombò nelle sue orecchie. Lavorare dalla parte dei buoni non<br />
esclude la possibilità di prendersi una soddisfazione. Ogni tanto. Però implica una<br />
sgridata. Pazienza, ne vale la pena.<br />
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“Quest’uomo è nostro, ora. Ha pagato il riscatto, non potete più pretendere nulla. Giusto per<br />
ricordartelo di nuovo. Già che ci sono ti do un passaggio f<strong>in</strong>o a casa, vuoi?” domanda retorica.<br />
La bestia sentì contorcersi le budella e fu un attimo: un violento risucchio trasc<strong>in</strong>ò<br />
l‟immonda immag<strong>in</strong>e <strong>in</strong> un sordo buco nero. E fu la pace.<br />
L‟ist<strong>in</strong>to di sopravvivenza scosse Alberto dalla paura che l‟aveva impietrito f<strong>in</strong>o a quel<br />
momento. Riprese a respirare. Un ronzio s‟accese nelle orecchie, forse dovuto alla<br />
pressione. No, non era la pressione.<br />
“TORNERÒ!!!”<br />
Ascoltare e fuggire fu un attimo.<br />
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“In questo dvd c'è il video nel quale si vede l'assass<strong>in</strong>o di Chiara”, dico.<br />
Butto il dvd sul tavolo. Maria mi guarda male.<br />
“Se è vero perché lo tratta <strong>in</strong> quel modo?”.<br />
Rido. Lei mi guarda male, forse ha <strong>in</strong>dov<strong>in</strong>ato che mi sono fatto con Novek, quella nuova<br />
droga molto potente. Dicono che brucia il cervello e libera i tuoi peggiori ist<strong>in</strong>ti.<br />
“Dubita delle mie parole? Quando Chiara è stata uccisa una videocamera nascosta, che lei<br />
stesso aveva attivato, ha registrato tutto. Ho scaricato i dati e poi li ho masterizzati su un<br />
dvd”.<br />
Maria beve un altro goccio di whisky. Da quando la conosco, e cioè da quel giorno che mi<br />
ha telefonato per <strong>in</strong>gaggiarmi per l'omicidio di sua figlia, l'ho vista sempre bere. Ho<br />
conosciuto molte donne che bevono ma ho subito capito che lei lo fa solo quando è triste. E<br />
quando tua figlia viene stuprata e sgozzata si è abbastanza tristi.<br />
Mi siedo e mi verso un bicchier<strong>in</strong>o anch'io nel bicchiere che Maria ha preparato.<br />
“Perché si autofilmava?”<br />
“Metteva i video su facebook. Non aveva una webcam e, non so perché, non l'aveva mai<br />
comprata”.<br />
Maria alza le spalle.<br />
“Chi è l'assass<strong>in</strong>o?”, dice.<br />
Sorrido. Mi alzo e appoggio il dvd nel lettore. Accendo la tv.<br />
“So come lei. Ho aspettato oggi per vedere il filmato. La videocamera era nascosta <strong>in</strong> un<br />
pupazzo”.<br />
Quando compare Chiara sua madre si asciuga delle lacrime. Chiara si mette a cantare. E'<br />
stonata. La porta si apre ed entra un uomo. Mi alzo <strong>in</strong> piedi. Non è possibile. Maria mi<br />
guarda a bocca aperta poi rivolge il suo sguardo di nuovo sul video. L'uomo, che sembra<br />
drogato, le parla. Lei ride. Lui no: scatta <strong>in</strong> avanti e le punta un coltello alla gola. Guardo il<br />
resto.<br />
Mi viene da vomitare. Vado <strong>in</strong> bagno mettendo una mano sotto il giubbotto.<br />
Maria apre il cassetto e prende una pistola. La guarda. Non l'ha mai usata ma oggi lo farà.<br />
Uno sparo la fa sobbalzare. Va <strong>in</strong> bagno e vede l'<strong>in</strong>vestigatore riverso sul pavimento del<br />
bagno, <strong>in</strong> una pozza di sangue, mentre il muro dietro al water dove sicuramente lui era<br />
seduto è sporco di pezzi di cervello. Ha la nuca aperta da un proiettile che le è penetrato<br />
dalla bocca. In mano ha una pistola. Maria non è dispiaciuta.<br />
Nel video c'era lui.<br />
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Io sono cieca. Non ho mai veduto nulla f<strong>in</strong>o a ora.<br />
Tutto è nero <strong>in</strong>torno a me. Annaspo spesso con le mani, come per cercare segnali da un<br />
mondo che non sento ancora mio. Impossibile capirmi, per chi non è come me.<br />
Non è come chiudere gli occhi e fare f<strong>in</strong>ta per gioco di essere ciechi.<br />
E‟ il voler stare <strong>in</strong>vece con gli occhi aperti per cogliere <strong>tutti</strong> i colori della vita, e raccogliere<br />
<strong>in</strong>vece solo il buio che c‟è attorno. E‟ come voler scrivere senza sapere dove f<strong>in</strong>isce il<br />
foglio, o provare a sp<strong>in</strong>gere l‟oscurità con la mano provando a <strong>in</strong>dov<strong>in</strong>are quando<br />
toccherà il muro. Il buio è accarezzare la pancia della mamma e non riuscire a vedere<br />
com‟è la mia piccola casetta.<br />
Perché io sono ancora piccola. Piccola e cieca.<br />
Mamma dice che io un giorno riuscirò a vedere. E anche Papà lo dice.<br />
Meno male che il buio non riesce a nascondermi anche l‟amore di chi ho <strong>in</strong>torno. Quando<br />
papi sta con me sembra quasi ci sia luce. Non so com‟è la luce, ma dev‟essere bellissima,<br />
perché quando lui mi parla spesso mi chiama Luce e io sono subito felice.<br />
Non vedo l‟ora di vedere com‟è fatta la mia mamma. Papà dice che è bellissima, mentre<br />
mamma dice che papà ha il pancione, però gli vuole bene lo stesso perché le scrive delle<br />
poesie meravigliose.<br />
Ogni tanto si dicono cose brutte, e mi fanno <strong>in</strong>nervosire. E allora capisco che mi vogliono<br />
bene, perché appena mi agito, smettono subito.<br />
Certe volte di notte parlano e io li sento, perché anche se sono cieca ci sento più che bene.<br />
Papà chiede sempre a voce bassa di fare qualcosa alla mamma, e lei si mette a ridere e gli<br />
dice che non si può. E allora lui le parla a voce ancora più bassa e mamma ride di più e gli<br />
dice che è uno sporcaccione. Io aspetto, perché sono curiosa e voglio sapere che cos‟è, ma<br />
non ci riesco mai. Mi addormento sempre.<br />
A volte sogno, ma non riesco a vedere niente. Non si può sognare ciò prima non si è visto.<br />
Se qualcuno mi dicesse che potrò vedere per un giorno soltanto, io trascorrerei quel giorno<br />
cercando di vedere più cose possibili. Starei due ore a guardare papà, due ore a guardare<br />
mamma, e poi tutto il resto del tempo a guardare fiori e animali e fiumi e il cielo e il<br />
sorriso di tante persone.<br />
Così quando tornerò cieca sarò triste ma almeno potrò fare sogni belli. Ciò che sogno<br />
adesso è solo di poter vedere, per poter decidere da me se assomiglio di più a mamma o a<br />
papà.<br />
Che senso ha sentirmi dire che ho i capelli biondi e le guance rosse se non so dist<strong>in</strong>guere i<br />
colori?<br />
Che senso ha saper correre se non posso vedere dove vado?<br />
Che senso ha nutrirsi di odori e disegnare con le dita un mondo che non vedo?<br />
Ma io non sono triste. So che presto vedrò.<br />
Avrò tante cose da fare, e che bello sarà.<br />
Scriverò mille righe solo per il piacere di fermarmi alla f<strong>in</strong>e del foglio e vedrò il profilo di<br />
papà quando la sera mi leggerà le fiabe. Accarezzerò la pancia di mamma e darò un bacio<br />
alla mia prima casetta, anche se la vedrò solo da fuori.<br />
Mi addormenterò con il bacio di mamma sulla fronte e lo sognerò, e non mi <strong>in</strong>teresserà più<br />
sapere che cosa il papà le domanda tutte le sere.<br />
Non vorrò sapere di tutte le cose cattive che ci sono nel mondo. Per quelle ci sarà sempre<br />
tempo.<br />
Voglio solo vedere la luce, e con essa tutto il mondo.<br />
Forse per questo si dice “venire alla luce.”<br />
Non vedo l‟ora di sapere quale sarà il mio nome. Ancora non riescono a decidersi.<br />
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Qualunque sarà, io sarò d‟accordo.<br />
Se tutto va bene, sarò felice.<br />
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È fatta, è f<strong>in</strong>ita: abbiamo tagliato la torta, distribuito i confetti, salutato parenti e amici, e<br />
siamo scappati via, tenendoci per mano. Li abbiamo lasciati <strong>tutti</strong> là, nella sala del<br />
ristorante: la musica ancora suonava, qualcuno rideva forte, le mamme, le sorelle e le<br />
amiche piangevano di commozione.<br />
Adesso siamo <strong>in</strong> macch<strong>in</strong>a, io e lei da soli, e questo silenzio ci pare strano. Abbiamo<br />
bagagli dappertutto, Angela tiene pure una borsa <strong>in</strong> mezzo ai piedi. Ha ancora addosso il<br />
vestito lilla del ricevimento e l‟acconciatura da sposa. Io oscillo tra la felicità esplosiva che<br />
mi prende tutte le volte che la guardo seduta vic<strong>in</strong>o a me, bella come una rosa di maggio, e<br />
la tristezza per quello che lascio qui: mia madre, <strong>tutti</strong> gli amici del quartiere con cui ho<br />
giocato per strada da bamb<strong>in</strong>o, il palazzo enorme dove ho vissuto per vent‟anni, che è<br />
stato nuovo per forse qu<strong>in</strong>dici giorni, e poi ha com<strong>in</strong>ciato a produrre crepe, sporco,<br />
rugg<strong>in</strong>e, muffa, e si è messo rapidamente <strong>in</strong> pari con <strong>tutti</strong> gli altri edifici della zona. Mi<br />
dispiace lasciare questo posto fetente, perché è qui che sono nato, è qui che ho costruito i<br />
miei ricordi, perché qui c‟è la gente a cui voglio bene. E poi c‟è Angela, però, la vita nuova<br />
che mi chiama.<br />
Lei solo questo mi ha chiesto, quando abbiamo deciso di sposarci: “Va bene, Anto‟, però<br />
da qui ce ne dobbiamo andare. Io i figli miei qui non ce li cresco.” Le ho detto di sì, perché<br />
anche nella mia testa questa è la cosa giusta da fare. Qui per lavorare ti devi vendere, per<br />
essere onesto devi essere fesso: nemmeno io ce li voglio crescere i figli miei, qui. Però,<br />
adesso che me ne vado, mi accorgo che non lo so dove lo sto portando, il mio futuro. Non<br />
ho paura, ma ho già nostalgia di tutto l‟amore che lascio <strong>in</strong> mezzo a questa monnezza.<br />
Fa caldo, Angela ha sete e ci fermiamo a comprare qualcosa. Angela, ma quanto sei bella,<br />
amore mio. Ancora non mi sembra vero che mi hai detto di sì, che hai messo la vita tua <strong>in</strong><br />
mano a me, uno senza lavoro e senza soldi. Ti giuro che non te ne pentirai, ci riuscirò a<br />
farti felice. Avremo una casa decente, senza crepe e senza muffa; giù <strong>in</strong> strada non ci<br />
saranno spacciatori e puttane. I bamb<strong>in</strong>i li manderemo all‟asilo e la domenica ci vestiremo<br />
bene e andremo a passeggiare sottobraccio <strong>in</strong> centro, con la testa alta.<br />
Andiamo avanti ancora un po‟, coi f<strong>in</strong>estr<strong>in</strong>i aperti per far entrare un po‟ d‟aria. A un certo<br />
punto la strada si avvic<strong>in</strong>a alla costa, e rivediamo improvvisamente il mare. Angela si<br />
mette a piangere di colpo, come se le avessero dato un pugno, e io non le chiedo di<br />
spiegarmi il motivo, perché lo stesso pugno, nello stomaco, è arrivato anche a me.<br />
“Andiamoci a fare un bagno” dico per sdrammatizzare.<br />
“Non ci ho il costume, Antò, come faccio?” risponde lei cercando di controllare i<br />
s<strong>in</strong>ghiozzi e di mandare giù le lacrime.<br />
“Allora andiamoci a mangiare un po‟ di spaghetti col pesce. Al ricevimento siamo andati<br />
girando tutto il tempo e il pranzo non l‟abbiamo nemmeno assaggiato.”<br />
Angela mi sorride, con gli occhi ancora lucidi ma di nuovo felici. Lo so che a lei gli<br />
spaghetti col pesce la fanno impazzire. Allora penso a come sarebbe bello se questa fosse<br />
solo una gita per andare a mangiare un piatto di spaghetti sul mare, e poi potessimo<br />
tornare a vivere a casa nostra, come <strong>tutti</strong>.<br />
Perché noi no, perché dobbiamo scontare le colpe degli altri scappando, e senza avere<br />
nessuna voglia di scappare? Ho un nodo di rabbia <strong>in</strong> fondo alla gola, grosso, ma me lo<br />
<strong>in</strong>goio a forza, perché sono <strong>in</strong> viaggio di nozze, perché vic<strong>in</strong>o a me c‟è Angela, e perché ho<br />
vent‟anni, e tutta la vita davanti.<br />
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L‟auto, il cui verde militare si mimetizza bene con l‟<strong>in</strong>torno, cont<strong>in</strong>ua la sua corsa. Verso<br />
cosa non sappiamo, forse lo scopriremo. Intanto avanza, e andare avanti è, di per sé,<br />
positivo.<br />
Al volante c‟è un uomo, uno qualunque, uno dei tanti sulla faccia della terra; c‟è un uomo<br />
e sta guidando.<br />
Frena, accelera, rallenta, riaccelera. L‟appenn<strong>in</strong>o presenta strade fatte di curve cont<strong>in</strong>ue,<br />
come ogni montagna: brevi rettil<strong>in</strong>ei cui segue un tornante, curve dolci, altre più secche,<br />
una discesa, poi una salita poi… Sempre così, sempre a guidare, stando attento ogni<br />
momento, cont<strong>in</strong>uamente all‟erta; il pericolo può essere ovunque.<br />
C‟è un problema, però, o forse è meglio def<strong>in</strong>irlo un quesito, condito, tra l‟altro, da un<br />
dilemma: sta guidando e gli piace, ma non sa perchè lo sta facendo e, al contempo, sa che<br />
non gli è mai piaciuto guidare. Il quesito è ancora più semplice, implicito nel dilemma:<br />
perché è al volante di un‟auto?<br />
Pur avendo questi pensieri <strong>in</strong> testa cont<strong>in</strong>ua a guidare, attento, presente.<br />
Sa chi è, da dove viene, rammenta il suo passato, ma non ricorda di essersi mai messo al<br />
volante di questa auto e di essere partito per un viaggio di cui non conosce la meta, però<br />
prosegue, tiene il mezzo sotto controllo e va.<br />
Passa su strade poco battute, molto rari gli <strong>in</strong>contri.<br />
Vede scorrere al suo fianco burroni e strapiombi, addolciti dal folto ed <strong>in</strong>tenso verde degli<br />
alberi che ornano le montagne e, se non ci fosse il motore a disturbare, potrebbe anche<br />
sentire il suono di qualche fiumiciattolo che scorre nel fondo della gola, o il canto del<br />
vento, <strong>in</strong> alcuni tratti davvero <strong>in</strong>tenso e magnifico, come ogni cosa naturale.<br />
È troppo preso dai pensieri per accorgersi di cose simili, sta cercando di trovare alcune<br />
risposte, sta cercando di trovarsi.<br />
In questo momento sta sbucando <strong>in</strong> una vallata, vede ai suoi fianchi dolci declivi, prati,<br />
qualche casa, ma non si sa fermare, non riesce a fermarsi per chiedere <strong>in</strong>formazioni, sa che<br />
deve andare avanti. Dove?<br />
È orribile trovarsi <strong>in</strong> una situazione simile: vuoi fermarti e non ci riesci, vuoi chiedere e<br />
non ce la fai… e tutto questo perché qualcosa, dentro, ti dice di cont<strong>in</strong>uare da solo, quasi<br />
fosse una sfida verso te stesso, verso la tua vita. Avanti, sempre avanti, anche se una pausa<br />
di certo non guasterebbe. Forse.<br />
Una valle è comunque limitata e, o ti ci fermi e la esplori, oppure l‟attraversi e cont<strong>in</strong>ui, e<br />
lui cont<strong>in</strong>ua, senza soste, sulla strada, alla ricerca di qualcosa. Ma di che cosa? C‟è una<br />
meta per questo viaggio o è un puro correre alla cieca? C‟è un f<strong>in</strong>e a tutto questo o si tratta<br />
di follia, di psicosi, di un tentativo di fuga dalla realtà?<br />
Alza gli occhi al cielo: l‟azzurro <strong>in</strong>tenso di poco prima è stato sostituito da un rosso<br />
arancione derivato dal tramonto, e il verde degli alberi è più cupo, tendente al nero.<br />
Avanti, schiaccia l‟acceleratore e va. Ora ogni cosa cambia forma, le ombre sono diverse,<br />
31<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
allungate, sempre più opprimenti ed offensive, quasi lo volessero catturare per portarlo <strong>in</strong><br />
un mondo buio.<br />
Il buio arriva, lo copre, lo schiaccia, ma lui <strong>in</strong>siste e i fari accesi gli mostrano la strada.<br />
Sempre curve e tornanti, li passa, prosegue, deve trovare, arrivare.<br />
Il buio fuori non è come il buio dentro, i fari di un‟auto illum<strong>in</strong>ano una strada, ma dentro<br />
di te non ci sono automobili, solo tu puoi darti la luce, solo tu puoi vedere. Se vuoi.<br />
L‟auto verde ora è ferma. Senza carburante? Una pausa per chiarirsi le idee, per cercare di<br />
capire come e dove è salito su quel mezzo, chi gli ha dato le chiavi, chi o cosa lo ha fatto<br />
partire?<br />
E se fosse f<strong>in</strong>ito il viaggio? No, mi sembra di sentire il rumore… si, ha girato la chiave, ha<br />
riacceso la macch<strong>in</strong>a.<br />
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Ieri ho comprato una bottiglia del tuo profumo e l‟ho spruzzato nel soggiorno, nella<br />
cuc<strong>in</strong>a, nella nostra camera da letto, nel bagno, f<strong>in</strong>ché non ne è rimasta più nemmeno una<br />
goccia.<br />
Ti piacciono i vestiti sobri, i bracciali di pietre colorate, gli orologi vistosi e i pittori naif.<br />
Se qualcosa non ti va giù alzi il sopracciglio destro per segnalare la tua scontentezza e ti<br />
scappa da ridere quando durante una conversazione non sai più cosa dire. Ti piace<br />
rimanere <strong>in</strong> silenzio anche nelle situazioni <strong>in</strong> cui può essere imbarazzante e quando entri<br />
<strong>in</strong> una casa che non conosci lo fai a passi leggeri, quasi <strong>in</strong> punta di piedi, come la prima<br />
notte che sei salita da me chiedendo cont<strong>in</strong>uamente permesso, anche se sapevi che abitavo<br />
da solo.<br />
Mi ricordo il giorno <strong>in</strong> cui mi hai detto: “Carlo, devo trasferirmi a Bruxelles per lavoro”<br />
e da <strong>in</strong>separabili siamo diventati divisi. Eravamo perfettamente s<strong>in</strong>cronizzati io e te, come<br />
le gemelle contorsioniste per cui andavi apposta al circo sotto Natale: sapevamo entrambi<br />
di non poter sbagliare un solo movimento altrimenti avremmo <strong>in</strong>terrotto la grazia dello<br />
spettacolo.<br />
Tutte le nostre abitud<strong>in</strong>i si sono staccate come i pezzi di un puzzle che un bamb<strong>in</strong>o ha<br />
deciso di sparpagliare <strong>in</strong> giro per capriccio e qualche tassello non l‟ho più ritrovato.<br />
“E‟per necessità” mi hai detto. O forse è perché ti avevo stancata. Ti avevano stancato i<br />
miei sbadigli cont<strong>in</strong>ui nel bel mezzo di una discussione seria, i miei occhi stanchi che<br />
dicevi non ti guardavano mai <strong>in</strong> faccia, il mio picchiettare la punta delle dita sul tavolo<br />
della cuc<strong>in</strong>a dopo cena, i miei vestiti eccentrici, il mio parlare a voce alta anche quando<br />
eravamo abbracciati e mi avresti sentito, anche se avessi solo mosso le labbra. Ero<br />
spaventato, sentivo la tua mancanza così forte da essere conv<strong>in</strong>to che prima o poi ne sarei<br />
stato sconfitto: la sera appena mi mettevo a letto per cercare riposo dai ricordi <strong>in</strong>iziava a<br />
scalciarmi dentro al petto come un cavallo imbizzarrito e la matt<strong>in</strong>a mi smuoveva l‟aria<br />
nella pancia come il battito d‟ali di un gabbiano affamato <strong>in</strong> cerca di cibo. Non capivo<br />
perché non mi lasciavi <strong>in</strong> pace visto che eri stata tu a decidere di andare via.<br />
Poi un giorno ho <strong>in</strong>iziato a vestirmi sobrio, a portare orologi da polso vistosi, ad alzare il<br />
sopracciglio destro quando qualcosa non andava, a scoppiare a ridere quando non sapevo<br />
più cosa dire, ad entrare <strong>in</strong> punta di piedi nelle case degli sconosciuti e ad essere silenzioso<br />
quando poteva essere imbarazzante.<br />
La scorsa settimana hanno suonato alla porta. Ho aperto senza chiedere chi era. Era una<br />
donna e si chiamava come te. L‟ho <strong>in</strong>vitata a sedersi <strong>in</strong> soggiorno e abbiamo parlato a<br />
lungo di cattive abitud<strong>in</strong>i. Ti confesso che per un attimo sono stato attratto da lei, a dire il<br />
vero fisicamente ti somiglia molto, ma a parte questo se la vedessi sono sicuro che non ti<br />
piacerebbe per niente: mentre mi parlava sbadigliava cont<strong>in</strong>uamente e aveva gli occhi<br />
talmente stanchi che sembrava non guardarmi mentre parlava, picchiettava la punta delle<br />
dita sul tavolo, aveva <strong>in</strong>dosso un vestito rosso talmente eccentrico da far arrossire il<br />
Moul<strong>in</strong> Rouge di Pigalle e non so perché anche se le stavo a due centimetri dal naso mi ha<br />
parlato per tutto il tempo con un tono di voce altissimo. Le ho detto che le sue idee sulle<br />
abitud<strong>in</strong>i della gente non mi <strong>in</strong>teressavano ma che se voleva poteva tornare per conoscersi<br />
meglio. Non so se tornerà. Si è alzata ed è andata via e mentre scendeva le scale le ho<br />
guardato i piedi e ho richiuso la porta.<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
E‟ l‟ultimo venerdì del mese e il Vecchio si è svegliato di buon umore.<br />
Quando la badante entra <strong>in</strong> camera e tira su l‟avvolgibile, è seduto sul fianco del letto, la<br />
vestaglia di seta, i piedi avvizziti nelle pantofole di nappa, le mani <strong>in</strong> grembo, tremolanti.<br />
L‟ultimo venerdì del mese entra nella stanza con una gran luce.<br />
E‟ una giornata di sole.<br />
Adele gli dà un sorso d‟acqua, le due pasticche per il diabete, un altro sorso d‟acqua.<br />
Il Vecchio schiocca due volte la l<strong>in</strong>gua, come è solito fare l‟ultimo venerdi del mese.<br />
Guarda il cielo raggiante come lui, prende la dentiera <strong>in</strong> titanio dalla tazza sul comò e se<br />
ne addobba.<br />
“Adele preparami il vestito”.<br />
La dentiera fa una luce….<br />
E‟ la parola d‟ord<strong>in</strong>e di <strong>tutti</strong> gli ultimi venerdì del mese.<br />
“Sono già sull‟ometto, veda se sono di suo gradimento”.<br />
Il Vecchio si alza, guarda e omologa.<br />
Come sempre.<br />
Si fida ciecamente dei gusti di Adele.<br />
Nei giorni normali la sua mise è anonima, soltanto comoda deve essere.<br />
Tanto non va da nessuna parte.<br />
I vestiti buoni li mette solo il giorno dello schiocco.<br />
Il completo fresco di lana, color zucchero, fa pendant con i suoi occhi.<br />
Camicia <strong>in</strong> piquet azzurro.<br />
Cravatta rigorosamente nera, nodo importante.<br />
Calz<strong>in</strong>o e mocass<strong>in</strong>o neri.<br />
Fa colazione <strong>in</strong> vestaglia, fette biscottate e pane duro <strong>in</strong>zuppati nel latte, il pasto più<br />
importante della giornata.<br />
Adele lo sa che ha l‟appuntamento e come sempre è molto lesta a fare pulito.<br />
Il Vecchio, prima di andare alla toilette, si sofferma davanti alla porta dello studio, come fa<br />
ogni ultimo venerdi del mese.<br />
E‟ lì che avviene lo scambio.<br />
Entra.<br />
Guarda se tutto è a posto.<br />
Scrivania ord<strong>in</strong>ata, chiavi della cassaforte accanto al telefono, la vecchia bilanc<strong>in</strong>a di<br />
precisione per l‟oro, la coppa di Dom Perignon, il posacenere per il sigaro.<br />
Tutto a posto.<br />
Si immag<strong>in</strong>a la cassaforte dietro le bagnanti.<br />
Adele sa che non avrebbe dovuto disturbare. Affari.<br />
Un extra di 500 euro.<br />
Sono le 11 e trenta.<br />
Il commercialista è sempre puntuale. Di poche parole. Uno scambio e via.<br />
Alle 11.25 Adele va <strong>in</strong> cuc<strong>in</strong>a e <strong>in</strong>izia a preparare il m<strong>in</strong>estrone.<br />
Tanto sa che il Vecchio non lo avrebbe mangiato, come ogni ultimo venerdi del mese.<br />
Capita così da 10 anni, ma lei non ha mai chiesto spiegazioni.<br />
Alle 11.36 il commercialista entra nello studio del Vecchio, che è seduto sulla sedia<br />
girevole, le mani <strong>in</strong> grembo e il sorriso di titanio.<br />
Il Vecchio è solare, il commercialista è il commercialista.<br />
Si svolge tutto velocemente. Come sempre.<br />
Il Dom Perignon, l‟accensione del sigaro, l‟apertura della cassaforte, lo scambio.<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
Il commercialista passa al Vecchio un pacco, che estrae dalla borsa.<br />
Il Vecchio passa al commercialista un sacchett<strong>in</strong>o, gonfio come una mozzarella.<br />
Stretta di mano e al prossimo ultimo venerdi del mese.<br />
Adele accompagna il dottore.<br />
Il Vecchio si chiude <strong>in</strong> camera.<br />
Adele il m<strong>in</strong>estrone non gliel‟ha scodellato.<br />
L‟avrebbe svegliato all‟ora di merenda, come sempre.<br />
Però, quando la badante bussa alla porta della camera, non sente l‟usuale schiocco di<br />
l<strong>in</strong>gua, allora bussa di nuovo.<br />
Il Vecchio è riverso a terra, sotto alla cassaforte, aperta.<br />
Le “Bagnanti” di Cezanne è appoggiato al muro.<br />
Adele ha le braccia forti, ha buttato giù la porta con facilità.<br />
Il corpo del Vecchio è una postilla, una gr<strong>in</strong>za avv<strong>in</strong>ghiata ad un cucchiaio pieno di<br />
Nutella e a una scatola di marron glaces, il sorriso al titanio è adornato di glassa e<br />
cioccolato.<br />
Nella cassaforte, dietro a un contenitore per 12 uova pieno d‟oro fuso, Adele vede 2<br />
barattoli di Nutella, 2 scatole di marron glaces e una pistola.<br />
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“Basterà!” Pensa Jack mentre si versa il caffè dalla moca al thermos “Per questa notte<br />
basterà”<br />
Jack, guardiano notturno onesto e ligio al dovere si avvia al magazz<strong>in</strong>o dove lavora. È<br />
oppresso da una stanchezza non fisica, da un senso di <strong>in</strong>quietud<strong>in</strong>e e nostalgia che il porto<br />
<strong>in</strong>s<strong>in</strong>ua <strong>in</strong> chi rimane fra i suoi moli troppo a lungo, senza che il rollio della barca sul mare<br />
diradi queste sensazioni come un banco di nebbia, aspettando che poi altri porti e altri<br />
moli le dilegu<strong>in</strong>o completamente.<br />
Jack <strong>in</strong>izia la sua ronda, noiosa, <strong>in</strong>term<strong>in</strong>abile, oppresso dalla rapidità con cui le navi<br />
vanno e vengono giù al porto, navi e barche testimoni del mondo e delle sue meraviglie,<br />
che ogni volta ne lasciano al porto un pezzetto, solo per un istante, per poi ricondurlo al<br />
largo nella loro scia.<br />
La notte al porto è sempre ricca di strani rumori, rumori s<strong>in</strong>istri che ti accompagnano<br />
lungo le vie nebbiose e cupe; scricchioli, urla, risate deliranti, rumori di vetri rotti dalla<br />
locanda. Jack ne è ormai assuefatto, così com'è assuefatto alla caffe<strong>in</strong>a.<br />
Torcia <strong>in</strong> mano e sguardo attento camm<strong>in</strong>a lungo il perimetro del magazz<strong>in</strong>o pronto a<br />
<strong>in</strong>tervenire qualora ce ne fosse bisogno, e attende pazientemente che quel momento arrivi,<br />
lo attende ormai da così tanto che nel tempo ha ormai perso il conto delle navi che ha visto<br />
passare <strong>in</strong> quelle notti, illum<strong>in</strong>ate dalla luce forte e mite del faro<br />
“Basterà!” Pensa Jack mentre si versa qualche goccia di sonnifero nel bicchiere d'acqua. I<br />
ritmi sono duri, il sonno è la veglia e la veglia è il sonno, elementi che si fondono <strong>in</strong> un<br />
<strong>in</strong>descrivibile senso di nausea e apatia nervosa.<br />
Morfeo diventa sempre più <strong>in</strong>arrivabile, si allontana camm<strong>in</strong>ando sulle acque mentre gli<br />
anni passano <strong>in</strong>esorabili sulle sue rughe e la vita scorre come il mare e i ricordi che porta<br />
con sè<br />
I manovali lavorano e bestemmiano ricordandogli che il matt<strong>in</strong>o non è fatto per dormire.<br />
Non c'è scampo, chiudi gli occhi!<br />
“Basterà!” tenta di conv<strong>in</strong>cersi Jack mentre calcola i soldi che riceverà una volta smesso di<br />
lavorare. Trentac<strong>in</strong>que sudati anni devono bastare, trentac<strong>in</strong>que anni regalati al porto e ai<br />
suoi viaggiatori, al porto e ai sogni altrui, di capitani coraggiosi e di vecchi con le barbe<br />
rese ispide dalla salsed<strong>in</strong>e. Appoggia la matita e scruta dalla f<strong>in</strong>estra il mare, ancora lo<br />
stesso mare dalla medesima f<strong>in</strong>estra.<br />
“Basterà!” Jack ne è sicuro mentre trascorre la sua ultima nottata da guardiano al<br />
magazz<strong>in</strong>o, <strong>in</strong> quel porto dove il mare è sempre calmo e la quiete è la sua peggior nemica,<br />
dove il mare è sempre agitato come gli scaricatori dopo l'attracco.<br />
Ancora un giro, ancora una ronda ascoltando il mare <strong>in</strong>frangersi sui moli e le barche<br />
oscillare al maestrale; ancora una notte per assaporare il sale nell'aria, per osservare le<br />
ombre e fantasmi che il porto affida alla nebbia, per provare a rispondere alle domande<br />
che il vento ogni notte porge.<br />
Jack controlla la sua rivoltella, gli rimane un solo colpo <strong>in</strong> canna, ma ne è sicuro,basterà.<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
E‟ rimasta un mistero l‟identità dell‟autore delle decorazioni natalizie della Piazzetta tra<br />
via Untoria, Vico Tr<strong>in</strong>ità e Vico Dei Cera, nel centro storico della città. Nei giorni prima di<br />
Natale, il piccolo slargo, poco citato e poco conosciuto, era diventato oggetto delle cure di<br />
un anonimo che, approfittando delle ore notturne, aveva <strong>in</strong>iziato a decorarlo. Nulla di<br />
particolarmente scenografico, ma l‟<strong>in</strong>tervento del misterioso cittad<strong>in</strong>o o cittad<strong>in</strong>a, aveva<br />
restituito dignità ad un angolo della città vecchia che rischiava di restare al di fuori delle<br />
sfavillanti decorazioni delle vie cittad<strong>in</strong>e.<br />
Tutto era <strong>in</strong>iziato con la sistemazione di qualche vaso di fiori piazzato negli angoli per evitare che i<br />
soliti <strong>in</strong>educati vi ur<strong>in</strong>assero, poi si sono aggiunte paletta e scopa per pulire la strada.<br />
Sempre di notte si è materializzato dal nulla anche un cest<strong>in</strong>o di vim<strong>in</strong>i, vuoto, posto<br />
accanto al piccolo albero di Natale, anch‟esso apparso dopo una notte fredda ma serena.<br />
E‟ arrivato anche un pupazzetto di Babbo Natale e altre decorazioni di riccioli colorati.<br />
La voce si è diffusa, ma nessuno è riuscito a capire chi sia il misterioso personaggio, certo<br />
solo è che qualcuno ha <strong>in</strong>iziato a collaborare: è apparsa una scritta “GRAZIE”, poi sono<br />
spuntati quattro libri, posati nel cest<strong>in</strong>o come un <strong>in</strong>vito a leggere e a fare uno scambio.<br />
Inaspettatamente la cerchia dei cittad<strong>in</strong>i che usavano la piazzetta ha fatto sì che i libri<br />
venissero davvero scambiati, chi ne prendeva uno ne lasciava un altro per il viandante<br />
successivo.<br />
Poi sono arrivati due giochi per bamb<strong>in</strong>i, uno scivolo grande <strong>in</strong> plastica e una macch<strong>in</strong>a<br />
triciclo: nel pomeriggio un gruppetto di mamme con bimbi ha usato il piccolo parco<br />
giochi, e nella piccola piazzetta si sono udite risate e grida di allegria.<br />
Tutti i cittad<strong>in</strong>i con le f<strong>in</strong>estre che si affacciavano nei vicoli <strong>in</strong>torno erano <strong>in</strong> subbuglio: chi<br />
era il misterioso benefattore? Era uno oppure una <strong>in</strong>tera banda?<br />
Nel cesto, il giorno della Vigilia si sono trovati, <strong>in</strong>sieme ai libri, tante cartol<strong>in</strong>e colorate con<br />
gli auguri per il Natale e le feste. Chiunque passava era co<strong>in</strong>volto a prenderne una e<br />
magari capitava che lasciasse cadere qualche euro nel cesto.<br />
Ma non c‟era bisogno di elemos<strong>in</strong>e, ma di solidarietà, condivisione. Infatti le monete<br />
rimasero lì f<strong>in</strong> dopo Natale, quando il parroco della Chiesa prospiciente il vicolo grande,<br />
trovò il cest<strong>in</strong>o, nel pomeriggio prima del rosario, il cest<strong>in</strong>o con la piccola, ma<br />
beneaugurante somma.<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
Si trovava sempre più spesso a pensare a lei, e sempre, uno struggente desiderio di<br />
rivivere i loro istanti lo colpiva allo stomaco, con violenza. La musica, che aveva fatto da<br />
discreto sottofondo ai loro <strong>in</strong>contri, lo costr<strong>in</strong>geva a vagare nella propria mente frugando<br />
nei nascondigli dove sapeva di poter trovare, costr<strong>in</strong>gendolo a ricordare rammaricarsene,<br />
soffrire.<br />
E allora camm<strong>in</strong>ava , la testa piena di niente, per quelle strade sempre più familiarmente<br />
deserte, nell‟umida notte che stava per ritirarsi dalla città. Una sfida all‟eternità, ricercare<br />
<strong>in</strong> questa, un‟alba trascorsa, nel voler riassaporare quella sensazione di potenza solitaria<br />
legata allo sfrecciare <strong>in</strong>freddolito della moto carica del loro peso sonnolento, nel tornare a<br />
godere del caldo aroma del caffè sorseggiato senza scarpe, coi piedi sul divano, <strong>in</strong>filati<br />
sotto le sue gambe che riprendevano calore, massaggiandone, di tanto <strong>in</strong> tanto, i piedi<br />
ancora gelati.<br />
E così, <strong>in</strong> preda alla disperazione, scriveva: „so di farti del male dicendotelo, ma non ti<br />
amo più‟.<br />
Eppure sembrava così strano scrivere “non ti amo più“, Ma quando aveva <strong>in</strong>iziato a non<br />
amarla più ? Quando se n‟era accorto? Non era capace di dare un <strong>in</strong>izio temporale a<br />
quanto era accaduto. I loro rapporti non erano mai cambiati, si erano frequentati con la<br />
stessa <strong>in</strong>tensità, lo stesso entusiasmo dei primi giorni, poi, nel giro di poche ore, tutto era<br />
crollato, ogni azione reciproca, il valore di ognuna di esse, si era dis<strong>in</strong>tegrato e <strong>tutti</strong> quei<br />
giorni erano svaniti <strong>in</strong>nanzi ai suoi occhi come un castello di carte, privato della chiave di<br />
volta, il cuore.<br />
Quegli occhi, stasera, non avevano per lui più alcun valore, alcuna espressione, e quel<br />
sassofono, quel sassofono che sparava <strong>in</strong> cielo le note lanc<strong>in</strong>anti di strangers <strong>in</strong> paradise,<br />
più su e più alte, perforanti, ossessive. Adorava il sassofono, ed anche lei - perché glielo<br />
aveva <strong>in</strong>segnato lui ad amarlo, comprenderlo, ascoltandone la voce, succhiandone con<br />
avidità le note diffuse - ma ora lo odiava con tutte le proprie forze, con tutta la rabbia di un<br />
amante deluso, <strong>in</strong>compreso. Voleva il silenzio, allora, ne aveva un estremo bisogno ed<br />
<strong>in</strong>vece quel mostro di ottone urlava la sua gioia di vivere<br />
fra i velluti delle pareti, la moquette e la trapunta, l‟atmosfera familiare che avevano<br />
sempre avuto i loro <strong>in</strong>contri.<br />
Distrusse il foglio, ne mise <strong>in</strong> tasca i pezzi e tornò a distendersi accanto a lei. Era là,<br />
immobile, <strong>in</strong> tutta la sua bellezza e respirava leggera, ora, dopo l‟amore.<br />
Al buio, la lucentezza della sua carne era accecante, il collo era percorso dal fremito della<br />
vena che batteva serena, il seno, palpitava leggermente, alzandosi ed abbassandosi nella<br />
regolarità del respiro.<br />
Accostò la mano alla coperta e, col timore di sfiorare qualcosa di troppo fragile, e bello, la<br />
scoprì sfiorandole un fianco con le dita.<br />
Si scosse per un istante e lui temette che si sarebbe svegliata, ma sempre dormendo, Micha<br />
aprì gli occhi, lo guardò, gli lanciò un bacio e si voltò nuovamente, nel sonno.<br />
Era troppo bella, per lui.<br />
Scese dal letto vestendosi al buio con gesti rapidi e sicuri, le lanciò un ultimo sguardo,e<br />
scese.<br />
Da basso non si voltò <strong>in</strong>dietro, si avvic<strong>in</strong>ò all‟auto, mise le chiavi nella serratura della<br />
portiera ed aprì: entrato, <strong>in</strong>filò le chiavi nel cruscotto, <strong>in</strong>serì il contatto, il motore rispose,<br />
<strong>in</strong>granò con calma la marcia, tolse il freno, spiò nello specchietto, evitando con cura di<br />
guardare verso il portone, accese il segnalatore di posizione e... scomparve.<br />
Due ore più tardi , il sole sorse.<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
Fare parte di un‟orchestra è un po‟ come vedere nevicare.<br />
Ce ne stiamo lì, ognuno abbracciato al proprio strumento, solo noi, punt<strong>in</strong>i di ghiaccio<br />
lucente contro il nulla.<br />
L‟attimo prima che tutto <strong>in</strong>izi, è tensione pura. Una cosa che non ha niente a che vedere<br />
con il silenzio o il rumore, una cosa che sta più a metà.<br />
Siamo 37 sotto questo palco. Persone comuni, f<strong>in</strong>ite e banali, ma non qui, dove i nostri<br />
sogni non si limitano a galleggiare, ma ci strappano, di forza, la vita dalle dita. E poi<br />
gridano e si <strong>in</strong>trecciano ai sogni degli altri, senza chiedere il permesso a nessuno. Ombre<br />
lunghe, che si muovono strisciando, risalendo muri ruvidi, spezzandosi a metà su spigoli<br />
che potrebbero ferire.<br />
Ognuno ha le sue.<br />
Le sue ombre, le paure, la cura per guarire.<br />
Io e lei e la musica. Io e lei che ci <strong>in</strong>castriamo bene.<br />
Io e lei con i nostri nomi strani, io con la paura costante di non sentire più nulla, lei che è<br />
già veicolo d‟amore.<br />
Io e lei che ci conosciamo da quando eravamo bamb<strong>in</strong>i, da quando con le mani toccavamo<br />
solo le mani dell‟altro e non il legno, la cassa armonica e queste corde. Da quando, ancora,<br />
non avevamo imparato a ferirci e a farci così bene da rimanerci male.<br />
Le luci ancora non ci puntano il viso, gli occhi <strong>in</strong> penombra sc<strong>in</strong>tillano a tratti. Il teatro si<br />
apre come una scatola di cartone, si piega all‟esterno e lascia entrare il mondo o uscire noi.<br />
Kara si tiene il cappello, pare che il vento lo voglia rubare.<br />
Sa che ci vuole poco per fare <strong>in</strong>namorare una donna; basta offrirle la mano mentre scende<br />
un grad<strong>in</strong>o, negarle il saluto.<br />
Ci sono troppe cose a cui si resta legati, cose <strong>in</strong>utili per lo più. Una foto a colori, un sasso<br />
amaranto, parole nere su un foglio di carta, un fiocco di raso tagliato a metà.<br />
A lei non piacciono i ragazz<strong>in</strong>i, le piace la barba degli uom<strong>in</strong>i, la pelle delle dita dura<br />
quando la toccano. Le piacciono i vecchi perché non hanno pazienza, non si ha più<br />
pazienza nel breve morire.<br />
A volte sembra che tutto si fermi un istante e poi si ricom<strong>in</strong>ci d‟unisono a respirare. Non è<br />
sola. O almeno lo è <strong>in</strong> piccoli modi, occupando spazi fatti di solitud<strong>in</strong>e <strong>in</strong>trecciata ad altre<br />
solitud<strong>in</strong>i.<br />
Sa che su un treno che sfreccia nel buio c‟è un vecchio che guarda oltre il vetro. Il profilo<br />
cadente, dolce nel suo essere fermo.<br />
Sa che c‟è una donna su una sedia, <strong>in</strong> riva al mare, nel bel mezzo del nulla. La chioma nera<br />
le si st<strong>in</strong>ge di sale. Si spazzola così piano che se stai attento senti il fruscio di quando lo fa.<br />
Un uomo piange <strong>in</strong> silenzio e str<strong>in</strong>ge un coltello. Si asciuga il sudore col dorso della mano<br />
e la lama sc<strong>in</strong>tilla ad un raggio di luna. Sputa per terra, bestemmia e capisce il futuro: è su<br />
un dondolo <strong>in</strong> veranda che spegne il tramonto <strong>in</strong> una boccata di fumo.<br />
Kara, suona il suo viol<strong>in</strong>o. Sorride e l‟abbraccia. E tu non lo sai, ma dentro le si muove una<br />
vita.<br />
Intanto, Luwis suona da Dio.<br />
40<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
La pioggia gli <strong>in</strong>zuppa la giacca e lo rende pesante. Giacca da uomo, di velluto i bottoni. Si<br />
piega sul sax, che sembra ci voglia ballare, preme sul metallo, le dita ad affondare. Pioggia<br />
bastarda, non si sentono gli odori.<br />
Qualcuno urla lontano, ha perso la mano di un bimbo. Una donna si stira la gonna, si<br />
ferma un secondo, un cazzo di secondo e <strong>in</strong>frange un cuore.<br />
La vita rotola a stento f<strong>in</strong>o al centro della strada, il traffico la ferisce e la scompone <strong>in</strong> parti<br />
simmetriche e tutte uguali. Metafora del male quotidiano.<br />
Tutto scorre, <strong>in</strong>evitabilmente. Passaggi, sotterranei pieni di luce e luoghi d‟aria<br />
accartocciati nel fango.<br />
E‟ all‟ultima nota Luwis, eppure non sente la f<strong>in</strong>e. L‟immag<strong>in</strong>e di un ventre pieno gli fa<br />
stonare un acuto.<br />
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Le parole sono importanti, si sa. Da sempre. Saperle utilizzare <strong>in</strong> maniera pert<strong>in</strong>ente non è<br />
da <strong>tutti</strong>. Per alcuni è una cosa <strong>in</strong>nata, per altri, un‟arte appresa ed aff<strong>in</strong>ata nel tempo, per<br />
altri ancora, totalmente sconosciuta.<br />
Lui si vantava di questo suo dono naturale e come dargli torto, era una r<strong>in</strong>novata<br />
meraviglia leggere le sue mail. Le parole <strong>in</strong> esse contenute danzavano, vi era armonia,<br />
vitalità, colore e la punteggiatura esisteva. Non contenevano banalità. Si percepiva una<br />
sublime padronanza nell‟uso delle parole e un mirabile entusiasmo con il quale descriveva<br />
la sua terra, una storia, una leggenda. La voglia di leggere e rileggere mi assaliva,<br />
nonostante non avessi sempre molto tempo a disposizione. Quel tempo necessario per<br />
assaporare a dovere i suoi scritti. Ma lo facevo comunque dopo, con la calma dovuta.<br />
Aspettavo impaziente le sue mail e rispondevo altrettanto impazientemente. Mi tradiva il<br />
desiderio di ricevere presto la sua risposta.<br />
Avevamo riconosciuto entrambi che era un piacere, quell‟<strong>in</strong>solito scambio epistolare tra<br />
due perfetti sconosciuti. Perché di noi, non parlavamo mai. Non all‟<strong>in</strong>izio almeno. Sapere<br />
che qualcuno che non conosci, ti dedica del tempo, delle parole, dei pensieri, rende più<br />
leggeri gli animi, appesantiti da quella quotidianità ormai <strong>in</strong>grigita e f<strong>in</strong> troppo scontata,<br />
sulla quale è pressoché impossibile agire per poterla modificare, neanche quel poco<br />
necessario a farle acquistare un po‟ di colore. Non mi ponevo domande, né tempi di<br />
durata. Non andavo mai oltre. Ma si sa, sempre col senno di poi, che le cose hanno un<br />
<strong>in</strong>izio e una f<strong>in</strong>e. C‟è una scadenza! Ma la mia data di scadenza, non l‟avevo letta. Ed<br />
improvvisamente, l‟<strong>in</strong>aspettato silenzio.<br />
Ero scaduta! Così, senza alcun preavviso, senza alcun segnale che potesse far presagire la<br />
f<strong>in</strong>e.<br />
F<strong>in</strong>e delle trasmissioni.<br />
Più nessuna mail da lui. Ad ogni nuovo accesso alla mail box, l‟odiata scritta: “nessun<br />
nuovo messaggio”. Ero ferita ed amareggiata. Assalita, avvolta, stretta <strong>in</strong> un dolore<br />
<strong>in</strong>espresso, come quelle parole che non arrivavano. Allora ho scritto io ed ho aspettato. A<br />
lungo. Ma nessuna risposta. La casella rimaneva desolatamente vuota. Non arrivavano più<br />
quelle mail che mi servivano come l‟aria. Questa si che è una grande banalità, ma io me la<br />
posso permettere, perché non sono lui. Non sono così brava con le parole.<br />
Non ho trovato niente di meglio da fare che gridare il mio dolore al vento, chiedendogli di<br />
andare da lui per portargli le mie parole che chiedevano “perché?”. Ed il vento impetuoso<br />
di Maestrale, è partito per la lunga traversata. Ho immag<strong>in</strong>ato le mie parole giungere<br />
esauste a dest<strong>in</strong>azione e nonostante tutto avere la forza di bussare alla porta. Ho<br />
immag<strong>in</strong>ato lui che non l‟apriva e le mie parole cadere così a terra senza più avere la forza<br />
di tenersi per mano.<br />
Già, lui non ha aperto. La porta è rimasta chiusa, sbarrata.<br />
Quelle parole <strong>in</strong>ascoltate, che non hanno avuto la forza di cont<strong>in</strong>uare a bussare. Quelle<br />
parole che, una volta cadute a terra, si sono sgretolate, dissolte, divenendo granelli di<br />
sabbia <strong>in</strong> balia del vento che, pietoso, li ha dispersi <strong>in</strong> quel mare che io amo tanto. Davanti<br />
casa sua.<br />
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Il tempo aiuta a guarire tutte le ferite, sia del corpo che dell‟anima. Altra banalità e luogo<br />
comune, che io posso permettermi <strong>in</strong> quanto utilizzatrice profana di parole.<br />
Ora ho deciso: non busserò più alla sua porta, non merita rispetto colui che, pur sapendo<br />
utilizzare a suo piacimento le parole, non ha il coraggio di utilizzarle f<strong>in</strong>o alla f<strong>in</strong>e,<br />
lasciando nell‟angolo di casa sua un gran mucchio di parole non dette. Come fosse<br />
spazzatura.<br />
…<br />
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Tutto <strong>in</strong>izia dalla scala evolutiva dell‟uomo, dove il punto di partenza non è<br />
l‟australopithecus, ma noi stessi.<br />
Non è filosofia specialistica, né chiacchiera da bar, ma semplici riflessioni.<br />
“Perché <strong>in</strong> fondo una salita, è una cosa anche normale, assomiglia un po‟ alla vita, devi<br />
sempre un po‟ lottare”, tratto da un testo degli Stadio, una frase cara nel contesto della<br />
canzone, ma anche ideale l<strong>in</strong>ea di start del nostro viaggio.<br />
Eh si, il viaggio della vita e affermare che parte <strong>in</strong> salita, è veramente dir poco.<br />
Vieni al mondo facendo una fatica tremenda e sei solo al primo grado di difficoltà delle<br />
prove che dovrai affrontare. Hai fame, freddo, paura, devi dipendere da qualcuno per<br />
mangiare, coprirti, scoprirti, muoverti. Però sei adorato, coccolato, basta un piccolo strillo<br />
per farti servire. Allora <strong>in</strong>izi a pensare; "ma dopo, quando sarò autosufficiente, chi mi<br />
coccolerà, sbaciucchierà, cosa farò tutto il giorno?".<br />
E poi cresci, sali un ipotetico scal<strong>in</strong>o, passi di livello, primo scal<strong>in</strong>o, secondo grado,<br />
grad<strong>in</strong>o. Puoi giocare tanto, f<strong>in</strong>o allo sf<strong>in</strong>imento, ma vieni rimproverato cont<strong>in</strong>uamente,<br />
non andare là, non andare lì, non dire A, non dire B. Allora ti chiedi; "ma perché non si<br />
può dire, fare, lettere… niente?"<br />
Cresci ancora, altro passo, secondo scal<strong>in</strong>o, terzo grado. Inizi una serie di impegni coatti.<br />
Devi studiare, lavorare, gli ormoni annebbiano un po‟ la vista, addirittura qualcuno dice<br />
che si diventa ciechi… esagerando, e soprattutto ci si pone domande che sembrano senza<br />
risposta: “Ma come fanno i genitori, i colletti bianchi, i grandi, ad andare a letto presto, a<br />
non uscire tutte le sere… a sballarsi?", c‟è chi arriva all‟estremo dichiarando; "io non sarò<br />
mai così, io sono il Jim Morrison degli anni 2000”. Quante doors ho visto chiudersi.<br />
La salita procede, terzo scal<strong>in</strong>o, quasi non ti accorgi del grado toccato, quarto, ma il tempo<br />
è passato, hai raggiunto un equilibrio. Volenti e… dolenti. il fisico <strong>in</strong>izia ad accusare<br />
qualche acciacco, segnali, avvisi, si sposa la cultura del salutismo, sana alimentazione,<br />
esercizio fisico, determ<strong>in</strong>azione, programmazione. Ma quesiti, apparentemente<br />
irrisolvibili, cont<strong>in</strong>uano ad affollare la mente: “ma come fanno quei vecchi a tirar avanti,<br />
ancorati alle loro carcasse? Trasc<strong>in</strong>arsi a oltranza senza obiettivi, verso il capol<strong>in</strong>ea?"<br />
Sei all'ultimo stadio, qu<strong>in</strong>to grado, quarto scal<strong>in</strong>o, hai raggiunto la pace dei sensi, le cose<br />
terrene sono ormai superflue, vorresti andare oltre, salire ancora, desidereresti trovare la<br />
pace eterna e ancora una domanda ti arrovella le cervella; "cosa ci sarà dopo?".<br />
La risposta a quest'ultima domanda credo sia impossibile da dare, se non affidandosi al<br />
mistero della fede, ma una soluzione a tutte le altre si può trovare semplicemente facendo<br />
un passo <strong>in</strong>dietro.<br />
All<strong>in</strong>eando i gradi agli scal<strong>in</strong>i s<strong>in</strong>o al pianerottolo.<br />
Quarto grado, “ma come fanno quei vecchi a tirar avanti, ancorati alle loro carcasse?<br />
Trasc<strong>in</strong>arsi a oltranza senza obiettivi, verso il capol<strong>in</strong>ea?", quarto scal<strong>in</strong>o; hanno raggiunto<br />
la pace dei sensi.<br />
Terzo grado; “Ma come fanno i genitori, i colletti bianchi, i grandi, ad andare a letto presto,<br />
a non uscire tutte le sere… a sballarsi?" terzo scal<strong>in</strong>o; hanno raggiunto un equilibrio.<br />
Secondo grado; "ma perché non si può dire, fare, niente?", secondo scal<strong>in</strong>o; devi studiare,<br />
lavorare, gli ormoni annebbiano un po‟ la vista.<br />
Primo grado; "ma dopo, quando sarò autosufficiente, chi mi coccolerà, cosa farò tutto il<br />
giorno?", primo scal<strong>in</strong>o; si può giocare tanto, f<strong>in</strong>o allo sf<strong>in</strong>imento.<br />
Al pianerottolo… se solo potessimo tornare <strong>in</strong>dietro, avere la classica seconda<br />
opportunità!<br />
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«Mia moglie? Non devi preoccuparti di lei». Leslie lo vedeva poggiato con la spalla<br />
s<strong>in</strong>istra contro lo stipite della porta. La luce che proveniva dalla f<strong>in</strong>estra d<strong>in</strong>anzi gli<br />
illum<strong>in</strong>ava la punta delle scarpe. Di fronte una donna si mostrava preoccupata.<br />
«Tu la ami, lo so... farai come <strong>tutti</strong> gli altri, non la lascerai mai», la donna piangeva.<br />
La luce assorbì i piedi nel passo che unì le braccia di lui a quelle di lei.<br />
«Cosa dici stupida? Io mia moglie non la amo, è tremendamente scocciante. Lei crede che<br />
io la reputi <strong>in</strong>telligente, che ami la sua sensibilità, che la veneri per il suo modo di scrivere<br />
ma io semplicemente credo che sia di una noia mortale». Leslie non gli poteva vedere il<br />
viso ma gli sentì sorridere le parole. La donna poggiò le labbra sul collo di lui, <strong>in</strong>com<strong>in</strong>ciò<br />
a baciarlo.<br />
Leslie aveva dovuto girare il capo per quella visuale, <strong>in</strong> quell'istante decise di riportarlo<br />
alla normalità. Gli occhi si fermarono sul parato del corridoio, un <strong>in</strong>setto saltava da una<br />
riga all'altra. I passi degli amanti le distolsero lo sguardo, doveva uscire <strong>in</strong> fretta dalla<br />
casa.<br />
Leslie era sdraiata sul letto una piazza e mezzo della sua stanza. Il palmo della mano<br />
s<strong>in</strong>istra era rivolto al soffitto, così come gli occhi <strong>in</strong>tenti a guardare un <strong>in</strong>setto vagare nei<br />
pressi del lampadario. Sentiva la schiena <strong>in</strong>arcarsi. Era una posizione fastidiosa ma non<br />
aveva <strong>in</strong>tenzione di abbandonarla. Un brivido di freddo la costr<strong>in</strong>se a portare il braccio<br />
vic<strong>in</strong>o il corpo. Il computer acceso produceva un ronzio costante. Le aveva separate, le due<br />
mani, perché non sopportava di sentirle giocare <strong>in</strong>sieme, soprattutto era fastidioso toccarsi<br />
le unghia. Il suo corpo come punto di partenza e come f<strong>in</strong>e, qualcosa di <strong>in</strong>sopportabile,<br />
quasi viscido.<br />
Il computer andò <strong>in</strong> stand-bye, lo schermo si annerì, smise di fare rumore. Il silenzio prese<br />
a marciare nella sua testa, a vibrare nelle sue orecchie, sempre più forte, f<strong>in</strong>o a che sentì il<br />
peso d'essere presente, d'avere delle rotondità lì sotto la schiena che non trovavano uno<br />
spazio appropriato tra le lenzuola. A quel punto lui entrò. Le disse di alzarsi, di vestirsi,<br />
che dovevano andare a cena. Leslie non voleva andarci, aveva solo voglia del sapore aspro<br />
ma fresco dell'arancia rossa. C'era una bottiglia di succo sul comod<strong>in</strong>o. Gli chiese di<br />
versarle da bere. Lui lo fece, poi le <strong>in</strong>timò di sbrigarsi, uscì e richiuse la porta. Leslie voltò<br />
appena il capo verso il bicchiere ma tornò quasi subito a guardare <strong>in</strong> alto. L'<strong>in</strong>setto era<br />
svanito. Lei cont<strong>in</strong>uò a guardare ugualmente. Di lì a poco lui rientrò nella stanza. Le gridò<br />
qualcosa. Leslie disse che non aveva voglia di scendere. Lui chiuse d'impeto la porta e la<br />
lasciò sola.<br />
C'era un libro sul comod<strong>in</strong>o, Leslie poteva vederlo attraverso la superficie del bicchiere;<br />
era «Se una notte d'<strong>in</strong>verno un viaggiatore» di Italo Calv<strong>in</strong>o. Immag<strong>in</strong>ò d'avere un marito<br />
<strong>in</strong>teressato ai suoi libri, che a sentirla recitare dei frammenti dei suoi romanzi ne risultasse<br />
così fasc<strong>in</strong>ato da <strong>in</strong>seguirne il cont<strong>in</strong>uo ovunque. Ecco, adesso lui stava correndo sul<br />
soffitto verso le parole di lei come una caccia al tesoro. Come andrà a f<strong>in</strong>ire quel capitolo?<br />
e apre una porta; quale dei due sceglierà? e si <strong>in</strong>camm<strong>in</strong>a verso un corridoio; lo amerà alla<br />
f<strong>in</strong>e? e non c'è più lui ma una donna che segue il piacere sul suo collo.<br />
Leslie si scoprì malleabile, propensa a scivolare via tra una piega e l'altra delle dita, a<br />
r<strong>in</strong>tanarsi tra il polpastrello e la parte concava e priva di smalto delle unghie. Fissò il<br />
soffitto, l'<strong>in</strong>setto era nuovamente lì.<br />
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-“Antonio. Mi chiamo Antonio. Senza fissa dimora”.<br />
46<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
-E’ il cognome, senza fissa dimora?<br />
-“No. Di cognome faccio Anton<strong>in</strong>i”.<br />
-Nato?<br />
-“Sì”.<br />
-….lei è un burlone? Mi sta prendendo <strong>in</strong> giro? Guardi che ho molte persone che attendono dopo di<br />
lei. Mi dica, per cortesia la sua data di nascita.<br />
-“Io facevo l‟idraulico, non il burlone”.<br />
-Quando è nato, sig. Anton<strong>in</strong>o?<br />
-“Sì, sì, lo so. Ho un tatuaggio, posso spogliarmi qui o devo andare <strong>in</strong> bagno?”<br />
-….sig. Anton<strong>in</strong>i, questa è l’anagrafe, non una sauna, vuole che chiami a raccolta i 123 utenti che<br />
attendono il loro turno <strong>in</strong> modo che possiamo fare la ola mentre si spoglia per scoprire la sua data di<br />
nascita, o cosa? …lei non si ricorda quando è nato?<br />
-“No, sig.ra Anagrafe, ma posso sempre guardare il tatuaggio, così glielo posso dire”.<br />
-Vabbeh, chiamo gli utenti <strong>in</strong> attesa e le cantiamo <strong>tutti</strong> <strong>in</strong>sieme “Faccela vedere” di Vasco Rossi. Va<br />
bene?<br />
-“Vasco. Vasco Rossi. Sì. Sì, lo conosco”.<br />
-Lei conosce di persona Vasco Rossi?<br />
-“Sì, sì, sì. Siamo compagni di mensa, alla Santa Cater<strong>in</strong>a”.<br />
-Devo chiedere a lui, allora? A Vasco Rossi?<br />
-“Ecco, sì, se proprio non vuole che mi spogli qui, se non posso andare <strong>in</strong> bagno, possiamo<br />
chiamare il Vasco. Lui si ricorda un sacco di numeri a memoria. ….<br />
Però ora me lo dà il certificato?”<br />
-Mi dica dove è residente.<br />
-“No”.<br />
-Mi scusi, Sig. Anton<strong>in</strong>o, ma lei dove mangia, dove dorme?<br />
-“Ah. Sì. Beh. Gliel‟ho detto prima. In Santa Cater<strong>in</strong>a”.<br />
-Numero?<br />
-“Ah. Sì. Beh. Dipende da chi arriva prima, ma di solito il mio numero oscilla tra il 12 e il<br />
38, io arrivo quasi sempre a metà”.<br />
-Mi scusi, ma non capisco. Qual è il suo numero civico?<br />
-“Faccia 12 più 38 diviso 2. La media, 25.<br />
Ecco, il numero mio è il 25, se poi è anche civico lo deve chiedere a Vasco, che di numeri se<br />
ne <strong>in</strong>tende assai”.<br />
-….. Stato di famiglia?<br />
-“Sì, sì, sì, questa la so. Stiamo <strong>tutti</strong> bene. Anche se non li sento da un po‟”.<br />
-Sig. Anton<strong>in</strong>o lei è sposato o no, ha una moglie o no?<br />
-“Ah, sì. Beh. No, no, non ho nemmeno la fidanzata, vivo solo”.<br />
-Mi dia il codice fiscale.<br />
-“Non me la sento”.<br />
-Non si sente di fare cosa?<br />
-“Non me la sento. Di dire il codice. E‟ la mia bestia nera, non glielo voglio dire”.<br />
-Mi scusi…ma perché?<br />
-“Dicono che l‟ho <strong>in</strong>franto. Tante volte. Mi hanno detto così. Non penso sia più<br />
utilizzabile, quel codice”.<br />
-Il codice fiscale?<br />
-“ Sì. Beh. Ora telefono a Vasco. Posso? Lui ne sa sempre una più del diavolo e di sicuro lo<br />
sa se quello che ho <strong>in</strong>franto è quello fiscale oppure, vattelapesca, un altro codice della<br />
malora. Posso chiamarlo ora?”<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
-Sig. Anton<strong>in</strong>o ora lei mi ha proprio stufato. Se ne vada a casa, torni domani con il codice fiscale e il<br />
numero civico e ne riparliamo. Arrivederci.<br />
B80.<br />
B81.<br />
B82.<br />
Nessuno si presentò allo sportello.<br />
Passò il B83.<br />
I tre amici, il B80 era il più grosso, croci celtiche anche sugli orecchi, il B81 il più magro e il<br />
più cattivo, il B82 faceva solo la terza media, si alzarono appena uscì Antonio.<br />
Antonio Anton<strong>in</strong>o, laureato <strong>in</strong> matematica, homeless, aveva forse trovato un lavoretto<br />
come magazz<strong>in</strong>iere <strong>in</strong> un‟offic<strong>in</strong>a abbandonata <strong>in</strong> via delle Oche e aveva bisogno di un<br />
Certificato di Esistenza <strong>in</strong> vita.<br />
B80, B81 e B82 avevano i coltelli.<br />
Antonio la testa confusa.<br />
Non gli tornava la storia del codice fiscale.<br />
Mentre scappava gli venne <strong>in</strong> mente la formula per calcolarlo. Si spogliò e lesse i numeri<br />
tatuati sulla coscia.<br />
Quando gli arrivò la prima coltellata sul fianco destro, si girò e urlò a voce alta il suo<br />
codice fiscale:<br />
NTN NTN 55L20 D612S.<br />
Ma il B81 lo <strong>in</strong>filzò ancora e ancora, gridava FANCULO ROM DI MERDA.<br />
Antonio sorrise, sotto l‟arco di trionfo di Piazza della Llibertà.<br />
NTN NTN 55L20 D612S.<br />
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Sono tre ore che Diana Massi se la sta spassando nella stanza di un albergo a ore con un<br />
uomo che non è suo marito.<br />
48<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
Meno male che la prostata ancora va. Quando com<strong>in</strong>cerà a perdere colpi dovrò<br />
assumere qualcuno che mi dia il cambio <strong>in</strong> questa cazzo di macch<strong>in</strong>a.<br />
Naaa. Niente rompicoglioni fra i piedi.<br />
E‟ arrivata più di tre ore fa, sola. Il suo amante non l‟ho visto, può essere uno<br />
qualunque di quelli entrati dopo di lei.<br />
Aristide Massi è un rospo arrogante e bilioso pieno di grana che si è comprato la<br />
moglie di rappresentanza.<br />
- Me li sbatta su una foto chiara, quei due. Voglio quella troia fuori di qui <strong>in</strong> mutande<br />
come c‟è arrivata – m‟ha detto.<br />
L‟ho odiato subito.<br />
Ma paga bene. Mi sono fatto comprare anch‟io. Lo facciamo <strong>tutti</strong>, chi più, chi meno.<br />
Lei è uno schianto. Si è accorta troppo tardi che il prezzo che doveva pagare per una<br />
fottuta vita da ricca era più alto di quello che era <strong>in</strong> grado di sborsare.<br />
Storia vecchia, la solita, non mi viene manco più la nausea.<br />
Un altro paio di agenzie, prima di me, non sono riuscite a beccarla <strong>in</strong> flagrante, ha<br />
detto il rospo.<br />
Perché la ragazza è prudente. Sa che il marito la fa controllare e prende le sue<br />
precauzioni. Ma usa trucchetti rimediati <strong>in</strong> qualche storiaccia di spionaggio, deve essere<br />
alla frutta.<br />
Oggi è uscita da casa bionda ed è entrata <strong>in</strong> albergo bruna, per esempio.<br />
Mi ha fatto sorridere. Ha pochi anni più di mia figlia.<br />
Mi piacerebbe dire che l‟ho <strong>in</strong>castrata perché sono il migliore. In realtà, è stata<br />
sfortunata. Ho la fissa della camm<strong>in</strong>ata delle donne, io. Ognuna si muove a modo suo,<br />
non ce n‟è due uguali. Ci ho passato la vita, a guardarle, e non è poca vita.<br />
Perciò è stato <strong>in</strong>utile che si mettesse una parrucca e rivoltasse il cappotto double face<br />
nel cesso di un bar. Diana Massi ha un passo strepitoso.<br />
Spero che non ne abbiano ancora per molto, sono stufo. Com<strong>in</strong>cio a non sopportarli<br />
più, gli appostamenti. Non posso neanche leggere, o rischia che me li faccio scappare.<br />
Penso a casaccio.<br />
Pioverà. Quel cane ha la rogna. L‟albergo dovrebbe rifarsi la facciata. Al giorno d‟oggi<br />
le macch<strong>in</strong>e sono tutte grigio perla. I numeri della targa di quella davanti a me fanno<br />
scala massima. Quelli della macch<strong>in</strong>a accanto fanno full. Cerco un poker, ma nisba.<br />
Tre macch<strong>in</strong>e dietro la mia c‟è uno che aspetta come me. Non l‟ho visto arrivare.<br />
Legge, beato lui, dalla copert<strong>in</strong>a pare un giallo.<br />
Controllo per l‟ennesima volta la Nikon. E‟ a posto, lo so che è a posto. Ho già preso<br />
una foto di Diana. Se uscisse <strong>in</strong>sieme al suo bello l‟avrei chiusa qui, ecco le foto, ecco i<br />
soldi, al diavolo quel batrace di Massi e che un dio qualunque aiuti la ragazza. Ma non<br />
ci spero granché.<br />
Mi metto a fissare il tizio che legge.<br />
Dev‟essere dislessico, sono tre m<strong>in</strong>uti che non volta pag<strong>in</strong>a.<br />
C<strong>in</strong>que m<strong>in</strong>uti.<br />
Sette.<br />
Fa f<strong>in</strong>ta di leggere.<br />
O cazzo.<br />
Succede tutto <strong>in</strong> fretta. Sempre così, le cose def<strong>in</strong>itive.<br />
Un libro sparisce, un braccio si tende, un lampo.<br />
49<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
Una macch<strong>in</strong>a sgomma, una donna è a terra.<br />
Tutto qui.<br />
Mi precipito fuori.<br />
Diana Massi è ancora viva. Muove le labbra ma non esce suono. Mi guarda. Ha gli<br />
occhi viola.<br />
Mi avvic<strong>in</strong>o al suo orecchio : - La pagheranno, quei bastardi. Lo giuro.<br />
Per tutta risposta, lei muore.<br />
Mi dileguo fra la solita folla che si raccoglie <strong>in</strong>torno alle disgrazie. Nessuno fa caso a<br />
me, nessuno ci ha mai fatto caso.<br />
Così, io seguivo lei e quello seguiva me. Con un <strong>in</strong>carico diverso. Figlio di puttana.<br />
Nessuno mi prende per il culo.<br />
Ho il numero di targa. Ho Aristide Massi. Ho la .38.<br />
Il mio lavoro com<strong>in</strong>cia adesso.<br />
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Non lo sappiamo, o piuttosto lo ignoriamo del tutto, perché proprio non ci badiamo,<br />
50<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
ma ogni sera, quando stanchi dopo una giornata <strong>in</strong>tera, ci corichiamo sf<strong>in</strong>iti a letto, <strong>in</strong>izia<br />
un <strong>in</strong>credibile viaggio. Ebbene si, siamo sempre <strong>in</strong> movimento anche quando pensiamo di<br />
stare fermi, perché la rotazione terrestre non conosce sosta. Eppure la sera ci<br />
abbandoniamo con noncuranza nei nostri letti, senza sapere che saremo <strong>in</strong> viaggio tutta la<br />
notte e solo l'<strong>in</strong>domani torneremo nello stesso punto da cui eravamo partiti ieri. Questo<br />
accade perché cont<strong>in</strong>uamente occupati dalle nostre attività, pensiamo di essere noi a<br />
muoverci, a direzionarci a manca e a destra, su di una superficie statica e immobile. Ed<br />
<strong>in</strong>vece alloggiamo precariamente, senza rendercene conto, ai piedi dei monti dalle creste<br />
aguzze o sulla pianeggiante superficie della pianura, o <strong>in</strong> isolotti affioranti dalle<br />
profondità delle acque, su di una trottola <strong>in</strong> perpetuo moto, che vortica <strong>in</strong> ellissi irregolari<br />
nello spazio, come sospesa nel vuoto, conf<strong>in</strong>ante con altri sistemi, che forse per fatalità, o<br />
legge <strong>in</strong>terna <strong>in</strong>scritta nei fenomeni, colliderà un giorno sfrangiandosi <strong>in</strong> m<strong>in</strong>utissime<br />
particelle. Così ogni notte, come fosse cosa scontata e normalissima, il globo ci porta a<br />
spasso, girando e ruotando a ritmo vertig<strong>in</strong>oso su se stesso, come una baller<strong>in</strong>a affetta da<br />
labir<strong>in</strong>tite, <strong>in</strong> preda a una mattana alcolica. Certo questo avviene anche di giorno, ma<br />
<strong>in</strong>daffarati come siamo, presi dai nostri negozi, chi vi porrebbe mai mente? Eppure anche<br />
chi tiene conto di questo cont<strong>in</strong>uo viaggio che la terra compie su se stessa, raramente<br />
<strong>in</strong>cl<strong>in</strong>a al pensiero di cosa accadrebbe, se di punto <strong>in</strong> bianco, dall'oggi al domani, il globo<br />
col mal di capo per tutte queste rotazioni, smettesse di colpo di girare, fermandosi come<br />
imbambolato. Se mai ciò dovesse avvenire, un giorno durerebbe quanto un anno per la<br />
gioia degli sfaccendati, dei pigri, che già soliti a r<strong>in</strong>viare tutto a domani rimanderebbero<br />
direttamente all'anno prossimo, e di contro sarebbe la dannazione degli uom<strong>in</strong>i d'affari,<br />
che vedrebbero terribilmente dilazionarsi i loro tempi. Esulterebbero allo stesso modo i<br />
debitori di questa provvidenziale dilazione, imprecherebbero i creditori. Alcuni tra i<br />
condannati a morte, di temperamento ottimista, tirerebbero un sospiro di sollievo e<br />
penserebbero a far istruire una nuova strategia difensiva al loro avvocato, i pessimisti<br />
<strong>in</strong>vece ne trarrebbero ulteriore argomento per accusare l'accanimento della sorte, prodiga<br />
di quest'ultimo supplemento di pena alla pena. Gli <strong>in</strong>namorati vivrebbero l'illusione che<br />
vuole eterno il loro giorno, o perlomeno sarebbe allungato <strong>in</strong> un anno. Per i filosofi, gli<br />
asceti, i rassegnati, non mi sembra che cambierebbe granché. Per chi aspetta il giorno di<br />
messianiche rivoluzioni, ad esempio gli apocalittici, sarebbe quello il giorno che colma<br />
tutte le attese della storia. Per chi della vita <strong>in</strong>vece conosce ogni <strong>in</strong>ganno e illusione,<br />
sarebbe solo la solita solfa, broda allungata, ma sempre broda <strong>in</strong>sapore. Ma la sera, non<br />
esiste punto più fermo della nostra vita, conclusione più desiderata di quel letto che ci<br />
accoglie e su cui ci stendiamo fiduciosi, dimenticando <strong>tutti</strong> i pasticci della giornata. E<br />
<strong>in</strong>tanto il viaggio com<strong>in</strong>cia, la terra compie il suo giro e noi sotto le coperte. Arriveremo<br />
domatt<strong>in</strong>a, senza accorgercene, che ci ritroveremo nello stesso punto da cui siamo partiti<br />
la sera prima. E così sempre, f<strong>in</strong>o a quando quel giorno, che si avvicenda <strong>in</strong> nulla<br />
differente a qualsiasi altro per il moto terrestre, scopriremo quanto è stato breve questo<br />
giro di giostra.<br />
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Lui era freddo, proprio come le terre da cui proveniva. Non potevo fare altro che restare a<br />
contemplarlo <strong>in</strong> silenzio, mentre la notte ci avvolgeva lenta, nascondendo ogni cosa.<br />
51<br />
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Eppure era tutto ciò che desideravo, ciò che per molto tempo avevo <strong>in</strong>seguito. Le risposte<br />
erano tutte lì, ma le domande che affollavano la mia testa erano troppe, come sempre.<br />
Camm<strong>in</strong>avo velocemente lungo una strada che non sapevo dove mi avrebbe portato,<br />
senza direzione, senza pensieri. Nonostante il buio e la neve <strong>in</strong> terra, avvertivo uno strano<br />
calore, che mi accompagnava nella mia marcia, senza abbandonarmi.<br />
Lui era sempre lì, procedeva al mio passo, leggero come un sibilo ma penetrante come una<br />
frustata <strong>in</strong> pieno volto. Anche se non stava parlando, lo sentivo gridare, lo vedevo agitarsi.<br />
Mi voleva fermare, ma io ero più forte di lui. L‟avrei annullato alzando il palmo della mia<br />
mano. Non aveva più segreti da svelare, perché ormai ero la sua padrona. Sorridevo a<br />
quell‟idea e lui beffardo, f<strong>in</strong>geva di soccombere alla mia superiorità. Mi soffiava sul cuore,<br />
il dannato, e sapeva accarezzare la mia anima come pochi.<br />
Ormai non c‟era più niente <strong>in</strong>torno a noi, le luci della città <strong>in</strong>iziavano a diventare un<br />
miraggio sfuocato. Anche i suoni si erano ovattati, calpestati dalla neve che aveva ripreso<br />
a scendere su di noi. Per qualche scherzo del dest<strong>in</strong>o, le nostre strade si erano <strong>in</strong>crociate <strong>in</strong><br />
quel crocevia. Ora le nostre anime selvagge ballavano un romantico lento, sulle note di<br />
una s<strong>in</strong>fonia eterna.<br />
Amavo il suo silenzio, e adoravo il modo <strong>in</strong> cui mi osservava. Lo respiravo cercando di<br />
comprendere la sua essenza. Era sempre differente e ogni volta che lo assaporavo mi si<br />
bloccava il respiro. Era l‟unico modo per possederlo, perché <strong>in</strong> genere gli piaceva<br />
sfuggirmi.<br />
Ma non quella volta. Si lasciava plasmare dalle mie mani, f<strong>in</strong>ché ad un tratto ero certa di<br />
averlo <strong>in</strong> pugno. Mi sbagliavo. Ci mise un attimo a ribaltare i ruoli, ed io mi trovai a terra,<br />
senza sapere nemmeno come. Era riuscito ad arrestare la mia folle corsa. La neve mi<br />
cadeva sul viso, <strong>in</strong>flessibile, raffreddando istantaneamente i miei ist<strong>in</strong>ti. Le mani avevano<br />
smesso di ribollire, mentre lentamente perdevo la cognizione del tempo. Era l‟assenza del<br />
Tutto.<br />
Solo <strong>in</strong> quel momento mi mostrò la sua vera forza, raggelandomi senza sconti. Ed io non<br />
ero più che una bambola nelle sue mani, alimentata ancora da un soffio di vita. Chiusi gli<br />
occhi precipitando nel suo mondo silenzioso e freddo. Solamente allora compresi il suo<br />
amaro risveglio.<br />
Il vento del Nord è come un bacio lento, ma quando pensi di possederlo, lui ti ha già<br />
ucciso.<br />
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Certo, per essere buio era buio lì dentro. Mi muovevo nuotando sicura nell‟oscurità,<br />
facevo capriole, piroettavo su me stessa, volteggiavo leggiadra pur nell‟angusto spazio<br />
concessomi. Ormai erano mesi che mi allenavo, <strong>in</strong> attesa di una prova della quale ignoravo<br />
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pers<strong>in</strong>o l‟esistenza, figurarsi le modalità. Ma, naturalmente, non mi ponevo affatto il<br />
problema, <strong>in</strong>ebriandomi dell‟essenza liquida che mi circondava e assimilando il<br />
nutrimento vitale attraverso le connessioni primordiali che mi univano alla sorgente della<br />
mia esistenza.<br />
E se, talvolta, qualcuno di quei guardoni impiccioni sempre lì pronti a manipolare il fisico<br />
del mio corpo-guida le consigliava di tenere sotto controllo i valori, il peso, di non<br />
mangiare troppo, ecco che un calcione ben assestato da parte mia ricordava a <strong>tutti</strong> le giuste<br />
priorità.<br />
Sì, ero davvero soddisfatta del mio piccolo mondo amniotico, germogliavo oziando e<br />
godendomi il tepore rigenerante di quel confortevole cantuccio, tranne quando i soliti<br />
ficcanaso non com<strong>in</strong>ciavano a sondarmi con quei loro strumenti <strong>in</strong>vasivi.<br />
I benefici della mia condizione erano però maggiori degli svantaggi; soprattutto<br />
quell‟atmosfera ovattata, rilassata era per me salutare e rasserenante: mi sembrava di<br />
percepire lì fuori una realtà caotica, chiassosa e sfibrante, così lontana da quello che offriva<br />
la mia tana. Soprattutto quel rumore <strong>in</strong>dist<strong>in</strong>to costituito da urla, suoni sconnessi e<br />
schiamazzi mi <strong>in</strong>timoriva molto.<br />
F<strong>in</strong>o a quello straord<strong>in</strong>ario evento. Già da qualche giorno il mio nido era scosso da sussulti<br />
<strong>in</strong>controllati e imprevedibili; io li attribuivo alla tremenda mania che si era impossessata<br />
del mio corpo-guida e che lo costr<strong>in</strong>geva ad allenarsi quotidianamente, agitando e<br />
muovendo freneticamente ogni centimetro <strong>in</strong>torno a me.<br />
Quando giunse il momento, <strong>in</strong>consapevolmente seppi cosa era giusto fare. Una luce<br />
fortissima <strong>in</strong>vestì il mio esile corpic<strong>in</strong>o e mi colpì come un maglio. L‟aria era rarefatta,<br />
nessun residuo di quel liquido caldo mi avvolgeva e un freddo pungente mi colse,<br />
spaventandomi.<br />
Aprii la bocca e, <strong>in</strong>credibilmente, sentii provenire da essa uno di quei terribili rumori dei<br />
quali f<strong>in</strong>ora avevo temuto. Gli altri esseri presenti emettevano suoni meno fastidiosi dei<br />
miei, rivolgendosi a colei che mi aveva generato con appellativi quali: “signora”,<br />
“Federica” o “mamma”.<br />
Imparai che ogni cosa aveva una denom<strong>in</strong>azione <strong>in</strong> quel mondo pazzesco e mi affezionai<br />
subito a quel term<strong>in</strong>e, mamma, che scelsi per def<strong>in</strong>ire la mia sorgente di vita.<br />
Malgrado sentivo di essere esposta a pericoli maggiori rispetto alla mia condizione<br />
precedente, sapevo di poter contare ora sull‟appoggio della “mamma”; <strong>in</strong> più avevo la<br />
possibilità di scorgerne i tratti dall‟esterno che a me parevano davvero bellissimi.<br />
Malgrado questo, mi sentivo ancora <strong>in</strong>completa. Facendo f<strong>in</strong>ta di sonnecchiare ascoltavo<br />
di nascosto i suoni emessi dagli esseri che mi circondavano e comprendevo che <strong>in</strong> quel<br />
mondo, per essere considerata un‟entità vivente, avrei dovuto essere chiaramente def<strong>in</strong>ita.<br />
“Dio”, “letto”, “Fede”, “ma è stupendaaaa!” erano tutte espressioni che non capivo ma che<br />
<strong>in</strong>tuivo dist<strong>in</strong>guessero cose ed esseri viventi.<br />
Anch‟io volevo esserlo e per questo avevo bisogno di un “nome” (così lo chiamavano)!<br />
Non posso descrivere la gioia che riempì il mio animo quando f<strong>in</strong>almente qualcuno rivolse<br />
a mamma la tanto attesa domanda: “Qual è il suo nome?”.<br />
Lei mi guardò col suo sguardo fiero e dolce e io fui sicura che si riferiva proprio a me. Poi<br />
alzò gli occhi verso quel “qualcuno” e dichiarò, solenne, felice: “Il suo nome? Viola!”<br />
53<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
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Da un paio mesi conduco una vita totalmente sregolata, che neanche Vasco.<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
Intendiamoci, sono mesi particolari, da vivere, nuovi. Di crisi. Di rottura. Sorprendenti<br />
seppur attesi. Non che non faccia programmi quando mi sveglio la matt<strong>in</strong>a alle c<strong>in</strong>que o<br />
nel primo pomeriggio, ma immancabilmente nel corso della giornata faccio di tutto tranne<br />
quello che mi ero prefissato, che neanche un qualunque politico italiano al parlamento.<br />
Innanzi tutto non ci sono orari, o meglio ci sono, forse, ma non dipendono certo da me.<br />
Dormo quando capita, mangio se ho fortuna. Un pezzo di formaggio o una banana un<br />
giorno; il giorno dopo antipasto di pesce, due primi e tre secondi. Non passa notte senza<br />
che non mi svegli di soprassalto nel bel mezzo di .<br />
Non esco quasi più, solo qualche volta al c<strong>in</strong>ema; passo <strong>in</strong>tere giornate <strong>in</strong> casa, arrivo a<br />
sera e mi chiedo cosa ho fatto durante tutto il santo giorno. Non è che tutto sia cambiato,<br />
cont<strong>in</strong>uo ad ascoltare musica <strong>in</strong> ogni momento e dappertutto, cont<strong>in</strong>uo a leggere libri<br />
illeggibili e a scrivere pag<strong>in</strong>e discutibili. Insomma, da un rapido calcolo solo il 72,5 % di<br />
ciò che mi riguarda è cambiato che neanche i sondaggi che c‟azzeccano.<br />
Vorrei precisare che nonostante tutto non faccio uso di sostanze stupefacenti, non fumo,<br />
non bevo più del giusto a parte feste comandate. Anzi, <strong>in</strong> questo ultimo periodo mi sono<br />
riscoperto molto più paziente di quanto non credessi che neanche un italiano medio con le<br />
spalle al muro che sfodera doti impensabili un m<strong>in</strong>uto prima.<br />
Chiaro che la mia efficienza sul lavoro ne risente. In qualche modo però maschero la mia<br />
stanchezza esagerandola (il miglior modo per nascondere è accecare) e <strong>tutti</strong> si mostrano<br />
comprensivi e solidali che neanche Veltroni.<br />
Qualche volta spero che questo periodo passi <strong>in</strong> fretta per la curiosità di vedere cosa<br />
succederà dopo; altre volte vorrei non f<strong>in</strong>isse mai perché so che non tornerà e quando mi<br />
volterò <strong>in</strong>dietro ne sentirò la mancanza che neanche il guanto col suo gemello. Perché non<br />
c‟è stanchezza che non ti permetta di ricordare con nostalgia un Erasmus lontano da casa o<br />
una gita scolastica passata <strong>in</strong> bianco.<br />
Altrettanto chiaro che questo periodo debba pur f<strong>in</strong>ire perché le mie riserve fisiche e<br />
psicologiche sono limitate che neanche l‟uranio nel mondo. Quando f<strong>in</strong>irà non lo so.<br />
Qualcuno mi dice di tener duro, passerà tra qualche mese. Altri mi tranquillizzano che ci<br />
siamo passati <strong>tutti</strong>, ma io non sono comunque di quelli che si felicitano del mal comune o<br />
del mezzo gaudio; io la prendo filosofico-banale e mi dico che passerà quando vorrà<br />
passare. Di certo quando f<strong>in</strong>irà sarò diverso da come ero quando è <strong>in</strong>iziata, qu<strong>in</strong>di sarà un<br />
f<strong>in</strong>ale aperto che neanche al c<strong>in</strong>ema.<br />
Ho imparato la lentezza, ho imparato la cura, ho imparato il dettaglio, ho imparato la<br />
fragilità, ho imparato la dipendenza che neanche i nostri nonni.<br />
Qu<strong>in</strong>di un po‟ me la godo, ma forse anche più di un po‟. Assaporo l‟attimo che neanche<br />
Rob<strong>in</strong> Williams.<br />
Intanto Riccardo cresce a vista d‟occhio.<br />
55<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°14</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
56<br />
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15 MARZO 2011<br />
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per <strong>racconti</strong> brevi che premierà<br />
i migliori <strong>racconti</strong>, con la<br />
pubblicazione all’<strong>in</strong>terno della<br />
prima antologia volante!<br />
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Periodicamente, la Redazione<br />
<strong>Scripta</strong>-<strong>Volant</strong> sceglierà tra i<br />
<strong>racconti</strong> <strong>in</strong>seriti<br />
<strong>in</strong> SCRIVOLIAMO (la sezione<br />
del forum dove <strong>tutti</strong> gli utenti<br />
possono <strong>in</strong>serire i loro scritti)<br />
alcuni <strong>racconti</strong> che<br />
maggiormente si prestano alla<br />
lettura, che verranno registrati e<br />
<strong>in</strong>seriti nella Radio, previa<br />
autorizzazione da parte<br />
dell'autore.<br />
Per qualsiasi dubbio o<br />
<strong>in</strong>formazione, la Redazione è<br />
disponibile!<br />
redazione@scripta-volant.org<br />
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